Non sterile e passiva aspettativa ma fiducia basata sulla decisione. Lungi dal limitarsi all’attesa di un cambiamento delle circostanze esterne la speranza nel Buddismo non è altro che una profonda fiducia nell’immenso potere della vita umana che è una sola cosa con la legge mistica
Josei Toda, secondo presidente della Soka Gakkai, disse: «Che siate giovani o vecchi, vi vorrei pieni di speranza, una speranza che pervada totalmente la vostra vita dall’inizio alla fine. È importante ricordare che la forza vitale che ci permette di vivere con speranza si trova nel Gohonzon, che è l’entità dell’unicità di persona e Legge e la vita stessa di Nichiren Daishonin, il Budda dell’Ultimo giorno» (MDG, 1, 16).
Ma che cos’è precisamente la speranza di cui parlava Toda?
Il concetto comune di speranza, al di fuori della pratica buddista, esprime generalmente un sentimento di attesa più o meno fiducioso che si verifichi nel futuro un qualche evento favorevole (collegato di solito non alla volontà ma a un fievole desiderio), oppure che possa realizzarsi un vago avvenire di bene e felicità. Esistono anche altre accezioni più costruttive del termine, che associano la speranza a uno stato d’animo di fiducia o a una forte convinzione, ma l’uso prevalente della parola richiama un atteggiamento passivo, di chi si attende una soluzione o un beneficio dall’esterno.
Al contrario, il Buddismo conferisce alla speranza una valenza attiva e concreta: la speranza buddista può definirsi come la fiducia che nasce da una profonda decisione. Non dipende dal caso o da qualcosa di esterno a noi, ma scaturisce da ciò che abbiamo determinato ed è alimentata dalla nostra preghiera e dalle nostre azioni e naturalmente dai risultati che otteniamo. Non si tratta quindi di una chimera, bensì di una piena fiducia nel funzionamento della Legge mistica nella nostra vita, ovvero quello che Toda chiama “unicità di persona e Legge”.
La speranza è estremamente importante poiché aumenta la qualità della nostra pratica. Ci fa vivere ogni istante della quotidianità con spirito fiducioso, cogliendo gli aspetti positivi di ciò che ci succede e maturando nel tempo la convinzione che la nostra vita non ci metterà mai di fronte a ostacoli che non siamo in grado di superare o a sofferenze che non possiamo trasformare. Non si tratta affatto di fare, come suol dirsi, buon viso a cattivo gioco. Al contrario, un atteggiamento positivo conferisce forza al nostro Daimoku, cambia le nostre azioni, e giorno dopo giorno indirizza la nostra vita in direzione della felicità.
Qualcuno potrebbe obiettare che, in una situazione difficile, il fatto di vedere il bicchiere mezzo pieno invece che mezzo vuoto può al massimo farci sentire un po’ meglio ma non cambia di una virgola la situazione stessa. Questa però è una visione statica, rivolta al passato, e assai lontana dal comprendere il funzionamento della vita. In realtà, il Buddismo ci insegna che tutto dipende dal nostro atteggiamento interiore in ogni singolo istante di vita (ichinen). Poiché per il principio di non dualità della vita e dell’ambiente (esho funi) questi sono un’unica cosa, il nostro stato vitale si rispecchia in tempo reale nell’ambiente esterno e influenza invariabilmente il nostro futuro.
Dunque l’atteggiamento mentale decide il corso della vita. Si tratta di un principio che rivoluziona il comune modo di pensare, accordandosi con la dinamicità della vita e favorendo una visione delle cose rivolta al futuro. E dal momento che questo è vero anche per chi non pratica, a maggior ragione i discepoli del Budda possono, costruendo in ogni istante un atteggiamento interiore orientato positivamente, indirizzare la propria vita verso l’infinita condizione vitale della Buddità, vale a dire realizzare senza limiti il proprio potenziale umano in armonia con l’universo. «Guardare gli eventi e le situazioni in una luce positiva – ci esorta Daisaku Ikeda – è importante. La forza, la saggezza e la gioia che accompagnano un simile atteggiamento portano alla felicità. Guardare le cose con ottimismo o benevolenza non significa essere stupidamente ingenui e permettere agli altri di approfittare della nostra buona disposizione d’animo. Significa avere la saggezza e l’intuizione di muovere le cose in direzione positiva, considerandone l’aspetto migliore pur rimanendo concentrati sulla realtà» (Giorno per giorno, 27 gennaio).
Non tutti hanno un carattere orientato all’ottimismo. Molte delle persone che conosco, compreso il sottoscritto, sono caratterialmente portate, in varia misura, ad avere un atteggiamento pessimista. La sfiducia è un sentimento largamente diffuso al giorno d’oggi e può manifestarsi nei confronti delle proprie capacità, o nei riguardi di determinate persone, o anche dell’essere umano in generale. D’altronde è facile perdere la speranza non appena l’attenzione si posa anche solo su qualcuno dei molti gravi problemi che affliggono la nostra epoca. Tuttavia questo modo di sentire e di pensare, anche se del tutto comprensibile, non è altro che una tendenza derivante dal nostro karma perché ci causa sofferenza e influenza allo stesso modo il nostro ambiente. E quando la situazione è senza speranza? Ebbene sta a noi crearla comunque.
Per riuscire a fare questo, occorre costruire con pazienza una condizione vitale elevata e renderla sempre più stabile dentro di sé grazie a una pratica corretta e costante. Spiegando la condizione vitale del Daishonin durante l’esilio a Sado, Daisaku Ikeda dice: «La vasta condizione vitale del Daishonin può sicuramente venire attribuita a qualcosa di più del mero pensiero positivo. Deriva dalla sua saggezza di percepire la vera natura della realtà mentre affrontava a testa alta le sue difficili circostanze di vita» (MDG, 1, 124). E così Toda commentava questa condizione vitale: «Quella della Buddità è una condizione di felicità assoluta, che non può essere turbata da niente e che non teme niente. Una vita così in ogni momento è come un grande oceano perfettamente calmo o un cielo perfettamente limpido. Tale era senza dubbio la condizione vitale che il Daishonin manifestò mentre era in esilio a Sado» (MDG, 1, 122).
In definitiva, anche la speranza si attiva attraverso la ripetizione continua di quel circolo virtuoso sul quale si fonda la rivoluzione umana: determinare, pregare, agire. Dovremmo quindi innanzitutto recitare Daimoku per i nostri obiettivi cercando di esprimere il massimo della fiducia di cui disponiamo e un sincero spirito di gratitudine non solo per il passato e per il presente, ma anche per il futuro. Questo atteggiamento ci consente di rafforzare la nostra fede e di conferire alla preghiera una qualità particolare. Riguardo all’azione, è molto importante determinare di mantenere un atteggiamento fiducioso in ogni istante della nostra giornata, anche nei momenti in cui non stiamo di fronte al Gohonzon ma siamo impegnati nelle nostre faccende quotidiane. Infatti, poiché la vita è formata dalla somma di singoli istanti, è essenziale curarci del nostro stato vitale in ogni momento. Questa determinazione avrà l’effetto di mantenere alta la nostra condizione vitale, di conferire saggezza alle nostre azioni e di attivare le funzioni protettrici dell’ambiente (shoten zenjin), facendo emergere circostanze favorevoli.
Un altro requisito indispensabile per trasformare la tendenza al pessimismo è la dedizione alla felicità delle altre persone. La pratica per sé e quella per gli altri sono come i due lati di una moneta, per cui se uno manca la moneta non può esistere. Pertanto, sia che siamo semplici praticanti sia che ci sia stata affidata una qualche responsabilità all’interno della Soka Gakkai, l’aspetto altruistico della fede è determinante per ottenere benefici. E non potrebbe essere diversamente, dal momento che l’unico grande desiderio del Budda è di far sì che ogni essere umano raggiunga la sua stessa condizione illuminata.
Questo desiderio incarna la promessa e la missione dei Bodhisattva della Terra, e nel suo significato profondo è esattamente il motivo per cui siamo nati, il nostro vero scopo nella vita. A chi gli chiedeva qual è lo scopo della vita Josei Toda, basandosi sulla teoria del valore del primo presidente della Soka Gakkai Makiguchi, rispose: «Uno dei maggiori difetti della società moderna è la mancanza di uno scopo. Per cosa vivono gli esseri umani? O meglio, noi, per che cosa viviamo? Per esempio, nella nostra vita quotidiana se sappiamo dove vogliamo andare possiamo chiedere indicazioni a un vigile sulla strada da seguire. Ma se non sappiamo il nome della destinazione e chiediamo al vigile: “Dove dovrei andare?” probabilmente riderà di noi. Per questo è strano e incomprensibile che, nel viaggio della vita, le persone vivano senza uno scopo. Ed è proprio in ciò che risiede la causa fondamentale del disorientamento e del malessere che turbano la società». Aggiunse inoltre: «È essenziale cercare a fondo se esista o meno uno scopo supremo in grado di integrare tutte le sfere dell’attività umana, dalla politica all’economia, all’educazione, alla cultura. Un simile scopo dovrebbe dimostrare di essere l’obiettivo supremo in grado di dare una salda disciplina alla nostra esistenza, diversamente dalle mere teorie come l’idea di un paradiso ultraterreno. Se è così e se nello sforzo di raggiungerlo riusciamo a dimostrare risultati concreti nella nostra vita, in maniera inconfutabile e continuativa, allora è veramente lo scopo che tutta l’umanità sta cercando».
L’azione di far conoscere agli altri la Legge mistica per permettere loro di liberarsi dalle “catene” del karma, accresce nel tempo la consapevolezza del significato profondo della nostra vita. Dedicarsi agli altri senza riserve con lo stesso spirito del maestro equivale ad “abbandonare il transitorio e rivelare il vero”, come fece il Daishonin all’epoca della persecuzione di Tatsunokuchi e dell’esilio a Sado, e significa vivere come un Budda. A tale proposito dice Ikeda: «Quando le persone comprendono di avere la missione, come Bodhisattva della Terra, di propagare la Legge mistica nella malvagia epoca dell’Ultimo giorno della Legge, la loro forza cresce senza limiti. Possono svolgere l’opera del Budda come suoi inviati. Quando una simile consapevolezza si diffonde fra i discepoli è il segno che la comunità dei credenti di Nichiren ha abbandonato il transitorio e rivelato il vero» (MDG, 2, 212). E ancora: «Il desiderio di diventare felici insieme agli altri è il puro ed eterno desiderio di tutte le persone. È lo “spirito originale” che agisce nelle profondità della nostra vita. Chi si risveglia a esso e vive di conseguenza è un Budda. Il Daishonin visse tutta la sua vita con questo desiderio, questo ideale, questa speranza» (MDG, 1, 130).
Perseguire incessantemente il nostro “grande scopo” è la causa per costruire un carattere forte e pieno di speranza. La speranza costituisce dunque allo stesso tempo un mezzo e un fine: sviluppare fiducia in se stessi e nelle altre persone e creare ottimismo rispetto alla possibilità di raggiungere pace e armonia fra le persone sono mezzi per realizzare i grandi obiettivi della rivoluzione umana e di kosen-rufu, ma, a ben guardare, sono anche parte essenziale di quegli stessi obiettivi. In fondo, diventare capaci, da un lato, di avere fiducia in qualcuno anche quando lui stesso non ne ha, e dall’altro, di avere fiducia in noi stessi anche quando nessun’altro ne ha, rappresenta un beneficio complessivo nella vita che supera i nostri migliori auspici.
Personalmente, ogni volta che mi sono sforzato di infondere speranza in qualcuno dopo aver recitato Daimoku per la sua felicità, ho avvertito questa stessa speranza crescere anche dentro di me. Sono esperienze piccole, ma preziose per mantenere uno spirito vivo e costruttivo. Non bisogna però dimenticare di dare fiducia agli altri, e in particolare ai compagni di fede, perché solo così si possono creare saldi legami e sprigionare tutta la potenza dell’unità di “diversi corpi, stessa mente” (itai doshin). In ultima analisi, possiamo affermare che la fiducia in noi stessi e negli altri è una manifestazione della fiducia nella Legge mistica, ovvero della fede. «Dal punto di vista dell’eternità della nostra vita – ci incoraggia Daisaku Ikeda – poiché abbracciamo la Legge mistica tutto si muove in direzione positiva, tutto contribuisce alla felicità e al raggiungimento della Buddità. Dobbiamo aver fiducia nella Legge mistica, non dobbiamo essere sviati dalle circostanze o permettere a queste di oscurare la nostra fede» (Giorno per giorno, 19 maggio). Assicuriamoci quindi che non manchi mai l’ingrediente della speranza nella nostra ricetta per la felicità.
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Gli introvabili
Ma dove ho letto quella frase
Il Budda insegnò che le persone, sin dal momento della loro nascita, sono accompagnate da due messaggeri, chiamati Dosho e Domyo, che li seguono da vicino proprio come la loro ombra, e non li lasciano mai, nemmeno per un istante. A turno, essi riferiscono al Cielo le azioni buone e quelle cattive, sia grandi che piccole, senza tralasciare il minimo dettaglio.
(La legge causale della vita, SND, 4, 141)
D’ora in avanti resta calmo e guarda cosa accade. Non lamentarti con gli altri delle difficoltà che incontri nella vita. Se lo fai non ti comporti da persona intelligente.
(I tre tipi di tesori, SND, 4, 177)