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Il privilegio di offrire - DEV - Il Nuovo Rinascimento
Istituto Buddista Italiano Soka Gakkai

Buddismo per la pace, la cultura e l’educazione

6 dicembre 2025 Ore 09:28

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    Il privilegio di offrire

    Niente è scontato nel Buddismo e anche l’offerta ha un significato profondo. In questa intervista si parla anche di gestione del denaro e di altri aspetti economici in un dialogo franco che può aiutare a sciogliere molte perplessità

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    Niente è scontato nel Buddismo e anche l’offerta ha un significato profondo. In questa intervista si parla anche di gestione del denaro e di altri aspetti economici in un dialogo franco che può aiutare a sciogliere molte perplessità

    Redazione: Cosa significa il termine giapponese zaimu?

    FLAVIA ZINI: Zaimu è donare qualcosa di sé per sostenere l’Istituto. Nichiren stesso, di fatto, veniva sostenuto dalle offerte dei suoi discepoli e ne troviamo molti esempi nel Gosho. Alle origini del Buddismo, i monaci si dedicavano alla Legge e i laici li sostenevano materialmente ricevendone dei benefici. Con il passare del tempo, questo atteggiamento sincero divenne consuetudine e infine obbligo. Il Daishonin, distinguendosi da tutti gli altri monaci, non dava per scontato che i suoi discepoli gli mandassero le offerte come atto dovuto. Nel Gosho infatti ha sempre parole di gratitudine per le offerte ricevute e non manca di sottolineare che queste saranno per il discepolo fonte di benefici. Quello che noi oggi chiamiamo zaimu ha questa origine. Allora si offrivano denaro, cibo, vestiti per mantenere in vita il Daishonin, oggi l’offerta è essenzialmente in denaro e ha lo scopo di mantenere in vita e far sviluppare il movimento che propaga il suo insegnamento. Nell’etimologia della parola, zai significa “tesoro” mentre mu indica il “diritto-dovere” di sostenere l’organizzazione o la comunità a cui si appartiene.

    Redazione: Qual è il corretto spirito dell’offerta?

    FRANCESCO GERACITANO: Nichiren dà all’offerta un nuovo significato: non è finalizzata al mantenimento del monaco, ma alla propagazione del Sutra del Loto. In questo senso, considerando che il Budda, il Sutra del Loto e il comune mortale sono la stessa cosa (L’eredità della Legge fondamentale della vita, SND, 4, 222), il Daishonin può affermare che Abutsu-bo sta facendo offerte a se stesso (La torre preziosa, SND, 4, 212). Al giorno d’oggi il movimento di kosen-rufu è diffuso in tutto il mondo grazie alla Soka Gakkai. È quindi del tutto naturale considerare il sostegno a un gruppo che svolge l’opera del Budda come un’offerta al Budda stesso. Nel dopoguerra, il presidente Toda provvedeva alle necessità dell’organizzazione di tasca propria. La maggior parte dei membri della Soka Gakkai versava in condizioni economiche difficili e lui non intendeva gravare su di loro. La decisione di accettare le offerte dei membri fu molto sofferta, ma il punto di vista che prevalse, come racconta il presidente Ikeda nella Rivoluzione umana, fu permettere loro di ricevere i benefici che derivano dall’offerta. È grazie a quella scelta che noi oggi possiamo sostenere il movimento di kosen-rufu.
    Riconoscendo il grande valore del Buddismo e del movimento di kosen-rufu, naturalmente desidererò dare il mio sostegno in tutti i modi possibili. Da questo atteggiamento sincero derivano i benefici della pratica buddista. Questo sostegno è la recitazione del Daimoku, lo shakubuku, il tempo che si dedica all’attività buddista, l’offerta della casa per le riunioni, spesso della propria macchina, della propria benzina, del telefono… e il sostegno alle attività dell’Istituto tramite lo zaimu. In una parola, è l’offerta della propria vita. L’offerta come la intendiamo noi non è un semplice finanziamento, è una pratica che è sempre esistita nel Buddismo fin dalle origini e il suo spirito è chiarito molto bene da una storia che racconta Nagarjuna nel Daichido ron: nell’Ultimo giorno della Legge del Budda Sentara, Shariputra stava conducendo la pratica della donazione da sessanta eoni (ne mancavano “soltanto” quaranta per completare cento eoni) quando un brahmano gli chiede di donargli un occhio; Shariputra glielo dà, ma questo lo annusa e poi, disgustato, lo getta a terra e lo calpesta. La storia non ci racconta cosa accadde poi al brahmano, ma ci dice invece che Shariputra iniziò a dubitare, abbandonò la pratica e cadde nell’inferno per innumerevoli eoni.

    Redazione: Quindi è corretto fare offerte alla Soka Gakkai, ma se all’interno di questa le offerte venissero usate male, riceveremmo comunque benefici per la sincerità del nostro spirito?

    FRANCESCO: Certamente. Fino ad alcuni anni fa anche il clero della Nichiren Shoshu si sosteneva grazie alle offerte dei membri della Soka Gakkai. Dal momento che l’offerta era sincera, i membri ricevevano benefici, indipendentemente da come venivano impiegati i loro soldi. Poi c’è stata la scissione ed è stato chiaro che le loro offerte erano state male utilizzate dal clero, ma lo zaimu non ne ha risentito: i membri hanno mantenuto un sincero spirito dell’offerta e hanno continuato a sostenere la Soka Gakkai. Hanno certamente capito che i precedenti destinatari delle loro offerte non erano degni, ma questo non ha dato origine a un atteggiamento negativo nei confronti dell’offerta.

    Redazione: Significa che non dovremmo preoccuparci di come vengono usati i soldi che offriamo?

    FRANCESCO: Questo è un punto estremamente delicato. Se abbiamo di questi dubbi, significa che stiamo facendo confusione fra due piani completamente diversi: offrire fa parte della mia pratica, come poi vengano usati i soldi è un’altra questione sulla quale si può discutere. Basta mantenere separati i due piani: come praticante buddista faccio offerte disinteressate al Budda o, in questo caso, alla Soka Gakkai che ne svolge l’opera; come membro della Soka Gakkai mi preoccupo che i soldi vengano usati nel rispetto del Buddismo. È anche un modo per partecipare alla vita dell’Istituto.

    FLAVIA: Se consideriamo la Soka Gakkai un po’ come la nostra famiglia e i Centri culturali come la nostra casa, saremo portati a fare attenzione anche alle piccole cose, ai particolari: per fare un esempio, se vedo uno spreco di energia elettrica in un Centro culturale, è importante farlo presente. I Centri vivono un po’ della vita di ognuno di noi. Chi li frequenta, quindi, deve usare attenzione ricordando che ogni cosa al loro interno è il frutto di offerte sincere e che il loro scopo è la propagazione, la diffusione del Buddismo.

    FRANCESCO: Non fare zaimu perché non ci fidiamo di come vengono impiegati i soldi è un punto molto delicato e la storia di Shariputra dovrebbe farcelo capire. Il cuore del problema è renderci conto prima di tutto che l’offerta è parte integrante della pratica buddista, come recitare Daimoku e fare shakubuku eccetera. Su un piano completamente diverso c’è la vita associativa e la nostra partecipazione a essa. Su questo piano è auspicabile che ogni membro non si limiti a delegare ai responsabili qualunque scelta, ma partecipi, proponga. L’attività va portata avanti tutti insieme.

    Redazione: Come possono partecipare i membri? In molti chiedono più trasparenza, per esempio proprio per quanto riguarda l’utilizzo delle offerte, e non sempre ricevono risposte soddisfacenti.

    FLAVIA: Come membro del Comitato direttivo finanziario (CDF), sono sempre a disposizione per fornire spiegazioni, e come me gli altri componenti del Comitato direttivo finanziario. In tutto siamo sette. È importante che chi ha un ruolo, una responsabilità nell’organizzazione a qualsiasi livello si informi, chieda a chi ne sa di più. Chiunque accetti di avere un ruolo nell’Istituto, dovrebbe cercare di conoscere il più possibile quello che avviene nell’Istituto stesso e chi non sa rispondere a qualche domanda dovrebbe preoccuparsi di chiedere informazioni. I responsabili di gruppo e settore sono quelli che stanno più a contatto con i membri, è importante che su determinate questioni si sentano tranquilli anche per trasmettere tranquillità agli altri.

    FRANCESCO: In Italia, per un lungo periodo molti membri partecipavano con entusiasmo allo zaimu spinti dalla fiducia nei confronti dell’organizzazione. Un problema come quello di cui stiamo parlando era impensabile. A un certo punto, in particolare in un periodo in cui abbiamo affrontato una situazione molto difficile, abbiamo subìto una caduta verticale di fiducia nei confronti dell’Istituto. Le conseguenze si avvertono ancora oggi nella partecipazione alle riunioni, come nello zaimu, negli abbonamenti alle riviste e in tanti aspetti della vita associativa. È importante ricostruire la fiducia, ma anche ribadire che l’azione di offrire – che è parte della pratica buddista – e quella di preoccuparsi di come vengono utilizzate le offerte – che è parte della vita associativa – sono due cose completamente diverse. In questo periodo è fondamentale ricostruire le basi della fede e la fiducia tra noi compagni di fede partendo dal presupposto che il movimento di kosen-rufu in Italia lo si porta avanti tutti insieme.

    Redazione: In Italia ci sono migliaia di responsabili di gruppo, mentre voi componenti del CDF, per quanto disponibili a dare informazioni, siete soltanto in sette. Realisticamente, come si può mettere in atto la trasparenza di cui parlavate?

    FLAVIA: Anche i responsabili nazionali e i ministri di culto, facendo attività sul territorio nazionale, secondo me potrebbero svolgere lo stesso ruolo. Laddove la presenza dei membri del Comitato direttivo finanziario è stata richiesta per spiegare questi aspetti anche a platee piuttosto vaste, abbiamo sempre fatto il possibile per essere presenti e spiegare al meglio delle nostre capacità. Poi dipende anche da quanto uno è veramente interessato a conoscere. A Roma, per esempio, una persona che aveva dubbi sullo zaimu si è procurata il mio numero di telefono, mi ha chiamata, ci siamo incontrate e abbiamo parlato. Adesso questa persona è coinvolta in prima persona nell’attività dell’offerta perché ha cambiato punto di vista grazie a una sua iniziativa (un resoconto delle attività delle Giornata dell’offerta organizzate presso il Centro culturale di Roma è a pag. 19, n.d.r.).

    FRANCESCO: Io ho sottolineato l’aspetto della fede, ma dal punto di vista amministrativo è assolutamente importante essere disponibili a rispondere a qualsiasi domanda. Se i membri del CDF, insieme ad alcuni responsabili nazionali e ministri di culto, si impegnano a essere presenti dove venga richiesta la loro presenza e a loro volta i responsabili delle varie zone si preoccupano di organizzare delle occasioni di incontro, questa è un’iniziativa concreta.

    FLAVIA: Oltretutto non credo che tutti i membri desiderino partecipare a questo tipo di riunioni. Durante un corso al Centro europeo di Trets ho provato ad affrontare questo argomento, ma c’è stata una piccola insurrezione: qualcuno che aveva dubbi in proposito c’era, io lo sapevo e pensavo di poter essere d’aiuto, ma alla stragrande maggioranza dei presenti il discorso non interessava. Per questo occorrono delle occasioni specifiche alle quali possa partecipare chiunque sia davvero interessato.

    FRANCESCO: Chi ha qualche perplessità su questi argomenti deve poter chiedere di tutto e noi dobbiamo poter rispondere su tutto. Non c’è niente da nascondere. Questo è un incarico che spetta prima di tutto ai membri del CDF che possiedono tutti gli elementi tecnici necessari, per esempio per leggere e spiegare i bilanci, e ai responsabili nazionali e ministri di culto che possono spiegare le scelte che hanno fatto o che hanno intenzione di fare. Naturalmente non possiamo pensare di farlo a livello di gruppo o settore, ma a livello di zona geografica, è sicuramente praticabile.

    Redazione: Chi amministra le offerte?

    FLAVIA: Il processo avviene così: il Consiglio dei ministri di culto decide le attività da portare avanti per lo sviluppo di kosen-rufu in Italia, il CDF ne verifica la fattibilità. I Sindaci revisori controllano che in questo processo la gestione del patrimonio sia corretta. Inoltre abbiamo deciso di avvalerci di una società di revisione esterna che certifica la correttezza dell’amministrazione e del bilancio.

    Redazione: Si può fare zaimu in qualunque periodo, o c’è un mese consigliato per farlo?

    FRANCESCO: L’offerta è sincera, volontaria, spontanea e deve nascere da una decisione autonoma. Come si può quindi dire a una persona quando farla? Ciascuno si regoli come meglio crede in base alle sue specifiche condizioni, al suo desiderio, alla sua decisione. Sottolineato questo, è evidente che per chi è chiamato a gestire il denaro che proviene dallo zaimu il compito è più facile se entro i primi mesi dell’anno sa anche approssimativamente “quanto” deve gestire. Si può avere una migliore programmazione. Ma non può essere considerata una regola: che offerta “spontanea” sarebbe, altrimenti?

    FLAVIA: Trovo che l’idea di mettere da parte qualcosa, un po’ per giorno sia una cosa bella e non facile da fare, un buon metodo per mantenere vivo ogni giorno lo spirito dell’offerta mettendo da parte anche un solo centesimo. Non voglio però dire che questo atteggiamento valga di più o sia più sincero di quello di altri.

    FRANCESCO: A me piace fare zaimu il primo gennaio. Mi sembra in accordo con quanto scritto dal Daishonin nel Gosho di Capodanno che, per inciso, parla anche dell’offerta («Il tuo cuore che desidera fare offerte al Sutra del Loto ora, all’inizio del nuovo anno…», SND, 4, 272). Siamo tutti diversi, abbiamo anche condizioni diverse; questi sono soltanto dei “metodi”, e non sono certo gli unici. Da un lato ci fanno capire che nutrire il desiderio di fare offerte non è una cosa così ovvia, dall’altro sottolineano la sincerità di chi si inventa un modo, qualunque sia, per ricordarsi di questo importante aspetto della pratica.

    Redazione: Sappiamo di persone che hanno molti problemi economici, qualcuno ha addirittura problemi per mangiare regolarmente, eppure fanno ogni sforzo per fare zaimu. Che consigli possiamo dare in questi casi?

    FRANCESCO: Di fronte a un atteggiamento del genere si rimane stupefatti. Chi agisce così sta certamente creando delle cause estremamente positive per la sua vita. In questo atteggiamento si possono anche dimenticare degli aspetti importanti: a volte può succedere che un’azione del genere sia mossa da una valutazione superficiale o da un po’ di fanatismo, però si tratta di casi particolari che vanno valutati singolarmente, non si possono dare consigli generali. Un caso che mi ricordo bene risale a parecchi anni fa, quando raccoglievamo le offerte presso il vecchio Centro di Roma: una signora che non aveva soldi da offrire portò un piccolo vaso con un fiore. Rimanemmo tutti senza parole. Fu un chiaro esempio di offerta sincera.

    FLAVIA: Una volta, durante una giornata dedicata all’offerta al Centro di Roma, una persona mi ha chiesto: «Quando uno ha zero, che cosa può offrire?». Io non ho saputo rispondere e lei ha proseguito: «Si offre la metà di zero?». Le ho risposto di sì. Poi le ho firmato una ricevuta di cinquantasei centesimi che all’apparenza sono niente, ma nella sostanza per questa persona rappresentavano il massimo sforzo possibile. Ho saputo che in seguito le cose hanno cominciato ad andarle molto meglio, anche sotto il profilo economico.

    Redazione: E come consigliare invece chi ha difficoltà a fare zaimu a causa dei suoi attaccamenti?

    FLAVIA: Gli attaccamenti fanno soffrire. Recitando Daimoku si può arrivare a capire questo nostro limite. Anche l’attaccamento al denaro si può trasformare tramite la recitazione del Daimoku.

    FRANCESCO: Noi recitiamo Daimoku per diventare felici, per superare gli attaccamenti. Forse non abbiamo chiaro che lo spirito dell’offerta è un aspetto essenziale della nostra pratica buddista. Non è un obbligo, la libertà è totale, ma non è neanche un dettaglio tecnico o un semplice sostegno alla Soka Gakkai.

    Redazione: Sono in molti a chiedere che ci rivolgiamo a istituzioni come la Banca Etica; per esempio perché non desiderano sostenere istituti di credito coinvolti in compravendita di armi o comunque affari che contrastino con i princìpi del Buddismo.

    FRANCESCO: È un argomento che abbiamo ben presente e al quale siamo sensibili. Fino a oggi l’impedimento è la scarsa diffusione di questo tipo di istituti di credito sul territorio, oggettivamente incompatibile con un tipo di amministrazione come quella dell’Istituto. Molte cose però sono cambiate e stanno cambiando. Da parte nostra continuiamo a osservare questo sviluppo.

    Redazione: Lo zaimu viene gestito a livello locale o nazionale?

    FLAVIA: Ogni area ha un proprio budget da gestire, ma questo è indipendente da quanto zaimu viene raccolto in quell’area. La disponibilità di fondi viene assegnata in base alle attività che l’area prevede di fare. Questo budget a livello locale non è ancora pienamente operativo, proveniamo da una gestione centralizzata e siamo in una fase di transizione, ma la direzione è questa. Le aree dovranno progettare con cura la propria attività futura, prevedere le necessità che avranno e presentare una richiesta conseguente: quando all’area viene assegnato una determinata somma da gestire, da quel momento è autonoma e a lei compete l’autorizzazione per ogni singola spesa, purché compatibile con le attività previste. Siamo ancora in fase di rodaggio, ma lo scopo è snellire le procedure.

    Redazione: Molti si chiedono che livello di privacy sia tenuto a proposito dello zaimu. Sappiamo per esempio che esistono statistiche per zona o per livello di responsabilità. Perché?

    FRANCESCO: Le offerte vengono inserite nella banca dati, quindi in teoria è possibile sapere chi ha fatto zaimu. Noi però conserviamo questi dati solo per avere la massima trasparenza nei confronti dello stato. Sarebbe positivo che anche a livello locale le persone conoscessero i risultati dello zaimu della propria zona: questo renderebbe tutti i membri che oggi non sanno niente di tutto ciò più consapevoli e partecipi. La cifra che una persona offre non viene comunque divulgata. Noi possiamo ottenere dei dati cumulativi relativi alle somme offerte, per esempio, in una determinata area e le percentuali di quanti membri partecipano allo zaimu. Questi dati possono anche essere suddivisi per livello di responsabilità. Sappiamo, per esempio, che i responsabili da capitolo in su hanno una percentuale molto alta di partecipazione, che decresce nei responsabili di settore, di gruppo e nei membri. Questo dato ci suggerisce che probabilmente ai più giovani nella fede non è mai stata spiegata bene l’importanza dello spirito dell’offerta come parte della loro pratica buddista. La conferma ci viene dalla percentuale bassa che riscontriamo nei nuovi membri, inevitabile dal momento che è già bassa nei responsabili di gruppo e settore. Anche questo aspetto sta migliorando, abbiamo avuto un picco negativo nel 2003 e da allora la percentuale di membri che partecipano allo zaimu sta risalendo.

    Redazione: Per concludere?

    FRANCESCO: Come Istituto, in questo momento abbiamo una sola intenzione: fare in modo che i membri comprendano correttamente lo spirito dell’offerta e vi partecipino consapevolmente, senza alcun obbligo, perché questo è un aspetto fondamentale del Buddismo. È una strada un po’ più difficile, ma siamo convinti che sia la strada giusta.

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