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Restituire l'arte alla gente - DEV - Il Nuovo Rinascimento
Istituto Buddista Italiano Soka Gakkai

Buddismo per la pace, la cultura e l’educazione

6 dicembre 2025 Ore 13:22

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Restituire l’arte alla gente

La musica è capace di risollevare l’animo umano anche nelle più difficili circostanze. Come ogni altra forma artistica è patrimonio di ogni persona che non deve essere riservato a pochi privilegiati. Ricordando il suo incontro con il grande violinista Yehudi Menuhin, Daisaku Ikeda riafferma il loro comune ideale di un’arte della gente per la gente

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La musica è capace di risollevare l’animo umano anche nelle più difficili circostanze. Come ogni altra forma artistica è patrimonio di ogni persona che non deve essere riservato a pochi privilegiati. Ricordando il suo incontro con il grande violinista Yehudi Menuhin, Daisaku Ikeda riafferma il loro comune ideale di un’arte della gente per la gente

Il 15 settembre del 1951, un giovane, bersagliato dai flash dei fotografi, era fermo sulla scaletta dell’aereo appena atterrato all’aeroporto di Haneda. Era Yehudi Menuhin, genio musicale e violinista di fama mondiale. Per oltre dieci anni, nessun artista di fama internazionale aveva più visitato il Giappone e ora stava per arrivare uno dei più grandi talenti del secolo. Quando fu annunciata la sua venuta, in tutto il Giappone gli amanti della musica applaudirono felici. Per spiegare il livello di interesse che la sua visita risvegliò tra la gente, basti pensare che l’arrivo di Menuhin fu riportato perfino da un giornale satirico, il Sazae-san.
E il giovane Menuhin non deluse. Gli ascoltatori furono elettrizzati dal suo incredibile talento. I giapponesi stavano ancora rimettendosi dalla desolazione della Seconda guerra mondiale e del dopoguerra, ma i concerti di questo violinista diedero alla popolazione una ventata di speranza e di coraggio. Il critico d’arte Hideo Kobayashi (1902-83) scrisse: «Tremavo e piangevo» e «Che suoni celestiali! Ho capito quant’era grande la mia sete di una simile bellezza».
«La musica riesce sempre ad allietarci, anche nei momenti più difficili, in particolare quando scaturisce da radici profonde». Forse perché negli anni del dopoguerra ero giovane, trovai particolarmente toccanti queste parole di Menuhin. In quel periodo oscuro e disperato, la musica, insieme alla letteratura, per me era una fonte preziosa di speranza e di ispirazione. Ero particolarmente affezionato alla Quinta sinfonia di Beethoven che è anche conosciuta come “sinfonia del destino”. Mentre sedevo al centro del mio minuscolo appartamento, con le potenti vibrazioni di quell’opera grandiosa che riempivano la stanza, sentivo il mio sangue scorrere più veloce, quasi stesse danzando di gioia.
Era il tempo in cui gli affari di Toda, funestati da avverse fortune, erano in crisi e ascoltare la grande composizione di Beethoven sul tema del destino faceva risorgere un grande coraggio nel mio cuore. Non mi sarei mai fatto sconfiggere! Avrei difeso il mio maestro a ogni costo! La mia determinazione, solida come granito, era totale.
Desideravo condividere coi miei compagni di fede l’aiuto e l’incoraggiamento che dà la musica e così invitavo responsabili esausti e giovani scoraggiati ad ascoltare musica insieme a me. In seguito comprai degli strumenti e fondai la banda musicale della Soka Gakkai e il gruppo kotekitai (flauti e tamburi). Il mio solo scopo era trasmettere freschezza e speranza agli altri, infondere loro un’energia senza limiti.

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Yehudi Menuhin era un ardente sostenitore della divulgazione della cultura alta a un vasto pubblico, del portare l’arte nella vita quotidiana di ogni tipo di persona. La sua aspirazione, disse una volta, era che dopo il lavoro, ogni netturbino potesse provare il piacere di suonare in un quartetto. Voleva rendere il mondo un posto dove la gente comune avesse facilmente accesso alle belle arti e questa è anche la mia aspirazione. Quando fondai l’Associazione concertistica Min-On ero spinto dal desiderio di creare concerti a cui la gente comune potesse assistere con piacere.
L’accesso alle arti non dovrebbe essere riservato ai ricchi e ai potenti, che la trattano come uno strumento di autocelebrazione, un segno distintivo della propria posizione sociale privilegiata. Che meschinità priva di senso! L’arte non è possesso esclusivo di signori in smoking e di signore in scintillanti abiti da sera, ma esiste anche per il piacere della gente, del grande pubblico, per il piacere di ogni componente della società. La stessa cosa vale per i concerti e per i musei, che dovrebbero essere accessibili a coloro che nella propria vita quotidiana hanno poche occasioni di entrare in contatto con i grandi capolavori dell’arte e della musica.
Ho fondato l’Associazione concertistica Min-On nel 1963, un anno dopo aver fondato la Federazione politica Komei (l’antesignana dell’attuale partito Nuovo Komeito). All’epoca qualcuno commentò in tono sprezzante: «Adesso la Soka Gakkai agita la bacchetta», oppure: «Prima si sono immischiati nella politica e adesso nell’arte». Ma la mia motivazione per fondare entrambe gli organismi era fondamentalmente la stessa: restituire il governo, l’arte e la cultura alle persone comuni. Questo era il mio unico intento e per questo scelsi il nome Minshu Ongaku Kyokai, letteralmente Associazione concertistica popolare, adesso abbreviato in Min-On.

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Quando nell’aprile del 1992 incontrai Yehudi Menuhin, la primissima cosa che mi disse fu: «Avevo un immenso desiderio di incontrarla e non so dirle quanto sia felice che questo giorno sia finalmente arrivato». In effetti, già cinque anni prima, mi aveva scritto una lettera molto sincera, chiedendo di incontrarci, e c’erano voluti diversi anni per conciliare i rispettivi impegni.
Il violinista aveva una fronte ampia e sporgente e i suoi occhi brillavano di saggezza interiore. I suoi capelli, un tempo biondo chiaro, adesso erano argentati ma, a parte questo, sembrava proprio giovane come nella sua prima visita in Giappone tanti anni prima. Parlava con grande proprietà e aveva modi impeccabili. Il suo sottile senso dell’umorismo e il suo garbo convalidavano la sua reputazione di “più grande violinista del mondo”.
Conversammo per tutta la cena, godendo della reciproca compagnia per più di tre ore. All’epoca aveva settantacinque anni e aveva un concerto sia il giorno prima che quello dopo il nostro incontro. Ero un po’ in apprensione per le sue condizioni fisiche ma, lungi dal sembrare affaticato, era evidentemente molto preso dalla nostra conversazione. Nell’accomiatarsi scrisse nel libro degli ospiti: «Con tutta la mia gratitudine per un’indimenticabile serata di dialogo, di compagnia e di calore, colma della gioia di comunicare e stare insieme».
Menuhin aveva sentito il mio nome per la prima volta grazie a un membro della Divisione donne della SGI-UK che era la sua fisioterapista. Egli aveva lodato le sue capacità dicendole con una metafora poetica che le sue dita erano così abili che sembravano dialogare con lui. Lei aveva risposto che praticava il Buddismo e che mentre lavorava, dentro di lei recitava costantemente Nam-myoho-renge-kyo.
Menuhin, udendolo per la prima volta, era rimasto colpito dal bellissimo suono di Nam-myoho-renge-kyo e mi disse che spesso lo ripeteva dentro di sé mentre camminava o faceva il bagno. Durante il nostro incontro, disse che aveva veramente un ritmo molto piacevole, che esce quasi naturalmente dalla bocca.
Nel 1999, un mese prima di morire, scrisse una lettera a un amico, membro della SGI francese, nella quale lodava la nostra pratica di recitare Daimoku. Il capitolo conclusivo della vita di uno dei più grandi musicisti del ventesimo secolo ha avuto come sottofondo il suono della Legge mistica.

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Josei Toda ci spronava a ricercare il meglio, per elevare e migliorare noi stessi. Non voleva crescere giovani che fossero soltanto esperti di religione dalle vedute ristrette, ma aspirava a farci diventare membri della società della massima qualità, sotto tutti gli aspetti. Anch’io vorrei che i giovani potessero sperimentare il meglio in ogni campo dell’attività umana; una volta visto il meglio, si riconosce subito la seconda o la terza scelta. Tuttavia il contrario non è vero: ci si può fermare per sempre sulla seconda, o perfino sulla terza scelta senza mai arrivare a capire il meglio.
Incontrate persone di prima qualità, ascoltate musica di prima qualità, leggete letteratura di prima qualità e guardate arte di prima qualità: questo è il modo per raffinare il proprio carattere fin quando non diventa anch’esso di prima qualità.
Nei suoi ultimi anni, Menuhin ha dedicato le sue energie all’educazione. Ha fondato scuole musicali per far crescere giovani talenti, una delle quali è l’Accademia internazionale di musica Menuhin in Svizzera il cui direttore artistico, Alberto Lysy, è stato così cortese da visitare la scuola Soka che ho fondato nel Kansai ed eseguire un brano di violino per gli studenti. Ricordando il suo primo incontro con Menuhin, Lysy disse che la via migliore per crescere giovani talenti è il rapporto con un grande maestro; in altre parole, la relazione maestro-discepolo, l’essere ispirati dal migliore in assoluto. Incontrare uno spirito straordinario è la maniera più efficace per sviluppare una grande capacità e un forte carattere.
Menuhin descriveva lo scopo della sua educazione musicale come «l’incoraggiare gli esseri umani a essere umani». Proprio per questo, si è sempre violentemente opposto a qualsiasi tentativo di reprimere o asservire l’arte o l’umanità. Nel nostro incontro, disse che il potere ci fa dimenticare la nostra umanità; io gli risposi che l’arte ci risveglia a essa.
Buddismo e musica: gli ideali che serviamo rispettivamente incarnano entrambi un profondo rispetto per l’umanità. Nell’accomiatarci Menuhin disse: «Siamo compagni».

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Yehudi Menuhin

Yehudi Menuhin (1916-99) è stato uno dei più grandi violinisti del ventesimo secolo e un famoso direttore d’orchestra. Nato a New York, cominciò a studiare il violino a quattro anni e debuttò a livello professionale a sette. Da bambino fece varie tournée in Europa, dove venne acclamato come un genio musicale e bambino prodigio. A diciotto anni aveva già tenuto centodieci concerti in settantadue città diverse, consolidando la sua fama ancora adolescente. Dopo la Seconda guerra mondiale, trasferì la sua base di attività in Inghilterra e in Svizzera. Nel 1958 fondò il Gruppo di musica da camera Menuhin e l’anno seguente si stabilì a Londra. Nel 1963 fondò la Scuola Yehudi Menuhin in Gran Bretagna e nel 1977 l’Accademia internazionale di musica Menuhin, in Svizzera. Oltre a promuovere la musica e a far crescere persone di talento, fu un instancabile sostenitore dei diritti umani e della pace.

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