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Cancellare le colpe denunciando le offese alla legge - DEV - Il Nuovo Rinascimento
Istituto Buddista Italiano Soka Gakkai

Buddismo per la pace, la cultura e l’educazione

6 dicembre 2025 Ore 14:45

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Cancellare le colpe denunciando le offese alla legge

Elena Moretta

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«Sto pregando intensamente come se dovessi accendere il fuoco con la legna bagnata o estrarre l’acqua dal deserto, affinché, nonostante questa sia un’epoca di disordini, il Sutra del Loto e le Jurasetsu proteggano ciascuno di voi»

tratto da Gli scritti di Nichiren Daishonin, vol. 7, pag. 172

In questo brano…

Questo Gosho fu scritto da Nichiren nel 1273, durante il suo esilio nell’isola di Sado. È indirizzato a Shijo Kingo, il discepolo che lo seguì a Tatsunokuchi dove egli doveva essere decapitato e che sarebbe rimasto al fianco del maestro per tutta la vita.
La condanna all’esilio a Sado, seguita al fallimento dell’esecuzione di Nichiren (per la caduta di un meteorite che aveva terrorizzato e messo in fuga i suoi aguzzini), era una delle più dure che potessero essere inflitte in quell’epoca. Equivaleva a una sentenza di morte, poiché l’isola di Sado era difficile da raggiungere e vi erano condizioni di vita talmente dure che raramente gli esiliati tornavano vivi.
Nonostante ciò, Nichiren scrive di essere felice, perché è in esilio a causa della sua devozione al Sutra del Loto, e perché in tal modo ha l’opportunità di cancellare le colpe del passato continuando a denunciare gli errori dottrinali delle sette a lui contemporanee. Nichiren rappresenta il Budda e il comune mortale allo stesso tempo. Come ogni essere umano, egli si scontra con le difficoltà che emergono a causa delle offese alla Legge commesse durante le proprie vite. Ma, risvegliando dentro di sè la Buddità, egli riesce a essere felice anche nella sofferenza più cupa, sapendo di poter contribuire alla diffusione del Buddismo e incoraggiare con il suo esempio molte persone.
Nichiren non indietreggia rispetto alle proprie convinzioni, nonostante le persecuzioni subite, e persevera nella sua opera di ammonimento rispetto alla società che lo circonda.
La frase di questo Gosho che riportiamo è posta a conclusione della lettera. Nichiren esprime gratitudine verso Shijo Kingo e la moglie per le loro continue e sincere offerte. La frase «Sto pregando intensamente come se dovessi accendere il fuoco con legna bagnata o estrarre l’acqua dal deserto» è espressione del suo immenso desiderio che i suoi discepoli possano essere felici e superare le proprie sofferenze.
Poi Nichiren rammenta la protezione del Sutra del Loto e delle Jurasetsu. Lungi dal considerarle come entità esterne o divinità cui “raccomandarsi”, esse rappresentano le funzioni positive della Legge mistica. In sostanza, per il principio di non dualità di individuo e ambiente (esho funi), una pratica buddista corretta porta a sperimentare che in noi stessi è celato l’immenso potere di trasformare la nostra vita, e quando questo potere, attraverso l’azione, viene attivato, allora anche l’ambiente si modifica di conseguenza. E le funzioni protettive della vita, così come le funzioni negative (le Jurasetsu sono figlie di un demone, anche se hanno promesso di proteggere il devoto del Sutra del Loto) divengono alleate della nostra rivoluzione umana.
Ma com’è possibile arrivare a questo? È necessario pregare come se cercassimo di accendere un fuoco con della legna bagnata o come se dovessimo estrarre l’acqua dal deserto, ovvero non considerando le condizioni obiettive della situazione che viviamo, ma affidandoci esclusivamente alla nostra natura di Budda, per la quale niente è impossibile. Allora, la protezione dell’ambiente sarà un effetto del risveglio della nostra natura illuminata, una conquista e non soltanto una fortuna o un regalo della vita.

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Dal virtuale al reale

Ho iniziato a praticare nel 1988, ma non ho potuto ricevere il Gohonzon fino al ’92 a causa dei problemi con la setta Nikken, quindi, in tutto quel lungo periodo, andavo sempre a recitare Gongyo e Daimoku a casa di qualcuno. Quando finalmente ho ricevuto il Gohonzon mi sono accorta che non ero capace di recitare da sola. Così, sin dall’inizio, ho sempre lottato cercando di costruire un rapporto personale con il mio Gohonzon. Mi sono accorta che recitavo un Daimoku autoimposto, forzato, sapevo che mi sarebbe servito ma, spesso, non avevo il desiderio spontaneo di mettermi lì davanti.
Questa frase di Gosho mi ha sempre colpita e incoraggiata, perché ho sempre desiderato riuscire a trovare un atteggiamento così forte e intenso nella preghiera… desiderare di recitare Daimoku. Comunque grazie alla perseveranza nella pratica e a un’intensa attività buddista ho trasformato molti aspetti della mia vita ricevendo benefici in tutti i campi, nei sentimenti, nel lavoro e soprattutto trasformando il mio carattere.
Sono sposata da dieci anni e non riusciamo ad avere figli così, dopo tanto recitare, a giugno del 2005 io e mio marito abbiamo deciso di adottare un bambino. Abbiamo iniziato una lunga trafila, il mio desiderio di diventare mamma era molto forte. Da subito ho recitato Daimoku per proteggere questo mio bambino ovunque fosse.
Con profonda arroganza avevo già stabilito la mia vita: uno o due bambini. Tutto organizzato, lavoro, ragazza alla pari, ricerca nido o asilo, libri, corsi… ero una mamma virtuale perfetta.
Il 16 marzo, come da obiettivo, abbiamo ricevuto il decreto di idoneità, che a tutti gli effetti attesta la nostra disponibilità a diventare genitori. Con il decreto è iniziato un periodo di grande sofferenza e di grande inquietudine; mi dicevo: «Non è nulla, è normale, è solo la paura, ora che arriva il bambino… ecco ora che arriva il bambino… aiuto!». La mia vita tutta programmata e perfetta mi spaventava, forse non era quello che volevo, forse ho sbagliato tutto. Non sono più riuscita a recitare un solo Daimoku per la mia adozione, per un ipotetico bambino e per il mio futuro, non riuscivo che a vedere il presente, e questo presente mi inquietava. Volevo solo non pensarci, inglobare il tutto in un buco nero e farlo sparire.
Di colpo tutta la mia insicurezza e la mia emotività, che pensavo di aver archiviato nella cartellina della cose trasformate, si ripresentavano violentemente e la mia tendenza all’insoddisfazione emergeva da ogni parte. Il mio mondo, il mio futuro si sono sgretolati. La donna più organizzata del mondo non sapeva più dove voleva andare, e tanto meno voleva pensarci.
Però proprio in quei giorni è emersa una grande gratitudine per la Soka Gakkai, per i miei compagni di fede e amici, per la possibilità di recitare in un periodo in cui l’unica cosa che vedevo era una grande confusione. Per la prima volta ho sperimentato questa frase del Gosho con la mia stessa vita, avevo davvero voglia di recitare Daimoku, in ogni momento. Incessantemente. Contavo le ore che mi separavano dal Gohonzon, che gioia!
Ora non so cosa succederà, non so cosa emergerà dalla mia vita, ma dopo mesi di paralisi sono riuscita nuovamente a recitare per la mia maternità. Una cosa è certa, questo legame con il Gohonzon e con il Daimoku non è più lo stesso, è diventato molto più profondo, ed è bellissimo.
In questo periodo di confusione e dubbi nella mia vita ho comunque deciso di iniziare a ringraziare il Gohonzon “in anticipo” per i benefici che sicuramente realizzerò in futuro ed è certo che il mio Daimoku gioioso non andrà sprecato.
Il presidente Ikeda dice: «Quando recitiamo Nam-myoho-renge-kyo, il sole del mondo di Buddità sorge nel nostro cuore e l’ignoranza e le illusioni che, come spesse nubi, oscuravano questo sole vengono spazzate via. Quando il sole della Buddità comincia a brillare dentro di noi, l’oscurità dell’ignoranza svanisce».

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