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Il futuro giovane - DEV - Il Nuovo Rinascimento
Istituto Buddista Italiano Soka Gakkai

Buddismo per la pace, la cultura e l’educazione

6 dicembre 2025 Ore 15:42

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Il futuro giovane

Dal Nord al Sud dell’Italia, eccoci in un viaggio tutto speciale, che porta dritto dritto al futuro attraverso i sogni, le paure, le vite di coloro che proprio Ikeda ha eletto leader del ventunesimo secolo: i giovani

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Dal Nord al Sud dell’Italia, eccoci in un viaggio tutto speciale, che porta dritto dritto al futuro attraverso i sogni, le paure, le vite di coloro che proprio Ikeda ha eletto leader del ventunesimo secolo: i giovani

Una missione importante, anzi di più, una grande sfida, perché il futuro fa paura anche a loro. Loro che non sanno cosa accadrà domani, che devono finire gli studi o che dopo tanti anni passati sui libri non hanno la certezza che un lavoro sia lì, pronto a soddisfare le loro aspirazioni e ambizioni professionali. «Quando sono giù mi sento come se qualcuno mi avesse rubato il futuro. Quando ho conosciuto il Buddismo, a diciannove anni – dice Alessia di Torino, che ora ne ha ventinove – dentro mi sentivo vecchissima, e da allora ho iniziato a ringiovanire». Già, il Buddismo fonte di giovinezza, che dalla giovinezza attinge splendore. «Il Gohonzon mi ha insegnato a essere tranquilla qualsiasi cosa accada. Grazie all’insegnamento buddista ogni istante di vita ha possibilità infinite, sta a noi utilizzare i momenti di paura e di gioia» dice Marta di Roma, che di anni ne ha ventiquattro.
Ma essere giovani vuol dire anche temere, a volte, di perdere la fiducia in se stessi e negli altri, di non realizzare i propri sogni cedendo a facili compromessi, di non riuscire a tirare fuori le capacità e la forza che sono dentro di noi, quando magari pigrizia ed egoismo sono proprio lì dietro l’angolo che cercano di convincerci ad allontanarci dai nostri obiettivi, o a fare muro contro le persone attorno. «Personalmente sento che è davvero una questione cruciale quella della paura e dei sogni e sento che grazie al Buddismo possiamo consolidare la nostra identità senza che questa sia condizionata dalla incertezze tipiche della condizione giovanile» è la voce di Paolo di Bologna che a ventotto anni si è dato un motto: «Finché una cosa non la fai, non sai se la sai fare; quindi falla subito e poi saprai!».
E anche quando un’altra paura attacca i giovani, quella di non essere accettati, di non riuscire a esprimere se stessi, con la voce che trema davanti agli altri, c’è chi, come Oberdan di Modena, per questo disagio ha trovato un antidoto: «Cambia subito se mi ricordo che regalando le mie emozioni imparo a vedere non soltanto il mio essere ma anche la Buddità delle altre persone».
«Quando i giovani si risvegliano al proprio senso di missione, il loro potere è infinito”» dice Daisaku Ikeda (Giorno per giorno, Esperia, pag. 21), e allora spalancate i cassetti e fuori tutti i sogni: conoscere il presidente Ikeda, costruire una famiglia armoniosa, diffondere il Buddismo in famiglia e fuori, costruire pace e armonia nel mondo. Ma come realizzarli? Nam-myoho-renge-kyo, certo, poi con occhi ben aperti e cuor di leone i giovani desiderano usare le loro conoscenze per contribuire, ad esempio, anche nelle iniziative a favore dei poveri e degli sfruttati – è il caso di Alessia, consulente d’investimento in una banca – oppure, di Ricardo di Quartu Sant’Elena in Sardegna – una laurea in scienze naturali ancora fresca in tasca e l’entusiasmo dei suoi ventinove anni – per contribuire alla salvaguardia della natura e della relazione uomo-ambiente. «Io non so ancora cosa voglio fare “da grande” – dice Alessandro, ventiquattro anni, di Milano – una cosa che sento forte, però, è che voglio essere una persona semplice, ma piena di capacità, una persona piena di passione che continui tutta la vita a dare il suo contributo per far crescere questa organizzazione».
La Soka Gakkai è davvero un importante vivaio di forza e di coraggio, un rifugio sicuro all’interno del quale i giovani imparano a diventare persone sagge e responsabili. E i primi a beneficiare di questa rivoluzione sono proprio i genitori, così vicini così lontani, sul campo di battaglia domestico, dove silenzi e litigate possono essere altrettanto pesanti. Grazie alla sincerità del Daimoku, il rispetto può sfondare le barriere del rancore tra figli e genitori, e così rapporti difficili piano piano sbocciano in tenerezza e in un amore incondizionato. «Li amo ma a volte non li sopporto, certe volte arrivo a odiarli ma a loro devo la mia vita per ben due volte. La profonda gratitudine è un sentimento d’amore così forte che vince su ogni incomprensione o qualsiasi altro ostacolo» dice con entusiasmo Luana di Catania, ventotto anni.
A volte basta fare o dire qualcosa che non si è mai fatto o detto prima, per migliorare il rapporto difficile che si ha con un genitore, ma forse anche con noi stessi. «Ho imparato a parlare prima insieme a loro e poi a fare le azioni. In questo modo non si arrabbiano più come una volta quando si ritrovavano i giochi già fatti. Ho imparato a dire le cose a cui tengo, anche se possono subito creare contrasti. Con il tempo arriviamo sempre a capirci. Ho imparato a ribaciare sulla guancia il mio papà (con la mamma lo facevo già) e mi fa capire che ci tiene» Oberdan fa così, mentre Alessandro: «Pratichiamo tutti e tre, io, mio padre e mia madre, e anche se siamo lontani, ci sentiamo e sosteniamo ogni giorno. Comunque ci sono stati tanti momenti difficili, soprattutto nel rapporto con mio padre, ma poi grazie al Daimoku e alle attività della Gakkai, ho sentito quanto li amavo e quanto mi mancassero. Da quel momento le cose sono cambiate completamente».
E poi gli amici, non importa di quale religione siano, quanto tempo si riesca a passare con loro, è la purezza del rapporto che è vincente. Tra i giovani che praticano il Buddismo e i loro coetanei c’è forse un’unica differenza. «Con gli amici condivido la mia spiritualità. Questa è un valore che viene sempre apprezzato, anche da parte di chi non lo vive come un valore. Condividendo il proprio essere buddisti si gioca a carte scoperte, si manifesta la propria identità, ed è una maniera per renderla ancora più forte, più vera. Sento spesso una differenza nella direzione verso cui io volgo lo sguardo. Il Buddismo mi dà la capacità di guardare lontano. Oggi credo che i miei coetanei guardino più al presente» dice Paolo. È kosen-rufu che spinge lontano lo sguardo dei giovani e che li muove ad affrontare sempre nuove sfide. Dalla Campania Valerio, trentacinque anni, racconta: «Nonostante al Sud siamo un po’ disorganizzati, siamo riusciti a prepare e a ospitare un corso nazionale di novecento persone, proprio qui a Salerno». Per Marta di Roma l’obiettivo è incontrare personalmente Ikeda: «Mi ha sostenuto tanto quando soffrivo di bulimia e leggendo i suoi diari giovanili, dove racconta le sue difficoltà, ho sentito un legame molto forte con lui, la mia grande sfida adesso è riuscire a guardare i suoi occhi». Potrebbe succedere se il presidente della SGI venisse in Italia, e per questo molti i giovani stanno recitando Nam-myoho-renge-kyo come un invito che dal loro cuore raggiungerà il Giappone.
Ed è proprio lui, Ikeda, a incoraggiare i giovani a non cercare un cammino facile: «Nessuno si sviluppa in un ambiente protetto. I giovani dovrebbero andare alla ricerca di sfide e difficoltà, trasformandole in valore e, tramite questa lotta, diventare individui di grande carattere e capacità».
Sono molti i modi in cui i giovani buddisti vincono le difficoltà del proprio ambiente e vi creano valore: un sorriso donato a ogni persona (Marta), cercando di uscire fuori da un carattere chiuso per allargare la cerchia delle amicizie (Alessia), impegnandosi per dimostrare la validità dell’insegnamento di Nichiren Daishonin attraverso la preghiera e la forza dell’azione (Luana), oppure dialogando con la natura come Paolo che d’estate spesso dorme all’aperto e va a recitare all’aperto prestissimo al mattino. «Ho seguito gli ideali di cultura ed educazione del presidente Ikeda, e oggi lavoro all’università per il bene delle persone attraverso la cultura. Ikeda mi ha insegnato a dare al mio lavoro un significato più ampio, non solo per me stesso. Ho fatto così e i benefici si vedono». Valerio si sta impegnando per costruire la “casa della pace” a Salerno insieme alle autorità locali, per ospitare iniziative sociali, mostre, concerti. Ma anche altre azioni, come assumersi la responsabilità di seguire la Divisione studenti sarda (Ricardo) o andare a trovare a casa le persone per incoraggiarle con le proprie esperienze realizzate con il Gohonzon (Oberdan) sono forme di volontariato nel sociale.
«Mi sono iscritta alla facoltà di Scienze Infermieristiche perché fin da piccola avevo il desiderio di dedicarmi alle persone che soffrono, ho avuto la possibilità di fare tirocinio in un reparto di medicina interna e là ho toccato con mano la sofferenza talvolta stando malissimo! Ma anche lì ho cercato di essere me stessa e di fare la differenza. La risposta: i pazienti mi ringraziavano e mi elogiavano per come riuscivo ad assisterli anche solo stando li accanto a loro! Ed è stato bellissimo… La più grande difficoltà che trovo nel mio ambiente adesso è l’invidia delle persone che tentano di ostacolarmi nel mio percorso di studio! La cosa che mi spinge ad andare avanti è la fede che ho rafforzato negli ultimi tempi e la compassione che ho sviluppato nei confronti di queste persone; mi hanno insegnato a recitare Daimoku per la felicità degli altri, compreso chi non mi stava molto simpatico, e così sto provando. Non è semplice, ma a differenza di prima non mi importa di quello che pensano di me, io vado avanti per la mia strada» è Linda a dirlo, vent’anni, di Livorno.
L’impegno dei giovani buddisti per kosen-rufu non ha frontiera; l’Europa, il mondo, sono solo i contenitori di gioie e dolori comuni, dove fede, speranza e rispetto reciproco sono le chiavi per il dialogo. «Io vivo in una famiglia dove ognuno professa religioni differenti, sono nata in questa fantastica diversità che mi ha permesso di imparare a dialogare con tutti» l’esperienza di Luana è condivisa anche da Ricardo – madre cattolica, un fratello ateo e una sorella mormona – e da Marta che ha parenti sparsi nel mondo e sente quanto la forte fede accomuni lei e sua nonna musulmana che vive in Iran.
Sempre più i giovani fanno esperienze di studio all’estero, magari hanno genitori di diversa nazionalità, e riescono ad allargare le proprie vite spostandosi senza una targa, come veri e propri cittadini del mondo.
«Ho avuto la fortuna di frequentare un master in Italia e in parte in Belgio e in Austria, così ho avuto modo di incontrare anche molti ragazzi che provenivano un po’ da tutto il mondo – dice Alessia -. È bellissimo oggi pensare a ogni paese dell’Europa e ricordare per ognuno almeno una persona che è rimasta nel mio cuore. Credo che in futuro sempre più giovani faranno esperienze simili alla mia e credo sia l’unica strada per creare un’Europa delle persone e non della burocrazia».
Ed eccoci al futuro; lungo la strada per kosen-rufu abbiamo provato a proiettarci fra venticinque anni, immaginandoci l’organizzazione con gli occhi di questi giovani.
Marta sorride raccontando che l’organizzazione che lei vuole sarà proprio come una città, dove la pratica sarà fusa con la vita sociale, si costruiranno scuole, musei, biblioteche e basterà scendere di casa per trovare la Soka Gakkai. Anche Paolo la vede un po’ così: «Spero che l’organizzazione fra venticinque anni sia un tutt’uno con la società. Spero che il nostro movimento religioso possa essere integrato completamente nella struttura sociale e umana di questo nostro paese.
Oggi la Soka Gakkai vive ancora nel suo mondo, il “Soka World”; per il futuro me la immagino che agisce concretamente sulle tendenze negative della società. Non una Soka “isola felice”, ma una Italia penisola felice anche grazie alla spiritualità forte, all’umanesimo attivo di ciascuno di noi, alla rete umana dell’organizzazione fondata sulla passione dei giovani, sulla cultura della spiritualità e del dono, il dono della vita che è il tesoro più prezioso. Alessia ci riflette, sa che la Soka Gakkai avanzerà, più tecnologica, più matura ma con lo stesso flusso di umanità che vi scorre ora. E poi Luana che ha una certezza: fra venticinque anni l’organizzazione sarà figlia anche della mia decisione di oggi, pertanto sarà una realtà di pace. Per Oberdan il desiderio è che diventi la più importante organizzazione al mondo per la realizzazione della pace. Non è poi troppo difficile pensarlo, Ricardo è stato a Trets ed è certo che i giovani che ha incontrato, così come tutti quelli del gruppo Leonardo [raccoglie i giovani dai diciotto ai venticinque anni, n.d.r.] di Cagliari, grazie alla loro passione potranno avere un ruolo importante. Alessandro dice: «Sogno una Gakkai armoniosa, piena di giovani! Che riesca con il suo grande messaggio di speranza a influenzare la società italiana». «Sarà molto numerosa» dice Valerio. «Sicuramente ci saranno i miei figli con tutti i loro amici. Sicuramente in tutti i paesi che non hanno ancora conosciuto questa religione, ci sarà qualcuno che la pratica e noi che oggi siamo giovani e che il futuro è nelle nostre mani fin da ora dobbiamo impegnarci perché essa cresca» sono le speranze di Linda.
Il cuore si riempie di questa energia e la gioia esplode quando sento che anch’io che sto scrivendo sono giovane.

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