«Si dice che migliaia di carpe si raccolgano nel bacino sottostante sperando di risalire la cascata e che quella che riuscirà nell’impresa si tramuterà in un drago. Tuttavia, non una sola carpa su cento, su mille o anche su diecimila riesce a risalire la cascata, nemmeno dopo dieci o venti anni. Alcune sono trascinate via dalle forti correnti, altre cadono preda di aquile, falchi, nibbi e civette, e altre ancora vengono catturate, pescate o perfino colpite con frecce dai pescatori che si allineano su entrambe le rive della larga cascata. Tale è la difficoltà per una carpa di diventare un drago» (Il cancello del drago, SND, 4, 275)
Presto si sarebbero tenute le olimpiadi sulla cascata Magadar, la cascata più larga del mondo. Era così grande da contenere tutte le balene degli oceani, e forse qualche altro pesce.
Le carpe si davano un gran daffare, perché avrebbero dovuto risalire quell’enorme montagna d’acqua nel più breve tempo possibile. Il premio finale era il più ambito fra gli animali: diventare un drago dai colori cangianti!
Ogni giorno si allenavano nell’acqua con svariati esercizi; chi nuotava a testa in giù, chi faceva le capriole, chi si tuffava nelle increspature più alte. Erano in continuo movimento fin quando gli ultimi raggi del sole rischiaravano la valle.
Da poche settimane era nata una nuova carpa, ma nessuno la stava allenando, perché troppo piccola. Solo la mamma si accorse che era di una velocità incredibile. Guizzava nell’acqua così rapidamente da far venire le vertigini a guardarla. Pian piano divenne più forte e sempre più veloce, tanto che la chiamavano Speedcarp. La mattina, appena apriva gli occhi, faceva un guizzo improvviso fra le onde, e nessuno riusciva a seguirla. «Speedcarp, dove ti sei cacciata!» urlavano i fratelli, a volte un po’ preoccupati. Dopo un istante appariva tutta giuliva, come uscita da una bolla di sapone.
Anche lei decise di gareggiare, perché le sarebbe tanto piaciuto diventare un drago.
Le prove generali erano vicine e i pesci si sentivano pronti e in ottima forma.
Il gran giorno arrivò e le carpe si allinearono tutte nel bacino; se ne potevano contare a migliaia e ognuna di loro era convinta di farcela. Speedcarp se ne stava un po’ in disparte, perché la mamma l’aveva avvisata di osservare bene la partenza, di non gettarsi subito nella mischia, ma di riflettere un po’ prima di partire.
Al “via” le carpe iniziarono a nuotare velocissime, ma all’improvviso comparvero delle aquile che, appena videro tutto quel trambusto, si buttarono a capofitto per catturarle. Erano iniziate le prime difficoltà che nessuno aveva considerato. Seguirono falchi, così tanti falchi da annebbiare il cielo, e fuori si sentivano solo grida e batter d’ali. Un vero pandemonio! Le carpe che erano riuscite a sopravvivere iniziarono a risalire la cascata, ma ben presto un gruppo di ragazzini iniziò a colpirle con la fionda. I poveri pesci sembravano impazziti e cercavano di scansare i sassi che gli piombavano addosso.
Speedcarp non era ancora partita, e osservava con gran dolore quella scena terribile.
Non poteva assistere a tutto questo senza far niente, voleva salvare qualche suo compagno, anche a costo della vita.
Si gettò nei flutti a una velocità supersonica e raggiunse in pochi secondi uno dei punti più difficili della cascata. Sentì un’enorme massa d’acqua venirle addosso con una forza inaudita. Ma doveva farcela. Stava arrivando un’aquila agguerrita, con le zampe aperte, pronta a catturare una carpa, quando Speedcarp, veloce come la luce, le si buttò addosso per aiutarla. L’aquila non riuscì più a vedere la sua preda e Speedcarp, senza accorgersene, si trovò scaraventata sulla cima della cascata Magadar. Aveva salvato un pesce ed era diventata la campionessa delle olimpiadi. Doppia vittoria e doppia gioia.
Arrivarono tutti i pesci del mare a farle festa, anche le orche, le balene e i salmoni. Ci furono danze nell’acqua per tre giorni interi, e tutta la valle risuonava dei canti degli uccelli.
Non era mai successo, prima d’ora, che una carpa vincesse le olimpiadi, e soprattutto una carpa così giovane. Speedcarp rimirava nell’acqua il suo nuovo aspetto, quello di un bellissimo drago, bello come il sole, mentre tutt’intorno i pesci lo guardavano estasiati e pieni di ammirazione.