Un canto mattutino, una conversazione fra marito e moglie. Come fiori selvatici dalle forti radici, che pur calpestati tornano a sbocciare, sono le donne, donne di kosen-rufu, donne di pace, di cui Kaneko e Daisaku Ikeda lodano il coraggio
Una mattina sentivo mia moglie cantare un motivo familiare ma a un tempo nuovo:
Come fiori di campo,
scossi dal vento.
Come fiori di campo,
chi li vede è contento.
«Che canzone è?» ho chiesto. «È abbastanza nota – ha risposto – è Fiori di campo, una bella melodia resa famosa dalla coppia giapponese Da Capo». Sorridendo mia moglie continuò:
Come fiori di campo,
battuti dalla pioggia.
Come fiori di campo,
chi li vede, s’incanta.
«Che bella canzone – ho detto – coglie lo spirito eroico della gente comune». Ascoltandola mi sono messo a riflettere serenamente.
Fiori di campo, i versi non nominano alcun fiore particolare, potrebbe essere una buona cosa [i versi di Masami Sugiyama e la musica di Ase Kobayashi costituiscono il tema musicale di una famosa commedia televisiva giapponese a puntate degli anni Ottanta, n.d.r.]. Le persone vivono in luoghi differenti e hanno immagini diverse dei fiori di campo. In Giappone ad esempio noi immagineremmo violette, semprevivi oppure orchidee o un campo di fiori di senape o gigli.
Il nord del paese è ancora coperto da una densa coltre di neve. Quando finalmente si scioglierà e appariranno i primi boccioli di farfaraccio e adonide gialla ai piedi dei monti, il cuore della gente gioirà all’arrivo della primavera. I narcisi che sbocciano sugli scogli affrontano le violente onde del mare giapponese resistendo alla furia dei venti invernali sino all’arrivo della primavera.
Hiroshima e Nagasaki sono state devastate dalla bomba atomica. La gente pensava che sarebbero passati decenni prima che una pianta fosse tornata a fiorire in quella terra bruciata. Ma presto gli oleandri sono tornati a sbocciare, dando coraggio e speranza ai sopravvissuti che lottavano per ricostruire la loro vita. Penso che tutti serbiamo in cuore l’immagine dei forti fiori di campo che sbocciano gioiosi senza mostrare traccia del vento e della pioggia. Che si notino o meno, questi fiori selvaggi ovunque mettano radici fanno germogliare nuovi steli, dispiegano le loro foglie fiorendo meravigliosamente ciascuno a suo modo. Alcuni fioriscono ai margini della via nei luoghi nascosti e più strani con tale forza e tenacia da suscitare stupore e ammirazione. Spesso ho fotografato questi boccioli, come per applaudire ai loro silenziosi sforzi.
«Fiori di campo è l’inno perfetto per la Divisione donne» ho notato.
Annuendo mia moglie ha detto: «Si, infatti è stata una donna di Meguro a scrivermi di questa canzone».
Questa donna faceva parte della Divisione delle scuole superiori di Kansai. Aveva lottato tanto, facendo del suo meglio per curare la figlia colpita da una malattia cronica. Aveva recitato Daimoku sinceramente, avanzando decisa, con coraggio giorno dopo giorno senza riposo o tregua. Poi ha sentito questa canzone e ha cominciato a cantarla fra sé:
La vita a volte è piena di stenti,
ma dopo giorni di nubi e rovesci
segue bel tempo solo quando gioisci
all’impavido spirito dei fiori di campo.
L’”impavido spirito”, certo è un altro modo per descrivere il coraggio. La vita è una serie di continue sfide, è una lotta per far sbocciare i fiori della felicità, ignari delle difficoltà che incontriamo lungo il cammino. Mia moglie, con occhi lucidi di emozione e parole di elogio e ammirazione, mi narra sempre dei coraggiosi sforzi e delle vittorie delle nostre donne e giovani donne in varie parti del Giappone e del mondo.
Una volta durante una visita nella prefettura di Hyogo nel Kansai, ho recitato una poesia che avevo letto da piccolo:
Calpestato
e ricalpestato
ancora fiorisce sorridendo
il dente di leone.
Questa poesia è una metafora perfetta delle tante persone comuni, uomini e donne, che affrontano coraggiosamente la vita col sorriso sulle labbra, nonostante i problemi o le difficoltà che possono incontrare. Perché il dente di leone non resta schiacciato nonostante venga ripetutamente calpestato? La chiave della sua forza è nella radice lunga e robusta che si estende in profondità nella terra. I denti di leone possono avere la radice principale lunga più di un metro. Lo stesso principio vale per le persone. I veri vincitori nella vita sono coloro che resistendo alle ripetute sfide e ai rovesci hanno affondato le radici del loro essere tanto a fondo che nulla può scuoterli. Lo scrittore tedesco Friedrich Schiller ha reso magnificamente questa immagine nell’opera teatrale su Giovanna D’Arco La pulzella d’Orleans: «Oh bel fiore di vittoria!».
Il 12 febbraio è stata pubblicata la puntata numero 3000 della Nuova rivoluzione umana. Le protagoniste di questo romanzo sono donne comuni. Alcuni di questi personaggi prendono spunto da donne che vivono in paesi stranieri e, lacerate dalla nostalgia, fissano in lacrime il mare in direzione del loro paese di origine. Incontrando la Legge mistica, queste donne hanno deciso di trasformare il loro karma e affrontare una nuova vita come pioniere orgogliose di kosen-rufu nel mondo. Intorno al globo e in Giappone queste intrepide donne Soka hanno lottato contro malattie, incidenti, crisi economiche e familiari, e una schiera di altri problemi. Nel superare un ostacolo dopo l’altro, hanno creato grandi vittorie, come spiegano le parole di Nichiren Daishonin: «L’inverno si trasforma sempre in primavera» (SND, 4, 209). Oggi, queste donne godono veramente di meravigliosi anni dorati, piene di gioia e fortuna. Per contro gli arroganti che le prendevano in giro facendole soffrire sono sprofondati, come sappiamo, nell’oscurità più cupa.
Come ha affermato il Daishonin: «Nell’Ultimo giorno della Legge di Shakyamuni e dei Budda che lo precedettero, in un primo momento sembrò che i governanti e i sudditi che disprezzavano i devoti del Sutra del Loto non subissero punizioni, ma alla fine perirono tutti» (SND, 4, 187). Queste parole sono severe e inflessibili.
Le pionere Soka sono cittadine comuni, non hanno diademi né godono di una particolare posizione sociale, ricchezza o fama. Sono proprio loro che hanno fatto diventare la Soka Gakkai la grande organizzazione che è oggi; il Buddismo esiste perché queste donne possano diventare felici.
Il Daishonin ha scritto che il «Sutra del Loto usa l’Illuminazione delle donne come modello [per rivelare che la Buddità è accessibile a tutti]» (SND, 8, 108).
Il Buddismo insegna che le donne che maggiormente si sono sforzate e sfidate saranno ricoperte da fiori di suprema felicità. Questo è lo splendente sentiero della felicità per tutte le donne che si battono contro le sofferenze e le difficoltà della vita. Un poeta ha scritto:
Lo sguardo quieto posa
su chi ha vana pretesa.
Va lungo il sentiero
baciato da ogni fiore
senza rimpianto o timore
I fiori selvaggi non sono servili o vanitosi, né alteri o gelosi. Vivono per realizzare una missione unica, in accordo con il principio buddista della “fioritura dei ciliegi, dei peschi, dei prugni, e dei susini selvatici”, essi non invidiano gli altri fiori né sminuiscono se stessi. Sono orgogliosi della loro identità, consapevoli che ognuno fiorisce come nessun altro. Anche i più delicati e graziosi fiori selvaggi sono forti. Possono sembrare fragili, ma non sono in alcun modo deboli. Non li turba né la pioggia né il vento. Abbracciamo lo stesso spirito indomito, che il nostro motto sia: «Niente può sconfiggerci!».
Anche mia moglie ricorda con orgoglio e onore le lotte condotte in prima linea per kosen-rufu quando era giovane.
Quando nel luglio del 1951 il presidente Toda fondò la Divisione giovani io e mia moglie eravamo responsabili di gruppo. Dopo alcuni mesi, si unì alla Soka Gakkai una giovane donna, e mia moglie si recò a casa sua per aprirle il Gohonzon. Mia moglie era più giovane di lei, ma praticava il Buddismo da più tempo. Le è stata vicina, ne ha ascoltato i problemi, le ha dato consigli, l’ha incoraggiata. Questa donna è poi diventata una responsabile della Divisione giovani e in seguito ha continuato a dare il suo contributo in modo ammirevole come una delle principali responsabili della Divisione donne fino alla fine della sua vita.
Durante la storica “Campagna di febbraio” del 1952, la Divisione giovani, che si era prefissata di refutare gli insegnamenti errati e rivelare l’insegnamento corretto, aveva organizzato una riunione di studio con il presidente Toda. Mia moglie salì sul palco come rappresentante delle giovani donne e confutò l’errata convinzione che le disgrazie personali fossero causate dalle funzioni negative degli spiriti dei defunti, un’idea diffusa soprattutto tra vari nuovi movimenti religiosi apparsi in Gippone alla fine della Seconda guerra mondiale. Spiegò la questione con grande chiarezza ridimensionando il concetto.
Toda sorridendo guardava affettuosamente mia moglie e le altre giovani donne. Era convinto che la forza crescente della Divisione giovani donne basata sullo studio del Buddismo fosse il fiore della speranza di kosen-rufu.
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La celebre ambientalista keniota Wangari Maathai, nella sua recente visita in Giappone, è riuscita a trovare il tempo per incontrarmi il 18 febbraio, nell’edificio del Seikyo Shimbun, nonostante i suoi numerosi impegni. La dottoressa Maathai, fondatrice del movimento Cintura verde (Green Belt), è una “crociata verde” che lo scorso anno è stata insignita del premio Nobel per la pace (2004).
I membri dell’associazione di amicizia panafricana della Università Soka l’hanno accolta cantando la canzone keniota Guku ni Gwitu (Questa è la nostra casa) ed ella si è lasciata coinvolgere dal ritmo contagioso della canzone e si è messa a cantare con allegria:
Questa è la nostra casa.
Qui il nostro scopo è piantare alberi.
Delle donne del popolo è la nostra casa.
Venite piantiamo i semi degli alberi.
In passato il movimento della Cintura verde è stato perseguitato e la stessa Maathai è stata arrestata diverse volte e anche torturata per il suo attivismo. Nonostante tutto, con tre figli da allevare, ha continuato ad agire con coraggio basandosi sulla convinzione che bisognava rompere il circolo vizioso della povertà e della distruzione dell’ambiente.
Ho sentito dire che i primi sette alberi piantati da Maathai erano tulipani africani, famosi per i loro fiori rosso acceso. La rossa fiamma del coraggio che brucia nel suo cuore negli ultimi tre decenni ha acceso i cuori di oltre centomila persone, e, da quei primi sette, sono stati piantati oltre trenta milioni di alberi.
Nel documentario A Quiet Revolution (Una tranquilla rivoluzione), che tratta i temi dell’ambiente, prodotto in collaborazione con la SGI, Maathai afferma: «È molto importante che ognuno di noi agisca a livello locale perché se rifletttiamo sui problemi globali ci sentiamo impotenti, ma se agiamo a livello locale abbiamo la possibilità di cambiarli».
Queste parole sono in sintonia con la filosofia che ispira le attività capillari di base delle nostre donne e giovani donne. Per questa ragione Maathai ha espresso le sue simpatie nei confronti della nostra filosofia e del movimento Soka che valorizza l’individuo e la società, la vita e l’ambiente. Anche Maathai crede in una filosofia di speranza e ha dichiarato: «Sappiamo che quel poco che stiamo facendo produce un cambiamento positivo. Se riusciamo a moltiplicarlo per diversi milioni di volte, possiamo senza alcun dubbio cambiare il mondo». Questa è la sua convinzione.
Dobbiamo continuare a espandere la nostra rete di “fiori di campo”, portando un bocciolo dopo l’altro verso un’armoniosa e felice fioritura. Questo è il modo per realizzare una “rivoluzione tranquilla” veramente spettacolare nel secolo delle donne. L’armonia è la cosa più bella della vita, ne è il fiore.
Ricordo un evento capitato tanti anni fa, quando la Soka Gakkai era ancora una piccola organizzazione. Gli affari del mio maestro Josei Toda versavano in cattive condizioni: eravamo senza soldi, senza personale preparato, insomma avevamo toccato il fondo. Un giorno Toda raccolse all’improvviso un fiore e me lo mise nel taschino della camicia, come se si fosse trattato di una medaglia al merito. Passavo le mie giornate sforzandomi disperatamente e completamente da solo per servire e proteggere il mio maestro. Toda mi disse: «Mi spiace per tutti i guai che ti ho causato. Stai facendo davvero un buon lavoro, Daisaku». Qualcuno ridacchiava per la mia “medaglia al valore” floreale, ma per me era un premio per kosen-rufu assegnatomi dal mio maestro. Nessun riconoscimento avrebbe potuto essere più grande.
Quando sono tornato al mio appartamento ho messo il fiore davanti al Gohonzon e ho recitato Daimoku con profonda gratitudine. In cuor mio indosso ancora quella medaglia floreale al merito, e continuo a portare avanti la mia lotta con lo stesso spirito di quel ragazzo di tanto tempo fa. Oggi il fiore che mi ha donato il mio maestro si è trasformato in ventitré splendenti medaglie al valore conferitemi da paesi di tutto il mondo.
Il Buddismo insegna che il discepolo è come la pianta e il maestro come la terra [nel Gosho I fiori e i semi, Nichiren Daishonin riferendosi al suo maestro Dozen-bo scrive: «Nichiren è come la pianta e il suo maestro come la terra», (SND, 4, 33), n.d.r.]. Inoltre insegna a ripagare i debiti di gratitudine, perché spiega che i fiori della vittoria fatti sbocciare dal discepolo torneranno alla terra come fortuna per il maestro e che nuovi fiori di vittoria nasceranno dal cuore del maestro e del discepolo [nello stesso scritto si legge: «La pianticella del riso cresce generando fiori e semi, ma il seme rimesso nella terra sicuramente germoglia di nuovo e produce altri fiori e semi. Così i meriti che Nichiren ha acquistato propagando il Sutra del Loto ritorneranno sicuramente a Dozen-bo. Che cosa sublime!», (SND, 4, 33); n.d.r.]. Io e mia moglie siamo orgogliosi di aver seguito questo sentiero nel corso di tutta la nostra vita. Il nostro più grande e sincero desiderio è offrire alle donne Soka una corona di fiori di felicità, più splendente di una tiara incastonata di gioielli. Desideriamo offrire loro una corona di fiori di assoluta vittoria, eternità, felicità, vero io e purezza.
Quel mattino la nostra conversazione era iniziata con una canzone sui fiori di campo. «Un altro giorno di nuove sfide si schiude dinanzi a noi, non ti pare?» disse mia moglie. E io risposi: «Proprio così! Continuiamo a lavorare per la felicità e la vittoria delle persone comuni; niente è più prezioso di loro».
Allora è sbocciato un sorriso sul volto di mia moglie, come un grazioso fiore.
Anche i fiori di campo,
si tirano su entusiasti:
“È primavera! Primavera!”