2001, anno della vittoria completa! Germania, difficoltà in un paese straniero. Mi aggrappo all’unica cosa che insieme al Daimoku, mi fa sollevare lo stato vitale: l’attività buddista. Pian piano emergo dallo stagno melmoso. Aprile 2001, opportunità di partecipare a una settimana di attività di protezione (keibi) a Bingen (dove si trova il Centro culturale nazionale tedesco). Sono byakuren dall’inizio della pratica (1984), questa è un’esperienza nuova, ci provo! Ostacoli, Daimoku, due ore al giorno perché questa attività sia motivo di crescita per la mia fede e la mia vita personale. È luglio, una meravigliosa settimana estiva. Sei tedeschi, una giapponese e me, come nelle barzellette!
Mi offrono di assumere la responsabilità per la settimana.
Inizia male, io vengo dall’Italia dove nell’attività buddista tutto è organizzato e programmato. Non capisco che senso abbia la responsabilità qui: ognuno fa quello che vuole; come si fa ad avere un buon esito se non si collabora, per non parlare del Daimoku che recitiamo insieme… ognuno per conto suo. Propongo di “unirci” almeno in questo e qualcuno si arrabbia…
Il secondo giorno sono in piena “crisi di nervi”: per la prima volta me ne voglio andare dal pieno di un’attività, ma cosa ci faccio qui, questi tedeschi sono assolutamente inquadrati nella società e completamente anarchici nell’attività. Non ho voglia di restare! Mi confido con Kyoshi. Lui pratica da quarant’anni, gli è stato chiesto da sensei di prendersi cura di questo Centro. Mi viene fuori una rabbia mista a disperazione, già questo paese non mi piace e mi sento costretta a rimanerci per diversi motivi.
Kyoshi mi ascolta e mi guarda con un’aria desiderosa di vedermi vincere: «Bene, ora organizziamo una riunione», dice. Ci riuniamo, penso: «Che bello ora Kyoshi gliene dice quattro». Lui mi guarda, guarda gli altri e dice: «Donatella ha qualcosa da dirvi». Mi crolla il mondo addosso, io volevo solo andarmene e invece devo sputare il rospo, dico tutto ciò che non mi va e scopro che tutti provano le mie stesse sensazioni. Ci sentiamo liberati ed esattamente in quel momento decido nel mio cuore di prendermi da sola e completamente la responsabilità di quel corso. Recitiamo un’ora di Daimoku tutti insieme e misticamente da quel momento la sintonia è perfetta. Decido, voglio avere lo stesso cuore di sensei e trasmetterlo agli altri al di là delle parole e rafforzare il legame con il maestro. Decido di riuscire a sentire la sofferenza di chi mi sta a cuore e non pratica. Decido che faremo tutti una grande esperienza.
Passano i giorni e tutto è un ritmo musicale direi… chi visita il Centro ci fa i complimenti: «Non abbiamo mai visto un gruppo keibi più bello del vostro, trasmettete sintonia e allegria».
Mi riscopro persino cuoca, io che odio cucinare, e sono anche brava… una sorta di “mamma” italiana. Arriva l’ultimo giorno e con le lacrime ci salutiamo, ognuno viene verso di me, mi abbraccia e dice: «Ho sentito il tuo cuore». Ognuno ha sviluppato nuove consapevolezze e vinto sui propri limiti. E pensare che da questi “diversi” volevo scappare…
Ho imparato che cosa significa la diversità e la flessibilità e ho scoperto sulla mia pelle che il “mondo è bello perché vario”. Il legame con il maestro? Da allora scrivo spesso a sensei. Gli obiettivi del corso? Realizzati tutti.
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