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La morte di Josei Toda - DEV - Il Nuovo Rinascimento
Istituto Buddista Italiano Soka Gakkai

Buddismo per la pace, la cultura e l’educazione

6 dicembre 2025 Ore 13:56

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    La morte di Josei Toda

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    L’ultimo istante

    Dopo la cerimonia del 16 marzo, Toda fu costretto a trascorrere quasi tutti i giorni a letto ma, nonostante ciò, non volle lasciare il Taisekiji. In quei giorni si stava svolgendo il pellegrinaggio per celebrare l’inaugurazione della sala delle lezioni e Toda si informò fino all’ultimo giorno se tutto procedeva bene e se i membri erano di buon umore. Appena si sentiva un po’ meglio, chiedeva che lo aiutassero a tirarsi su dal letto e sfruttava le poche forze che gli rimanevano per parlare con i suoi discepoli: in quel periodo le sue guide si proiettavano sempre più lontano negli anni a venire. Naturalmente la persona a cui più di ogni altra erano dirette le sue indicazioni, era Daisaku Ikeda [che nel romanzo è Shin’ichi Yamamoto, n.d.r.].

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    La rivoluzione umana, vol. 12, pag. 271
    di Daisaku Ikeda

    Ormai era sempre più raro il fatto che Toda si alzasse dal suo giaciglio. Ma continuava a chiamare Shin’ichi accanto a sé per parlare con lui. Una mattina, mentre Shin’ichi gli si stava avvicinando, gli disse sorridendo: «Shin’ichi, stanotte ho sognato che andavo in Messico».
    Sedendo vicino a Toda, Shin’ichi ricambiò il sorriso.
    «Mi stavano aspettando, erano tutti in attesa. Erano tutti alla ricerca del Buddismo di Nichiren Daishonin. Voglio andare, voglio viaggiare in tutto il mondo per kosen-rufu».
    «Sensei…»
    Shin’ichi aveva compreso perfettamente il desiderio di Toda, ma si sentì sopraffatto dalle emozioni.
    «Shin’ichi, la tua sfida è il mondo intero. È quello il tuo palcoscenico. È un mondo vastissimo, popolato da moltissime etnie. Ci sono nazioni capitaliste e nazioni socialiste. Le fedi religiose differiscono moltissimo nei diversi paesi. Ci sono addirittura della nazioni che non permettono la propaganda religiosa. Bisogna cominciare a pensare ai modi per far conoscere la Legge mistica in quei paesi. In definitiva lo scopo essenziale del Buddismo è la realizzazione della pace e della felicità del genere umano».
    Toda osservò Shin’ichi con uno sguardo intenso. Tirò fuori una mano dalle coperte e Shin’ichi la prese tra le sue.
    «Shin’ichi, devi vivere! Devi vivere a lungo e viaggiare in tutto il mondo!».

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    Il 24 marzo i medici, visitando Toda, constatarono che il suo fisico, anche se fortemente debilitato, era guarito: Toda apprese con soddisfazione che era riuscito a sconfiggere il demone della malattia. [I problemi di salute di Toda erano dovuti ai due anni di prigionia e al fatto che negli anni successivi, anziché concedersi cure e riposo, aveva compiuto enormi sforzi nell’opera di ricostruzione della Soka Gakkai. Le malattie di cui soffriva riguardavano soprattutto l’apparato gastro-intestinale, n.d.r.].Negli ultimi mesi aveva lottato contro la morte, deciso a portare a compimento la sua missione di assicurare delle solide fondamenta al movimento di kosen-rufu. Era riuscito a raggiungere l’obiettivo di settecentocinquantamila famiglie, aveva guidato la cerimonia del 16 marzo e anche il pellegrinaggio per l’inaugurazione della sala delle lezioni stava per concludersi. Toda sentiva che la sua missione era compiuta. La maggior parte dei membri non conosceva la reale gravità delle condizioni di Toda. Tra quelli che lo assistevano più da vicino, invece, c’era la speranza che il loro presidente ce la potesse fare anche in quella circostanza: in fondo, anche se fortemente debilitato, Toda era guarito e all’epoca aveva solo cinquantotto anni. Soprattutto, oltre a queste considerazioni e speranze, nessuno riusciva a immaginare la Soka Gakkai senza Toda.
    Ikeda, oltre a occuparsi del pellegrinaggio e degli altri impegni di attività, cercava di prendersi cura del suo maestro in ogni modo. Una volta riunì i membri che collaboravano all’organizzazione del pellegrinaggio e chiese loro di cantare insieme e con voce energica una canzone della Gakkai spiegando che il presidente Toda (che alloggiava al piano superiore) sarebbe stato felice di sentire che la determinazione dei suoi discepoli era salda. Negli ultimi giorni di marzo, proprio quando si stava concludendo il pellegrinaggio, la salute di Toda peggiorò bruscamente. Dopo un difficile trasferimento, in cui il presidente Ikeda gli fu sempre accanto, fu ricoverato in ospedale il primo aprile. Il giorno seguente sembrava che le sue condizioni stessero migliorando. Nel pomeriggio era programmata una riunione dei responsabili centrali; l’incontro si era quasi concluso, quando nella stanza entrò il custode del centro.

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    La rivoluzione umana, vol. 12, pag. 296-297 (estratti)
    di Daisaku Ikeda

    «Signor Yamamoto, c’è una telefonata per lei dall’ospedale. È il figlio del signor Toda, Kyoichi». Tutti i presenti osservarono immobili Yamamoto. Scusandosi Shin’ichi uscì dalla sala e si recò nell’ufficio del custode per rispondere al telefono. La voce di Kyoichi all’altro capo del filo era composta, ma il giovane stava cercando evidentemente di trattenere l’emozione.
    «Mio padre è morto alcuni istanti fa…». In un attimo tutto si fermò. Shin’ichi non fu più in grado di respirare. Il sangue sembrò gelarglisi nelle vene e la vista gli si appannò di colpo. Shin’ichi ripose la cornetta e tornò nella sala della riunione. Mentre fece il suo ingresso sentì tutti gli occhi su di sé, i volti di tutti in preda a un’ansia profonda. Il dolore e la tristezza sul suo volto fecero subito capire che il peggio era successo. Shin’ichi riferì quanto aveva appena appreso: «Pochi istanti fa, alle 18:30, sensei è morto». I visi dei presenti si fecero di cenere.
    Quando i responsabili della Soka Gakkai giunsero in ospedale e videro il volto di Toda, non riuscirono a trattenere le lacrime. Per quanto la cosa fosse dolorosa, era giunto il momento di dire addio al maestro. L’espressione sul volto di Toda era serena e pacifica. La bocca che aveva spiegato instancabilmente gli insegnamenti buddisti e aveva offerto incoraggiamento a oltre un milione di persone era distesa in un sorriso, come se da essa stessero per uscire delle parole.

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    Il corpo di Toda venne portato a casa dei familiari e adagiato nella stanza del Gohonzon. Una settimana dopo la morte si celebrò il funerale, cui parteciparono duecentocinquantamila persone.
    Dalla sera stessa della morte del suo maestro, Daisaku Ikeda si fece carico della pesante eredità.

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    La rivoluzione umana, vol. 12, pag. 299 (estratti)
    di Daisaku Ikeda

    Era stata una giornata interminabile. Shin’ichi tornò a casa sua nel quartiere di Ota che era ormai mezzanotte. Voleva assolutamente sedersi e mettere per iscritto la miriade di pensieri che avevano affollato la sua mente in quel 2 aprile. Ma dopo aver aperto il diario e aver provato a scrivere alcune righe sulle cose che erano accadute quel giorno, si fermò. Ripensando a tutto ciò che aveva condiviso con Toda nel corso di anni cominciò a piangere.
    Ricordò con chiarezza ciò che Toda gli aveva detto pochi giorni prima: «La mia opera finalmente è completata… Il resto è affidato a te, Shin’ichi. Conto su di te!»
    Provava un dolore indescrivibile. Ma comprese anche che, se lui era un vero discepolo, era proprio quello il momento di alzarsi con decisione. Si ammonì con queste parole: «Alzati! Devi ergerti con fierezza! Sii forte Shin’ichi!».
    Asciugandosi le lacrime con i pugni, sollevò il capo. La fiamma del giuramento che aveva fatto ardeva intensa nel suo cuore. Riprese in mano la penna e cominciò a scrivere: «Ah, 2 aprile! Per la Gakkai, per me e per tutti i discepoli del presidente Toda questo sarà un giorno impossibile da dimenticare. È calato il sipario sulla vita del nostro grande maestro. Ma la persona a cui è stata affidata la sua eredità, entrerà ora per il secondo atto della lotta di kosen-rufu. Io sarò all’altezza della missione!»
    Scrivendo quelle parole vide in sé il volto sorridente di Toda.

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