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I tre fratelli di Atsuhara - DEV - Il Nuovo Rinascimento
Istituto Buddista Italiano Soka Gakkai

Buddismo per la pace, la cultura e l’educazione

6 dicembre 2025 Ore 12:35

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I tre fratelli di Atsuhara

36. Ispirato dalla fede coraggiosa di umili contadini il Daishonin realizza l’iscrizione del Dai-Gohonzon

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36. Ispirato dalla fede coraggiosa di umili contadini il Daishonin realizza l’iscrizione del Dai-Gohonzon

MORINAKA: Nello scorso capitolo abbiamo trattato dei grandi progressi nella propagazione nella zona di Suruga a opera del giovane Nikko Shonin e della persecuzione di Atsuhara che ne seguì. Ora continueremo a discutere di quest’ultimo evento.

IKEDA: I giovani e le persone comuni portarono coraggiosamente avanti la battaglia del loro mentore, ottenendo una chiara vittoria. Questo è l’aspetto fondamentale negli eventi di Atsuhara.
In quel periodo il Daishonin esortava spesso i discepoli a «propagare il Sutra del Loto con lo stesso spirito» (SND, 4, 36) e a «praticare come me» (SND, 5, 62). E, in risposta al suo appello, diverse dozzine di contadini suoi discepoli fecero proprio lo spirito del maestro e affrontarono con cuore saldo una persecuzione che attentava alla loro stessa vita, perseverando nella pratica buddista secondo il principio di inseparabilità di maestro e discepolo.

SAITO: Alla guida di questi contadini c’erano coloro che vengono chiamati i tre martiri di Atsuhara: Jinshiro, Yagoro e Yarokuro, tre fratelli che si erano convertiti agli insegnamenti del Daishonin nel 1278, un anno molto difficile in cui tante persone erano morte per la carestia o le epidemie che dilagavano sin dall’anno precedente.

IKEDA: Mentre il popolo soffriva terribilmente, Gyochi, vice priore del tempio Ryusen di Atsuhara, e il suo seguito conducevano una vita sempre più corrotta e decadente.

MORINAKA: Sebbene ricoprisse una carica ecclesiastica, Gyochi mandava i contadini della sua parrocchia a caccia di quaglie, cervi e procioni in modo da procacciarsi carne per la sua tavola. Aveva anche avvelenato lo stagno del tempio per far morire i pesci e venderli poi al villaggio. Era giunto al punto di convertire le pergamene del Sutra del Loto in carta trattata[ref]Carta patinata con il succo astringente del cachi per renderla più resistente.[/ref] da utilizzare per la riparazione degli edifici del tempio.

IKEDA: Una religione che perde qualsiasi sensibilità nei confronti della sofferenza delle persone diventa ben presto un flagello, una sventura. Era ovvio che in breve tempo i preti corrotti avrebbero iniziato ad attaccare i seguaci del Daishonin ad Atsuhara.

SAITO: Nell’aprile 1279 Gyochi complottò con i funzionari dell’amministrazione Hojo nella tenuta di Shimokata del distretto di Fuji per aggredire un seguace del Daishonin[ref]L’aggressione ebbe luogo presso il santuario di Mikkaichiba ad Atsuhara (attuale città di Fuji), approfittando della confusione fra la folla che assisteva a un rituale per propiziarsi un abbondante raccolto. Il santuario era legato al Fujisan Hongu Sengen Taisha, tuttora esistente a Fujinomiya, prefettura di Shizuoka.[/ref] mentre prendeva parte a una cerimonia pubblica in un vicino santuario. La vittima dell’attacco, di cui si sa soltanto che era figlio di una persona di nome Shiro, fu gravemente ferita a colpi di spada.

MORINAKA: Nell’agosto dello stesso anno, un altro seguace, il figlio di Yashiro, fu decapitato. Gyochi e i suoi accoliti cercarono di attribuire la colpa di entrambi i crimini a Nisshu e ad altri discepoli del Daishonin[ref]Nella Petizione del Ryusen-ji si afferma: «Con il coinvolgimento dietro le quinte dei funzionari dell’ufficio amministrativo del distretto di Fuji, lo scorso aprile un credente del Sutra del Loto, figlio di Shiro, fu ferito con la spada mentre partecipava alle cerimonie presso il santuario e lo scorso agosto fu decapitato il figlio di Yashiro» (GZ, 853).[/ref].

IKEDA: Il Daishonin denunciò severamente gli intrighi malvagi e le perfide calunnie di Gyochi e dei suoi uomini, che miravano a screditare e incriminare i praticanti del Sutra del Loto, paragonandoli ai crimini del malvagio Devadatta durante la vita di Shakyamuni[ref]«Nel tentativo di eliminare le ultime vestigia dei praticanti del Sutra del Loto, egli [Gyochi] ordì complotti e diffuse menzogne. Non è forse paragonabile a Devadatta al tempo di Shakyamuni?» (GZ, 853).[/ref]. La vera natura dei demoni o funzioni negative è di essere ladri di vita e ladri di benefici (vedi SND, 6, 26). Le forze che cercano di reprimere le persone impiegano sempre falsa propaganda e sotterfugi e, quando tutti i loro stratagemmi falliscono, ricorrono alla violenza.

MORINAKA: Manipolare le persone attraverso la propaganda di notizie false è indice di una totale mancanza di rispetto per gli esseri umani.

IKEDA: Il 16 settembre, quando la situazione stava giungendo al culmine, il Daishonin inviò una lettera ai suoi seguaci della provincia di Shimosa (attuale parte settentrionale della prefettura di Chiba) attraverso un discepolo, Jakunichi-bo. In quello scritto afferma che le sue imprese corrispondono a quelle del bodhisattva Pratiche Superiori e cioè illuminare «l’oscurità dell’ignoranza umana e dei desideri terreni con la torcia di Nam-myoho-renge-kyo» (SND, 4, 36) fra la gente dell’Ultimo giorno della Legge. Afferma inoltre: «Pertanto, coloro che diventano discepoli di Nichiren e credenti laici devono rendersi conto della profonda relazione karmica che condividono con lui e propagare il Sutra del Loto con il suo stesso spirito. Essere un devoto del Sutra del Loto è un amaro ma inevitabile destino» (SND, 4, 36-7).
Erano trascorsi ventisette anni dall’inizio della sua solitaria e titanica lotta per dissolvere l’oscurità dell’ignoranza, una battaglia che era iniziata il giorno stesso in cui aveva proclamato la sua dottrina. Adesso, coloro che praticavano il Buddismo del Daishonin avevano preso posizione consapevoli che i Budda sono le persone comuni. Questi coraggiosi cittadini, pronti a battersi per le proprie convinzioni, stavano permettendo a sempre più persone di imboccare la via del raggiungimento della Buddità. In quelle circostanze s’intensificarono nuovamente gli intrighi delle forze demoniache che culminarono negli eventi del 21 settembre.

MORINAKA: Quel giorno, una squadra di uomini armati a cavallo piombò su alcuni contadini di Atsuhara, seguaci del Daishonin, che stavano aiutando a raccogliere il riso nel campo del prete Nisshu, all’interno dei recinti del tempio Ryusen. Fra gli assalitori c’erano Ota Chikamasa, Nagasaki Jiro Hyoe-no-jo Tokitsuna e Daishin-bo [tutti ex discepoli che avevano abbandonato la fede nelle prime fasi della persecuzione di Atsuhara]. In quella circostanza venti discepoli, fra cui i tre martiri Jinshiro, Yagoro e Yarokuro, furono arrestati ingiustamente.

SAITO: L’attacco era stato organizzato da Gyochi. I suoi complici approfittarono dell’occasione per creare confusione fra i seguaci del Daishonin e allo stesso tempo rubare il raccolto delle risaie di Nisshu e Nichiben[ref]Nisshu e Nichiben erano entrambi preti del Ryusen-ji; quando furono convertiti da Nikko agli insegnamenti del Daishonin furono perseguitati da Gyochi, che li privò della carica scacciandoli dai rispettivi templi.[/ref].

MORINAKA: Inoltre Gyochi e i suoi uomini incitarono il prete laico Yatoji, fratello maggiore di Jinshiro, Yagoro e Yarokuro, a sporgere denuncia al governo, accusando falsamente i seguaci del Daishonin di essere i mandanti degli atti di violenza e illegalità che si erano verificati nelle terre del tempio Ryusen. Così i contadini arrestati vennero condotti a Kamakura.

IKEDA: Riguardo alle accuse di Gyochi e dei suoi compagni, il Daishonin afferma: «È un’assoluta mistificazione» (GZ, 852). Erano accuse inventate di sana pianta, del tutto prive di fondamento.

SAITO: Fra i capi d’accusa c’era l’omicidio, l’assalto e la rapina armata del riso e, poiché si trattava di atti criminosi, essi cadevano sotto la giurisdizione dell’Ufficio degli affari militari e di polizia, il cui capo effettivo non era altro che Hei no Saemon-no-jo Yoritsuna[ref]Hei no Saemon-no-jo Yoritsuna (m. 1293) esercitò una notevole influenza come alto funzionario della reggenza Hojo, che di fatto governava il Giappone, e come vicecapo dell’Ufficio per gli affari militari e di polizia (il capo era il reggente stesso). Collaborò con Ryokan del tempio Gokuraku, esponente della scuola Shingon-Ritsu, per perseguitare il Daishonin e reprimerne i seguaci.[/ref].

IKEDA: Contando sull’appoggio di Hei no Saemon, Gyochi probabilmente era convinto di poter vincere anche la causa più temeraria. Lo scontro si trasformò in una battaglia legale. In quel periodo il Daishonin tenne una fitta corrispondenza con Nikko Shonin e non perse tempo nell’offrire precise indicazioni su come affrontare la situazione[ref]Da Lettera a Hoki (Showa Teihon Nichiren Shonin Ibun, pag. 1671), indirizzata a Nikko Shonin (chiamato anche Hoki-bo) e datata 20 settembre 1279, emerge che erano stati organizzati dibattiti fra i rappresentanti del Daishonin e quelli di diversi templi Tendai della provincia di Suruga fra cui il Ryusen-ji, il Jisso-ji e lo Shijuku-in. E in Lettera a Hoki e agli altri (GZ, 1456) il Daishonin riferisce di aver pregato Bonten, Taishaku, gli dèi del sole e della luna e altre divinità per avere protezione.[/ref].

MORINAKA: Per controbattere alla denuncia istigata da Gyochi fu deciso che i preti Nisshu e Nichiben, anch’essi sotto accusa, avrebbero inviato una lettera di spiegazioni al governo.

IKEDA: Nisshu, Nichiben e altri, fra cui Nikko Shonin, contribuirono alla prima stesura e il documento finale, che contiene le aggiunte e i cambiamenti apportati dal Daishonin, è La petizione del Ryusen-ji (GZ, 849-853).

SAITO: La prima metà della lettera tratta degli sforzi disinteressati del Daishonin per insegnare la Legge mistica, basati sul desiderio di «adottare la dottrina corretta per la pace del paese». Inoltre, citando esempi concreti, egli spiega severamente che l’adesione alla scuola Shingon avrebbe portato la nazione alla rovina. La seconda metà della lettera è una denuncia dettagliata delle malefatte di Gyochi.

IKEDA: La petizione si apre con una palese denuncia della natura corrotta di Gyochi e di coloro che cospiravano con lui: «Nel tentativo di impedire che i vari crimini che egli stesso aveva commesso venissero alla luce, egli [Gyochi] ha intentato una falsa causa sulla base di accuse infondate» (GZ, 850). Gyochi, per nascondere le proprie colpe, cercava di attribuirne la responsabilità ad altri, accusandoli falsamente.

MORINAKA: L’azione legale era del tutto illegittima.

SAITO: In una lettera a Nikko Shonin il Daishonin dà specifiche istruzioni riguardo alla petizione e all’azione legale contro Gyochi[ref]Risposta a Hoki e agli altri (GZ, 1456). Sembra che questa lettera, indirizzata a Nikko Shonin, Nisshu, Nichiben e altri discepoli, accompagnasse la revisione della Petizione del Ryusen-ji, spedita urgentemente a Nikko Shonin a Kamakura.[/ref]. La lettera è datata 12 ottobre 1279, lo stesso giorno in cui il Daishonin iscrisse il Dai-Gohonzon.

IKEDA: Il 1° ottobre il Daishonin aveva composto Sulle persecuzioni che colpiscono il Budda, in cui proclamava che avrebbe realizzato lo scopo per cui era apparso in questo mondo[ref]«Il Budda realizzò lo scopo della sua comparsa in poco più di quaranta anni; T’ien-t’ai in trenta anni circa e Dengyo in venti. Ho parlato più volte delle persecuzioni indescrivibili che sopportarono in quegli anni. Io ho impiegato ventisette anni e le persecuzioni che ho affrontato durante questo periodo sono ben note a voi tutti» (SND, 4, 185).[/ref]. Così, mentre si dedicava anima e corpo a guidare la lotta per propagare la Legge, stava preparandosi a iscrivere il Dai-Gohonzon.

SAITO: Egli si accinse a questa grande impresa mentre era nel vivo di un’intensa battaglia per kosen-rufu.

IKEDA: Il Daishonin iscrisse il Dai-Gohonzon perché sempre più persone comuni avevano abbracciato la fede e si stavano impegnando concretamente per la realizzazione di kosen-rufu.
In Ripagare i debiti di gratitudine, scritto tre anni dopo, nel 1276, il Daishonin dichiara che Nam-myoho-renge-kyo è il grande insegnamento che si diffonderà nell’eterno futuro e permetterà a tutti coloro che vivono nell’Ultimo giorno della Legge di ottenere l’Illuminazione[ref]«Se la compassione di Nichiren è veramente grande, Nam-myoho-renge-kyo si diffonderà per diecimila anni e più, per tutta l’eternità» (SND, 2, 216).[/ref]. Tuttavia non iscrisse il Dai-Gohonzon, lo scopo della sua apparizione in questo mondo, sino a quando, in mezzo alla gente comune, non apparvero credenti capaci di abbracciare questa dottrina «senza lesinare la propria vita».
I venti contadini arrestati furono irremovibili nelle loro convinzioni. È una dimostrazione di come persone prive di qualsiasi potere politico o rilevanza sociale riuscirono a mantenersi salde, forti solo del potere della fede, davanti all’immensa pressione di un ostacolo che minacciava di schiacciarle. Kosen-rufu si realizza attraverso la manifestazione della Buddità da parte delle persone comuni che attingono alla forza intrinseca della vita.
La forte e profonda fede degli umili credenti di Atsuhara fu la prova che la luce dei cinque caratteri della Legge mistica (Myoho-renge-kyo) può illuminare i cuori del popolo oppresso dell’Ultimo giorno.

MORINAKA: Dimostrò anche che sarebbe emerso un torrente infinito di persone, i Bodhisattva della Terra, per portare avanti la missione del bodhisattva Pratiche Superiori di disperdere «l’oscurità dell’ignoranza umana e dei desideri terreni» (SND, 4, 36) nelle persone dell’Ultimo giorno.

IKEDA: Il Daishonin, con il suo grande desiderio di kosen-rufu, iscrisse il Gohonzon per i Bodhisattva della Terra delle epoche successive. Se la nostra fede non è caratterizzata da un forte impegno per kosen-rufu, non possiamo sperare di far sgorgare nella nostra vita il grande beneficio del Dai-Gohonzon.

SAITO: Nell’epoca attuale, solo la SGI ha ereditato questo spirito di dedicarsi attivamente alla realizzazione di kosen-rufu. Sono convinto che il beneficio del Dai-Gohonzon si manifesti soltanto con una pratica come quella dei tre presidenti fondatori della Soka Gakkai, basata sullo spirito di «non lesinare la propria vita» e di dedicarsi in maniera altruistica alla propagazione della legge.

MORINAKA: Hei no Saemon doveva essere piuttosto allarmato dalla fede salda che avevano dimostrato i venti contadini di Atsuhara e l’interrogatorio del 15 ottobre fu del tutto insolito.

SAITO: In quell’occasione Hei no Saemon ordinò a suo figlio Hogan Sukemune di costringere i venti contadini a recitare il Nembutsu sottoponendoli a vari tipi di tortura, fra cui bersagliarli con frecce sibilanti spuntate[ref]Le frecce sibilanti erano normalmente usate per segnalare l’inizio della battaglia. Erano dotate di punte spuntate e cave e quando venivano lanciate producevano un forte suono simile a un ronzio.[/ref].

IKEDA: Ma nemmeno uno dei seguaci del Daishonin abbandonò la fede. Inizialmente Hei no Saemon non aveva intenzione di giustiziare nessuno ma la vista di quella gente umile che stava sfidando in maniera così aperta, lui, una delle persone più importanti del paese, e che sembrava disposta a dare la vita per le proprie convinzioni lo mandò su tutte le furie.

SAITO: Così decise brutalmente di mettere a morte quelle persone innocenti.

IKEDA: Il comportamento di quelle venti persone umili e coraggiose, nel Giappone del tredicesimo secolo, ne fa dei gloriosi pionieri nella battaglia per i diritti umani. Quei contadini che non avevano nemmeno un cognome mantennero fermamente le proprie convinzioni e risposero alle richieste tiranniche delle autorità con un sonoro: «No!» È un episodio che merita di essere citato nella storia del movimento per i diritti umani.

SAITO: La data ufficiale dell’esecuzione dei tre martiri di Atsuhara è il giorno dell’interrogatorio, il 15 ottobre, ma secondo un’altra fonte sarebbe l’8 aprile dell’anno seguente, il 1280[ref]Secondo il cinquantanovesimo patriarca Nichiko (1867-1957) l’esecuzione ebbe luogo l’8 aprile 1280. Lo deduceva dal fatto che in quella data Nikko Shonin aveva eretto tre lapidi e pregato per il riposo dei tre martiri di Atsuhara; inoltre Nikko aveva ricordato la persecuzione di Atsuhara in occasione della trascrizione di un Gohonzon, l’8 aprile 1308.[/ref].

MORINAKA: Attorno alle sei del pomeriggio del 17, il Daishonin ricevette un messaggio urgente da parte di Nikko Shonin che lo informava dell’interrogatorio del 15 e si mise immediatamente a scrivere la risposta, in cui definisce la determinazione dei credenti laici di Atsuhara «veramente straordinaria» (GZ, 1455). Poi, tramite un prete suo discepolo, Awaji-bo, fece recapitare senza indugio la missiva a Nikko Shonin che si trovava a Kamakura.

IKEDA: Le sorti di un’accanita battaglia si decidono con i resoconti accurati, la capacità di risposta immediata e in generale con la velocità di azione. Il Daishonin agiva sempre con prontezza.

SAITO: La lettera del Daishonin a Nikko Shonin è nota come Risposta ai saggi e agli altri (GZ, 1455). Si chiama così perché il Daishonin stesso scrisse queste parole nella chiosa della lettera.

IKEDA: Il Daishonin loda moltissimo Nikko Shonin e gli altri discepoli per aver rischiato la vita nella persecuzione di Atsuhara, chiamandoli «saggi»[ref]Il termine giapponese tradotto con «saggio» è shonin, che nell’edizione italiana del Gosho viene tradotto con «santo»: indica il saggio supremo e spesso viene usato anche come sinonimo di Budda. Per esempio nel titolo italiano del Gosho Le persecuzioni che colpiscono il Budda, la parola «Budda» corrisponde a shonin, n.d.t.[/ref].
Come avevamo già detto discutendo l’esilio a Sado, il Daishonin afferma che quando falsi preti e autorità potenti si uniscono per reprimere e minacciare la vita di chi pratica il Sutra del Loto, coloro che si battono senza paura con un cuore di leone, raggiungeranno la Buddità[ref]«Quando un governante malvagio, per distruggere la vera Legge, si allea con preti eretici e bandisce un uomo saggio, chi ha un cuore di leone otterrà sicuramente la Buddità. Così ha fatto Nichiren» (SND, 4, 75).[/ref].
Nel pieno delle persecuzioni, il Daishonin esortò i suoi discepoli di Kamakura e di Atsuhara a raccogliere il cuore del re leone spiegando che era l’occasione per manifestare la luminosa condizione vitale della Buddità.

MORINAKA: Vorrei leggere il brano in questione tratto dalle Persecuzioni che colpiscono il Budda: «Dovete raccogliere il coraggio di un leone e non soccombere di fronte a nessuna minaccia. Il leone non teme nessun altro animale e così neppure i suoi cuccioli. I calunniatori sono come sciacalli ululanti, ma i seguaci di Nichiren sono come leoni ruggenti» (SND, 4, 188).

IKEDA: «Cuore di leone» significa supremo coraggio. E rappresenta anche la forza vitale fondamentale che si manifesta in coloro che raccolgono questo coraggio. Questa forza interiore è la sorgente della vittoria. Non c’è altro modo di ottenere una vittoria completa che tirar fuori fino in fondo un cuore di leone. È essenziale risvegliare in noi una fede coraggiosa e resistere a qualsiasi terribile nemico o grande ostacolo senza paura e senza arretrare di un solo passo.
Il Daishonin esorta ognuno dei suoi seguaci a tirar fuori il coraggio del re leone! È un punto importante che potremmo definire l’essenza fondamentale del suo insegnamento. Tutte le persone possiedono intrinsecamente questo cuore di leone. E, poiché è innato in ognuno di noi, possiamo attingervi e farlo emergere. Il modo per tirarlo fuori è avere una fede salda che si rafforza «giorno dopo giorno e mese dopo mese».

SAITO: Nelle Persecuzioni che colpiscono il Budda il Daishonin scrive: «Rafforzate la vostra fede giorno dopo giorno e mese dopo mese. Se vi rilassate anche solo un po’, i demoni prenderanno il sopravvento» (SND, 4, 188).

IKEDA: È un passo assai noto. Dobbiamo sforzarci di rafforzare la nostra fede oggi più di ieri e domani più di oggi. In ogni momento, adesso è il tempo di combattere e di sfidarci. Poiché ogni istante è una battaglia contro le forze demoniache, se trascuriamo di rafforzare la fede i demoni prenderanno il sopravvento.
Vogliamo avanzare sul sentiero della fede che conduce alla totale realizzazione e vittoria nella vita sulla base della Legge eterna che opera attraverso le tre esistenze di passato, presente e futuro, o vogliamo invece condurre una vita di rimpianti, sconfitti e tormentati dai demoni a causa della nostra vigliaccheria e mancanza di fede? È la condizione della nostra mente, momento per momento, che lo deciderà. Questo significa praticare per il presente e per il futuro.

MORINAKA: Nella persecuzione di Atsuhara, la lotta dei tre martiri è un esempio del primo tipo di atteggiamento, mentre le azioni del traditore Sammi-bo[ref]Uno dei primi discepoli del Daishonin. Molto stimato per l’erudizione e la dialettica, teneva dibattiti con le altre scuole e assisteva Nikko nella propagazione nella zona di Fuji. Ma poiché tendeva a vantarsi della propria conoscenza e anelava al riconoscimento sociale, alla fine abbandonò l’insegnamento del Daishonin.[/ref] sono un esempio del secondo. Sammi-bo era giunto ad Atsuhara per prestare aiuto a Nikko Shonin nella propagazione e invece finì per abbandonare la fede. In seguito incontrò una morte prematura [mentre la persecuzione di Atsuhara era ancora in corso].

IKEDA: Anche Hei no Saemon e i suoi figli, chiaramente sotto l’influenza delle funzioni demoniache, fecero una triste fine. È ciò che intendeva il Daishonin quando affermava: «Alla fine [coloro che disprezzavano i devoti del Sutra del Loto] perirono tutti» (SND, 4, 187)[ref]Nel 1284 Hojo Sadatoki divenne reggente e Hei no Saemon divenne l’amministratore del ramo principale del clan Hojo. Per rafforzare la propria posizione, Hei no Saemon eliminò Adachi Yasumori, il suo principale rivale all’interno dello shogunato, e altri. Ma nel 1293, quando suo figlio maggiore lo accusò di congiurare contro il governo, Hei no Saemon fu attaccato dall’esercito di Hojo Sadatoki con l’imputazione di aver tentato la rivolta. Hei no Saemon e il suo secondo figlio Sukemune si uccisero entrambi nella stessa residenza in cui avevano torturato e giustiziato i seguaci del Daishonin mentre Munetsuna fu esiliato sull’isola di Sado. In seguito fu graziato ma, per via di un’altra accusa, fu condannato nuovamente all’esilio nella provincia di Kazusa. Così l’intera famiglia, un tempo illustre, andò completamente in rovina.[/ref].
I potenti arroganti alla fine vanno inevitabilmente incontro alla rovina mentre lo splendore spirituale di chi si dedica alla verità e alla giustizia brillerà in eterno. Di fronte alla solenne evidenza di questi due risultati radicalmente diversi, l’unica strada è rafforzare la condizione vitale della Buddità nella propria vita, avanzando con una fede ogni giorno più forte.

SAITO: La Soka Gakkai ha mantenuto il coraggioso cuore di leone dei primi tre presidenti. Perciò è stata in grado di affrontare e vincere una serie di grandi persecuzioni.

IKEDA: Adesso è il momento che i discepoli dimostrino di essere veri successori. Chi lo farà otterrà la Buddità.

(continua)

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