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Danzare di gioia - DEV - Il Nuovo Rinascimento
Istituto Buddista Italiano Soka Gakkai

Buddismo per la pace, la cultura e l’educazione

6 dicembre 2025 Ore 15:56

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Danzare di gioia

In questo saggio, Daisaku Ikeda ripercorre le tappe dell’incontro fra Pascual e Angela Olivera, straordinari interpreti della danza spagnola, e di come abbiano affrontato insieme la malattia. «Quanti più ostacoli si affrontano, tanto più importante è lottare con gioia e coraggio per trasformarli con spirito vivace e danzante. Questo è lo speciale privilegio di chi è buddista», afferma Ikeda. Anche dopo la scomparsa del marito, Angela ha continuato a ballare e a far vivere questo atteggiamento

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In questo saggio, Daisaku Ikeda ripercorre le tappe dell’incontro fra Pascual e Angela Olivera, straordinari interpreti della danza spagnola, e di come abbiano affrontato insieme la malattia. «Quanti più ostacoli si affrontano, tanto più importante è lottare con gioia e coraggio per trasformarli con spirito vivace e danzante. Questo è lo speciale privilegio di chi è buddista», afferma Ikeda. Anche dopo la scomparsa del marito, Angela ha continuato a ballare e a far vivere questo atteggiamento

«Era un uomo veramente speciale. Certo, era mio marito, ma a parte questo era un essere umano incredibile. Questo lo capisco più profondamente adesso, che se ne è andato». Al primo incontro di Angela del Moral con Pascual Olivera lei era vicina ai trent’anni ed era già la prima ballerina di Spagna. Però aveva un problema. Nel suo gruppo un’altra ballerina le stava rendendo la vita impossibile, nella speranza di prendere il suo posto. Angela ne parlò con Pascual. Lo aveva appena incontrato, ma già in una occasione aveva avuto modo di ascoltarlo mentre parlava con sincerità della gioia di praticare il Buddismo. E il suo suggerimento, poi, la stupì davvero: «Angela – le disse – bisogna che tu affronti il problema con coraggio. Voglio dire che devi pregare per la felicità della tua collega». Angela non poteva credere alle sue orecchie. Non aveva nessuna voglia di pregare per la sua rivale, per la persona che cercava di rovinare la sua carriera.
«Ma è proprio per questo – le disse Pascual – che bisogna tu preghi per lei. Una persona felice non cercherebbe mai di far male a un’altra persona. Cerca di guardare la situazione dal suo punto di vista».
Ascoltando Pascual, si rese conto di che cuore meraviglioso lui possedesse. Continuò Pascual: «Non sarebbe fantastico se diventaste amiche? Recitando Daimoku puoi cambiare il veleno in medicina. Prova, vedrai che è vero». Mentre Pascual le parlava, Angela ebbe l’impressione di vedere la sua anima, pura come un lago di alta montagna che brillava dietro ai suoi occhi verdi. Angela cominciò a recitare Daimoku, mentre ripeteva a se stessa: «Lei mi piace, voglio che sia felice». I pensieri di Angela devono aver toccato il cuore dell’altra ballerina, perché pian piano cominciò a non essere più sgradevole e infine, col tempo, si legò tanto ad Angela da diventare sua amica per tutta la vita.

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Cinque anni più tardi, nel 1976, Angela e Pascual si sono sposati. Lui era americano, con una carriera avviata nel suo paese e Angela acconsentì a seguirlo. Poco dopo venne offerto loro di esibirsi in un centro di detenzione giovanile. Angela esitava, anzi, a essere onesti era proprio contraria. Quando aveva diciannove anni era stata scelta per andare negli Stati Uniti e danzare all’inaugurazione della presidenza di John F. Kennedy. Aveva danzato a Londra, davanti alla regina Elisabetta. Molte volte, e su richiesta, aveva attraversato l’Atlantico ed era apparsa sia al cinema che in televisione. Anche se capiva che non doveva confrontare l’invito del momento con le passate glorie, si domandava se gli ospiti della casa di detenzione avrebbero apprezzato o solo capito la sua arte e si sentiva inquieta. Sentiva anche di non avere alcun obbligo a danzare per della gente che non era stata capace di comportarsi in modo decente e di obbedire alle regole sociali. Quando espose le sue perplessità a Pascual, nella risposta che lui le dette c’era il cuore della sua essenza come essere umano: «Angela, la nostra missione è mostrare a tutti il potere della natura di Budda che emerge dalla nostra vita».
«Sì, però…», non era ancora convinta.
«Questo è un istituto che si suppone aiuti i giovani a riorientarsi nella società, non è vero? È per questo che dobbiamo andare. La nostra danza può toccare il loro cuore. Se la danza li commuove, cambieranno! Proviamo. È una sfida che dobbiamo cogliere».
Così Angela acconsentì. Il luogo era strettamente controllato, l’atmosfera intimidiva e la preoccupazione di Angela aumentava sempre più. Proprio come aveva temuto, all’inizio la platea era rumorosa e disattenta. Stava male, ma si mise a recitare Daimoku silenziosamente, e si disse: «Non aver paura! Compi la tua missione!». Anche Pascual dette tutto se stesso, e durante il breve intervallo parlò al pubblico della sua esperienza di vita. Non era stata facile, per niente. I suoi genitori erano degli emigranti poveri che venivano dalla Spagna. Suo nonno suonava la chitarra per scandire il flamenco. Ancora bambino, Pascual era riuscito a convincere i suoi a permettergli di seguire gli studi in Spagna, dove cominciò a studiare danza. Tornato negli Stati Uniti, si unì alla famosa Compagnia di ballo José Greco e ne diventò uno dei danzatori migliori. Però, nel 1970, afflitto da una seria malattia al fegato, venne fortemente consigliato dai medici di abbandonare la danza. Gli dissero anche che avrebbe vissuto al massimo per altri dieci anni: Pascual rimase ammutolito. Anche se stava praticando il Buddismo di Nichiren Daishonin già da diversi anni, questo doversi confrontare con la morte lo spinse a ricercare la fede con tutta la sincerità possibile. Aveva fatto abbastanza per gli altri in vita sua fino a quel momento? Non si era preoccupato solo di se stesso? Se avesse dovuto morire in quel momento, avrebbe dovuto ammettere che lasciava il mondo “a mani vuote”. Anni dopo, diceva spesso: «Puoi avere un sacco di soldi in banca, essere onorato, essere famoso, ma quando muori non ti puoi portar dietro queste cose. L’unica cosa che hai in quel momento sono i tesori del cuore. Non voglio affrontare la mia prossima vita a mani vuote. È per questo che è tanto importante accumulare, momento per momento, giorno dopo giorno, tante buone cause. Abbiamo bisogno di fare continuamente delle buone azioni per gli altri».
Lo spettacolo al centro di detenzione continuò e la serietà e la dedizione dei danzatori riuscirono pian piano a coinvolgere gli spettatori. I due ballerini riuscirono a tranquillizzarsi. Pascual e Angela si rivolsero ai giovani più intensamente assorbiti dallo spettacolo e parlarono loro con tutto il cuore: «Alzatevi! Sognate! Credete in voi stessi. Avete una missione che è solo vostra. È per questo che siete nati. Siete esseri umani meravigliosi!». Nel passato, anche Pascual non aveva fiducia in se stesso e aveva di sé una immagine negativa. Lo spettacolo tanto vissuto giunse al termine. Mentre Pascual stava sul palco cercando di riprendere fiato, chiese in un tono di voce molto gentile se qualcuno avesse delle domande. Un mare di mani scattò verso l’alto. Un giovane grande e grosso gridò: «Io ho qualcosa da dire!».
«Avanti», gli rispose Pascual. Il ragazzo si alzò in piedi ed emozionato disse: «In tutta la mia vita, fino a questo momento, non ho mai incontrato gente bella, meravigliosa come voi, se mi fosse successo prima, non credo che sarei qui oggi».

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Sono molte le occasioni in cui la danza di Pascual e di Angela mi ha incoraggiato, così come le attività di molti altri membri. L’atmosfera si faceva vivace nel momento stesso in cui i due entravano in scena. Riempivano lo spazio. Insieme hanno partecipato e sostenuto molti festival culturali in tutto il mondo. Pascual è stato responsabile della Divisione artisti della SGI-USA per più di dieci anni e ha fondato il Comitato Internazionale per la Pace (ICAP), del quale adesso è presidente Angela. In genere la carriera di un danzatore è relativamente breve. I danzatori spagnoli di solito si ritirano verso i trentacinque anni, ma gli Olivera erano invitati agli spettacoli in ogni parte del mondo ancora all’età di cinquanta. È stato il loro desiderio di dare gioia alla platea e di condividere con gli altri i loro sentimenti che li ha portati sulle scene di tutto il mondo, dando loro una reputazione internazionale per aver portato la danza spagnola a un livello di arte assolutamente nuovo e senza precedenti.
Nel 1995, ad Angela fu diagnosticata un’artrite reumatoide. A un certo punto i sintomi erano così gravi che non riusciva più a camminare, ma lei vedeva nella sua affezione un’occasione per fare la sua rivoluzione umana. Recitava con forza e faceva terapia riabilitativa. Alla fine la sua dottoressa scosse le spalle confusa, non capendo come lei potesse danzare, mentre nella sua condizione la maggior parte delle persone non riusciva nemmeno a muoversi e concluse scherzando che se tutti i suoi pazienti fossero stati come Angela, sia lei che i suoi colleghi sarebbero finiti disoccupati. Angela oggi dice: «Ho ancora i reumatismi, ma ne ho il pieno controllo e sto vivendo bene con la mia malattia. Sì, io e i reumatismi siamo diventati amici». È riuscita a trasformare la malattia in un’occasione. «Non è una sfortuna – insiste – è un occasione per diventare più forte. È un dono, un beneficio».
Nichiren Daishonin, per incoraggiare i discepoli, ha scritto: «Quando accade un grande male, seguirà un grande bene […] Benché non siate il venerabile Mahakashyapa, dovreste saltare di gioia! Benché non siate Shariputra, dovreste mettervi a danzare. Quando il bodhisattva Jogyo emerse dalla terra, ne saltò fuori gioiosamente» (Grande bene e grande male, SND, 7, 213). Quanti più ostacoli si affrontano, tanto più importante è lottare con gioia e coraggio per trasformarli con spirito vivace e danzante. Questo è lo speciale privilegio di chi è buddista. Qual è l’origine di questa gioia? Nella Raccolta degli insegnamenti orali il Daishonin afferma: «Danziamo con gioia quando ci si rende conto che gli elementi che compongono il corpo e la mente sono la Legge meravigliosa» (GZ, 722). In altre parole voi stessi siete la Legge mistica. Voi siete Budda, proprio con questo corpo, proprio con questa mente! Se solo riuscite ad aprirvi a questa verità, ogni avversità si trasforma in gioia e in beneficio.

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Una volta Pascual, rivolto ai suoi compagni di fede della Divisione artisti, disse: «Ciascuno è un attore che recita lo spettacolo della vita. Siamo noi stessi a scriverne il canovaccio e a rappresentarne il testo. Non è il fato, il caso e tanto meno un ente divino, a scriverci il copione. Noi lo scriviamo e noi lo rappresentiamo. Questo è quanto ci insegna il Buddismo ed è per questo che abbiamo il potere di cambiare la nostra vita!
«Ma il problema esiste quando a livello subconscio stiamo dicendo una cosa diversa da quella per cui preghiamo e cerchiamo di fare del nostro meglio. Per esempio, preghiamo: “Voglio superare questa audizione” oppure: “Voglio migliorare questo rapporto”, però più profondamente, diciamo a noi stessi: “Non sono abbastanza bravo. Sono troppo grasso, troppo basso. Non ci riuscirò mai”.
«Mentre stiamo recitando per vincere una malattia, in fondo al cuore possiamo pensare che non guariremo mai. Questo è ciò che intendo per un copione diverso. La realtà si muove seguendo la direzione del canovaccio che è nel subconscio. Per questo è tanto importante cancellare queste trame negative dalla nostra mente».
Nell’estate del 2001, Pascual notò che le sue condizioni fisiche stavano cambiando. Era sempre stanco e sentiva acuti dolori allo stomaco. Dopo una serie di accertamenti medici gli venne diagnosticato un linfoma non-Hodgkins. Il cancro aveva ormai raggiunto il quarto stadio. Non appena seppi della diagnosi gli mandai un messaggio di incoraggiamento. Pascual si sottopose alla chemioterapia e gli effetti collaterali furono devastanti. Si sentiva come se gli fosse passato addosso un camion. Soffriva di nausea e vomito fortissimi e aveva perso il senso del gusto. Perse anche tutti i capelli.
«Però – racconta Angela – sembra incredibile, ma non era mai depresso. Ripeteva in continuazione: “Riporterò una vittoria assoluta, vincerò questa malattia, sarò un leone!”».
Il discorso di Pascual ai membri della Divisione artisti continua: «Per mettere in scena la rappresentazione della “vittoria”, bisogna anzitutto decidere che si vincerà. Poi visualizzare quel risultato e imprimerselo in mente. Si tratta di fare una sorta di prova generale nel cervello. Si scrivono gli obiettivi su di un pezzo di carta o si ripetono a voce alta più e più volte. Questo aiuta a imprimerli nella vita. Dobbiamo ripetere la sceneggiatura della completa vittoria e stamparcela in mente. Se raggiungiamo la convinzione che ce la possiamo fare, allora ce la faremo. Preghiera significa continuare a pregare e a lottare fino a quando si vede il risultato».
Ha continuato a propagare il Buddismo anche dal suo letto di degente e il giorno di Capodanno del 2002, hanno ricevuto il Gohonzon due persone che aveva introdotto al Buddismo di Nichiren Daishonin. Il giorno seguente, era in lista per ricevere i risultati di alcune analisi. In un misto di incredulità e di felicità, il dottore gli ha annunciato che dopo averlo esaminato da capo a piedi e aver fatto più volte ogni possibile test, i risultati indicavano che nel suo corpo non c’era più assolutamente traccia di cellule cancerose. Era il meraviglioso ritorno da una morte quasi certa.
In maggio Pascual e Angela sono venuti in Giappone e hanno danzato all’Auditorium della Università Soka. Hanno danzato in modo ancor più splendido di sempre. I capelli di Pascual adesso erano bianchi, ma questo non faceva che renderlo ancor più affascinante.
La danza mette a nudo l’anima. Ero pienamente consapevole del fatto che il poderoso desiderio di Pascual di danzare ancora una volta dinanzi al suo maestro gli aveva reso possibile vincere la malattia. Nella sua esibizione, Pascual esprimeva la sua gioia di essere vivo, la sua coraggiosa dedizione alla pace e il suo amore pieno di passione per l’umanità. Era una vera danza della vittoria. È anche stata l’ultima volta che l’ho visto danzare.
Avendo dato la splendida dimostrazione della sua guarigione, un anno più tardi fu colpito da una recidiva del cancro. «Anche così – dice Angela – la sua condizione vitale era veramente alta e niente la faceva vacillare. Quanto più il suo corpo si indeboliva, tanto più forte diventava la sua forza vitale. Era deciso a propagare il Buddismo in tutto il paese. Ne sono stata testimone ed era veramente così. La persona che ho amato di più al mondo mi ha indicato il vero potere della fede».
Un amico, che era andato a trovarlo all’ospedale alcuni giorni prima della sua morte, arrivò proprio mentre i medici lo stavano trasferendo all’unità di cura intensiva perchè Pascual aveva difficoltà a respirare. Questo amico riferì: «Perfino in quelle condizioni, quando mi ha visto ha chiesto di me e della mia famiglia. Era sempre interessato al benessere degli altri. Si capiva bene che non era semplice cortesia, ma che ci teneva veramente. Subito dopo è stato collegato a un respiratore e non poteva parlare, quindi le sue ultime parole sono state: “Tu e la tua famiglia, state bene?”. Pascual era la vera incarnazione della compassione per gli altri».
Quando è morto, il 19 settembre 2003, era circondato da quattordici persone tra familiari e amici. Il medico avvisò che avrebbe smesso di respirare entro cinque minuti dal distacco del respiratore, ma lui continuò a respirare ancora per novanta minuti. Il suo respiro era miracolosamente potente. In seguito, chi gli era accanto in quel momento lo ha descritto come il respiro di un leone. Hanno detto che la sua è stata la morte di un vero campione. Sembrava che gridasse: «Mi sentite? Io conto su di voi per far progredire kosen-rufu in America!». Poi è morto serenamente. Il suo viso era luminoso. In quel momento un suo amico ha detto: «Grazie Pascual, grazie!». «Grazie», questo è il sentimento nel cuore di tutti. Pascual aveva insegnato tanto a ciascuno e aveva incoraggiato tutti immensamente. Questo coro di grazie si è diffuso via via che i membri venivano a sapere della sua morte. Egli aveva insegnato loro ad avere il coraggio di dedicarsi alla felicità degli altri. Aveva insegnato loro il significato dello spirito di ricerca. Aveva mostrato loro un modo di vivere totalmente dedicato all’ideale della pace, che è kosen-rufu. Grazie! Anche da malato aveva vissuto con tutte le sue capacità e aveva insegnato loro che una persona può vivere una vita di valore mentre lotta contro il male.
Quando è morto, Pascual aveva cinquantanove anni. Aveva spostato la sua morte di trent’anni, da quando aveva sconfitto la prima malattia che minacciava la sua vita. In quei trent’anni aveva accumulato un immenso magazzino di tesori nella sua vita.
«Mio marito ha raggiunto la vittoria totale – dice Angela – perché ha continuato a elevare il suo stato vitale ogni volta che ha lottato contro la malattia. Eravamo felici. Non abbiamo mai litigato nei ventisette anni del nostro matrimonio. Ci siamo sempre sostenuti a vicenda, siamo sempre andati incontro a sensei insieme, con la dedizione di realizzare il suo sogno».

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Naturalmente Angela ha sofferto moltissimo per la morte del marito. Ha cercato di farsi coraggio, ma le sembrava sempre di non essere capace di sfuggire al senso di perdita e di vuoto che la opprimevano. A un certo punto si è detta: «Io non ho ali. Per tutti questi anni ho volato sulle ali di Pascual. Sono un uccello che non può volare». Lei sapeva che doveva usare le sue ali, ma non sapeva come.
Quando le fu chiesto di danzare alla riunione dei responsabili della Soka Gakkai che si è tenuta a Tokyo nel maggio del 2004, lei ha esitato. Sarebbe stata capace di ballare? Anche se ci fosse riuscita, che cosa avrebbe trasmesso? Un amico le ricordò che Pascual desiderava che lei continuasse a offrire il dono dell’arte agli altri, che lei non si ritirasse. I compagni di fede scrissero per lei una canzone. Il suo titolo è Pascual vive. Quando ha ascoltato il brano, in preda all’emozione ha detto sì, pensando: «Devo danzare su questa musica! Pascual è vivo. È vivo qui, nel mio cuore. Lo devo comunicare al presidente Ikeda, a tutti. Devo danzare!».
Uno dei suoi amici più cari si è offerto di farle un nuovo abito di scena per lo spettacolo dicendo: «Non puoi danzare con uno dei tuoi vecchi costumi. Deve essere assolutamente nuovo e il suo tema sarà la primavera, col profondo turchino della bandiera della Soka Gakkai, con il rosa e il giallo che esprimono la gioventù. Il tuo costume sarà il simbolo della vita e il tuo mantello sarà dello stesso colore, come sarebbe piaciuto a Pascual».
Nel retroscena, subito prima di iniziare, recitava Daimoku e diceva a suo marito: «Caro, danzerò. Questo è quello che volevi. Sei fiero di me, lo so».
Mentre la guardavo danzare, mi sono alzato in piedi, non potevo restare seduto. Ho allargato le braccia e le ho mosse a tempo col suo ritmo. Dentro di me, con tutta la mia forza, le ho detto: «Non sei sola! Pascual è con te e io sono con te!». Sapevo che i miei pensieri la stavano raggiungendo. Le stelle nei cieli danzano nello spazio. La Terra non cessa mai di girare. Tutta la vita danza: gli alberi con il vento, le onde sul mare, gli uccelli, i pesci, tutti rappresentano la loro danza della vita. «Tutto ciò che vive sta danzando e anche tu devi continuare a danzare, per tutto il resto della tua vita!».
La danza di Angela divenne più veloce e fu sostenuta da un incredibile dinamismo, impensabile in una professionista di sessantatré anni. Poi accadde qualcosa di incredibile. Senza rendersene conto, batté secco il tacco sulla scena in un passaggio dello zapateado (ballo in cui si battono forte i tacchi) in un modo che tutti i presenti hanno riconosciuto esser tipico dello stile di Pascual. Prima ancora di rendersene conto, cominciò a far roteare il suo mantello, ripetendo ancora uno dei movimenti tipici di Pascual. Prima di quel momento non aveva mai usato nessuna di queste tecniche e, ancor più sorpresa del pubblico, si disse: «Pascual è qui con me! Sta ballando con me!».
Il sipario si era alzato ancora una volta sulla scena di questa coppia inseparabile.

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