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Un eterno braccio di ferro - DEV - Il Nuovo Rinascimento
Istituto Buddista Italiano Soka Gakkai

Buddismo per la pace, la cultura e l’educazione

6 dicembre 2025 Ore 15:36

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Un eterno braccio di ferro

«La lotta tra il bene e il male, tra speranza e disperazione – afferma il microbiologo René Dubos in un dialogo con Ikeda – è la “legge dello spirito” umano. È una lotta che «l’uomo ha scelto di combattere, non necessaria­mente per se stesso, ma per un processo di crescita emotiva, intellettuale ed etica che continua eternamente»

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«La lotta tra il bene e il male, tra speranza e disperazione – afferma il microbiologo René Dubos in un dialogo con Ikeda – è la “legge dello spirito” umano. È una lotta che «l’uomo ha scelto di combattere, non necessaria­mente per se stesso, ma per un processo di crescita emotiva, intellettuale ed etica che continua eternamente»

Niente dava più gioia al Daishonin di vedere i suoi discepoli godere di fortuna e benefici e diventare felici nelle loro vite. In una lettera a Shijo Kingo, che stava facendo grandi sforzi per kosen-rufu a Kamakura, il Daishonin scrive: «Il vostro desiderio si è pienamente realizzato, come l’alzarsi della marea, come lo sbocciare dei fiori nel prato in primavera» (La nascita di Tsukimaro, SND, 5, 103).
La vita, naturalmente, porta con sé vari problemi e dolori. Ma, in accordo col principio di cambiare il veleno in medicina, possiamo trasformare qualsiasi situazione negativa in qualcosa di positivo e condurre una vita di completa soddisfazione e appagamento. Tale è lo straordinario potere della Legge mistica.
Con tutto il cuore, mia moglie e io recitiamo, e continueremo a farlo, affinché i nostri preziosi membri godano vite vittoriose piene di salute, felicità e speranza.
Kosen-rufu è una grande, eterna lotta spirituale che non si ferma mai, neppure un momento. Come dice il suo nome, la Soka Gakkai [che alla lettera si tradurrebbe con “Società per l’apprendimento e la creazione di valore”, n.d.t.] è un’organizzazione i cui membri lottano costantemente per creare valore e continuano a imparare per tutta la vita. La Soka Gakkai risplende di profondi ideali e pulsa di filosofia viva. Ecco perché è così forte.
Nel Gosho, il Daishonin cita le parole del Sutra del Loto che spiegano come i semi della Buddità germogliano in risposta alle condizioni, o influenze esterne (cfr. La proprietà del riso, SND, 7, 237-8). Ho sempre dato grande importanza ai miei incontri e dialoghi con ogni persona. Ogni incontro è un seme che può germogliare in amicizia e fiducia e, col tempo, fiorire come immensa speranza e dare frutti di pace. Il Daishonin scrive: «Anche un estraneo, se riesci a comunicare con lui cuore a cuore, potrà mettere a rischio la propria vita per te» (Cancellare le colpe denunciando le offese alla Legge, SND, 7, 171). Niente è più forte o profondo dei legami stabiliti attraverso un dialogo sincero e sentito.
Ieri, 14 aprile, sarebbe stato il compleanno dello storico inglese Arnold J. Toynbee (1889-1975). Desidero ora condividere con voi il contenuto di una lettera che mi scrisse in data 9 luglio 1974. I miei incontri con Toynbee si svolsero in dieci giornate tra il 1972 e il 1973, per un totale di circa quaranta ore. Questa lettera venne scritta un anno dopo che il nostro dialogo era terminato, l’anno prima della sua morte.
Durante il nostro dialogo, Toynbee aveva espresso un grande interesse per il Buddismo. Questo attirò un gran numero di reazioni da varie parti, alcune delle quali lo ammonivano per i suoi giudizi favorevoli riguardo il Buddismo. In questa lettera, che è una breve replica a una di quelle critiche, Toynbee scrive: «Credo che la religione sia la cosa più importante nella vita umana, e concordo con la Soka Gakkai su questo punto fondamentale così come su importanti aspetti etici come l’opposizione al militarismo e alla guerra, alla corruzione nella vita pubblica e all’uso di droghe; condivido anche lo scopo positivo di portare l’intera specie umana a qualche forma di reale cooperazione».
Con profonda e piena convinzione, Toynbee comunicò il suo accordo e sostegno alla Soka Gakkai. Aveva una totale fiducia nella nostra organizzazione proprio per il nostro “impegno etico” per la salvaguardia della pace, la promozione di riforme governative, l’incoraggiamento dei giovani e la creazione di solidarietà tra le persone. Negli ultimi trent’anni, abbiamo lottato strenuamente per non deludere la sua sincerità e le sue aspettative.
Durante i nostri incontri ci fu una conversazione che non dimenticherò mai. A un certo punto avevo chiesto allo storico: «Se dovesse rinascere in questo mondo, cosa le piacerebbe essere?» Toynbee rispose che sarebbe voluto rinascere come un uccello. Gli uccelli hanno sempre vissuto insieme agli esseri umani, e sono sempre riusciti a sopravvivere, disse. Aggiunse anche che se fosse rinato come un uccello, avrebbe voluto farlo in India, perché gli indiani ritengono che ogni essere vivente meriti lo stesso rispetto degli esseri umani.
I sentimenti di Toynbee verso quella terra spirituale e di armoniosa coesistenza, erano davvero molto profondi, e anch’io ho trovato nella ricca spiritualità indiana un’immensa fonte di speranza per la pace e la nonviolenza.
Quarantaquattro anni fa, il 28 gennaio 1961, intrapresi il mio primo viaggio in India. Il cielo era di un azzurro limpido, come se le divinità celesti volessero celebrare l’occasione.
Nel suo trattato Rimostranza al bodhisattva Hachiman, Nichiren Daishonin scrive: «Il sole sorge a est; questo è un segno che il Buddismo del Giappone, la terra del sole, ritornerà in India» (GZ, 589). Il Daishonin predice in questo modo la “trasmissione verso occidente del Buddismo”, cioè, che il suo Buddismo del Sole tornerà certamente verso l’India, luogo d’origine degli insegnamenti del Budda. «Non dobbiamo far sì che queste parole si dimostrino false!», questo era il desiderio del mio mèntore Josei Toda. E fu con questa determinazione che mi recai in India per la prima volta.
In quel viaggio, con i miei compagni visitammo Bodhgaya, il posto dove Shakyamuni raggiunse l’Illuminazione. Una volta là, recitammo solennemente Nam-myoho-renge-kyo insieme. Mentre recitavamo Daimoku, pensavo alle molte avversità e persecuzioni sopportate da Shakyamuni e pregai ardentemente per la pace e la felicità di tutti i popoli asiatici. Quindi sotterrammo in profondità una targa in pietra dedicata a kosen-rufu in Asia insieme ad altri oggetti che avevamo portato con noi dal Giappone. L’iscrizione della targa era rivolta verso nord-est, la direzione del Picco dell’Aquila e del Giappone.
Dopo la nostra piccola cerimonia, un uomo anziano che aveva osservato la scena si diresse lentamente verso di noi. Indossava abiti tradizionali tibetani e teneva tra le mani dei bellissimi petali di fiori. Si inchinò profondamente, quindi li sparse per terra e portò le palme unite davanti al petto. Era un gesto che ricordava i fiori sparsi nel Sutra del Loto in offerta a Budda. Il gesto di quell’uomo mi commosse molto e lo considerai un segno che anche il popolo indiano era felice di questo primo passo che inaugurava la trasmissione verso occidente del Buddismo. Non dimenticherò mai quella scena. Sono passati quarantaquattro anni da quel giorno e oggi molti Bodhisattva della Terra stanno lavorando attivamente per kosen-rufu in India. Il Buddismo del Sole si è già diffuso in 190 paesi e territori in tutto il mondo, diffondendo la sua compassionevole luce su ogni popolo. La Soka Gakkai ha fatto della profezia del Daishonin, riguardo alla trasmissione verso occidente, una realtà. La nostra è l’unica organizzazione che sta realmente portando avanti kosen-rufu nel mondo.
In un suo racconto, il poeta indiano Rabindranath Tagore (1861-1941) lamenta che più le persone fanno carriera, peggiori diventano. Anche il drammaturgo tedesco Friedrich von Schiller (1759-1805) ammonì: «Dove è grande altezza, la caduta altrettanto grande sarà». E un vecchio proverbio dice: «Il pesce comincia a puzzare dalla testa». Con queste parole si evidenzia il fatto che più importante è la posizione di una persona, maggiori sono i potenziali pericoli e il rischio che possa essere corrotta. Coloro che pensano di essere speciali o migliori degli altri creano nei loro cuori una breccia attraverso cui possono infiltrarsi le funzioni del demone.
Guardando indietro nella storia, vediamo che anche durante la vita di Nichiren Daishonin e del suo diretto successore Nikko Shonin, ci fu chi abbandonò la fede diventandone nemico, soprattutto nel clero o nelle classi più elevate della società. Josei Toda, primo presidente della Soka Gakkai, si riferiva spesso a tali eventi ammonendo severamente i più alti responsabili. Durante la Seconda guerra mondiale, quando le autorità militariste giapponesi lanciarono una serie di misure restrittive sulla Soka Kyoiku Gakkai (Società educativa per la creazione di valore, antesignana della Soka Gakkai), ventuno dei maggiori responsabili dell’organizzazione furono arrestati. Tutti loro, eccetto il presidente Makiguchi e Josei Toda, rinunciarono alla loro fede.
Anche un alto responsabile della Soka Gakkai, che addirittura aveva ricoperto il ruolo di direttore generale all’epoca di Toda, dopo la sua morte lasciò la Gakkai. In anni più recenti ci fu anche chi, dopo aver assunto cariche pubbliche grazie all’aiuto sincero dei membri, venne avvelenato dal potere e dalla posizione elevata dimenticando i suoi debiti di gratitudine, fino a tradire la fiducia in lui riposta e a rivoltarsi contro la Soka Gakkai. Conoscete tutti questi casi. È il solito schema dei tradimenti e dell’apostasia che si ripete.
Nei suoi scritti, il Daishonin ha riportato, come ammonimento e lezione alle future generazioni, i nomi di quattro discepoli che ripudiarono la fede e si misero contro di lui, i preti Sammi-bo, Sho-bo e Noto-bo, e la monaca laica di Nagoe. Tutti e quattro avevano ricevuto insegnamenti direttamente da lui o anche aiuto e assistenza. Il Daishonin descrisse così la loro vera natura: «Si proclamavano saggi pur essendo avidi, codardi e stupidi. Quando fui colpito dalle persecuzioni, questa gentaglia ne approfittò per far cadere un gran numero di credenti» (Le funzioni di Bonten e Taishaku, SND, 5, 207). Come il Daishonin sottolinea dicendo «si proclamavano saggi», la reale natura di tali persone è l’arroganza, la vanità e la presunzione.
Il Daishonin parla anche dei discepoli che andarono a Kyoto, la capitale imperiale, e cominciarono a frequentare l’aristocrazia, ammonendoli severamente: «Sebbene inizialmente sembri che ricordino le loro aspirazioni originali, vengono in seguito attaccati dai demoni e impazziscono» (GZ, 1268). Non dobbiamo permettere di essere spazzati via da effimere ambizioni mondane perdendo di vista la nostra pratica buddista e lo scopo originario. Quando il Daishonin e i suoi seguaci subirono grandi persecuzioni, ci furono discepoli senza fede che pensarono con arroganza di essere più saggi del loro maestro e benefattore e cercarono di imporre quello che ritenevano il modo giusto di agire.
Due samurai, Nagasaki Tokitsuna e Ota Chikamasa, che avevano in precedenza praticato il Buddismo di Nichiren Daishonin, usarono in seguito il loro potere e autorità per assumere un ruolo attivo nella repressione dei suoi fedeli all’epoca della persecuzione di Atsuhara. Questa è una lezione della storia che getta una luce rivelatrice su eventi contemporanei. Il Daishonin, tuttavia, tramanda chiaramente come tutte queste persone furono colpite da evidenti punizioni personali per ciò che avevano fatto, fino alla rovina totale. Ecco perché ammonisce severamente i suoi seguaci a non essere distolti da loro, dicendo: «Dovete raccogliere il coraggio di un leone e non soccombere di fronte a nessuna minaccia» (Le persecuzioni che colpiscono il Budda, SND, 4, 188). Tra i sei principali discepoli del Daishonin – i sei preti anziani – tutti, eccetto Nikko Shonin, tradirono il loro maestro dopo la sua morte. Gli altri cinque si separarono da lui, legittimo successore del Daishonin.
Nel suo Registro dei Gohonzon concessi ai discepoli di Nikko (compilato nel 1298), Nikko Shonin elenca i nomi di oltre sessanta discepoli che avevano ricevuto il Gohonzon iscritto dal Daishonin. Alcuni di loro erano preti e altri laici; alcuni godevano di un’alta posizione sociale, e altri no. Ma Nikko Shonin li registra tutti come “discepoli”, indipendentemente dal loro rango sociale o sacerdotale. Nikko Shonin, in tale registro, indicò anche, per ogni singolo discepolo, se aveva mantenuto la fede o se l’aveva abbandonata. Quei discepoli avevano avuto il grande onore di ricevere un Gohonzon iscritto dal Daishonin stesso e, naturalmente, sarebbero dovuti rimanere uniti al successore, Nikko Shonin, e impegnarsi con lui per far progredire kosen-rufu, il grande desiderio del Daishonin. Ma accanto ai nomi di dodici di loro compaiono note del tipo: «Ma ora si è messo contro [il Daishonin]» o «Ma, dopo la morte del Daishonin, si è ribellato». Tutti loro erano preti o persone di alto rango sociale. In altre parole, erano diventati arroganti, irresponsabili, sospettosi o invidiosi. Invece, i discepoli di ceto inferiore citati, uomini e donne comuni – inclusi i tre martiri di Atsuhara – portarono avanti una fede coraggiosa e si guadagnarono gloria e fortuna che perdurò nelle loro vite attraverso le tre esistenze.
Ricordiamo chiaramente per il futuro anche i nomi di quegli ex membri della Soka Gakkai che, usando il loro potere e influenza sulla società, hanno provocato sofferenze ai loro compagni di fede attaccando sia loro sia la nostra organizzazione dedicata a kosen-rufu. È necessaria molta severità per evitare che in futuro succedano ancora cose del genere, causando altri problemi alle prossime generazioni.
Il Daishonin scrive: «Shuddipanthaka [un discepolo del Budda Shakyamuni] non riuscì a memorizzare un insegnamento di quattordici caratteri nemmeno in tre anni, e tuttavia ottenne la Buddità. Devadatta che invece aveva imparato a memoria sessantamila scritture, cadde nell’inferno di incessante sofferenza. Questi esempi rappresentano esattamente la situazione del mondo in quest’ultimo periodo. Non pensiate che essi riguardino soltanto gli altri e non voi». (I tre maestri del Tripitaka, SND, 8, 213).
Le persone orgogliose e arroganti invariabilmente finiscono per perdere. Nel Buddismo, coloro che si impegnano con sincerità, serietà e costanza, facendo del loro meglio, risulteranno alla fine vittoriosi. Toda disse anche: «Non credete mai a coloro che vedete accolti come “persone importanti”. Nel momento cruciale, se la danno a gambe. Molti di loro si rivelano ipocriti vigliacchi. È la gente comune quella di cui ci si può fidare maggiormente, gli infaticabili membri della Divisione donne e tutte le altre anonime persone comuni del mondo».
Mai furono dette parole più vere. Il dottor Aurelio Peccei (1908-84), uno dei fondatori del Club di Roma con cui ho pubblicato il dialogo Campanello di allarme per il XXI secolo, combatté valorosamente il Fascismo durante la Seconda guerra mondiale e fu imprigionato per le sue convinzioni. Parlando del tempo passato in prigione, disse che tutto ciò cui si deve far ricorso in una situazione del genere è la propria umanità e le proprie convinzioni. E notava che i primi a crollare quando venivano sottoposti a pressioni di solito erano quelli che avevano sempre dato ordini agli altri. Diceva anche che non disprezzava nessuno più dei traditori.
Le persone più forti e nobili di tutte sono coloro che rimangono fedeli alle loro convinzioni e splendono di umanità e integrità nelle loro vite. Il Daishonin diede il seguente consiglio al giovane Nanjo Tokimitsu: «Le persone di alto rango che ti biasimano per la tua fede, sono forti avversari del Sutra del Loto. Consideralo un evento straordinario come la fioritura dell’udumbara o il tronco di sandalo galleggiante trovato dalla tartaruga cieca, e rispondi con fermezza» (La funzione di Bonten e Taishaku, SND, 5, 209).
Un forte avversario ci aiuta a sviluppare e forgiare la nostra forza e capacità. Le avversità rappresentano un’opportunità per la nostra rivoluzione umana. Ci si devono aspettare delle difficoltà sulla strada che porta a kosen-rufu. Perciò, quando vi imbattete in qualche sfida, gioite e dite a voi stessi: «Ho incontrato un raro e degno avversario!». Accogliete ogni cosa in modo positivo, opponetevi a tutte le tempeste con uno spirito forte e resistente, emergendone trionfanti. Questo è il modo di vivere di un vero praticante del Buddismo di Nichiren Daishonin. Nella stessa lettera a Nanjo Tokimitsu, il Daishonin scrive: «Fingendosi amici, ti ammoniranno ripetutamente per indurti ad abbandonare la fede con lo scopo di beffarsi di te e di farti beffare dagli altri. Lascia che dicano tutto quello che vogliono. Poi dì loro: “Invece di dare consigli agli altri, dovreste prima dare consigli a voi stessi”. Detto questo, alzati e allontanati» (La funzione di Bonten e Taishaku, SND, 5, 209-210). Non abbiate paura di chi si vanta. Non fatevi ingannare dalla parlantina sciolta. Non permettete che gli arroganti lo diventino ancora di più.
Spero che soprattutto i membri della Divisione donne e i giovani creino una solida unità, tirando fuori ancor più forza e saggezza, proteggendo e assicurando eterna vittoria e sviluppo alla Soka Gakkai, l’organizzazione che si accorda al volere del Budda.
Sono presenti oggi anche rappresentanti della Divisione sanità della Soka Gakkai. Sono persone davvero ammirevoli, dediti alla salute e longevità dei loro simili. So anche che trovano il tempo di condividere il loro sapere ed esperienza con gli altri membri della Gakkai in vari modi. Desidero esprimere loro la mia stima più profonda per la dedizione e i servizi prestati quotidianamente agli altri.
Essendo umani, ci sono medici con diverse tipologie di carattere e temperamento. Alcuni sono autoritari, altri seri, altri ancora cordiali. Naturalmente le capacità mediche e la professionalità sono molto importanti, ma per i pazienti è importante anche l’atteggiamento e il comportamento con cui svolgono il loro lavoro. È davvero incoraggiante per le persone sapere che il loro dottore si preoccupa davvero del loro benessere e sta facendo il possibile per farli stare bene. Talvolta sono proprio queste attenzioni genuine da parte del medico, oltre alle varie medicine, che aiutano il paziente a guarire. Ecco perché è così importante che i membri della nostra Divisione sanità coltivino e purifichino la loro vita attraverso le attività della Gakkai, così da diventare medici di prima grandezza che splendono per carattere e compassione, ispirando fiducia negli altri.
Nel nostro dialogo, Toynbee dichiara: «Sono d’accordo: nessuno può diventare un medico qualificato dal punto di vista etico e spirituale senza nutrire un’idea filosofica o religiosa nei riguardi della vita umana e del mondo in cui l’umanità vive» (A. Toynbee, D. Ikeda, Dialoghi, Bompiani, Milano 1988, pag. 94). Secondo Toynbee, avere solide convinzioni religiose o filosofiche riguardo alla vita e all’universo è un importante requisito per un medico.
Voi membri della Divisione medici, sostenete e praticate la mistica Legge, la Legge fondamentale dell’universo, studiate la suprema filosofia di vita. Per questo, siete dei grandi precursori nel vostro campo. Una delle persone che Toynbee mi raccomandò di incontrare era il famoso microbiologo René Dubos (1901-82). Ricordo con piacere di aver accolto il dottor Dubos nella sede del Seikyo Shimbun, a Tokyo nel novembre del 1973, dove ci impegnammo in una discussione molto significativa, toccando argomenti come il passato e il futuro dell’umanità e le questioni della vita e della morte.
In uno dei suoi scritti, Dubos riconobbe che «il bene e il male sembrano sempre in competizione, come se fossero impegnati in un braccio di ferro sul palcoscenico della commedia umana». La lotta tra il bene e il male, tra speranza e disperazione, continua incessante. La sconfitta in quella lotta significa decadenza. Dubos scrisse anche: «La terra non è un luogo di riposo o di svago. L’uomo ha scelto di combattere, non necessariamente per se stesso, ma per un processo di crescita emotiva, intellettuale ed etica che continua eternamente. Crescere in mezzo ai pericoli è il destino della specie umana, perché è la legge dello spirito».
Una completa assenza di sforzo o stress possono sembrare desiderabili, ma hanno come effetto noia e stasi. È essenziale che continuiamo a sforzarci nelle circostanze difficili, avanzando con dinamica creatività, e superando ogni ostacolo. Questo è il modo per sviluppare nuove forze e realizzare una crescita vigorosa, sia nel caso di un individuo che di un’organizzazione. Questo è ciò che ci permette di avanzare lungo una strada di realizzazione, vittoria e felicità.
Nella Raccolta degli insegnamenti orali, Nichiren Daishonin afferma: «Il primo shi della parola shishi, o “leone” [che significa “maestro”], è la meravigliosa Legge [la mistica Legge] che è tramandata dal maestro. Il secondo shi [che significa “bambino”] è la meravigliosa Legge [la mistica Legge] così come è ricevuta dai discepoli. Il “ruggito” è il suono del maestro e del discepolo che recitano all’unisono». (OTT, 111).
Il primo shi di shishi, o “il leone”, è il Daishonin, il maestro, e il secondo shi è il discepolo. Il ruggito del leone (shishi-ku) è quando mèntore e discepolo recitano insieme propagando Nam-myoho-renge-kyo. Quando i discepoli uniscono i loro cuori al loro mèntore, possono raccogliere un potere senza limiti. Lottando con lo stesso spirito del loro maestro, possono realizzare brillanti, monumentali imprese per kosen-rufu. Le persone che hanno dimenticato lo spirito di maestro e discepolo, non importa quanto possano apparire di successo o popolari, ma finiscono per condurre vite tristi e senza scopo. So che tutti conoscete casi del genere. La strada di maestro e discepolo non è mai egoista o fine a se stessa. Vi prego di non perdere mai di vista il sentiero della pace, il sentiero della fede corretta.
Josei Toda era un brillante leader e uomo di grande sagacia. Il suo intuito nelle cose e la sua capacità di vedere dentro le persone era davvero notevole. Riusciva ad avere una profonda compassione pur essendo allo stesso tempo molto, molto severo. Ho imparato tutto quello che so da lui. Io solo sono rimasto con lui con incrollabile impegno. Il nostro legame di maestro e discepolo era straordinario e mistico.
Quando gli affari di Toda crollarono e persino quelli che avevano grossi debiti con lui lo abbandonarono, coprendolo di maledizioni e insulti, io rimasi fedelmente al suo fianco, facendo del mio meglio per aiutarlo e assisterlo. Fu un’epoca di tali incessanti avversità che agli altri può essere sembrata la peggiore sventura. Ma quei giorni di lotta per me furono il punto di partenza di una vita di suprema felicità e luminosa gloria. Tale è il potere della fede e dell’unità di maestro e discepolo.
In una lettera a Shijo Kingo, il Daishonin scrive: «Tuttavia, dopo averti più volte privato del tuo feudo, mi dici che ora ti ha di nuovo assegnato delle terre. Non c’è niente di più meraviglioso! Questo precisamente vuol dire “virtù invisibili portano ricompense visibili”» (Più lontana la sorgente, più lungo il corso del fiume, SND, 5, 126).
A Shijo Kingo erano state confiscate le proprietà ed era stato minacciato di esilio per la sua fede nel Sutra del Loto. Tutto ciò a causa del malvagio prete Ryokan, che odiava il Daishonin, e di feudatari invidiosi di Shijo Kingo che volevano screditare il leale seguace del Daishonin agli occhi del loro Signore di Ema [che sosteneva Ryokan]. Ma Shijo Kingo riuscì a respingere questo attacco e a guadagnare ancor più fiducia da Ema, che gli offrì, in seguito, delle terre in più.
Trionfare sulle più grandi menzogne e maldicenze, mostrando prove indiscutibili di vittoria, tale è il beneficio della mistica Legge. Coloro che lottano e si sforzano con tutto il cuore per kosen-rufu ottengono benefici davvero immensi. Le virtù invisibili si manifestano certamente in ricompense concrete e visibili. La Soka Gakkai ha superato ogni ostacolo perché rispetta questo profondo principio di causa ed effetto.
Tutti voi state lavorando instancabilmente, impegnandovi quotidianamente in attività di nobile virtù invisibile per la realizzazione di kosen-rufu e del principio di “adottare la dottrina corretta per la pace nel paese” (rissho ankoku). Voi agite per il bene degli altri, della società e del futuro. Non è possibile che siate sconfitti; riceverete senza dubbio la ricompensa visibile della vittoria.

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I dialoghi Ikeda-Toynbee

Daisaku Ikeda – Arnold Toynbee, Dialoghi, Bompiani

Di fronte a una fumante tazza di tè, passeggiando tra le aiuole di un giardino inglese, attraverso una fitta corrispondenza epistolare, il filosofo Ikeda e lo storico Toynbee si confrontano su grandi temi come la pace, l’inquinamento, l’ambiente, l’istruzione, la cultura e più in generale il destino dell’umanità.
I dialoghi risalgono agli anni che vanno dal 1971 al 1973. Pur fotografando un ordine mondiale ormai notevolmente cambiato, sono densi di spunti di riflessione.
Nonostante la difficile situazione internazionale, nessuno dei due si lascia andare a previsioni catastrofiche: «L’uomo deve scegliere – propongono entrambi – e guarire i mali che lui stesso ha generato». E questo messaggio, costruttivo e latore di speranza, è tuttora di straordinaria attualità.

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