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Ogni persona è un Budda - DEV - Il Nuovo Rinascimento
Istituto Buddista Italiano Soka Gakkai

Buddismo per la pace, la cultura e l’educazione

6 dicembre 2025 Ore 15:58

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Ogni persona è un Budda

Due giorni di discussione e d’incoraggiamento per i membri della Sicilia orientale sul tema del rispetto per gli altri

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Due giorni di discussione e d’incoraggiamento per i membri della Sicilia orientale sul tema del rispetto per gli altri

Un’atmosfera calorosa ha accolto la visita di Tamotsu Nakajima nella Sicilia orientale il 16 e 17 settembre. Con il direttore generale dell’Istituto Buddista Italiano anche Francesco Geracitano, vicedirettore generale, e Anna Conti, viceresponsabile nazionale della Divisione donne. L’incontro del primo giorno, a cui hanno partecipato i membri di Caltagirone, Comiso, Ragusa, Pozzallo, Scicli e Vittoria, è stato ospitato nella casa di campagna di una rappresentante della Divisione donne di Modica (Ragusa) nei pressi di una cava preistorica. Ampia ed eterogenea la discussione, durante la quale si è approfondito il concetto di “rispettare gli altri”, che si rende manifesto attraverso l’azione di shakubuku e il proprio comportamento. Ne è un esempio la figura del Bodhisattva Mai Sprezzante che si inchina di fronte a ogni persona considerandola a tutti gli effetti un Budda. Rispettare e credere che la natura di Budda è presente in ogni persona è già di per sé shakubuku. Argomento che, insieme all’importanza dello studio e all’atteggiamento dei responsabili, è stato al centro dell’incontro del giorno successivo, tenutosi ad Acireale, in presenza dei numerosi membri delle province di Catania, Siracusa e Messina.
Qui si è ribadito che la chiave per vincere, per manifestare ogni momento la Buddità, è tornare allo spirito originario di Nichiren Daishonin. «Lo scopo della vita di Nichiren è stato quello di iscrivere il Gohonzon – ha spiegato Tamotsu Nakajima – esprimendo il voto di rendere felice ogni singola persona. Nel Gosho, Nichiren fa spesso riferimento al recitare Daimoku e all’importanza dello shakubuku, che è un’azione tutt’altro che semplice. In Italia si può recitare Daimoku, a differenza di alcuni altri paesi. In tal senso, va sviluppata una grande gratitudine per la fortuna di aver incontrato questo Buddismo». La domanda da porsi è se si è buddisti o meno. Se si è deciso per il “sì” bisogna fare la propria rivoluzione umana, creando – attraverso il Daimoku – una relazione diretta con il Gohonzon. Non si tratta tanto di “capire” quanto di sperimentare. L’unica cosa da capire davvero è l’importanza di aiutare gli altri, affinché ciascuno manifesti tutti i propri pregi. Solo così è possibile realizzare kosen-rufu. A proposito dell’importanza di valorizzare le qualità di ogni persona si è toccato anche l’argomento della differenza fra uomini e donne, ricordando il consiglio che sensei ribadisce ai responsabili maschi: imparare ad apprezzare sempre di più il contributo delle donne nell’attività buddista e ascoltare con attenzione e rispetto la loro opinione. I responsabili dovrebbero, inoltre, sforzarsi al massimo per sviluppare compassione, servendosi delle pubblicazioni per preparare al meglio le riunioni e nutrendo gratitudine per ogni cosa e persona. La riunione di discussione serve per scambiarsi esperienze e fare shakubuku. Il modo di organizzarla è libero, importante è lo scopo: incontrarsi e dialogare insieme. «Per Makiguchi – ha continuato Nakajima – il beneficio o la retribuzione dipendono da come ciascuno percepisce la propria vita. Poiché in ogni momento la vita cambia e ciascuno di noi vive situazioni via via sempre diverse, dipende da noi decidere di trovare la bellezza in ogni situazione, creando valore, usando questo Buddismo per la nostra felicità e per quella degli altri e vincendo l’oscurità. L’importante è fare Gongyo e Daimoku mattina e sera, riflettere sul nostro atteggiamento, migliorarlo sempre e coltivare la saggezza».
Durante l’incontro al direttore generale è stata rivolta una domanda sulla necessità di avere fisicamente il Gohonzon per ottenere l’Illuminazione, in riferimento all’esperienza del presidente Toda, in carcere senza Gohonzon. «Senza la materializzazione della Legge non si può ottenere l’Illuminazione – ha risposto. Il Gohonzon è l’oggetto di culto che serve per manifestare la Buddità insita nella nostra vita e Toda, prima di essere recluso, aveva già avuto occasione di vedere il Gohonzon. Il problema di tutti è come essere felici e l’Illuminazione non è un processo meccanico. La relazione con il Gohonzon è spirituale, non solo fisica, e per ottenere benefici bisogna decidere di realizzare il voto di Nichiren Daishonin».

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Coro a sette voci

di Maurizio Di Benedetto

Settembre 2006, rieccomi in Giappone. Il mio lavoro di corista d’opera mi aveva già portato nei teatri di Tokyo e Yokohama nel ’96 e nel 2001. In entrambe le occasioni ne avevo approfittato per fare attività con i membri giapponesi presso la sede centrale della Soka Gakkai, situata nel quartiere di Shinanomachi.
Al tempo della prima tournèe nella compagine artistica la sola altra praticante buddista era Fabiana, violoncellista dell’orchestra, ma già durante la trasferta successiva a noi due si era aggiunto il suo fidanzato Alberto, violino di fila. Questa volta la crescita del nostro gruppo si è rivelata più consistente, infatti siamo ben sette: sei membri con Gohonzon e un simpatizzante. Al nucleo originario si sono aggiunti quattro artisti del coro: Barbara, Erika, Fabrizio e Antonio.
Al Centro Toda, che fra le altre cose provvede anche all’accoglienza dei membri stranieri, abbiamo conosciuto fin dal primo giorno moltissimi giovani con cui si è creato un clima di grande armonia. Questi ragazzi giapponesi, per lo più studenti dell’Università Soka, ci hanno letteralmente travolto con il loro affetto e la loro simpatia. Alcuni in particolare venivano a prenderci dopo gli spettacoli per portarci a cena o a incontri e manifestazioni. Uno di loro, Masa, è arrivato addirittura fino a Yokohama, dove eseguivamo la Turandot, per accompagnarci a un meeting a Tokyo, una distanza paragonabile a quella tra Firenze e Viareggio!
Rientrati in Italia, Barbara mi ha scritto: «Quest’ anno per la prima volta sono tornata in Giappone da praticante buddista e ho provato una sensazione particolare: quella di essere a casa. Mi sono sentita totalmente accolta. La disponibilità, l’offerta del tempo da parte dei membri giapponesi sono state commoventi. Porterò sempre con me la freschezza e l’emozione del canto con cui ci hanno salutato gli amici dell’università Soka: di questo li ringrazio di cuore».

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Donne pugliesi: a ritmo con il presidente Ikeda

di Velleda Budassi

«Gongyo mattina è la partenza di una giornata vittoriosa. Determina la vittoria di tutto il giorno». Inizia idealmente da queste parole di Asa Nakajima la visita di sette responsabili nazionali della Divisione donne e giovani donne nel territorio Puglia. L’attività è iniziata sabato mattina, 23 settembre, a Bari, con i consigli personali nel piccolo Centro culturale del capoluogo pugliese. In riferimento ai problemi che nell’attività buddista, come nella vita, rappresentano l’occasione per crescere, Anna Conti ha spiegato che «i membri della Soka Gakkai sono come il corpo umano. Se qualcosa non funziona gli altri organi si danno da fare per ovviare alla mancanza».
Durante un primo incontro si è parlato dell’importanza di collaborare per portare avanti il movimento di kosen-rufu in Puglia, in Italia, in Europa e nel mondo intero, a ritmo con le attività del presidente Ikeda. Nel pomeriggio di sabato, dedicato alle responsabili di gruppo e settore delle due Divisioni, le responsabili nazionali hanno risposto alle domande delle partecipanti. «Nichiren ha lasciato il Gohonzon in eredità a tutta l’umanità – ha detto Fausta Cianti rispondendo a una domanda – ogni essere umano ha la Buddità. È necessario quindi trasmettere agli altri la speranza che ogni persona, pur con le sue debolezze, può diventare felice. Non bisogna scoraggiarsi di fronte alla sofferenza propria e altrui: è sempre il caso di parlare di Buddismo agli altri. Dove l’ambiente è più degradato occorre tirar fuori con maggiore determinazione il coraggio di cambiare le situazioni in base al principio della non dualità fra vita e ambiente (esho funi)».
Sempre in risposta a una domanda, Marta Bonomo ha parlato della riunione di discussione definendola un appuntamento decisivo. «La responsabilità di gruppo – ha detto – è un grande onore. Prepariamoci bene, usando la nostra creatività, l’entusiasmo che nasce dal cuore e che ci permetterà di trasformare qualsiasi situazione a vantaggio della buona riuscita della riunione». Maki Okano, in proposito, ha aggiunto che la riunione di discussione è il risultato finale di tutta la nostra attività. «Dietro al successo di una riunione c’è tanto lavoro, tanto Daimoku, parole di incoraggiamento e tanto desiderio di felicità per i membri».
In serata le responsabili nazionali sono partite, una parte per il nord, e l’altra per il sud della Puglia. Domenica, gli incontri si sono quindi tenuti a Brindisi per quanto riguarda le donne del Centro Salento (oltre cento partecipanti presso l’auditorium della biblioteca provinciale) e a Manfredonia per le rappresentanti del Centro Foggia (nella palestra di danza sudamericana di una responsabile di gruppo). Molte domande, un dialogo sincero e informale, la condivisione delle esperienze, hanno fatto di questi incontri un’ulteriore occasione per approfondire la fede e i legami di amicizia.

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Mi regalo un corso

Le testimonianze di otto giovani che hanno partecipato al corso keibi che si è tenuto dal 24 al 30 luglio presso il Centro culturale di Firenze.

di Manola Fiorini

«Quando ho avuto bisogno di un punto di riferimento stabile per stare vicino al Gohonzon, il Centro c’era sempre. E c’era sempre anche una persona sorridente a ricevermi. E pensavo: “Ma questa gente è sempre disponibile, e lo fa per puro spirito di offerta!”. È così che ho affrontato questi sette giorni», dice Luca di Terno D’isola (BG).
«Questo corso è un dono che mi faccio – racconta Ketty da Messina – una profonda occasione per fare chiarezza dentro di me. Voglio essere protagonista della mia vita».
Sempre dalla Sicilia, Viola, di Modica: «È stata una gran bella occasione per allenarsi a proteggere in ogni istante la vita, tua e degli altri. All’inizio ho incontrato delle resistenze interiori, come il pregiudizio e l’intolleranza delle differenze, che poi si sono risolte in splendide esperienze, basate sul confronto continuo».
Alice di Lonato (BS): «Sto soffrendo a causa di tendenze karmiche molto pesanti. Durante questa attività, si percepisce la Buddità di ogni persona e nasce il forte desiderio di proteggerla e renderla felice».
Lisa, di Treviso, ha deciso di partecipare per mettere in moto un profondo e radicale cambiamento nella sua vita: «All’inizio le paure mi spingevano a chiudermi, anche se non mancavo di mettermi alla prova. Ma ritornando davanti al Gohonzon riusciamo a guardare i “nostri demoni” in faccia e a riconoscerli per quello che sono».
Elisa di Varallo P. (NO): «Ho scelto di fare questa attività per vincere su una sofferenza che mi trascino da tempo. A un certo punto mi sono trovata nella sala a recitare Daimoku in lacrime, ma volevo sostenere ugualmente gli altri; allora, davanti al Gohonzon, ho sentito che se la sofferenza era tutto quello che avevo, l’avrei usata per gli altri e ho provato un grande senso di libertà».
E da Cristina, di Siracusa, viene una determinazione e un augurio: «Desidero offrire questa esperienza affinché il gruppo di protezione della mia città cresca e si fortifichi. Spero che un giorno non molto lontano anche in Sicilia ci sia un Centro culturale e chiunque possa essere sostenuto dal Daimoku delle byakuren e dei soka-han».
«L’attività byakuren – racconta Claudia di Padova – è un allenamento straordinario che ci permette di essere al posto giusto al momento giusto! È aprire la tua vita agli altri e, soprattutto, andare fino in fondo e vincere, incoraggiare le persone anche quando siamo noi a stare male. Questa è una fantastica opportunità».

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Una giovane nonna

Maura nel mese di giugno ha ricevuto il Gohonzon. Ha iniziato a praticare nel dicembre 2005, anche se i figli le hanno parlato per la prima volta del Buddismo quasi vent’anni fa. Come dice la figlia, Cristina: «Con lei è stata tosta!». Maura ha ottant’anni, ci accoglie con un grande sorriso e ci mostra la sua camera, che i familiari chiamano “la stanza di Barbie”, vivace, con centrini decorati, fiori, quadri e foto disposte con cura meticolosa.
Stefano e Cristina, i figli, hanno provato in tutti i modi a convincere Maura a iniziare a recitare Nam-myo-ho-renge-kyo. Dice Cristina: «In questi anni io e mio fratello abbiamo cercato di sopperire a tutte le sue richieste, cercando di farla contenta, ma era uno star bene momentaneo. Alla fine, visto che si cadeva in polemica, si decise di non parlarle più del Buddismo. A un certo punto però pensai: “Come posso fare in modo che lei sia felice? Reciterò perchè trovi lo strumento per essere felice”. Allora la situazione si è sbloccata: lo strumento era il Gohonzon». Alla domanda su come ha preso la decisione di praticare Maura risponde: «Prima di Natale, mi è venuta una specie di illuminazione, diciamo. Quest’anno, dopo tanti anni, ho detto “voglio recitare”. E così ho cominciato. Sono contenta di avere il Gohonzon. Sono contenta di andare anche una volta ogni tanto al kaikan, c’ho anche il cartellino…».
La sua decisione è stata la concretizzazione di uno spirito di ricerca che lei per prima ha trasmesso alla sua famiglia. Dice Stefano: «Siccome quando io iniziai era molto polemica nei confronti della pratica buddista e avevo letto che chi recita, spiega e trascrive il Sutra del Loto riceve immensi benefici, mi sono messo a scrivere su un quaderno la pronuncia italiana di Gongyo, prima ancora che stampassero i libretti in italiano. Poi le donai questo quaderno. Lei lo prese, lo guardò, lo mise da una parte e non l’ha più guardato». Maura, però, ci tiene a precisare che non è andata così, perchè lei qualche volta se lo ritrovava in mano quel libretto “fatto a mano”, anche se rimandava sempre a un momento successivo la decisione di iniziare a leggerlo.
Riprende Stefano: «Lei aveva spirito di ricerca. Questa è la cosa importante. Aveva desiderio di conoscere, di imparare, di studiare… È grazie allo spirito di ricerca che mi hanno trasmesso i miei genitori, che le mie idee sono maturate e sono diventate Buddismo». Grazie allo spirito di ricerca che Maura ha trasmesso alla sua famiglia, prima i figli, poi i nipoti, hanno potuto abbracciare il Buddismo e poi ripagare il loro debito di gratitudine nei suoi confronti. Come dice Vanessa (ventidue anni), la nipote: «Di sicuro le cambierà la vita. È facile alla sua età andare giù… invece con il Gohonzon non c’è mai una porta chiusa; la porta è aperta, sempre e comunque».
A qualunque età, il valore della vita è lo stesso, così come la voglia e il diritto di essere felici e a proprio agio. Prima di lasciarci, Stefano conclude: «Questa è una famiglia giovane e lo spirito di ricerca fa parte delle persone giovani, indipendentemente dall’età». (c.i.)

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Divisione giovani

nome
Alberto

cognome
Strada

età
22

città
Milano

da quanto pratichi regolarmente
3 anni

grazie a chi
mia sorella

il tuo difetto maggiore
a volte sono pigro… molto pigro…

il tuo punto di forza
voglio cambiare profondamente la società che mi circonda!

il tuo shakubuku più originale/più difficile
diciamo che tutti i miei shakubuku sono molto, molto originali

l’azione più coraggiosa nella fede
credere fino in fondo, in ciò che voglio realizzare

quando alla tua famiglia hai detto che sei diventato buddista, come hanno reagito?
nulla! Mia sorella lo era già! Ho la fortuna di avere due genitori meravigliosi che mi sostengono sempre, anche in questo

e quando hai detto che sei diventato responsabile nazionale dei giovani?
forse sì, si sono un po’ preoccupati, ma mi lasciano fare

i tuoi amici sanno che sei buddista?
sì, lo sanno bene… spesso gliene parlo

nella tua famiglia praticano altre religioni?
no, i miei sono atei

hai amici fra i compagni di fede?
sì, tantissimi a cui sono molto legato! Spero comunque che aumentino ancora

il giorno che hai deciso di praticare per sempre
non so ma voglio andare fino in fondo, se mi vedete tentennare, ricordatemi questa mia decisione

che tipo di attività preferisci?
non so, mi sono abituato a fare quello di cui c’è più bisogno

riesci a dire grazie?
sì, anche se a volte, faccio un po’ fatica, ma è questione di stato vitale

ti arrabbi spesso?
no, sono abbastanza tranquillo

il tuo Gosho preferito
Gli otto venti e Felicità in questo mondo ma i Gosho sono sempre tutti meravigliosi

cosa non sopporti negli adulti
non mi viene nulla in mente

la caratteristica più simpatica degli adulti
hanno tanta esperienza che gli possiamo rubare

tra la partita della tua squadra del cuore e un meeting, che cosa scegli?
non mi piace il calcio quindi la seconda

essere vice responsabile nazionale del Gruppo Leonardo ha cambiato qualcosa nel tuo modo di vivere la pratica buddista?
sì, sento di avere una serietà maggiore, ma ho ancora tantissime cose da fare, vi racconterò

e nella tua quotidianità?
riflettere di più sull’atteggiamento con cui sto praticando

in una frase esprimi il sogno che vorresti realizzare?
non essere mai sconfitti

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Un ragazzo di cent’anni

Saburo Shochi, pioniere dell’educazione dei bambini diversamente abili, in visita al Centro culturale italiano di Firenze.

di Carmen Innocenti

Tappa italiana, il 29 settembre al Centro culturale di Firenze, per il professor Saburo Shochi, amico personale del presidente Ikeda, al suo terzo tour mondiale per promuovere il programma educativo da lui ideato ormai più di cinquanta anni fa per lo sviluppo intellettivo ed emotivo dei bambini disabili. Il professor Shochi, simpatizzante della Soka Gakkai, ha appena compiuto cento anni ed è educatore da ottantacinque. La sua vita rappresenta perfettamente il concetto buddista di “trasformare il veleno in medicina”. Due dei suoi tre figli hanno sviluppato un handicap a causa di una forte febbre nei primi mesi di vita. Da allora lui si è dedicato all’educazione dei bambini disabili gravi. Un pioniere in questo campo: nel 1952 ha costruito in Giappone la prima scuola per bambini handicappati, basata sul gioco come mezzo di comunicazione e di espressione dell’intelletto e dell’emotività dei bambini.
Oggi, a fronte di novecento scuole per disabili in tutto il Paese, il suo è l’unico metodo educativo che ha messo in grado alcune di queste persone di accedere all’università. Secondo il professore, il gioco deve essere costruito utilizzando materiali d’uso quotidiano, come per esempio i cartoni del latte usati, in una continua interazione fra madre e figlio. Il bambino, osservando la madre che “costruisce” il giocattolo, acquisisce il senso di gratitudine per la vita, il valore delle cose, oltre alla saggezza e all’intelligenza emotiva. Questo vale per tutti i bambini, disabili o meno. Come spesso succede, le teorie più semplici sono anche le più efficaci. Per il professor Shochi “quando si muove il corpo, si muove anche il cuore”. Semplice è anche il concetto di gioco attraverso il riciclaggio, non nuovo nel panorama educativo. Il suo messaggio, oltre a essere semplice, è anche universale: ogni bambino, in qualsiasi parte del mondo, può giocare in questo modo. È incredibile la forza e lo spirito di questo “giovane centenario”, che raccomanda ai genitori di non abbattersi mai e di nutrire sempre la speranza che i propri figli possano crescere e migliorare, così come ha fatto lui, reagendo a una situazione di grossa sofferenza familiare e personale.
Durante l’incontro, nell’anfiteatro del Centro, l’anziano professore, accompagnato dalla voce melodiosa della sua assistente, ha letteralmente incantato i presenti con la sua danza del samurai, esprimendo al di là di ogni altra parola la sua determinazione incrollabile e la “salute del cuore” che lo caratterizza. Uno dei segreti di eterna giovinezza è, secondo lui, l’apprendimento delle lingue straniere: a venti anni ha imparato il tedesco e l’inglese, poi il russo; a sessantatré si è avvicinato al coreano e a novantacinque al cinese. «Quando mi chiedono l’autografo – dice – scrivo sempre “cento anni-avanzare”, penso sempre ad avanzare senza voltarmi indietro».
La sua energia e il suo entusiasmo sono contagiosi, sia per i giovani, spesso troppo egocentrici e di conseguenza depressi per essere vitali, sia per le persone di una certa età, che sentono di non poter o dover più chiedere niente alla vita e a se stessi. La sua amicizia con il presidente Ikeda lo ha avvicinato, recentemente, alla filosofia e alla pratica buddista. Possiamo così esser sicuri di poter contare su un nuovo ambasciatore di pace, cultura ed educazione nel mondo.

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Rivali nello sport, compagni nella fede

Staffetta, tiro alla fune e calcio. Non è stata solo la sfida nella fede alla base del corso nazionale giovani uomini della SGI del Regno Unito, che si è tenuto ai primi di settembre alla Teikyo School di Slough. Esperienze, sessioni di studio, incoraggiamenti personali – ma anche appunto momenti dedicati allo sport o al divertimento – hanno caratterizzato il weekend, al quale hanno partecipato oltre trecento giovani inglesi. A dar loro man forte anche alcuni ospiti provenienti dalla Norvegia e dall’Italia. Non che ce ne fosse particolarmente bisogno, visto che i nostri connazionali costituiscono già un nutrito gruppo: più del dieci per cento dei partecipanti era infatti costituito da italiani residenti oltremanica.

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