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Dovresti sorridere per una gioia così grande - DEV - Il Nuovo Rinascimento
Istituto Buddista Italiano Soka Gakkai

Buddismo per la pace, la cultura e l’educazione

6 dicembre 2025 Ore 14:35

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Dovresti sorridere per una gioia così grande

Il 1271 è teatro di due eventi fondamentali nella vita di Nichiren Daishonin: la tentata decapitazione a Tatsunokuchi, alla presenza dell’amato discepolo Shijo Kingo, e l’esilio nella inospitale isola di Sado. Occasioni per ribadire ai discepoli che finalmente poteva offrire la vita per gli insegnamenti del Budda

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Il 1271 è teatro di due eventi fondamentali nella vita di Nichiren Daishonin: la tentata decapitazione a Tatsunokuchi, alla presenza dell’amato discepolo Shijo Kingo, e l’esilio nella inospitale isola di Sado. Occasioni per ribadire ai discepoli che finalmente poteva offrire la vita per gli insegnamenti del Budda

1271. Tatsunokuchi e Sado

Abbiamo lasciato Shijo Kingo immerso nelle cure familiari: la nascita di Tsukimaro in maggio e a luglio la commemorazione della madre defunta. Intanto in quei mesi, tradizionalmente caratterizzati da abbondanti piogge, si verifica a Kamakura un periodo di siccità, che porterà inevitabilmente una carestia al tempo del raccolto del riso. Nichiren approfitta allora dell’incarico affidato dal governo a Ryokan, un prete della setta Ritsu che aveva pregato con successo per la pioggia in altre occasioni, per sfidarlo e dimostrare così l’erroneità delle dottrine che andava diffondendo. La vittoria di Nichiren funge da catalizzatore nel clima di avversione e ostilità che circonda la sua persona e il 10 settembre viene quindi convocato da Hei no Saemon, vice capo della polizia e figura fra le più potenti del regime militare di Kamakura. Durante l’interrogatorio, Nichiren conferma quanto aveva scritto nel Rissho ankoku ron (Adottare la dottrina corretta per la pace nel paese) e ribadisce che le due calamità delle lotte intestine e dell’invasione straniera si verificheranno senza dubbio. Due giorni dopo Hei no Saemon, alla testa di un contingente di diverse centinaia di soldati armati, raggiunge Matsubagayatsu per arrestare Nichiren. La condanna ufficiale è l’esilio a Sado, ma l’intento reale è la decapitazione. Così, verso mezzanotte, Nichiren è trasportato a cavallo in direzione di Tatsunokuchi, dove avverrà l’esecuzione. Arrivati vicino alla casa di Shijo Kingo, Nichiren chiede ai militari che lo scortano: «Fermatevi un momento, signori. Ho un messaggio per qualcuno che abita qui vicino» (Il comportamento del Budda, SND, 4, 47). Shijo Kingo accorre immediatamente ed è lo stesso Nichiren a ricordare: «Non potrò mai dimenticare in nessuna esistenza che nell’ottavo anno dell’era Bun’ei (1271), quando incorsi nell’ira delle autorità e dovevo essere decapitato a Tatsunokuchi nella provincia di Sagami, tu, piangendo di dolore, mi accompagnasti a piedi nudi, tenendo le redini del mio cavallo, pronto a fare harakiri se mi avessero giustiziato» (Risposta al signore Shijo Kingo, SND, 8, 81). Poi, è sempre Nichiren che racconta: «Infine giungemmo in un posto che sapevo sarebbe stato il luogo della mia esecuzione. Infatti i soldati si fermarono e cominciarono a darsi d’attorno con grande agitazione. Shijo Kingo, in lacrime, disse: “Questi sono i tuoi ultimi momenti”. Io replicai: “Quanto sei sconsiderato! Dovresti sorridere per una gioia così grande. Come è possibile mancare alla propria parola?”. Avevo appena pronunciato queste parole che una sfera brillante quanto la luna, proveniente da Enoshima, attraversò il cielo da sud-est a nord-ovest. L’alba non era ancora spuntata e faceva troppo buio per potersi vedere in faccia, ma l’oggetto brillante illuminò tutti chiaramente come la vivida luce lunare. Il boia cadde con la faccia a terra, gli occhi accecati. I soldati erano terrorizzati e presi dal panico» (Il comportamento del Budda, SND, 4, 48).
Nove giorni dopo questi eventi Nichiren, detenuto in attesa di essere esiliato, spiega a Shijo Kingo il significato dell’esperienza che hanno condiviso: «Quanti sono i luoghi in cui sono morto nelle passate esistenze per mia moglie, i miei figli, le mie proprietà, i miei compagni! Ho dato la mia vita su monti, mari e fiumi, su spiagge e per le strade, ma non una sola volta sono morto per il Sutra del Loto e ho subito persecuzioni per il Daimoku. Perciò nessuna delle morti che ho incontrato mi ha permesso di raggiungere l’Illuminazione. Poiché non ho ottenuto la Buddità, i mari e i fiumi dove sono morto non sono la terra del Budda. […] Di tutti i luoghi di questo mondo è a Tatsunokuchi, a Katase nella provincia di Sagami dove risiede la vita di Nichiren. Poiché là egli dette la sua vita per il Sutra del Loto, Tatsunokuchi può ben essere chiamata la terra del Budda. […] Tu hai accompagnato Nichiren giurando di fare harakiri come devoto del Sutra del Loto. […] Quando raggiungerò il Picco dell’Aquila riferirò per prima cosa in che modo Shijo Kingo, come Nichiren, decise di morire per il Sutra del Loto. Ho saputo per vie segrete che dovrò essere esiliato a Sado per ordine del reggente Hojo. Delle tre divinità celesti, già il dio della luna mi salvò la vita apparendo sotto forma di un oggetto luminoso, e il dio delle stelle scese a incontrarmi. Ora solo il dio del sole manca ed è certo che lui mi proteggerà. Come è rassicurante! Il capitolo Hosshi afferma: “[Il Budda] manderà le divinità sotto vari aspetti per proteggere il devoto del Sutra del Loto”. Questo brano non lascia adito a dubbi. Nel capitolo Anrakugyo si legge: “Né spade né bastoni lo feriranno”. Il capitolo Fumon afferma: “La spada si frantumerà istantaneamente”. Non c’è nulla di falso in queste citazioni. La cosa più importante è una fede forte e incrollabile» (La persecuzione di Tatsunokuchi, SND, 4,135-137).
Il Daishonin, prima di partire per Sado, si preoccupa di dare a Shijo Kingo gli elementi necessari per comprendere quanto è avvenuto dal punto di vista della fede. Infatti mentre erano insieme sulla spiaggia in attesa dell’esecuzione, la loro consapevolezza di quanto andava accadendo era completamente diversa. Shijo Kingo era disposto a togliersi la vita pur di seguire Nichiren Daishonin, come usavano fare i samurai per il proprio signore. Tuttavia attraverso le lacrime e le parole che rivolge a Nichiren manifesta un grande dolore, pienamente giustificato dalla drammaticità dell’evento.
Il Daishonin invece è lucido e sereno, addirittura lo redarguisce perché dovrebbe “sorridere per una gioia così grande”. La gioia è quella di offrire la vita per il Sutra del Loto essendone consapevoli. Nichiren partecipa all’avvenimento più drammatico della sua vita come uno studioso che verifichi personalmente, con il suo stesso corpo, le teorie che ritiene esatte. Ciò che accade è ai suoi occhi la puntuale conferma di ogni parola del Sutra del Loto. La verifica estrema della veridicità del Sutra del Loto cui si è sottoposto, gli permette allora di fare un salto di qualità nella propagazione di Myoho-renge-kyo. Ogni avvenimento della sua vita da quando ha proclamato Myoho-renge-kyo è infatti precisamente descritto nel Sutra del Loto, allora, offrendo la propria vita per il sutra, Nichiren comprende di essere il Budda dell’Ultimo giorno della Legge. A Tatsunokuchi il Daishonin dimostra che le parole del sutra sono la sua chiave di lettura della realtà, la bussola che orienta il corso della sua vita. E così rassicura Shijo Kingo anche in relazione al futuro esilio attraverso tre citazioni diverse che affermano che il devoto del Sutra del Loto sarà protetto. Le due frasi che concludono la lettera sono esplicite: «Non c’è nulla di falso in queste citazioni. La cosa più importante è una fede forte e incrollabile». Qui Nichiren sta incoraggiando Shijo Kingo a sviluppare la sua stessa fede, la convinzione cioè che il Sutra del Loto sia assolutamente, precisamente e puntualmente la descrizione della realtà della vita. Lo conferma poi da Sado in un brano del trattato L’apertura degli occhi, destinato a tutti i suoi discepoli e affidato a Shijo Kingo: «Nel dodicesimo giorno del nono mese dello scorso anno, tra le ore del topo e del bue (dalle ventitré alle tre del mattino) questa persona chiamata Nichiren fu decapitata. La sua anima è arrivata in quest’isola di Sado e nel secondo mese dell’anno seguente, in mezzo alla neve, scrive per i suoi discepoli ai quali è particolarmente legato. Ciò che dice sembra terribile, ma non c’è da spaventarsi. Coloro che mi osservano rimarranno stupefatti, ma questo trattato non è che lo specchio fedele delle predizioni di Shakyamuni, di Taho e dei Budda delle dieci direzioni sul Giappone futuro, il Giappone di oggi. Questo può anche essere considerato il mio legato» (SND, 1, 172). Che è come dire: «Mi riconosco l’erede e il continuatore della tradizione che nasce con Shakyamuni avendo verificato l’assoluta veridicità di ogni affermazione contenuta nel Sutra del Loto circa il Giappone di oggi». Nichiren ha quindi maturato una piena consapevolezza del suo ruolo e della sua missione, e lo afferma a chiare lettere nello stesso trattato: «Sia che venga tentato dal bene o venga minacciato dal male, chi abbandona il Sutra del Loto si condanna all’inferno. Qui io faccio un grande voto. Anche se mi offrissero il governo del Giappone a patto che abbandoni il Sutra del Loto e aderisca al sutra Kammuryoju per rinascere nel paradiso d’occidente, anche se minacciassero di decapitare mio padre e mia madre se non recito il Nembutsu, qualunque disgrazia possa capitarmi, a meno che uomini saggi non provino che i miei insegnamenti sono falsi io non accetterò mai le pratiche delle altre sette! Tutti gli altri problemi per me non sono più che polvere al vento. Io sarò il pilastro del Giappone. Io sarò gli occhi del Giappone. Io sarò il grande vascello del Giappone. Questo è il mio voto, e non lo romperò mai!» (Ibidem, 195).
A seguito di questa consapevolezza diventa cruciale per Nichiren aprire nuovi orizzonti ai suoi discepoli, formare persone che possano elaborare una decisione altrettanto salda e ferma. Il Daishonin comprende che i suoi discepoli sono ora esposti a una duplice pressione: da una parte sono portati a dubitare della validità del suo insegnamento perché ritengono che l’esilio sia la prova della mancata protezione da parte degli shoten zenjin (le funzioni protettrici della vita e del suo ambiente), dall’altra la loro fedeltà alle dottrine di Nichiren comincia ad avere conseguenze pesanti sul piano sociale.
Se l’esilio a Sado fosse dovuto alla mancata protezione degli shoten zenjin, Nichiren non sarebbe il devoto del Sutra del Loto. Non si tratta di disquisizioni dottrinali e astratte, bensì della sua stessa sopravvivenza, come dichiara esplicitamente in questo brano: «E tuttavia la gente dubita di me e anch’io dubito di me stesso. Perché gli dèi non mi assistono? Le varie autorità guardiane del cielo giurarono di fronte al Budda. Anche se il devoto del Sutra del Loto fosse una scimmia invece che un uomo, se egli annunciasse di essere il devoto del Sutra del Loto, gli dèi dovrebbero accorrere per mantenere il giuramento fatto di fronte al Budda. Il fatto che non lo facciano significa, forse, che io non sono il devoto del Sutra del Loto? Questo dubbio è il punto essenziale di questo mio scritto. E poiché è d’importanza capitale per la mia vita, lo solleverò più volte e lo approfondirò, prima di provare a rispondervi» (Ibidem, 117).
Inoltre, confermare il suo ruolo alla luce del Sutra del Loto, è di “capitale importanza” non solo per la sua stessa vita, ma per l’incolumità dei suoi discepoli, esposti per la prima volta a comportamenti repressivi da parte delle autorità.
«Sono già passati più di venti anni da quando cominciai a proclamare le mie dottrine. Giorno dopo giorno, mese dopo mese, anno dopo anno ho subito ripetute persecuzioni. Le persecuzioni minori sono troppo numerose per poterle enumerare, ma le persecuzioni maggiori sono quattro. Fra queste quattro, due volte ho subito persecuzioni da parte del governo. La più recente mi è quasi costata la vita. In più, i miei discepoli, i miei seguaci laici, e persino quelli che hanno soltanto ascoltato i miei insegnamenti sono stati severamente puniti e trattati come se fossero colpevoli di tradimento» (Ibidem, 109-110).
Di fronte a questo nuovo scenario, Nichiren esorta i suoi discepoli con parole severe: «Sebbene io e i miei discepoli possiamo incontrare varie difficoltà, se non nutriamo dubbi nei nostri cuori, raggiungeremo naturalmente la Buddità. Non dubitate semplicemente perché il cielo non vi protegge. Non lamentatevi perché non godete di un’esistenza facile e tranquilla in questa vita. Questo è quello che ho insegnato ai miei discepoli mattina e sera, ma tuttavia hanno cominciato a nutrire dubbi e ad abbandonare la loro fede. Gli stupidi sono soliti dimenticare le loro promesse quando viene il momento cruciale. [Davanti alle persecuzioni] alcuni provano pietà per le mogli e i figli e si addolorano al pensiero di separarsi da loro in questa vita. Dopo innumerevoli nascite attraverso molti lunghi eoni hanno avuto mogli e figli e si sono sempre separati da loro. Ma lo hanno fatto contro la loro volontà e non per desiderio di seguire la via del Budda. Dato che si dovranno ugualmente dividere in ogni caso, dovrebbero conservare la loro fede nel Sutra del Loto e prendere la strada per il Picco dell’Aquila, in modo da portarvi anche le mogli e i figli» (Ibidem, 200-201).
Shijo Kingo aveva già dimostrato di essere disposto a separarsi dalla moglie e dalla tanto desiderata figlia per il suo maestro e dunque di essere il tipo di persona che non dimentica le promesse fatte nel momento cruciale. Forse proprio per questo Nichiren gli affida, per diffonderlo fra tutti i discepoli, L’apertura degli occhi, considerando che poteva essere l’ultimo trattato della sua vita, il suo testamento spirituale.
(continua)

I Gosho:
La persecuzione di Tatsunokuchi (SND, 4, 135-137) il ventunesimo giorno del nono mese dell’ottavo anno di Bun’ei (1271);
L’apertura degli occhi (SND, 1, 65-209) il secondo mese del nono anno di Bun’ei (1272);

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