Sentirsi più o meno giovani non è solo una questione anagrafica, spiega Andrea Bottai. La capacità di sapersi rinnovare, una pratica mai concentrata solo su se stessi e il coraggio di mettersi in gioco dovrebbero essere le qualità della Divisione uomini, il cui obiettivo è assumersi la piena responsabilità per sé e per gli altri
Grazie, grazie e ancora grazie per tutti gli sforzi che avete fatto l’anno scorso e per quelli che farete quest’anno. Il 2006 è stato definito “Anno dei giovani e dei grandi risultati”, questo è un incoraggiamento volto a stabilire e realizzare grandi traguardi per se stessi e per kosen-rufu basandosi sulla passione dei giovani.
“Giovani” qui si riferisce ai membri della Divisione giovani, studenti e del gruppo Leonardo, a cui dobbiamo trasmettere le basi della fede, dedicare tempo e attenzioni affinché assumano con fiducia la guida del movimento. “Giovani” si riferisce anche a tutti coloro che vivono con giovanile allegria, freschezza e ottimismo per il futuro. Riguardo alla gioventù Daisaku Ikeda afferma: «Cosa è la gioventù? Il filosofo francese Roger Garaudy sostiene che mentre la maggior parte delle persone crede che un individuo nasca giovane e poi invecchi e muoia, in realtà l’acquisizione della gioventù nel senso più profondo è un processo lungo e impegnativo. La gioventù di cui egli parla è la forza spirituale per non ristagnare o resistere al cambiamento, per sentirsi aperti a nuove possibilità. È il potere dello spirito che rifiuta di soccombere all’autocompiacimento e continua a lottare» (Giorno per giorno, 3 marzo).
Caratteristiche dei giovani sono la speranza, l’energia, la capacità di stare insieme con allegria senza essere attaccati al passato. Essere giovani in questo senso è una questione di spirito, non di anagrafe. Lo spirito non si vede, non ha un colore o una forma, è difficile da misurare, ma i suoi effetti si vedono benissimo. Si vedono negli occhi, nel sorriso, nel modo di camminare e di parlare, nel modo di reagire alle cose, di pianificare gli obiettivi, di lamentarsi o di lottare, di sedersi davanti al Gohonzon e cominciare a cambiare.
Il 2006 è stato intitolato “Anno dei grandi risultati”, ma per raggiungerli non è sufficiente dare un titolo all’anno. Se vogliamo raggiungere risultati veramente grandi abbiamo bisogno di porre cause davvero grandi, in tutti i campi. Poiché semi dello stesso tipo producono piante dello stesso tipo, chi vuole cambiare gli effetti deve cambiare le cause e dal momento che tutto origina dalla nostra mente, è la parte spirituale che deve migliorare. La prima grande causa è quindi rinnovare lo spirito e la determinazione con cui stabiliamo i nostri scopi e preghiamo il Gohonzon. Per descrivere tutto questo con una immagine, Nichiren Daishonin usa l’espressione “come un leone all’attacco”. La prima e fondamentale condizione per utilizzare le nostre immense capacità è credere in esse, la seconda è decidere di usarle.
Riguardo a come possiamo usare questa capacità, nel poema dedicato alla Divisione uomini nel 1999, sensei ci incoraggia con queste parole:
Gli uomini devono vincere nella società!
Devono vincere nei rispettivi luoghi di lavoro!
Devono allacciare rapporti di amicizia e di fiducia con ogni persona!
Devono essere come un castello che protegge e avvolge tutta la famiglia con allegria!
Con un fisico forte e sano, bisogna vincere nella dura lotta con la realtà.
E ancora:
Dovunque andiate,
Siate una colonna portante che trasmette sicurezza a tutti!
Siate persone grandi che danno speranza a tutti!
Siate dei veri esempi di umanità
che illuminino il luogo dove siete ora
come brillanti Torri Preziose!
Il ruolo del maestro che stimola il discepolo a manifestare tutte le sue capacità è un aspetto meraviglioso della relazione di non dualità di maestro e discepolo. Alcuni pensano che sia limitante doversi riferire alla guida di un maestro, ma la vera essenza di questo tipo di relazione è che, mettendo in pratica le guide del maestro, anche il discepolo supera i propri limiti e impara a manifestare la sua forza.
La pratica buddista non può essere egoista ed egocentrica, volta solo al raggiungimento di scopi o vantaggi personali. Anzi, sarebbe bene non dimenticare la gratitudine per tutto ciò che abbiamo ricevuto dalla pratica, in particolare vorrei incoraggiare gli uomini, in accordo al ruolo normalmente svolto nella società, a cercare di fare del loro meglio per garantire il sostegno economico al movimento di kosen-rufu. Le attività, l’affitto e la manutenzione dei Centri culturali, si basano unicamente sulle offerte dei membri e vorrei che ognuno di noi uomini potesse sentirsi orgoglioso di contribuirvi. La pratica buddista deve essere svolta sia per sé che per gli altri, proprio come afferma il Gosho Il vero aspetto di tutti i fenomeni: «Devi non solo perseverare tu, ma anche insegnare agli altri. […] Insegna agli altri come meglio puoi, anche una sola frase o una sola parola» (Il Nuovo Rinascimento, n. 336, 1 ottobre 2005, pag. 20).
Nel suo messaggio per Capodanno Ikeda ci dice: «Pregare e agire per il benessere e la felicità delle persone vicine a noi ha un legame diretto con la felicità di tutta l’umanità», in altre parole: se vuoi affrontare i problemi del mondo inizia da dove ti trovi adesso. Un quotidiano impegno per il bene degli altri e della società non è solo un dovere morale ma anche l’indice di completezza del carattere e di integrazione sociale. Ikeda parla anche dell’empowerment (diventare consapevoli del proprio potere di trasformazione della realtà e trasmettere la stessa consapevolezza agli altri, n.d.r.) della gente comune come di una chiave importante per trasformare il corso della storia. Questo è quello che i membri della SGI nel mondo hanno sempre fatto nelle loro attività a sostegno della gente e del suo benessere. Il modello di sviluppo di kosen-rufu sta in questa trasmissione da una persona all’altra della consapevolezza di essere Budda e di avere la missione di insegnarlo agli altri. Ciò che dobbiamo fare è allargare questa base di persone impegnate nel propagare la Legge a beneficio del prossimo.
Nel fare questo dobbiamo resistere alle spinte negative come il cinismo e l’individualismo che vengono dalla società e che potrebbero scoraggiare le nostre speranze. La cosa da fare è agire, muoversi per “insegnare agli altri anche solo una singola frase”. La frase cui si riferisce il Gosho è naturalmente Nam-myoho-renge-kyo. Quando tantissime persone insieme si alzeranno per recitare e insegnare agli altri il flusso di kosen-rufu diventerà sempre più largo e impetuoso. Nel Gosho Domande e risposte sulla fede nel Sutra del Loto si legge: «Recita Nam-myoho-renge-kyo sinceramente ed esorta gli altri a fare la stessa cosa; questo resterà il solo ricordo della tua vita presente in questo mondo umano» (SND, 7, 24). Il Daishonin ci dice che è solo questo in definitiva ciò che conta: recitare e insegnare agli altri.
Kosen-rufu, per definizione, è un movimento della gente. Per ottenere grandi risultati nella propagazione è necessario allargare la cerchia delle persone che si dedicano attivamente a questo. In ogni gruppo, chi pratica il Buddismo da più tempo dovrebbe prendersi cura di chi lo pratica da meno tempo. Ognuno dovrebbe chiedersi: «Come stanno i miei compagni? Hanno bisogno di aiuto? Recitiamo Gongyo e Daimoku insieme? C’è una persona che non vedo da qualche tempo, vado a trovarla?». Tutti poi potrebbero impegnarsi a dialogare con gli altri sul Buddismo per invitare persone nuove. Se si costruisce questo tipo di “castello di persone”, ogni nuovo arrivato troverà il suo posto e contribuirà a rendere questo castello ancora più grande e più bello.
Abbiamo due nemici potenti da sconfiggere per realizzare grandi risultati: il pregiudizio e l’inerzia. Il pregiudizio verso gli altri costruisce una corazza intorno al cuore a causa della quale non si riesce a dare fiducia alle persone e a costruire rapporti veri e profondi. Verso se stessi è la voce del demone che dice: «Questo lo hai già fatto e non è servito a niente» e di conseguenza uno non sa più cosa fare. L’inerzia è la fatica di cambiare. Cambiare abitudini, crearne di nuove, agire diversamente da come si è sempre fatto, mettersi in gioco, tutto ciò incontra la resistenza dell’inerzia del corpo e della mente. È per vincere questi nemici che invochiamo lo spirito dei giovani. Osserviamo i ragazzi, apprezziamone la freschezza, il sorriso, ritroviamo lo spirito della nostra gioventù e assumiamo il nostro ruolo di adulti, esperti della vita ma pieni di giovanile entusiasmo.