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Nichiren Shoshu e Soka Gakkai - DEV - Il Nuovo Rinascimento
Istituto Buddista Italiano Soka Gakkai

Buddismo per la pace, la cultura e l’educazione

6 dicembre 2025 Ore 16:44

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Nichiren Shoshu e Soka Gakkai

La scomunica dei membri della Soka Gakkai avvenuta nel 1991 da parte del patriarca Nikken doveva servire ad assoggettare i suoi membri al potere del clero. È stata invece l’occasione per l’associazione laica di manifestare la sua vitalità e indipendenza e per ribadire che il suo unico scopo è la diffusione del Buddismo di Nichiren Daishonin e la felicità delle persone. Un argomento complesso che verrà approfondito ulteriormente nei prossimi numeri

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La scomunica dei membri della Soka Gakkai avvenuta nel 1991 da parte del patriarca Nikken doveva servire ad assoggettare i suoi membri al potere del clero. È stata invece l’occasione per l’associazione laica di manifestare la sua vitalità e indipendenza e per ribadire che il suo unico scopo è la diffusione del Buddismo di Nichiren Daishonin e la felicità delle persone. Un argomento complesso che verrà approfondito ulteriormente nei prossimi numeri

Nell’estate del 1282, quando Nichiren Daishonin stava per morire, consapevole dell’importanza di preservare la purezza del proprio insegnamento, lasciò al suo discepolo più fedele, Byakuren Ajari Nikko, l’eredità della propagazione del suo insegnamento, di far conoscere al mondo Nam-myoho-renge-kyo.
Nikko era all’epoca uno dei sei preti anziani più vicini a Nichiren (gli altri erano Nissho, Nichiro, Nitcho, Nichiji e Niko), eppure questi decise di affidare solo a lui l’intero corpus della sua dottrina e il compito di tramandarla alle generazioni future tramite due atti di trasmissione: l’Atto di Ikegami e l’Atto di Minobu. Gli altri preti anziani, che consideravano Nichiren Daishonin un semplice successore di Tien-t’ai e Dengyo e avevano contaminato la dottrina del loro maestro inserendovi principi di altre scuole, dopo la sua morte distrussero diverse sue lettere accampando fra le varie motivazioni il fatto che Nichiren li avesse scritti nella lingua volgare, corrente “fonetica” che poteva essere compresa non soltanto dagli eruditi e non nella lingua “dotta” che aveva invece riservato per i trattati. Da questi cinque preti anziani si svilupparono in seguito molte scuole buddiste – le quali, in contraddizione con quanto indicato da Nichiren stesso, non si preoccuparono affatto dell’ampia diffusione di Nam-myoho-renge-kyo. A dire il vero, fino all’avvento della Soka Gakkai, nessuno se n’era mai occupato e, anche per la stessa Nichiren Shoshu, la propagazione era l’ultimo dei pensieri.

Il ruolo dei laici

Nikko Shonin, in seguito al comportamento calunnioso del signore di Minobu, influenzato a sua volta da Niko, trasferì le ceneri del suo maestro e il Dai-Gohonzon ai piedi del monte Fuji dove fondò la scuola omonima per preservare lo spirito e la pratica come indicati da Nichiren. La scuola prese poi il nome di Nichiren Shoshu, o scuola ortodossa Nichiren, portando avanti il compito di custode dell’insegnamento di Nichiren Daishonin e del Dai-Gohonzon, con alterne vicende che videro succedersi patriarchi sinceramente devoti e interessati a preservare la dottrina originale del maestro ad altri corrotti o più interessati al potere temporale, che nella storia del Giappone è sempre stato strettamente associato al potere religioso, piuttosto che alla loro missione. I laici, la gente comune, godevano comunque di scarsa considerazione, in quanto il loro ruolo era solo quello di sostenere economicamente i monaci, unici depositari della loro possibilità di Illuminazione. In realtà, è solo con l’apparizione della Soka Gakkai che i laici sono saliti sulla ribalta dello scenario religioso, facendosi spazio in una realtà composta prevalentemente di monaci.
Nichiren aveva iscritto il Gohonzon per la propagazione della Legge mistica nei “diecimila e più anni dell’Ultimo giorno della Legge” nel mondo. Da questo punto di vista, la Nichiren Shoshu non ha sicuramente brillato, visto che dalla morte di Nichiren fino alla costituzione della Soka Gakkai, il Buddismo di Nichiren non è praticamente uscito dal Giappone.

Il potere imperiale e la Soka Gakkai

Nel 1930 un maestro di scuola elementare, Tsunesaburo Makiguchi, si convertì al Buddismo di Nichiren e fondò la Soka Kyoiku Gakkai, prevalentemente composta da educatori, cui presto si unì anche Josei Toda, un altro insegnante elementare che lavorava nella scuola diretta da Makiguchi.
Negli anni Trenta e Quaranta, a livello politico e civile iniziò a dilagare il totalitarismo nelle sue varie forme e in Giappone il regime militarista sfruttò a suo vantaggio la tradizione nipponica secondo la quale l’imperatore era considerato un discendente della dea del Sole Amaterasu Omikami. Questo condusse alla sempre maggiore identità fra potere politico e religione fino al punto che lo scintoismo, che era il culto tradizionale giapponese, venne, per motivi di propaganda bellica, dichiarato religione di stato.
Il governo chiese alle varie scuole buddiste di scendere a gravi compromessi, primo fra i quali quello di unificarsi in gruppi riconducibili alla stessa origine per poterle più facilmente controllare. La Nichiren Shoshu si sarebbe dovuta unire alla scuola Minobu, fondata da Niko, uno dei cinque preti anziani, e avrebbe dovuto collocare a fianco del Dai-Gohonzon, nel tempio principale ai piedi del monte Fuji, un talismano scintoista. Stando alle istruzioni di Nichiren, che esortava i discepoli a non accettare compromessi sui punti essenziali della fede, il patriarca dell’epoca avrebbe dovuto rifiutare, invece accettò. Makiguchi e Toda, che si rifiutarono di accettare questo compromesso, furono dapprima perseguitati e poi incarcerati. Le riunioni di discussione organizzate all’epoca dalla Soka Gakkai, come avviene ancora oggi in abitazioni private, avvenivano alla presenza di poliziotti che avevano il compito di controllare le attività “eversive” e antimperialiste dei suoi membri. Questo fu solo uno dei segnali di quanto poi sarebbe accaduto in seguito.

Dal dopoguerra a oggi

Dopo la morte di Makiguchi in prigione, Josei Toda ricostruì la Soka Gakkai, decimata dalle defezioni prebelliche e dalla guerra stessa; lanciò l’obiettivo di accogliere nella Gakkai 750.000 famiglie prima della sua morte, e lo realizzò. Pensando al futuro individuò il suo successore in Daisaku Ikeda, un giovane che all’epoca godeva di scarsa salute e a cui i medici non davano speranze di lunga vita, allenandolo e affidandogli il proprio sogno, la propagazione del Buddismo in tutto il mondo. Fra i sogni di Toda c’era quello di avviare una raccolta di fondi fra i membri della Soka Gakkai per poter realizzare la costruzione dello Sho Hondo: un grande tempio ai piedi del monte Fuji che avrebbe custodito il Dai-Gohonzon per l’eternità e che per le sue dimensioni avrebbe permesso a moltissime persone di incontrare il Gohonzon iscritto per il genere umano. La campagna, che avvenne sotto la presidenza di Daisaku Ikeda, coinvolse tutti i membri della Soka Gakkai che consegnarono il risultato sbalorditivo della loro offerta: trentacinque miliardi di yen raccolti in un momento in cui il Giappone stava attraversando una grave recessione economica che costringeva molte aziende alla chiusura. Lo Sho Hondo venne inaugurato nel 1972 con le lodi e il sostegno del patriarca dell’epoca, Nittatsu, che disse: «Questa costruzione sarà da considerarsi come la realizzazione del Grande santuario di honmon, volontà di Nichiren Daishonin, opera e desiderio grande di noi, suoi discepoli, oltre che concretizzazione, nel lungo periodo, della realizzazione di kosen-rufu» (Duemilauno, n. 76, pag. 34). Ma non tutti i membri del clero la pensavano così. Ci fu un gruppo che si oppose finché poté a questa interpretazione di Nittatsu e alla realizzazione di quest’opera, ma poi si dovette arrendere ai fatti. Negli anni e con lo sviluppo esponenziale della Soka Gakkai, l’equilibrio fra il clero e il versante laico si fece instabile: da una parte il clero godeva i vantaggi di avere alle sue spalle un’organizzazione in crescita, che donava alla Nichiren Shoshu nuovi templi ma dall’altra, questa presenza iniziava a essere ingombrante e a minacciare le loro pretese di superiorità. Nel tentativo di riequilibrare questi rapporti difficili, nell’aprile del 1979 il presidente della Soka Gakkai, Daisaku Ikeda, fu costretto alle dimissioni mantenendo solo la carica di presidente della Soka Gakkai Internazionale.

L’Operazione C

Alla morte di Nittatsu Shonin, il sessantaseiesimo patriarca, avvenuta a luglio del 1979, gli succedette in modo non chiaro Nikken Abe, una nomina che venne subito contestata anche dai monaci di un’altra corrente interna alla Nichiren Shoshu, il gruppo Shoshinkai, successivamente espulsi dallo stesso Nikken. La Soka Gakkai in quel periodo contava ormai milioni di membri, che erano una fonte sicura di reddito per il clero e per il mantenimento dei templi: viene posto sempre più l’accento sull’usanza tradizionale giapponese di fare offerte ai preti in occasione delle cerimonie funebri, fino a chiedere cifre esagerate alle famiglie minacciando la “caduta nell’inferno” del defunto in caso di mancata elargizione. Col passare degli anni, sotto la guida di Nikken l’atteggiamento della Nichiren Shoshu verso i membri della Soka Gakkai e verso il presidente Ikeda si fece sempre più aspro e teso, nonostante moltissimi tentativi di conciliazione portati avanti dalla Soka Gakkai stessa.
Nel 1990 il patriarca Nikken, ordì segretamente un piano per distruggere la Soka Gakkai denominato Operazione C che vedeva la partecipazione anche di una serie di personaggi politici giapponesi ai quali l’attività della Soka Gakkai non era gradita insieme a vari esponenti della stampa scandalistica. Fra i “registi” dell’operazione, il cui obiettivo era distruggere la Soka Gakkai e riportare i credenti laici direttamente sotto il controllo del clero, un personaggio ambiguo, l’ex avvocato della Soka Gakkai Masatomo Yamazaki (Il Nuovo Rinascimento, n. 323, 1 marzo 2005). Con un pretesto il clero innescò una catena di eventi che portarono alla fine del 1991 alla scomunica dei membri in tutto il mondo della Soka Gakkai e alla sospensione delle consegne di Gohonzon. Le aspettative dei dirigenti della Nichiren Shoshu erano di un rapido successo; secondo i piani dell’Operazione C, i membri smarriti avrebbero abbandonato la Soka Gakkai, rifugiandosi sotto l’ala protettiva del clero. Ma la realtà fu completamente diversa e, in risposta alla scomunica, in tutto il mondo sedici milioni e duecentoquarantamila persone firmarono una petizione per le dimissioni del patriarca Nikken. Quattro anni dopo Sendo Narita, priore del tempio in cui era custodita una matrice per la stampa dei Gohonzon iscritta dal patriarca Nichikan, uno dei più illustri patriarchi nella storia della Nichiren Shoshu, decise di donarla alla Soka Gakkai, perché potesse riprendere a consegnare i Gohonzon.
Nel frattempo proseguiva una massiccia campagna di attacchi dei mass-media contro la Soka Gakkai in Giappone accompagnata dal tentativo da parte del clero di costruirsi una base di fedeli all’estero, dove i particolari della vicenda non erano sufficientemente noti, che potesse continuare ad assicurare loro la prosperità economica; gli strumenti utilizzati non erano le normali attività di propagazione quanto cercare di portare dalla propria parte i membri già aderenti alla Soka Gakkai. Iniziarono intanto a venire alla luce una serie di scandali e di esempi di corruzione radicata all’interno del clero. Diversi preti uscirono dalla Nichiren Shoshu costituendo associazioni per la riforma del clero. Il patriarca Nikken Abe iniziò a distruggere sistematicamente tutti gli edifici che, nell’area del Taiseki-ji, erano stati realizzati grazie all’offerta dei membri della Soka Gakkai fino ad abbattere lo Sho Hondo, il tempio in cui era custodito il Dai-Gohonzon, costruito con le offerte di otto milioni di membri di tutto il mondo.
Negli anni successivi, la Soka Gakkai Internazionale ha proseguito la sua espansione a livello mondiale che la vede attualmente presente in oltre 190 paesi, proseguendo il dialogo e l’apertura verso le altre forze religiose e laiche desiderose di realizzare concretamente la pace nel mondo e un futuro migliore per l’umanità.

(ha collaborato Luigi Finocchiaro)

Per approfondire leggere anche gli speciali di Duemilauno n. 68 e n. 76 e il discorso di Daisaku Ikeda I falsi santi (Il Nuovo Rinascimento, n. 299, pagg. 3-8). Si consiglia inoltre la lettura del romanzo La nuova rivoluzione umana (ed. Esperia) nel quale vengono raccontati in modo dettagliato molti fatti riguardanti la storia della Nichiren Shoshu e i suoi rapporti con la Soka Gakkai.

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