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La cura dell'anima - DEV - Il Nuovo Rinascimento
Istituto Buddista Italiano Soka Gakkai

Buddismo per la pace, la cultura e l’educazione

6 dicembre 2025 Ore 13:54

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La cura dell’anima

Nella letteratura buddista si parla spesso di vittoria definitiva o autentica. Essa non è altro che la somma dell’impegno profuso verso la realizzazione dei propri obiettivi perché riportare tante vittorie, piccole e grandi, fa bene anche allo spirito

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Nella letteratura buddista si parla spesso di vittoria definitiva o autentica. Essa non è altro che la somma dell’impegno profuso verso la realizzazione dei propri obiettivi perché riportare tante vittorie, piccole e grandi, fa bene anche allo spirito

«Dunque… se il fidanzato mi lascia, ho perso. Ma se rimane con me per tutta la vita ho vinto. Sì, è vero che proprio non mi sopporta e non mi ama… ma io voglio solo lui e nessun altro. Forse sarà una vita infelice ma non mi importa, mi sforzerò così tanto nell’attività buddista che lo farò diventare come voglio io».
Oppure: «Mi hanno diagnosticato una grave malattia ma voglio recitare così tanto Daimoku che farò a meno delle medicine e quando tornerò dal medico per un ulteriore controllo, lui mi dirà: “Incredibile! Lei è completamente guarito!”» e magari con lo sguardo strabiliato chiamerà i suoi colleghi per mostrargli il prodigio avvenuto.
Altro esempio: «Oggi devo sostenere un esame molto impegnativo, sinceramente ho studiato molto poco, ma dato che ho praticato regolarmente questo Buddismo, mi andrà sicuramente bene! Anzi, se mi respingono vuol dire che il Gohonzon non funziona e smetterò di praticare!».
Ma, riflettiamo un attimo: tenersi accanto un compagno che ti detesta, non curare a fondo una malattia e voler superare un esame senza studiare non significa vincere a tutti i costi, ma piuttosto mancare di saggezza nell’affrontare la vita e non riflettere su quale possa essere, guardando al futuro, la soluzione migliore per la nostra esistenza.
Intanto, per prima cosa, dovremmo avere il coraggio di metterci in discussione senza la paura di “perdere” qualcosa o qualcuno, perché praticando il Buddismo si può solo “vincere” nel senso più vero del termine. Questo coraggio si ottiene mantenendo sempre uno stato vitale elevato, in modo che le nostre scelte, anche le più banali, siano basate sempre sulla condizione interiore della Buddità. Ciò deriva dalla recitazione costante di Gongyo e Daimoku, sorgenti inesauribili di forza vitale e saggezza; dallo studio del Buddismo, che ci aiuta a capire più profondamente la nostra vita e, ad esempio, perché ci troviamo in determinate situazioni anziché in altre; e infine dallo sforzarsi per gli altri, superando i nostri dubbi e le nostre timidezze.
Quando pensiamo alla parola “vittoria” pensiamo sicuramente a qualcosa di tanto desiderato e poi ottenuto. Allora ci sentiamo padroni del mondo, un senso di benessere ci pervade da capo a piedi e sembra che niente e nessuno in quel momento possa scalfirlo. La felicità di aver vinto non va negata, anzi, forse dovremmo imparare a gioirne ancor di più, ad assaporare il piacere di avercela fatta! Quando soffriamo il dolore ci paralizza, ci invade, ci fa sentire tanto inermi da desiderare di non esistere pur di non affrontarlo. Ecco, sarebbe bello vivere la gioia di una vittoria con la stessa intensità, al positivo naturalmente, perché vincere fa bene al corpo e all’anima. Ci permette di prefiggerci nuovi scopi, a osare con più speranza, a volare in alto, forti del successo ottenuto precedentemente e di influenzare positivamente anche le persone che ci stanno intorno.
Ma con il passare del tempo queste sensazioni piano piano svaniscono e le nostre vittorie diventano dati di fatto. Il ricordo che però rimane indelebilmente impresso in noi è quello degli sforzi compiuti per realizzare il nostro scopo. Questa è la vera vittoria. Pensiamo a uno studente il giorno della laurea, il momento tanto atteso. La vittoria autentica non sarà quella immortalata nella foto ricordo scattata al momento del 110 e lode, ma tutto il percorso fatto di lunghe ore dedicate allo studio, con tenacia e anche con sofferenza, di pagine su pagine da digerire, di esami da superare, ecc.
Il presidente Ikeda c’incoraggia dicendo che «il vero vincitore è colui che vince alla fine. Fede significa ottenere la vittoria definitiva». Il vero segreto per raggiungere i propri scopi è quello di trasformare gli eventi sfortunati in altrettante sfide da vincere. Nella Nuova rivoluzione umana troviamo un brano molto significativo a questo proposito. Shin’ichi un giorno, mentre era in visita in Europa, durante uno dei suoi pochi momenti liberi, ricevette in un albergo a Parigi una donna giapponese sui trent’anni, membro della Soka Gakkai, che faceva la ballerina. Era ansiosa d’incontrarlo e si sentiva già “arrivata” solo perché si trovava a Parigi. Ma lui riconobbe immediatamente in lei una grande vanità e, come succede alle persone piene di sé, una grande sfiducia in se stessa. Faceva la ballerina e voleva diventare famosa ma Shin’ichi percepì che rincorreva solo la notorietà senza fare nessuno sforzo concreto e le disse severamente: «Non c’è niente di sbagliato nel mirare a essere i migliori, ma lei ha bisogno di chiarire i suoi scopi a ogni passo del suo cammino e di sfidarsi ogni giorno, senza risparmiarsi il dolore o lo sforzo per raggiungerli. I sogni e la determinazione sono due cose molto diverse. Se semplicemente desidera essere in un certo modo, ma viene meno nel dedicarsi allo scopo con perseveranza e coscienza, allora significa che lei sta perseguendo un sogno che si rivelerà vuoto. Se lei fosse veramente decisa a diventare la migliore, allora starebbe già muovendo dei passi concreti e lavorando con tutta la sua forza in quella direzione: la parola successo è un altro modo per descrivere uno sforzo ripetuto e costante.
«Le speranze e i sogni da soli, senza duro lavoro e lotta, lasciano l’individuo in preda all’ansia e alla frustazione, mentre la situazione reale diventa sempre più difficile. Lei deve rafforzare le sue basi. Il Buddismo è la forma più evoluta di buon senso; la vera fede risiede nel persistere negli sforzi per migliorare se stessi. Inoltre se lei spera di realizzare pienamente le sue potenzialità e di stabilire una felicità indistruttibile, è importante che costruisca delle solide basi di fede nella sua vita.
«Possiamo cambiare il luogo dove viviamo, ma fino a quando non cambiamo il nostro stato vitale interiore, non vi sarà nessuna reale differenza. Il Buddismo ci permette di effettuare questa trasformazione interiore».
Recitando Daimoku al Gohonzon possiamo realizzare tutti i nostri sogni, possiamo veramente trasformare l’impossibile in possibile.
A proposito conoscete la storia di Johnny?
Johnny era un bambino molto intelligente e cortese oltre a essere bello, alto, simpatico, affabile e molto espansivo. Ma era nell’impossibilità di vivere appieno tutte queste doti. Una brutta forma di poliomielite lo limitava in ogni aspetto del vivere quotidiano, costringendolo su una sedia a rotelle dalla quale riusciva ad alzarsi solo con grande fatica e sofferenza. La madre disperata non si rassegnava e portava il figlio dai migliori medici, ma le risposte erano sempre le stesse: «Si rassegni, signora, la carrozzina, suo figlio se la porterà dietro per tutta la vita!».
Johnny era di indole buona, ma di questa malattia non se ne faceva una ragione e provava tanta paura e… tanta rabbia… quella rabbia positiva, che non sfocia in azioni violente e degenerate, ma si trasforma in una forza capace di smuovere le montagne.
Così un giorno, tra le lacrime, decise di vincere sul suo destino e sulla scienza, che gli aveva negato la speranza.
Dato che aveva le gambe praticamente immobili, i medici gli avevano consigliato la piscina, almeno per contrastare in minima misura la malattia, e così fece: prima iniziò con la riabilitazione, poi ci prese gusto e iniziò a nuotare con regolarità. Si sentiva bene, non aveva il fardello della carrozzina e le sue gambe erano così leggere nell’acqua, anche se il tronco doveva sostenere una fatica doppia per la mancata efficienza degli arti inferiori. Iniziò a nuotare veloce e poi velocissimo, nuotava per ore e ore e questo sforzo costante lo portò a decidere di trasformare la sua vita: da ragazzino poliomielitico a campione del mondo. Fu il primo al mondo a percorrere i 100 metri stile libero in meno di un minuto. Vinse tre medaglie d’oro alle Olimpiadi nel 1924 e altre due nel 1928. Un giorno venne chiamato da un regista per interpretare il ruolo di un ragazzo vissuto nella giungla insieme a una simpatica scimmietta. Così Johnny dette vita a uno dei più famosi personaggi della storia del cinema, l’intramontabile Tarzan. Sì, questa è proprio la storia di Johnny Weissmuller (USA, 1904-1984), un giovane che aveva deciso di vincere sulla sua malattia e sul proprio destino.
Ma che fare quando sentiamo dentro di noi quella vocina insinuante che dice: «Chi te lo fa fare questo sforzo che ti costa tanto sacrificio? E se poi non ti serve a niente? Forse non desideri poi così tanto quella cosa, forse c’è il verso di ottenerla per strade traverse e facendo meno fatica…!».
Beh, intanto l’avere deciso di vincere, di affrontare ciò che più ci fa paura, è di per sé fonte di ispirazione, ci fa sentire, già solo per l’ardire di aver preso una decisione, orgogliosi di noi stessi. Se poi, come il Buddismo insegna, ampliamo la portata della nostra vittoria – cioè il numero dei “beneficiari” del nostro coraggioso impegno – e decidiamo di vincere non solo per noi ma anche”per gli altri”, “per tanti altri”, è come se aprissimo il doppio carburatore nella Ferrari della nostra vita: da una parte ci sentiremo degli eroi, con tutta l’immensa spinta interiore che viene da un grande ideale e dall’altra osserveremo che l’aver tolto il più possibile i ceppi dell’egoismo al nostro concetto di vittoria, ci fa vedere le cose da una prospettiva più ampia, ci fa scorgere nuove strade, addirittura può modificare l’idea stessa di quale debba essere la Vittoria con V maiuscola in quella determinata situazione.
Nel Gosho Risposta a Kyo’o si legge: «Una spada sarà inutile nelle mani di un codardo. La potente spada del Sutra del Loto deve essere brandita da uno coraggioso nella fede». È nella natura umana aver paura di non farcela ma non dobbiamo arrenderci! Tanto più che, come ci può spiegare una lettura approfondita di questo Gosho, “codardo” nel carattere originale giapponese significa letteralmente “colui che non avanza costantemente”. Allora non essere codardi, sulla strada per realizzare i nostri obiettivi non significa compiere imprese staordinarie, ma semplicemente non smettere mai di avanzare, passo dopo passo, giorno dopo giorno.

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Gli introvabili

Ma dove ho letto quella frase?

Solo sconfiggendo un potente avversario si può dimostrare il proprio valore.

(Lettera da Sado, SND, 4, 75)

Rafforza la tua fede ancora di più. Il ghiaccio è fatto di acqua, ma è più freddo dell’acqua; il colore blu si ottiene dall’indaco, ma tingendo ripetutamente si ottiene un blu più intenso dell’indaco. Benché il Sutra del Loto sia sempre uguale, se tu continui ad approfondire la fede, otterrai benefici più grandi degli altri.

(La supremazia della Legge, SND, 5, 157)

Incontrare questo sutra è cosa rara come il fiore di udumbara, che fiorisce ogni tremila anni, o come per la tartaruga con un occhio solo riuscire a trovare un tronco di legno di sandalo galleggiante, cosa che accade a intervalli di innumerevoli eoni.

Immaginiamo di conficcare un ago nella terra e di lanciare un granello di senape dal palazzo del re Bonten che si trova nel cielo: è più facile che il granello di senape si infilzi sulla punta dell’ago che incontrare il Daimoku del Sutra del Loto. O ancora, supponiamo di piantare verticalmente un ago sulla cima del monte Sumeru e poi, stando sulla cima del monte Sumeru di un altro mondo in un giorno di forte vento, lanciare un filo che vada a infilarsi nella cruna dell’ago. È più semplice riuscire in questa impresa che incontrare il Daimoku del Sutra del Loto.

(Il Daimoku del Sutra del Loto, SND, 5, 30)

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