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Gosho di capodanno - DEV - Il Nuovo Rinascimento
Istituto Buddista Italiano Soka Gakkai

Buddismo per la pace, la cultura e l’educazione

6 dicembre 2025 Ore 14:44

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Gosho di capodanno

Omar Schiavoni

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Per prima cosa, alla domanda di dove si trovino esattamente l’inferno e il Budda, un sutra afferma che l’inferno si trova sotto terra e un altro dice che il Budda risiede a occidente. Ma a un attento esame, risulta che entrambi esistono nel nostro corpo alto cinque piedi; questo dev’essere vero perchè l’inferno è nel cuore di chi interiormente disprezza suo padre e trascura sua madre. È come il seme del loto che contiene al tempo stesso il fiore e il frutto. Anche il Budda dimora nei nostri cuori, così come dentro la pietra focaia esiste il fuoco e dentro le gemme esiste il valore. Noi comuni mortali non possiamo vedere le nostre ciglia che sono vicine né i cieli che sono lontani. Ugualmente non capiamo che il Budda esiste nel nostro cuore. Tu potresti chiederti come il Budda possa risiedere dentro di noi se il nostro corpo, generato dallo sperma e dal sangue dei genitori, è la fonte dei tre veleni e la sede dei desideri carnali. Ma dopo una ripetuta riflessione si comprende quanto ciò sia vero. Il puro fiore di loto sboccia dalla melma, il profumato sandalo cresce dalla terra, il grazioso bocciolo di ciliegio spunta dall’albero, la bella Yang Kuei-fei nacque dal ventre di una serva e la luna si alza da dietro le montagne e le rischiara.

tratto da Il Nuovo Rinascimento, n. 350, pag. 18

In questo brano…

Il Daishonin scrisse questo Gosho all’età di cinquantatré anni, due mesi dopo essersi ritirato sul monte Minobu. È indirizzato a Goke Ama, madre di Nanjo Tokimitsu, signore di Ueno, uno dei principali discepoli di Nichiren che svolse un ruolo decisivo nella protezione dei credenti durante la persecuzione di Atsuhara, offrendo rifugio ai perseguitati nella sua stessa casa. Goke Ama aveva inviato dei doni al Daishonin come offerta per il riposo del defunto marito, anch’egli fedele devoto fino alla fine della sua vita. Il messaggio principale della lettera, definita dallo stesso Nichiren come uno dei suoi insegnamenti più preziosi, riguarda la teoria del mutuo possesso dei dieci mondi. I sutra e i trattati antecedenti il Sutra del Loto, come ad esempio il Sutra Shobonen o il Kusha Ron di Vasubandhu, parlavano dell’Inferno o della Terra del Budda come di luoghi situati a incredibili profondità sotto terra o in lontanissimi pianeti nell’universo. Questa dottrina prevedeva una netta separazione sia dei dieci stati vitali tra loro, sia degli esseri viventi con stati vitali diversi. Con il Sutra del Loto questa visione viene completamente rivoluzionata. Non solo ogni fenomeno, e quindi anche ogni essere umano, possiede potenzialmente nella sua vita tutti i dieci stati vitali, ma ogni stato vitale racchiude al suo interno tutti gli altri. Il significato di questa teoria è che un essere umano è perfettamente dotato della Buddità e naturalmente capace di manifestarla in ogni istante, a prescindere da quale condizione manifesti nell’attimo presente, fosse anche l’atroce sofferenza del mondo d’Inferno. La teoria del mutuo possesso dei dieci mondi (ichinen sanzen) si trova per la prima volta nel Maka shikan del Gran Maestro T’ien-t’ai. I sutra precedenti l’insegnamento del Sutra del Loto dichiaravano che il bene e il male erano coesistenti solo fino allo stadio di togaku, il penultimo della pratica dei bodhisattva, ma che in myogaku, l’ultimo, il male scompariva definitivamente. Ichinen sanzen smentisce questa concezione e rivela la fondamentale natura illuminata di ognuno dei dieci mondi. Grazie alla recitazione del Daimoku, l’Inferno si trasforma in compassione per le sofferenze degli altri, l’Avidità in spirito di ricerca, l’Animalità in saggezza istintuale, la Collera in indignazione verso il male e così via. Il nostro carattere, qualunque esso sia, possiede quindi un potenziale illuminato che ci permette di far convergere le nostre peculiarità verso la creazione di valore. Inoltre Nichiren rassicura la moglie del defunto padre di Tokimitsu dicendole che suo marito, essendo stato un devoto del Sutra del Loto, non solo aveva acquisito la condizione vitale del Budda durante la sua vita, ma avrebbe goduto di tale condizione anche nello stato di latenza, nella morte. Il Sutra del Loto ha il potere di far raggiungere l’Illuminazione nella vita presente, senza praticare per innumerevoli eoni. Sia nella vita che nella morte, chi ha fede nel Gohonzon e recita Nam-myoho-renge-kyo ottiene l’immenso stato vitale del Budda e lo conserva attraverso passato, presente e futuro.

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Fuori dalla prigione

Durante la mia adolescenza incontravo mio padre solo la domenica a pranzo. Quando arrivavo assonnato a tavola e salutavo con un cieco ciao, guardavo fisso il piatto ricco di rancore e poi ripartivo in direzione della camera da letto. Dell’apprensione di mia madre e delle sue spasmodiche richieste di perfezionismo avevo invece fatto il motivo di rabbia più profondo, il pensiero di essere inutile e la necessità di dover dimostrare qualcosa.
L’Inferno è una prigione che si trova sotto terra, dove c’è assenza di forza vitale, che significa assenza di speranza. Una speranza concreta che dovrebbe portare ad avere fiducia nel cambiamento, nella possibilità di rivoluzione interiore di ogni essere vivente, anche dei propri genitori e in prima istanza di se stessi.
La riunione dove ascoltai per la prima volta Nam-myoho-renge-kyo fu stranamente dolce (il tempo era maturo). Non lo vidi come un attentato al mio equilibrio instabile, ma come acqua fresca per la mia vita, la protezione per aver abbracciato un insegnamento corretto, il quale mi faceva crescere in maniera armonica (allora avevo diciannove anni), anche se ancora non ero membro né praticavo regolarmente.
Il nodo dolente era desiderare davvero la felicità dei miei genitori, ripagare il debito di gratitudine per la vita e gli sforzi che avevano affrontato per me.
Compresi durante la recitazione che questo dovevo imprimere nel mio cuore: quanto è scritto nel Gosho comprende anche la mia vita.
Le risposte arrivarono.
Il Daimoku è per qualsiasi problema, quindi iniziai a recitare affinché potessero vivere in un modo sereno la mia omosessualità. E fu proprio questo punto che permise di avvicinarci.
Misticamente, lo stesso giorno, in orari diversi, senza essersi confrontati, mio padre e mia madre mi fecero la fatidica domanda: «Che rapporto c’è tra te e lui?». Io risposi senza esitazione e sentivo che la loro saggezza avrebbe compreso.
L’uno mi sconsigliò di dire all’altro quanto accaduto, ma nel giro di poche ore entrambi sapevano, o meglio, ebbero la conferma individuale proprio da me. Ero felice che fossero stati loro a chiedere, ciò significava che erano pronti per sapere. Entrambi nelle stesse ore avevano deciso di comprendere.
All’inizio ci furono lacrime e disperazione, ma percepii la loro intenzione: desideravano cambiare, perché mi stimavano e col tempo avrebbero capito. Mio padre per la prima volta mi disse quanto mi stimasse e mi volesse bene (avevo ventun’anni). Mia madre ebbe l’appoggio di mia zia, che l’aiutò a comprendere che i miei gusti sessuali non erano di sua competenza.
Ciò fu l’inizio di un percorso che porta oggi alla costruzione di rispetto reciproco, sconosciuto prima a causa della mia visione egoistica della vita, tutta tesa all’autocommiserazione (ancora continuo a imparare). Il rispetto per un padre che non riesce ancora a parlare tranquillamente dell’omosessualità del proprio figlio, ma che lo ha ritrovato e decide ogni giorno di arricchire questo rapporto con uno scambio emozionante (parliamo continuamente di Buddismo). Il rispetto per una madre a cui non è stato insegnato a perdonare, ma che mi sprona a essere il tramite di questo profondo insegnamento del cuore.
Sono fortunato ad avere vicino due persone che mi permettono di tenere il mio stato vitale così alto e di essere così forte di fronte alle difficoltà fondamentali della vita.

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