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Mi chiedo perché - DEV - Il Nuovo Rinascimento
Istituto Buddista Italiano Soka Gakkai

Buddismo per la pace, la cultura e l’educazione

6 dicembre 2025 Ore 13:20

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Mi chiedo perché

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Vorrei conoscere il significato del juzu.

Il juzu nel Buddismo di Nichiren Daishonin contiene 108 grani tutti uguali, numero che rappresenta i desideri terreni, più altri quattro più piccoli che simboleggiano le quattro guide dei Bodhisattva della Terra; in legno o in plastica, sono infilati nel cordoncino principale.
Le due palline più grosse che sono diametralmente opposte sono dette grani “genitori”. Il grano “madre”, quello unito a tre nappine, significa mistico (myo oppure invisibile); il grano “padre”, quello legato a due nappine significa Legge (ho o anche visibile). Rappresentano i regni oggettivo (kyo) e soggettivo (chi) della vita, o, in altri termini, la realtà oggettiva dell’esistenza e la saggezza necessaria per percepirla.
I due cordoncini che si staccano dal grano “padre” rappresentano il Budda e la Legge, sono annodati perché la Persona e la Legge sono la stessa cosa. Le altre tre nappine stanno a significare i tre tesori: i due cordoncini uguali rappresentano il Budda e la Legge, quello più corto il Prete. Sono detti tesori perché conducono tutte le persone all’Illuminazione. Le quattro palline di forma allungata che si trovano nelle nappine rappresentano i vasi contenenti i benefici che sgorgano dal Gohonzon tramite le nostre preghiere.
Tra i quattro grani a forma di piccolo vaso e i grani “genitori” ci sono altri trenta grani che rappresentano i tremila mondi di ichinen sanzen, cioè i tremila potenziali stati vitali contenuti in un singolo istante di vita. Tutti i grani, a eccezione dei quattro a forma di vaso, sono rotondi a significare che l’insegnamento del Daishonin è armonico, completo e comprende tutto. Quindi impugnare il juzu significa prendere in mano la nostra vita e decidere dal profondo del cuore di alzarsi da soli e cambiare il proprio destino.

Per un ulteriore approfondimento vedi NR n. 187, settembre 1997, pagg. 22-23

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