Hakumai Ippyo Gosho (Ji Ri Kuyo Gosho)
Gosho Zenshu pag. 1596
Gli scritti di Nichiren Daishonin vol. 4 pag. 285
Ho ricevuto il sacco di riso, il sacco di taro e il canestro di alghe di fiume che mi hai inviato per mezzo dei tuoi servi. L’uomo ha due tipi di tesori: i vestiti e il cibo. Un sutra afferma: «Gli esseri senzienti vivono di cibo». Per l’uomo, la sopravvivenza in questo mondo dipende dal cibo e dai vestiti.
Per i pesci l’acqua nella quale vivono è il più grande tesoro, e per gli alberi lo è il terreno su cui crescono.
La vita dell’uomo è sostenuta da ciò che mangia e per questo il cibo è il suo tesoro. Tuttavia, il più prezioso di tutti i tesori è la vita stessa. Nemmeno i tesori dell’intero universo possono eguagliare il valore di una singola vita umana. La vita è come una lampada e il cibo come l’olio. Quando l’olio è finito la fiamma si spegne, e senza cibo la vita si interrompe.
Nel venerare tutte le divinità e i Budda, si fa precedere la parola “Namu” ai loro nomi. Ma qual è il significato di “Namu”?
“Namu” è una parola sanscrita che è resa kuei–ming in cinese e kimyo in giapponese. Cosa significa kimyo? Significa consacrare la propria vita al Budda.
Alcuni hanno moglie, figli, servi, possedimenti, oro, argento o altri tesori, a seconda della loro condizione. Altri non possiedono nulla. Comunque sia, che uno possieda dei tesori o no, la vita è per tutti il tesoro più prezioso. Per questo motivo gli uomini del passato che furono chiamati santi e saggi consacrarono la loro vita al Budda, e conseguirono la Buddità.
Sessen Doji offrì il suo corpo a un demone per ricevere in cambio un insegnamento composto di otto caratteri. Il bodhisattva Yakuo si bruciò un gomito in offerta al Sutra del Loto. Nel nostro paese, il principe Shotoku[ref]Shotoku (574-622): secondogenito del trentunesimo imperatore Yomei, famoso per aver applicato al governo lo spirito del Buddismo.[/ref] si strappò la pelle di una mano per copiarvi il Sutra del Loto, e l’imperatore Tenji[ref]Tenji (626-671): realizzò importanti riforme nel sistema di governo cinese T’ang.[/ref] si bruciò il dito medio in offerta al Budda Shakyamuni. Tali pratiche sono per i santi e i saggi, ma non per noi, gente comune.
Tuttavia, anche i comuni mortali possono conseguire la Buddità se comprendono il senso di una sola parola: “sincera dedizione”. Cosa significa “sincera dedizione”? È il principio di kanjin (Illuminazione).
Che cosa significa? Vuol dire che offrire il proprio unico vestito al Sutra del Loto equivale a strapparsi la pelle e, in tempo di carestia, offrire al Budda l’unica ciotola di riso da cui dipende la sopravvivenza è dedicare la propria vita al Budda. I benefici che derivano da tale dedizione sono grandi come quelli che ricevette il bodhisattva Yakuo bruciandosi il gomito, o Sessen Doji offrendo la sua carne a un demone.
Perciò, se i santi si consacravano offrendo il loro corpo, i comuni mortali possono farlo attraverso la sincerità delle loro offerte. Il precetto della donazione[ref]Precetto della donazione: una delle sei paramita.[/ref], esposto nel settimo volume del Maka shikan, in effetti insegna lo spirito dell’offerta. Il vero sentiero della vita sta nelle cose di questo mondo. Nel Sutra Konkomyo si legge: «Avere una profonda conoscenza di questo mondo è di per sé Buddismo». Il Sutra del Nirvana afferma: «Qualunque sia la fonte, tutte le scritture e gli insegnamenti sono essenzialmente la rivelazione della verità buddista. Non sono insegnamenti non-buddisti».
Al contrario, nel sesto volume del Sutra del Loto si legge: «Nessuna cosa che riguardi la vita o il lavoro è in qualche modo diversa dalla realtà fondamentale»[ref]«Nessuna … fondamentale»: questa frase si trova in realtà nell’Hokke gengi di T’ien-t’ai come annotazione al seguente brano del cap. 19 del Sutra del Loto: «E qualunque cosa egli predichi in accordo con la propria comprensione, non contraddirà mai la verità. Qualunque cosa egli predichi che riguardi lo studio, il governo, la lingua e la vita quotidiana sarà in accordo con la vera Legge».[/ref]. Nello spiegare il vero significato che si nasconde in queste citazioni, Miao-lo insegnò che i primi due sutra sono profondi, ma ancora superficiali se paragonati al Sutra del Loto. Laddove quelli si riferiscono alle cose del mondo in termini di Buddismo, il Sutra del Loto spiega che le cose del mondo sono essenzialmente il Buddismo. I sutra precedenti il Sutra del Loto insegnavano che tutti i fenomeni derivano dalla mente di una persona. La mente è come la terra, e i fenomeni sono come le piante che vi crescono. Ma il Sutra del Loto insegna che la mente è una cosa sola con la terra, e che la terra è una cosa sola con le sue piante. I sutra provvisori dicono che una mente tranquilla è come la luna e che un cuore puro è come un fiore, ma il Sutra del Loto afferma che il fiore e la luna sono essi stessi cuore e mente. Da ciò si comprende che il riso non è solo del semplice riso, ma la vita stessa.
Dato che il reggente non volle assaggiare il sontuoso cibo [del Buddismo], non c’era nient’altro che io potessi fare, e così mi sono ritirato nella foresta. Sono un uomo comune, e trovo difficile sopportare il freddo dell’inverno o il caldo dell’estate. Non ho neanche abbastanza da mangiare. Non potrei mai emulare l’impresa di quell’uomo che si dice abbia camminato per diecimila ri[ref]Ri: equivale a circa quattro chilometri.[/ref] con un solo pasto, o quella di Confucio e suo nipote che consumarono solo nove pasti in cento giorni. Senza cibo non potrei continuare per molto tempo a recitare il sutra, o a concentrarmi in meditazione.
Dunque le tue offerte sono ben più che semplici doni. Forse il Budda stesso ti ha suggerito di prenderti cura di me, forse sei stato spinto dal karma che hai formato nel passato. È impossibile dire tutto quello che vorrei in questa lettera.
Con profondo rispetto.
Cenni storici
Nichiren Daishonin scrisse questa lettera da Minobu per ringraziare un credente che gli aveva mandato un sacco di riso e altre provviste in un periodo di grande necessità. Il manoscritto originale di questo Gosho è conservato presso il tempio principale della Nichiren Shoshu, Taiseki-ji. Non si conoscono né la data né il destinatario.
Il Daishonin, prendendo spunto dall’offerta di riso che aveva ricevuto, rivela, con un linguaggio commovente e poetico, gli aspetti essenziali del suo insegnamento. Spiega che offrire cibo a un Budda in tempo di carestia è come offrire la propria vita, e che chiunque agisca con tale devozione sicuramente raggiungerà la Buddità. Mette anche in evidenza l’essenziale unità tra la realtà quotidiana e la verità fondamentale, rivelata per la prima volta nel Sutra del Loto: poiché la Legge mistica permea tutti i fenomeni, la vera via al Buddismo si estende al mondo secolare.
Spiegazione
Nel venerare tutte le divinità e i Budda … o Sessen Doji offrendo la sua carne a un demone.
Prima di approfondire una parte di questo Gosho, vorrei ancora confermare qual è l’atteggiamento corretto per studiare le scritture di Nichiren Daishonin. Scrive il presidente Ikeda a questo proposito: «Non studiamo il Gosho con la sola intenzione di comprenderne il significato letterale. Cerchiamo piuttosto di incidere ogni parola nella nostra vita. Il Buddismo esiste nel cuore di ogni individuo, proprio come insegna Nichiren Daishonin: “Gli ottantaquattromila insegnamenti sono il diario della mia stessa vita” (GZ, 563). Gli insegnamenti del Gosho ‘estraggono’ dalle profondità del nostro essere un fortissimo desiderio di vivere, qualcosa di totalmente diverso da quel tipo di istruzione che l’autorità impartisce dall’alto del suo potere. Le teorie buddiste si applicano alla vita reale e trapelano nelle nostre azioni quotidiane. Il cuore di una persona riesce sempre a toccare il cuore di un’altra. È un principio che Nichiren ci ha insegnato. Egli stesso nacque come uno di noi e condivise le gioie e i dolori umani, proprio per poter salvare tutte le persone comuni. Il suo cuore è inseparabilmente legato al nostro. La sua Illuminazione comprende quell’assoluta felicità che il Gosho descrive come “i tesori del cuore”. […] Se riusciremo a sintonizzare la nostra vita con quella del Budda originale, le attività che compiremo per far conoscere il Gohonzon agli altri si estenderanno a un sempre maggior numero di persone» (La vera entità della vita, Esperia, pag. 216).
Tutto ciò che scrive Nichiren Daishonin è il risultato della sua quotidiana lotta per rendere felici tutti gli esseri umani trasmettendo il suo insegnamento. «Ciò che importa – scrive ancora il presidente Ikeda – è l’intenso desiderio di leggere il Gosho e di esporre ogni giorno la propria vita, anche solo per poco, allo spirito di Nichiren Daishonin. Una ricerca di questo tipo permette di “ancorarsi” saldamente all’orbita della vera felicità, lungo la via del raggiungimento della Buddità in questa esistenza. E diventa il motore per spingere avanti kosen-rufu». Se anche noi condividiamo con il Daishonin lo stesso suo “voto” e lottiamo per realizzarlo potremo comprendere realmente il Gosho».
La vita è il più prezioso di tutti i tesori, e i saggi e i santi dell’antichità la utilizzavano per offrirla al Budda e ottenere l’Illuminazione. Per questo motivo, quando si venera il Budda, si usa il termine Nam. Negli Insegnamenti orali il Daishonin afferma che Nam significa dedicare la propria vita sia fisicamente sia spiritualmente. Nam è una parola derivata dal sanscrito namas che in giapponese è tradotta con kimyo. Nell’Ongi kuden (Raccolta degli insegnamenti orali) il Daishonin spiega che kimyo significa dedicare al Budda la propria vita.
Offrire la vita come fecero Sessen Doji, il principe Shotoku, il bodhisattva Yakuo e altri, è molto difficile per noi comuni mortali. Il Daishonin afferma invece che noi, per ottenere l’Illuminazione, dobbiamo comprendere profondamente il significato di kokorozashi: “sincera dedizione”. Nichiren spiega che “sincera dedizione” vuol dire kanjin, questo termine è composto di due ideogrammi kan (guardare) e jin (cuore). In sintesi kanjin equivale a “fede”. Il Daishonin mette in evidenza che in questa epoca di mappo è fondamentale il “cuore”, la “fede” di chi offre. L’offerta della vita fatta dai saggi dei tempi antichi è chiamata Jikuyo, dove ku sta per offrire una cosa sinceramente, yo mantenere, far crescere, allevare (kuyo = offerta; ji = reale, concreta); l’offerta nella nostra epoca di cui parla il Daishonin è rikuyo (kuyo = offerta; ri = simbolica).
Se l’unica offerta di valore fosse jikuyo (offrire il proprio corpo o parte di esso come i santi e i saggi), tutti i comuni mortali, tutti noi, non avremmo possibilità di farla. Ciò provocherebbe una discriminazione: solo alcuni potrebbero ottenere l’illuminazione. Anche nel caso di jikuyo (offerta di cibo, vestiti per mantenere la vita del Budda), potrebbe esserci discriminazione tra chi possiede quei beni e chi non li possiede e ancora una volta solo una parte degli esseri umani potrebbe ottenere l’illuminazione. Per questo motivo il Daishonin afferma che l’aspetto più importante nell’offerta è kokorozashi, il cuore di chi offre. In altre parole, afferma il presidente Ikeda, l’unità di misura della qualità dell’offerta si trova nella relazione tra ciò che si offre e la fede di chi offre. Kokorozashi di solito è il complemento oggetto del verbo kasaneru che significa “ripetere in continuazione”. Noi esseri umani dell’epoca di mappo non abbiamo la forza dei santi e saggi del passato ai quali bastava una sola offerta della vita per ottenere l’illuminazione, ma abbiamo una grande capacità di sopportare, di essere pazienti per questo motivo dobbiamo ripetere più volte azione di offrire, così come dobbiamo “lucidare il nostro specchio giorno e notte” – come è scritto nel Raggiungimento della buddità in questa esistenza – recitando Daimoku ogni giorno e ogni giorno trasmettere la pratica Buddista a chi non la conosce.
Nel passaggio di questo gosho dove è scritto: «Ragionando bene vuol dire che offrire il proprio unico vestito al Sutra del Loto equivale a strapparsi la pelle e, in tempo di carestia, offrire al Budda l’unica ciotola di riso da cui dipende la sopravvivenza è dedicare la propria vita al Budda», il Daishonin sta parlando esattamente dell’unico vestito che si possiede, senza il quale rimaniamo nudi, o dell’unica ciotola di riso dalla quale dipende la nostra sopravvivenza. In sintesi sta dicendo che l’atteggiamento dei discepoli di Nichiren deve essere quello di offrire al 100%. E il 100%, dal punto di vista di kokorozashi, è assolutamente diverso dal 99,999…%. Per chi possiede due ciotole di riso o due vestiti è facile offrirne uno, completamente diversa è la condizione di chi ne possiede uno soltanto, e quindi il valore della sua offerta. Dovremmo ripetere in continuazione l’offerta con lo stesso cuore che ci indica il Daishonin, solo così possiamo ricevere gli stessi benefici dei santi e saggi del passato.
Oggi, per noi membri della Soka Gakkai, offrire al Budda significa sostenere l’attività che ha lo scopo di realizzare kosen-rufu, il desiderio del Budda originale, ma lo spirito con il quale offriamo lo zaimu o il nostro tempo per l’attività buddista deve essere quello di kokorozashi: con tutto il cuore.