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L'eredità della legge fondamentale della vita - DEV - Il Nuovo Rinascimento
Istituto Buddista Italiano Soka Gakkai

Buddismo per la pace, la cultura e l’educazione

6 dicembre 2025 Ore 13:22

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L’eredità della legge fondamentale della vita

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Shoji ichidaiji kechimyaku sho
Gosho Zenshu, pag. 1336
scritto da Sado l’11 febbraio 1272

seconda parte

Che felicità! Come trattenere le lacrime di gioia sapendo che non uno o due, non cento o duecento, ma mille Budda verranno ad accoglierci con le braccia aperte?
Chi non ha fede nel Sutra del Loto sarà accolto dai guardiani dell’inferno che gli afferreranno le mani poiché il sutra afferma: «Allorché la sua vita giungerà al termine egli cadrà nell’inferno Avichi»[ref]SDL, 3, 94.[/ref]. Che pena! I dieci re[ref]Dieci re: figure simboliche della tradizione religiosa popolare. In Cina l’inferno era rappresentato come un tribunale dei demoni in cui i morti erano processati per le loro azioni malvagie.[/ref] del mondo dei morti lo giudicheranno e i messaggeri del cielo[ref]Messaggeri del cielo: due divinità che si diceva dimorassero sulle spalle di ogni persona dalla nascita alla morte tenendo nota di tutte le sue azioni. Rappresentano il funzionamento della legge di causa ed effetto nella propria vita.[/ref] che sono con lui dalla nascita lo rimprovereranno.
Immagina quei mille Budda che tendono le braccia verso tutti i discepoli di Nichiren, che recitano Nam-myoho-renge-kyo, come meloni o convolvoli che tendono i loro tralci sottili. I miei discepoli, preti e laici, ora possono abbracciare il Sutra del Loto in virtù del forte legame formato con esso nelle vite passate e senza dubbio conseguiranno la Buddità nel futuro. L’eredità del Sutra del Loto fluisce nella vita di coloro che non lo hanno mai abbandonato in nessuna esistenza, nel passato, nel presente e nel futuro[ref]Lett.: «[…] nelle tre esistenze, attraverso vita e morte del passato, vita e morte del presente e vita e morte del futuro»[/ref]. Ma coloro che non credono nel Sutra del Loto e lo offendono «distruggeranno immediatamente tutti i semi per divenire Budda in questo mondo»[ref]SDL, 3, 94.[/ref]. Poiché essi distruggono il seme che permette di divenire Budda, non hanno accesso all’eredità della Legge fondamentale di vita e morte.
In generale, che i discepoli di Nichiren, preti e laici, recitino Nam-myoho-renge-kyo con lo spirito di “diversi corpi, stessa mente”, senza alcuna distinzione fra di loro[ref]Lett.: «[…] senza alcun pensiero di me o degli altri, di questo o di quello». Non si tratta di una negazione dell’individualità, ma del superamento del divario fra persona e persona, che sorge dall’egoismo e dalla sfiducia.[/ref], uniti come i pesci e l’acqua, questo si chiama eredità della Legge fondamentale della vita. In ciò consiste il vero scopo della propagazione di Nichiren. Se è così, anche il grande desiderio di kosen-rufu potrà realizzarsi. Ma se qualcuno dei discepoli di Nichiren distrugge l’unità di “diversi corpi, stessa mente”[ref]Lett.: «Se qualcuno dei discepoli di Nichiren è in itai ishin (diversi corpi, diversa mente)».[/ref] sarà come chi distrugge il proprio castello dall’interno.
Io, Nichiren, ho cercato di risvegliare tutto il popolo giapponese alla fede del Sutra del Loto in modo che anch’essi potessero condividerne l’eredità e conseguire la Buddità, ma invece mi hanno perseguitato in ogni modo e infine mi hanno esiliato in questa isola. Tu hai seguito Nichiren nonostante tutto e per questo hai incontrato persecuzioni. Pensare a ciò che avrai provato mi addolora profondamente. L’oro non può essere bruciato dal fuoco né corroso o spazzato via dall’acqua, mentre il ferro è vulnerabile da parte di entrambi. Una persona saggia è paragonabile all’oro, uno sciocco al ferro. Tu sei come l’oro puro perché abbracci l’oro del Sutra del Loto. Un brano del sutra dice: «Il monte Sumeru è il supremo [fra le montagne], così è per questo Sutra del Loto. [È il supremo fra tutti i sutra]»[ref]SDL, 23, 382.[/ref]. E dice anche: «La fortuna che hai accumulato […]. Non potrà essere bruciata dal fuoco, né spazzata via dall’acqua»[ref]SDL, 23, 385.[/ref].
Non è dovuto alla relazione karmica formata nel passato se ora sei diventato discepolo di Nichiren? Certamente i Budda Shakyamuni e Molti Tesori (Taho) lo sanno. Le parole del sutra «le persone che avevano udito la Legge dimorano in varie terre del Budda, rinascendo di continuo insieme ai loro maestri»[ref]SDL, 7, 180.[/ref] non possono essere false.
Finora nessuno mi aveva fatto una domanda sulla trasmissione dell’eredità della Legge fondamentale della vita. È ammirevole, ammirevole! Comprendi profondamente ciò che ho spiegato dettagliatamente in questa lettera. Pratica solo Nam-myoho-renge-kyo, l’eredità trasmessa da Shakyamuni e Molti Tesori al bodhisattva Pratiche Superiori (Jyogyo).
La funzione del fuoco è bruciare e dare luce. La funzione dell’acqua è lavare la sporcizia. Il vento spazza via la polvere e infonde la vita nelle piante, negli animali e negli esseri umani. La terra produce le piante e gli alberi, e il cielo provvede all’umidità che reca nutrimento. Anche i cinque caratteri di Myoho-renge-kyo operano così: sono le funzioni benefiche dei Bodhisattva della Terra, discepoli del Budda nella sua vera identità. Il Sutra del Loto dice che il bodhisattva Pratiche Superiori (Jyogyo) deve apparire adesso, nell’Ultimo giorno della Legge, per propagare questo insegnamento ma questo è accaduto realmente? Che il bodhisattva Pratiche Superiori sia già apparso o no, Nichiren ha già cominciato la propagazione.
Sii fermamente deciso a risvegliare il grande potere della fede e recita Nam-myoho-renge-kyo con la preghiera che la tua fede continui a essere ferma e corretta anche nel momento della morte; non cercare mai un modo diverso da questo per ereditare la Legge fondamentale di vita e morte. Questo è il significato di «le illusioni e i desideri sono Illuminazione» e di «le sofferenze di nascita[ref]Il carattere sho in shoji (vita e morte) significa sia vita che nascita.[/ref] e morte sono nirvana». Senza l’eredità della fede, sarebbe inutile abbracciare il Sutra del Loto. Ti spiegherò ancora dettagliatamente in un’altra occasione.

Con mio profondo rispetto
Nichiren,
lo Shramana del Giappone

L’undicesimo giorno del secondo mese del nono anno di Bun’ei (1272)
Segno ciclico mizunoe-saru
Risposta all’onorevole Sairen-bo

nota dei traduttori

L’attuale versione italiana del Gosho raccolta nei volumi della serie Gli scritti di Nichiren Daishonin (SND) e la nuova edizione inglese revisionata pubblicata nel volume The Writings of Nichiren Daishonin (WND) presentano numerose differenze. Essendo in lavorazione anche la nuova versione italiana basata sulle ultime edizioni giapponesi e inglesi, abbiamo scelto di presentare in queste pagine la nuova traduzione provvisoria avvisando il lettore che, prima dell’uscita in volume della nuova versione, le traduzioni potranno ancora subire variazioni.

Spiegazione a cura del dipartimento di studio

Il secondo punto

«I miei discepoli, preti e laici, ora possono abbracciare … non hanno accesso all’eredità della Legge fondamentale di vita e morte».

Dopo aver spiegato che il primo punto per ereditare (cioè manifestare e diffondere) la Legge è la convinzione che non esiste alcuna differenza fra il Budda, la Legge e tutti gli esseri umani, Nichiren Daishonin indica come secondo punto la continuità nella pratica buddista. Questo aspetto della fede in Nam-myoho-renge-kyo è cruciale e corrisponde al cosiddetto «precetto del calice di diamante» che in parole povere significa «non smettere mai di praticare». (WND, 481 e vedi anche SND, 6, 219 nel quale viene chiamato “precetto di diamante”. Il precetto del calice di diamante è il precetto che, come il calice di diamante stesso, è impossibile da infrangere. È citato nel Sutra della rete di Brahma e Dengyo afferma che il “calice di diamante” è la natura di Budda o vero aspetto di tutti i fenomeni, n.d.r.).
Nichiren ha spiegato (vedi Il Nuovo Rinascimento, 342, pag. 17) che l’eredità della Legge fondamentale della vita non ha nulla a che vedere con cerimonie formali per la trasmissione degli insegnamenti, come accade in altre religioni, ma riguarda il contatto e l’identità con la Legge che avviene nella profondità della nostra vita quando crediamo totalmente nella Buddità nostra e degli altri, sfidando la tendenza al dubbio e alla sfiducia.
Scrive Ikeda: «È sufficiente avere una salda fede e recitare Daimoku per trasferire la vita del Gohonzon nella nostra, per far emergere la vita del Daishonin, cioè la Buddità, da dentro di noi. […] Il Gohonzon [in quanto materializza la condizione di Illuminazione di Nichiren Daishonin, n.d.r.] può essere paragonato a un uccello che vola libero nel cielo e la nostra Buddità a un uccello prigioniero in gabbia. Quando manifestiamo la Buddità è come se l’uccello in gabbia rispondesse al canto di quello nel cielo» (Lezioni sugli scritti di Nichiren Daishonin, Esperia, 1996, pagg. 114-115).
In altre parole quando manteniamo la volontà di credere nella Buddità, e continuiamo la nostra pratica nonostante le difficoltà che ci si parano davanti, allora possiamo «ereditare» cioè manifestare la Legge fondamentale e, come spiega il presidente Ikeda, «anche se attualmente ci troviamo in una situazione difficile, se manteniamo una vigorosa energia vitale, un giorno o l’altro vedremo il seme della Illuminazione crescere, maturare e dare frutto» (Ibidem, pag. 115).
La comprensione di questo punto può essere chiara, tuttavia sappiamo quanto sia difficile mantenere la fede tutta la vita; apparentemente sembra facile, ma in realtà non esiste cosa più difficile e nello stesso tempo importante. Per questo motivo il Daishonin si preoccupa, attraverso i suoi incoraggiamenti, di rendere la fede dei suoi discepoli forte e duratura, resistente alle difficoltà.
Nichiren parla in questo brano di «semi per divenire Budda in questo mondo» e si riferisce al fatto che la nostra Buddità immancabilmente si manifesterà, se l’alimentiamo con la fede, analogamente a quei semi, come ad esempio quelli del loto, che tornano a germogliare anche dopo centinaia di anni se posti nelle giuste condizioni. Al contrario se non crediamo, è come se bruciassimo i semi e con essi la possibilità di germogliare, ovvero è come se interrompessimo l’eredità della Legge. Nichiren considera il non credere alla nostra e altrui Buddità, come un’offesa alla Legge e come unico motivo per cui diventa preclusa l’Illuminazione agli esseri umani, in «questo mondo».
Questo aspetto, sottolinea il presidente Ikeda nella sua spiegazione del Gosho, è la chiave per comprendere come possiamo continuare a mantenere la fede. L’Illuminazione o il «risveglio» alla Legge di cui parla il Buddismo, non riguarda una condizione speciale, estranea alla vita quotidiana, al contrario noi possiamo manifestare la Buddità solo «in questo mondo», come dice Nichiren, cioè nella caotica e difficile società in cui stiamo vivendo adesso. Riflettendo bene, è quando si separa la fede dalla vita quotidiana, quando ci facciamo sconfiggere dall’influenza negativa di piccole o grandi difficoltà, invece di utilizzarle come occasioni per fare appello alla Buddità celata nella nostra vita, che si corre il rischio di smettere di praticare. Quando invece si coltiva con sincerità e dedizione la fede nella Legge e quindi nel Gohonzon, attimo dopo attimo, quando si recita Daimoku di fronte a grandi o piccole sofferenze con la convinzione di ottenere benefici, possiamo sviluppare quel tipo di fede che attraversa le tre esistenze (passato, presente e futuro), indicato da Nichiren in questo brano.

Il terzo punto

«In generale, che i discepoli di Nichiren, preti e laici, recitino Nam-myoho-renge-kyo … sarà come chi distrugge il proprio castello dall’interno».

Dal momento che la prova concreta dell’Illuminazione si manifesta soltanto se ci sforziamo di vivere umanamente all’interno della società, la trasmissione della Legge non riguarda solamente l’individuo ma comprende il gruppo di credenti che in questa società si sforzano di avanzare insieme con lo stesso scopo; come dice Nichiren in questo brano, l’eredità della Legge fondamentale scorre all’interno del gruppo di credenti che sono costantemente e saldamente uniti.
Così commenta Ikeda: «Spesso noi c’incontriamo per studiare il Buddismo, programmare l’attività e incrementare così il movimento di kosen-rufu. Ci incoraggiamo e ci consigliamo a vicenda: tutto questo è itai doshin in miniatura. […] Dal momento che la mente umana muta di momento in momento, durante le riunioni i membri si consigliano a vicenda per rimanere sul corretto sentiero della fede. Poi da solo ognuno prosegue nel proprio cammino. […] Questo genere di attività, caratterizzata da una proficua alternanza di riunioni e separazioni, consente a ognuno di manifestare l’essenza del Buddismo nella propria vita. In questo comportamento si concretizza il significato della frase: “Se itai doshin prevale tra le persone, queste raggiungeranno tutti i loro scopi”» (ibidem, pag. 118).
Le attività che si svolgono costantemente nelle organizzazioni della Soka Gakkai di tutti i paesi, basate sulle relazioni di «diversi corpi, stessa mente»(itai doshin), permettono a ognuno di avanzare nella propria trasformazione individuale e di influenzare positivamente l’ambiente in cui opera, facendo progredire kosen-rufu nella società.
Quali sono le caratteristiche di questa relazione di unità?
Analizziamo il significato dei termini giapponesi: itai significa «diversi nel corpo» e sta a indicare la grande considerazione delle peculiari caratteristiche che ogni individuo esprime con la sua individualità. Dal punto di vista del Buddismo questo significa che ognuno dovrebbe sviluppare al massimo le proprie capacità lottando per kosen-rufu, così da offrire un contributo unico al movimento per la felicità dell’intero genere umano.
Doshin, significa “stessa mente”, e si riferisce al fatto che individui differenti agiscano per uno stesso scopo. Questo secondo aspetto è il più importante, dice il presidente Ikeda, perché implica il superamento del proprio egoismo. Nichiren Daishonin usa una nota metafora che ben fa comprendere il legame che dovrebbe unire gli esseri umani tra loro: così come i pesci non possono separarsi dall’acqua, allo stesso modo gli individui dovrebbero comprendere profondamente che la loro vita si forma all’interno di una fitta trama di rapporti con chi li circonda ed è quindi inscindibile da quella degli altri.
«L’”acqua” rappresenta le relazioni umane – afferma ancora Ikeda – che ci circondano, cioè l’organizzazione, e i “pesci” siamo noi stessi. Proprio come i pesci si sentono perfettamente a loro agio nell’acqua, così dobbiamo accordarci insieme, rispettando profondamente ogni membro. L’insegnamento buddista attribuisce una grande importanza al senso di gratitudine: gratitudine verso i genitori, il maestro, la società e tutto il genere umano. Esso considera la nostra esistenza inseparabile dalle altre forme di vita e ci insegna a essere grati per l’esistenza delle altre persone come per la nostra. Il principio di itai doshin si basa su questo elemento. Doshin (stessa mente) significa avere la stessa fede nel Gohonzon e considerare come nostro lo scopo supremo di kosen- rufu. Il Gosho ci insegna ad avere “la stessa mente di Nichiren” e afferma che i suoi discepoli dovrebbero “schierarsi e seguirlo”. […] Dove prevale lo spirito di itai doshin, ognuno saprà riconoscere le battaglie che gli altri, ognuno secondo le proprie capacità, stanno combattendo. […] Nascerà di conseguenza un senso di rispetto verso gli sforzi e i sentimenti altrui e il desiderio di spendere ulteriori energie per realizzare la propria missione» (ibidem, pag 121). L’elemento più importante è comprendere che “doshin“, lo scopo comune tra i compagni di fede, è rappresentato dalla “mente” o intenzione di Nichiren Daishonin.
Cosa significa quindi avere “la stessa mente di Nichiren Daishonin”? L’espressione fa riferimento alla determinazione alla base della vita e del comportamento di Nichiren Daishonin di permettere a tutte le persone di raggiungere l’Illuminazione; per noi significa non solo far proprio il desiderio del Budda, ma sentire l’impegno coraggioso per kosen-rufu, come missione della nostra stessa vita.
Tra gli esseri umani non è facile creare una condizione vitale che permetta di realizzare uno scopo comune: questo necessita infatti della capacità di agire in armonia con gli altri. Spesso, anche al di là della propria consapevolezza, i punti di vista e i modi di sentire differenti, la tendenza di ognuno all’egoismo e a considerare gli altri in base alle simpatie o antipatie, nonché la presunzione di sentirsi migliori di altri ecc., impediscono l’unità e conducono facilmente al conflitto e alla separazione. Questa situazione è rappresentata dall’espressione itai ishin (diversi corpi, diversa mente), cioè individui differenti con intenzioni differenti. Per questo motivo Nichiren Daishonin ammonisce i discepoli a perseguire l’unità di «diversi corpi, stessa mente»come prerogativa fondamentale per la propria fede e per la propria rivoluzione umana e come unico modo possibile per la trasmissione nella società della Legge fondamentale.
Quali sono i requisiti per sviluppare questa unità? Possiamo individuarne tre.
Il primo è lo spirito di costruire una fede non dipendente dagli altri. Dice, a questo proposito, Ikeda nella Nuova rivoluzione umana: «Allora qual è la chiave dell’unità? È lo spirito di alzarsi in piedi da solo, anche se può sembrare in contraddizione. È importante che ciascuno di noi preghi seriamente e diventi forte» (NRU, 13, di prossima pubblicazione). Per avere una fede forte e indipendente dobbiamo cercare di avere come punto di riferimento la fede nel Gohonzon, imparare dal Gosho e dall’esempio dei tre presidenti fondatori della Soka Gakkai (Makiguchi, Toda e Ikeda) che hanno portato avanti lo spirito di Nichiren Daishonin nella nostra epoca.
Il secondo requisito è far diventare nostro lo scopo della felicità degli altri, in modo sempre più intenso. Quando recitiamo Daimoku anche per gli altri oltre che per noi stessi e ci sforziamo di far comprendere la grandezza della pratica buddista, sviluppiamo naturalmente la forza interiore che serve a far fiorire un cuore altruistico e solidale nei confronti dei compagni di fede e sviluppiamo la capacità di agire insieme, trovando punti che uniscono e dando la possibilità a ognuno di esprimere al meglio le sue qualità, apprezzando gli sforzi altrui.
Il terzo requisito è quello di migliorarsi continuamente, per sbarrare la strada alla tendenza a chiudersi nella propria visione egocentrica. Spesso, infatti, nei primi tempi abbiamo molta gratitudine verso i compagni di fede e l’organizzazione per i nostri miglioramenti ma poi tendiamo a diventare ingrati, pensando orgogliosamente di essere più in gamba degli altri o di aver capito tutto.
Mettere in pratica lo spirito di «diversi corpi, stessa mente» non sempre è facile perché talvolta richiede ripetuti sforzi, ma dove i membri creano questa atmosfera di armoniosa unità, l’eredità della Legge fondamentale scorre come un fiume colmo di benefici per tutti e come dice il Gosho, «anche il grande desiderio di kosen-rufu potrà realizzarsi». Questo compito e con esso il successo della propagazione di kosen-rufu è completamente affidato da Nichiren Daishonin ai discepoli. Avendo a cuore se stessi e gli altri, ognuno si dovrebbe quindi sforzare attivamente di realizzare questo spirito nella comunità di fedeli in cui si trova; diversamente, se si perde di vista l’intento del maestro e si lascia che prevalgano le idee personali e le emozioni, si compie l’opera del «parassita nelle viscere di un leone», cioè si favorisce la disunità. Così, non solo ogni sforzo diviene inefficace, ma si ottiene l’effetto contrario, si ostacola il progresso di kosen-rufu e si cade nell’infelicità.
La Soka Gakkai è un’organizzazione nata per portare avanti l’ideale di kosen-rufu basandosi sul principio dell’unità di itai doshin e ne è prova concreta il fatto che è riuscita a diffondere il Buddismo di Nichiren Daishonin in centonovanta paesi del mondo.

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