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Tanti piccoli sforzi, ognuno indispensabile - DEV - Il Nuovo Rinascimento
Istituto Buddista Italiano Soka Gakkai

Buddismo per la pace, la cultura e l’educazione

6 dicembre 2025 Ore 13:46

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Tanti piccoli sforzi, ognuno indispensabile

All’inizio del 2005 Tamotsu Nakajima propone che in ogni gruppo due persone decidano di ricevere il Gohonzon. Cosa è successo a Roma? Ce lo raccontano i responsabili di due aree della capitale

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All’inizio del 2005 Tamotsu Nakajima propone che in ogni gruppo due persone decidano di ricevere il Gohonzon. Cosa è successo a Roma? Ce lo raccontano i responsabili di due aree della capitale

GIANCARLO: Cominciamo dall’inizio del 2005, dall’obiettivo di consegnare due Gohonzon per gruppo. Probabilmente è nata in noi tutti la determinazione di realizzare veramente lo scopo, mentre altre volte si rimaneva in sospeso e se poi non si realizzava era più o meno uguale.

ROBERTO: A me la determinazione è nata per strada, quando ho visto che c’era un movimento in quella direzione e che, per noi responsabili di area, si trattava di dare un contributo, un sostegno. Insomma all’inizio lo vedevo come un obiettivo impossibile, poi quando mi sono accorto che avevamo consegnato la prima metà dei Gohonzon, mi sono detto: un attimo, allora qui realizziamo per davvero!

MARIA LUCIA: Io non ho tanto pensato all’obiettivo numerico, ma mi è stato subito chiaro che l’attività fondamentale era quella della consegna dei Gohonzon. Nel capitolo dove faccio attività abbiamo fatto ruotare tutto attorno ai principianti sin dal dicembre 2004. Apparentemente non sembrava che avessimo chissà quale determinazione, però abbiamo fatto tantissime azioni in quel senso. Ed è stata quasi una sorpresa accorgerci che a metà anno avevamo realizzato metà scopo.

ROBERTO: Forse non abbiamo sottolineato una cosa fondamentale. Noi a Roma abbiamo cominciato subito, da gennaio 2005, a consegnare i Gohonzon una volta al mese. Questo ha fatto sì che tutti i membri abbiano riflettuto sull’importanza di avere il Gohonzon. È stato un obiettivo di sostanza, più che di forma. Tanti gruppi, tanti capitoli, hanno realizzato e non se ne sono quasi neanche accorti. Più che condividere un obiettivo numerico si è condivisa una consapevolezza: quella di fare shakubuku, di portare le persone a ricevere il Gohonzon.

MARINA: Io sono partita senza capire l’importanza di realizzare fino in fondo, come spesso mi succede per i miei obiettivi personali e di attività. Ma proprio mentre mi sforzavo di trasmettere questo scopo agli altri ho dovuto chiarirlo a me stessa e ho deciso davvero quando ho capito che per i membri era troppo importante realizzarlo. Tra l’altro l’esserci concentrati su questo obiettivo, ci ha permesso di condividere in maniera invisibile e naturale una grandissima unità di intenti, un sostegno reciproco, una forte relazione di itai doshin.

GIANCARLO: All’inizio dell’anno ci siamo chiesti come condividere questo obiettivo con tutti. Abbiamo cominciato a fare mensilmente riunioni generali per i responsabili, un impegno che abbiamo portato avanti tutto l’anno. La forza di questa riunione è stata quella di riuscire pian piano a coinvolgere le persone, ad appassionarle a questo scopo. Davamo ogni mese i risultati di quanti Gohonzon avevamo consegnato per ogni capitolo, i dati dello zaimu, vedevamo il video di sensei, ci raccontavamo le esperienze. E se all’inizio venivano in pochissimi, mano a mano questa riunione ha assunto sempre più importanza. Quando poi a metà anno abbiamo visto che nonostante tutti gli sforzi stavamo comunque un po’ al di sotto degli obiettivi che ci eravamo prefissi, abbiamo deciso di concentrarci sui principianti. A partire da novembre abbiamo fatto riunioni in ogni capitolo esclusivamente per loro, coinvolgendo tutti i responsabili locali. Questa attività ha effettivamente dato un’impennata notevolissima. E anche la competizione che si è sviluppata tra le nostre due aree è stata veramente molto salutare. Roberto e io ci sentivamo una volta alla settimana confrontando i dati, prendendoci in giro, incoraggiandoci. Ci siamo anche dati delle idee. È veramente una competizione sana, di valore, quella basata sull’obiettivo di kosen-rufu.

MARINA: Io devo dire che ho trasformato qualcosa nel mio modo di fare attività. La mia crescita personale riguarda il fatto di decidere, una volta nella vita, di realizzare veramente uno scopo. Sono esperienze che rimangono come capisaldi, cose che non dimentichi e che applichi poi a qualsiasi situazione.

MARIA LUCIA: Io credo che abbiamo realizzato lo scopo perché l’abbiamo legato alla vera pratica buddista, quella di fare shakubuku e aiutare le persone a ricevere il Gohonzon. Non era un obiettivo esterno, ma l’effetto della decisione di fare attività in un modo diverso.

GIANCARLO: Sono tante le riflessioni che si possono fare. Una è sicura: si parte da una forte decisione. Poi si deve sviluppare una strategia, perché lo scopo non si realizza da solo. La prima “strategia” – chiaramente dopo quella “del Sutra del Loto”, e di Daimoku ne abbiamo recitato tanto, è la condivisione tra le persone. Abbiamo lavorato sodo per coinvolgere tutti i responsabili di area e far sì che nessuno rimanesse ai margini, cercando sinceramente un incontro laddove si erano verificate incomprensioni, litigi… che abbiamo superato davvero, del tutto. Ora possiamo dire che siamo veramente un bel gruppo, una bella squadra.

ROBERTO: Un grande obiettivo come questo, nel nostro caso consegnare 514 Gohonzon, si realizza sempre attraverso tanti piccoli sforzi. Questo per noi è ancora più vero, perché abbiamo centrato esattamente l’obiettivo, non uno di più o di meno e ciò autorizza ogni persona che fa attività nella nostra area a pensare: se io non avessi fatto quello sforzo quel giorno tutto questo non si sarebbe realizzato. Se non avessi parlato a quella persona, se non avessi detto quella cosa allo zadankai… Veramente ognuno può dire: questo scopo si è realizzato grazie a me.

GIANCARLO: Quando ci si mette un obiettivo di questo genere e si vince, si respira veramente un’aria diversa. Ora nei gruppi c’è un’atmosfera diversa, c’è passione, voglia di fare, gioia. Itai doshin, “il vero scopo della propagazione di Nichiren”, si crea attraverso la condivisione di un obiettivo. Decidendo di realizzarlo, cioè riportando lo shakubuku al centro dell’attività, stiamo in realtà seguendo le indicazioni del maestro, del presidente Ikeda, che uno lo sappia o no. Quando il presidente Ikeda, nel Mondo del Gosho, paragona la nostra organizzazione a un tessuto formato dall’ordito e dalla trama, mi fa riflettere sul fatto che la stoffa non si può comporre se prima non c’è l’ordito, che è la struttura portante del tessuto, e questa è la relazione di ogni singolo con il maestro. Quando nasce la decisione di realizzare un obiettivo come questo si stabilisce una connessione col maestro, e di conseguenza si compone la trama tra le persone che vogliono insieme realizzare questo scopo.

MARIA LUCIA: È una di quelle vittorie che invece di farci rilassare ci ha proprio rimesso in pista. Viene voglia di fare ancora di più perché la vita si è riaccesa.

MARINA: Infatti i capitoli che non hanno realizzato, da soli hanno determinato spontaneamente di realizzare lo scopo di quest’anno più quello che non era stato raggiunto l’anno scorso.

GIANCARLO: Che strategie avete per il 2006? Quali azioni avete già messo in campo?

ROBERTO: Noi a fine anno abbiamo fatto una bellissima attività, incontrando tutti i capitoli dell’area assieme ai responsabili di hombu e territorio. Questa attività ci ha molto uniti e ci ha permesso di realizzare lo scopo. Ora abbiamo ricominciato, in particolare nelle zone esterne, anche a fare riunioni di studio aperte a tutti i membri, per incoraggiarli sulla base del Gosho e degli scritti di sensei.

MARINA: Il presidente Ikeda, nella guida che ha dato ai membri europei, ci ha chiesto innanzitutto di realizzare in cinque anni gli sforzi di cento anni. Abbiamo allora deciso di curare moltissimo lo studio del Gosho, facendo le riunioni a livello di gruppo e organizzando la preparazione a livello di hombu, a cui partecipano i responsabili di territorio e di area.

GIANCARLO: Come dice il secondo punto dell’editoriale di gennaio del presidente Akiya, lo studio è la spina dorsale della fede. L’obiettivo è allora di studiare di più noi per primi usando il Gosho nella vita di tutti i giorni. Ma nella guida per i membri europei il punto che mi tocca di più è quello della gratitudine, su cui sto lavorando molto, cercando sempre di fare attenzione ad avere massima considerazione e gratitudine per ogni membro, perché tutti si stanno dando da fare veramente al di là di ogni aspettativa. Io invece volevo chiedervi: che speranze avete per il futuro a livello nazionale? Cosa desiderate che succeda in Italia?

MARIA LUCIA: Per me bisogna assolutamente trovare il kaikan. Questo è il mio scopo impossibile per il 2006, il Centro culturale a Roma, e vorrei che fosse veramente condiviso in tutta Italia. Il mio desiderio è poi che tutti i membri partecipino con interesse alla vita della Soka Gakkai, che si sentano protagonisti del movimento di kosen-rufu. Se tanti membri si allontanano, come è successo in tempi recenti, il nostro castello si sgretola, rimane senza fondamenta. Ma la partecipazione, come indicano tutti i messaggi per l’anno nuovo, si crea coltivando legami da persona a persona, uno a uno, cercando e coinvolgendo ogni persona singolarmente. Io voglio fare così.

ROBERTO: A me piacerebbe che la forza data dall’unità che abbiamo vissuto noi qui a Roma sia sperimentata a livello nazionale. L’unità crea una forza straordinaria.

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