Ho cinquantasette anni, pratico il Buddismo dal 1995 e sono in pensione da sei anni, dopo aver lavorato trentaquattro anni come operaio. Quasi contemporaneamente mi sono trovato davanti due cose che mi avrebbero cambiato la vita, sia fisicamente che spiritualmente. Ero arrivato alla pensione lieto di chiudere con un tipo di vita che mi pesava, abitudinaria e priva di spunti brillanti. Avevo intenzione di “rifarmi”: ero pensionato ma ancora giovanile e giovane, con tanta voglia di vivere, mille pensieri e idee alla rinfusa; trovare il Buddismo e capirne le potenzialità sul mio animo è stata una grande scoperta che mi ha dato tanta chiarezza. Io non ho un carattere molto aperto ed espansivo, anche se dentro di me vivo le emozioni e i fatti della vita molto intensamente, non lo rivelo. E i primi tempi della pratica il mio atteggiamento era stato scambiato da qualcuno per pigrizia, poca voglia di fare attività, freddezza, poco entusiasmo.
Qualcuna di queste “riflessioni” che mi arrivava all’orecchio non mi faceva piacere ma neanche mi addolorava più di tanto: io continuavo a seguire il mio nuovo ritmo di vita, facevo tutta l’attività buddista che sentivo di fare e costruivo la mia scala di valori recitando davanti al Gohonzon. Sì perché cercavo qualcosa che mi mancava ancora, qualcosa che mi valorizzasse e mi permettesse di aiutare gli altri, anche concretamente. Il Gohonzon mi aveva reso esigente… Provai dapprima con il volontariato in Croce Rossa. Feci il corso e partecipai un periodo alle loro attività, ma mi resi conto che questa non era la mia via.
Poi arrivò un’occasione che percepii subito interessante. Invitato da un’amica cominciai a interessarmi dell’attività di una cooperativa sociale che seguiva i diversamente abili prelevandoli dalle famiglie con problemi e accudendoli di giorno. La proposta era di qualificare questo tempo di “parcheggio” con iniziative mirate che contribuissero a trasformare la mera sopravvivenza attraverso momenti di relazione, gioco, impegno, creatività. E la proposta era di avviare un’attività teatrale che partisse da zero e li portasse a esprimersi, misurarsi, conoscersi, imparare a stare insieme fino alla realizzazione di uno spettacolo fatto da loro.
Un lavoro enorme e impegnativo, di anni, da costruire tutto dall’inizio, senza nessuna esperienza né di teatro né di handicap. Eppure sentivo che lì avrei potuto essere utile e creare più valore nella mia vita. L’attività è partita anni fa ed è stata un successo completo. Insieme a me hanno lavorato persone che praticano e persone di tutt’altro percorso di vita, tutti tesi a realizzare uno scopo che anche l’entusiasmo dei diversamente abili ci spingeva sempre più a voler realizzare come una sfida che ogni giorno riempiva la mia vita. E nel frattempo, per chi come me praticava il Buddismo, c’era la verifica interna, il cambiamento giorno dopo giorno, la crescita di consapevolezza della natura della propria vita, la sensazione di partecipare a qualcosa di grande.
Questa attività aveva bisogno di uno strumento legale per continuare: bisognava fare una cooperativa; è stata l’occasione per vincere nei punti deboli del mio carattere e mi ha fatto tanto piacere il riconoscimento degli altri: toccava a me presiederla, e vincere così l’abitudine di stare sempre in seconda fila, di non prendersi responsabilità, di comunicare di più con gli altri. Sapevo che potevo vincere, trasformando la mia “vita in disparte” in protagonista, perciò accettai. Come dicevo l’attività è andata benissimo, lo spettacolo dei ragazzi ha cadenza annuale, e ogni volta è un grande successo. Stando vicino poi a queste persone, aiutandole a esprimersi e a realizzarsi, vedendoli allegri e felici provo una gioia immensa. In questi ambienti si crea un’energia d’amore e una gioia molto forti e profonde, uno stato vitale elevatissimo.
Nel frattempo ho migliorato in questi anni il rapporto con mio figlio, ormai uomo, e ho anche costruito un bellissimo rapporto con Gabriella, la mia attuale compagna. Quindi la vita non finisce con la pensione e, visto che anche il presidente Ikeda dice che l’attività non va mai in pensione, continuerò a vivere fino all’ultimo giorno pienamente, per realizzarmi aiutando gli altri. Non ho proprio nessun rimpianto, perché guardo sempre avanti.
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