Deprecated: Function strftime() is deprecated in /var/www/vhosts/ilnuovorinascimento.org/wp-dev.ilnuovorinascimento.org/site/wp-content/themes/nuovo-rinascimento/functions.php on line 220
La Legge siamo noi - DEV - Il Nuovo Rinascimento
Istituto Buddista Italiano Soka Gakkai

Buddismo per la pace, la cultura e l’educazione

6 dicembre 2025 Ore 15:35

330

Stampa

La Legge siamo noi

Unità di persona e Legge è un concetto molto più vicino alla pratica e alla vita quotidiana di quanto si possa immaginare: solo partendo da questa inscindibilità si può sperimentare l’universo nella propria vita. Da queste considerazioni, un’analisi delle conseguenze che questo può portare nella vita di ognuno

Dimensione del testo AA

Unità di persona e Legge è un concetto molto più vicino alla pratica e alla vita quotidiana di quanto si possa immaginare: solo partendo da questa inscindibilità si può sperimentare l’universo nella propria vita. Da queste considerazioni, un’analisi delle conseguenze che questo può portare nella vita di ognuno

C’è una frase che circola nella comunità buddista quando si parla di qualcuno che, pur praticando, si comporta scorrettamente: «Segui la Legge e non la persona». Questo significa utilizzare quanto di buono quella persona va dicendo indipendentemente dal fatto che lo applichi o meno e non dubitare della correttezza dell’insegnamento buddista se non se ne vede una prova concreta nella vita altrui. Ma inserire una persona nella grande categoria di chi “predica bene e razzola male” non è certo una elaborazione originale del Buddismo, anzi, sembrerebbe quasi una espressione di comune e condiviso buon senso espressa solo con termini “buddisti”.
Invece si tratta di una frase che racconta una storia importante, quella che differenzia un tratto fondamentale del Buddismo di Nichiren Daishonin da quello di Shakyamuni. Questa espressione infatti, «dipendete dalla Legge, non dipendete dalla persona», citata da Nichiren nel Gosho L’apertura degli occhi (SND, 1, 161), è stata l’ultima raccomandazione di Shakyamuni ai suoi discepoli che si disperavano per la morte del loro maestro. Nel Buddismo di Shakyamuni la Legge era superiore alla persona e, come ha spiegato Amalia Miglionico anni fa commentando il Gosho I due tipi di fede: «Per predicare la sua Legge Shakyamuni apparve come un uomo superiore, dotato di eccezionali attributi fisici e spirituali che dimostravano il suo stato di Budda e che, suscitando la venerazione delle folle, le indussero a seguirlo e a ricercare l’Illuminazione. Nichikan Shonin, il ventiseiesimo patriarca, disse che è tipico di credenze inferiori rispettare l’aspetto del Budda piuttosto che il suo insegnamento. Nichiren apparve invece come una persona ordinaria e manifestò il suo stato di Illuminazione con le sue azioni. Nel Buddismo di Nichiren vi è unità o identità di persona e Legge (ninpo ikka). La Legge è un’entità universale, permanente e assoluta; la persona è un’entità particolare, transitoria e relativa. Ma la Legge esiste e opera in tutti i fenomeni dell’universo, compresa la vita delle persone, che ne abbiano coscienza o no, e quindi la Legge non è al di fuori della persona» (il Nuovo Rinascimento, n. 155, gennaio 1995, pag. 24). A conferma di ciò possiamo leggere l’affermazione di Nichiren «poiché la Legge è suprema, la persona è degna di rispetto; poiché la persona è degna di rispetto, la terra è sacra» (SND, 4, 282) che estende il rispetto che si deve alla vita anche all’ambiente stesso che la ospita.
Questo principio, cioè l’unità di persona e Legge, ha delle implicazioni davvero importanti. Innanzitutto disprezzare una persona in nome della Legge ci fa ripiombare nel Buddismo precedente agli insegnamenti di Nichiren, perché è come ritenere che la persona e la Legge siano due entità distinte, così come innalzare una persona su un piedistallo considerandola più vicina alla Legge di se stessi o degli altri. Inoltre la Legge va ricercata dentro di sé, senza creare intermediari. Eppure accade continuamente di separare persona e Legge, come se fossimo discepoli di Shakyamuni. Ad esempio, nei momenti di pesantezza ci si chiede chi verrà a incoraggiarci e ci si lamenta anche perché si dovrebbero infondere passione e coraggio, ma nessuno viene a ravvivare la nostra convinzione. Quando siamo in questa condizione, stiamo creando noi stessi degli intermediari. Daisaku Ikeda, il presidente della SGI, però sottolinea sempre più frequentemente la necessità di cercare dentro di sé il famoso “voto” e di approfondire la propria decisione. Per far sì che il nostro movimento per la pace non sia come un castello di carte che, se ne cade una, crolla in un istante, Ikeda sta insegnando a cercare la Legge nella propria vita per elaborare una convinzione che non appoggi sugli altri. Inoltre solo una motivazione personale, se curata e approfondita, è inesauribile, mentre lo spirito di comitiva è destinato a estinguersi.
Eppure quando si è in crisi si cerca all’esterno, si cerca qualcuno che abbia più fede e convinzione di noi, e lo si cerca solitamente in chi abbia un incarico di responsabilità più elevata del nostro. In questo si trova già un pregiudizio: maggiore responsabilità viene identificata con maggiore fede e convinzione. Da queste persone ci si aspetta poi un comportamento consono al ruolo che abbiamo loro attribuito. Avere modelli ideali, lontani e non verificabili è spesso un’esigenza, abbiamo bisogno di mettere qualcuno su un piedistallo e di attingere da questi nostri miti personali. Un esempio molto concreto di questa comune tendenza a subordinare la persona alla Legge è quello dei consigli personali. Quando facevamo il corso primaverile dell’Emilia-Romagna, i membri dell’Emilia cercavano di parlare con i responsabili della Romagna, mentre i membri romagnoli si confrontavano con i responsabili emiliani. Era come se si potesse avere fiducia nelle parole di una persona solo a condizione di non conoscerla bene, altrimenti gli inevitabili difetti della persona avrebbero offuscato la Legge. Il motivo è evidente, nessuno è in grado di reggere l’aura mitica nella vita quotidiana o, come dicono in Brasile, “il santo di casa non fa mai miracoli”. L’attribuzione di un ruolo vale anche per se stessi: dato che sono responsabile di livello X, se vado a quella riunione dovrò dire o fare cose che siano all’altezza del mio compito. È facile essere impregnati di pregiudizi relativi alla responsabilità e a ciò che dovrebbe comportare: uno che pratica da tanto tempo dovrebbe fare così; un buddista non fa cosà; un responsabile di quel livello queste cose dovrebbe saperle, ecc… In base a questi pregiudizi, fondati su come dovrebbe essere la persona in base alla Legge, giudichiamo gli altri negativamente, non riusciamo più a vederli liberi dagli schemi che noi stessi abbiamo creato.
A volte questi giudizi negativi travalicano la persona stessa e portano a dubitare della Legge: se qualcuno che segue l’insegnamento buddista da così tanto tempo si comporta in questo modo, a che cosa serve praticare? È un meccanismo molto umano, se pensiamo ai discepoli di Nichiren che abbandonarono la fede all’epoca di Sado proprio perché Nichiren subiva persecuzioni e dunque il suo insegnamento si dimostrava non essere valido, nonostante tutte le raccomandazioni contrarie del Daishonin stesso (questo argomento è trattato anche nella puntata del Mondo del Gosho presente in questo numero, n.d.r.).
Si potrebbe obiettare che una pratica “basata su se stessi” è indice di arroganza e mancanza di spirito di ricerca, ma è vero il contrario. Paradossalmente più si è autonomi nella fede, meno si giudica e meno pregiudizi si hanno, perché non si nutrono aspettative nei confronti degli altri. Nella visione piramidale, ma anche cooperativa, della comunità buddista, ci sono tante aspettative che creano conflitti quando non vengono soddisfatte. Se invece ognuno di noi facesse le cose in cui crede, in modo autonomo e personale, senza aspettarsi sostegni dall’esterno o cercare modelli, il contributo di chiunque verrebbe accolto per ciò che è, prescindendo dalla fonte da cui proviene.
Credere nell’identità di persona e Legge significa anche cercare sempre la presenza della Legge, la Buddità, nelle altre persone, nonostante talvolta questo sia particolarmente difficile. Come è scritto nel Gosho Sulla profezia del Budda: «Shakyamuni affermò che è facile abbracciare il superficiale ma è difficile abbracciare il profondo. Abbandonare il superficiale e ricercare il profondo richiede coraggio» (SND, 4, 30-31). Questo è l’impegno continuo che si assumono i buddisti, scartare il superficiale e cercare il Budda, la manifestazione della Legge, in ogni persona. Il superficiale è ciò che i nostri giudizi e pregiudizi ci fanno vedere degli altri, il profondo è la natura di Budda. Anche rivolto a noi stessi: superficiale è considerare il nostro limite come insuperabile, profondo è cercare di attingere a questa fonte di energia illimitata per trasformare il limite.
La Proposta di pace di Ikeda presentata nel 2002 (L’umanesimo della Via di mezzo) è centrata sull’autocontrollo, cioè sulla capacità di sentirsi parte di una stessa vita comune e quindi di allenarsi in ogni circostanza a rispettare l’altro. Questo richiede un incessante lavorio per scartare il superficiale e ricercare il profondo. Il superficiale è l’apparenza delle cose, quindi sentirci separati dal nostro ambiente e dagli altri, invece facciamo tutti parte di un tessuto, che è la vita stessa, cioè la Legge. Cercare il profondo significa vivere con questa consapevolezza e agire di conseguenza, per esempio tutte le volte che sentiamo il desiderio di escludere qualcuno, impegnarci invece a cercare il profondo, cioè il rispetto per l’altro. Rispettare ogni persona in quanto tale ci permette di accogliere l’aiuto e il consiglio di chiunque senza pregiudizi, senza arroganza e tutto questo richiede un grande coraggio. Vi immaginate come sarebbe bello praticare tutti insieme liberi di essere felicemente difettosi?
Infine, tornando a persona e Legge, la loro unità è davanti ai nostri occhi ogni giorno, nel Gohonzon. Lo afferma lo stesso Nichiren Daishonin nel famosissimo Risposta a Kyo’o: «Io, Nichiren, ho scritto questo Gohonzon in sumi, […] perciò credi in esso» (SND, 4, 150). Dunque Nichiren ha lasciato un oggetto di culto che riflette il suo stato vitale con l’intento di fare emergere la natura di Budda di tutti gli esseri umani. Contemporaneamente esorta la discepola Nichinyo a «non cercare mai questo Gohonzon al di fuori di te. Il Gohonzon esiste nella carne di noi persone comuni che abbracciamo il Sutra del Loto e recitiamo Nam-myoho-renge-kyo» (SND, 4, 203). Il Gohonzon è quindi contemporaneamente la rappresentazione grafica dell’Illuminazione di Nichiren e lo specchio della vita individuale, attraverso il quale ciascuno può fare emergere la sua Buddità. Tutte le volte che andiamo davanti al Gohonzon a recitare Daimoku, è come se guardassimo la mappa di una città che non conosciamo. Possiamo mettere il pallino rosso “Voi siete qui” sulla rappresentazione dello stato vitale, uno dei dieci mondi, nel quale stiamo vivendo in quel momento, ma il messaggio chiaro e incoraggiante è però il grande Nam-myoho-renge-kyo al centro della mappa. Qualunque condizione vitale si stia attraversando, al centro della vita c’è sempre la Buddità e, recitando Daimoku, possiamo percepire ciò che stiamo guardando. Il Gohonzon, da questo punto di vista, è un oggetto di culto meraviglioso, perché riflette una visione straordinariamente positiva della vita. Ripetendo questa azione tante volte, si crea la fiducia che recitando Daimoku si può sempre centrare la propria vita in base all’assetto trascritto sul Gohonzon e qualunque condizione di disagio o sofferenza si rivela transitoria. La possibilità di cambiare stato d’animo senza subire passivamente sofferenze o malumori è un beneficio incommensurabile, che da solo merita l’impegno richiesto dalla pratica buddista.
Attraverso il Gohonzon Nichiren ci aiuta a riconoscere che davvero Nam-myoho-renge-kyo, cioè la Legge, è la nostra stessa vita e può farlo perché ha desiderato la felicità degli altri sopra ogni altra cosa.

• • •

Gli introvabili

Ma dove ho letto quella frase?

Rafforzate la vostra fede giorno dopo giorno e mese dopo mese. Se vi rilassate anche solo un po’, i demoni prenderanno il sopravvento.

(Le persecuzioni che colpiscono il Budda, SND, 4, 188)

Per questo il Gran Maestro Miao-lo affermò: «Più salda è la fede, maggiore la protezione degli dei»: se uno conserva una fede salda, certamente la protezione degli dei sarà grande.

(La supremazia della Legge, SND, 5, 156)

Comunque sia, credi e dedicati al Sutra del Loto, e non devi credervi solo tu, ma devi anche incoraggiare gli altri a farlo. Così potrai salvare i tuoi genitori e i tuoi antenati defunti. Da quando sono nato a oggi, io, Nichiren, non ho avuto un momento di tregua: ho solo pensato a propagare il Daimoku del Sutra del Loto.

(Persecuzione con spade e bastoni, SND, 5, 227)

©ilnuovorinascimento.org – diritti riservati, riproduzione riservata