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I cuccioli del re leone - DEV - Il Nuovo Rinascimento
Istituto Buddista Italiano Soka Gakkai

Buddismo per la pace, la cultura e l’educazione

6 dicembre 2025 Ore 12:19

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I cuccioli del re leone

In questo lungo discorso presentato dal presidente Ikeda nel mese di agosto, rivolto prima di tutto ai responsabili, si ripercorrono alcune delle fondamentali tappe della storia della Soka Gakkai: dalla nomina di Toda a secondo presidente alle dimissioni di Ikeda avvenute nel 1979

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In questo lungo discorso presentato dal presidente Ikeda nel mese di agosto, rivolto prima di tutto ai responsabili, si ripercorrono alcune delle fondamentali tappe della storia della Soka Gakkai: dalla nomina di Toda a secondo presidente alle dimissioni di Ikeda avvenute nel 1979

Grazie di essere presenti a questo tradizionale appuntamento: è un’ottima occasione per incontrarci e decidere come vincere nelle sfide che ci attendono per promuovere il nostro movimento. La vittoria fa nascere gioia nei cuori ed è anche la chiave per far avanzare kosen-rufu. Il Buddismo implica una lotta; vincendo sia nelle attività buddiste che nella vita, assicureremo la felicità dei nostri discendenti e delle generazioni a venire, acquisendo una fortuna che verrà trasmessa di genitore in figlio, fino all’infinito futuro. La vittoria è determinata dalla serietà e dalla dedizione. La serietà implica l’impegno di portare avanti le proprie responsabilità a prescindere dalla situazione o dalle condizioni esterne. La dedizione è la decisione di non risparmiarsi per realizzare ciò che abbiamo stabilito, indipendentemente dal giudizio degli altri. Questo è il modo in cui ho sempre agito, ottenendo vittorie concrete anche nelle circostanze più difficili.
Calcolo e finzione portano inevitabilmente alla sconfitta. Nella fede i responsabili non sono quelli che rimproverano o danno ordini come un capo autoritario, ma coloro che si addossano volentieri i compiti più ardui per agevolare gli altri. Un vero responsabile protegge la Soka Gakkai e dimostra un’autentica premura per i membri, che si impegnano così duramente. Desidero che tutti voi, che siete ai vertici dell’organizzazione, adottiate questa linea di condotta. Far questo comporta un cambiamento dell’atteggiamento interiore, significa sbarazzarsi di qualsiasi pigrizia intrinseca e della tendenza a delegare agli altri il lavoro più difficile.
Un autentico leader sa come conquistare il cuore della gente e infondere gioia. Dovrebbe essere apprezzato dai propri membri e a sua volta aver cura e mostrare considerazione per gli sforzi di chi si impegna sinceramente nelle attività. Nessuno è più nobile o degno di lode di chi si dedica a kosen-rufu: sono tutti figli del Budda, tutti ugualmente preziosi. Un responsabile che si sforza di agire così e cerca di essere all’altezza della sincera dedizione dei membri, crescerà e si svilupperà. Viceversa, anche chi occupa una posizione di alto livello andrà incontro a una fine meschina se li disprezza o manca loro di rispetto, se cerca di sfruttare la Soka Gakkai – l’armoniosa comunità di credenti che si dedica a kosen-rufu – per il proprio vantaggio personale. Questo è ciò che insegna il Daishonin.

L’enorme potere delle parole di incoraggiamento

Sia Tsunesaburo Makiguchi sia Josei Toda, primo e secondo presidente della Soka Gakkai, credevano fermamente che fosse davvero umano solo chi comprende quanto è importante avere un maestro, ne ha rispetto e di conseguenza riesce ad affermarsi nella vita. Al contrario, erano convinti che chi non mostra apprezzamento per i propri maestri finisce per non essere molto migliore di una bestia.
Ho dedicato la mia giovinezza a sostenere Toda. Qualche anno dopo la fine della guerra, i suoi affari subirono un tracollo e sembrava ci fossero poche possibilità di recupero. Numerosi creditori lo perseguitavano e la situazione era estremamente critica.
In quel periodo, restai al suo fianco deciso a vincere a ogni costo e rimisi in piedi la sua attività commerciale. Non ricevetti alcun salario per diversi mesi, anzi cercai di reperire fondi e chiesi perfino ai miei genitori e a quelli di mia moglie un sostegno finanziario per Toda. Pensando a quei tempi, tutti voi siete in una situazione di gran lunga migliore. All’epoca, alcune persone scrissero falsità terribili su di lui nel tentativo di diffamarlo o screditarlo e alcuni responsabili arroganti si rifiutarono di continuare a considerarlo un maestro. Io ho lottato senza compromessi contro tutti loro, pregando con convinzione affinché Toda, l’unico vero leader di kosen-rufu, diventasse il presidente della Soka Gakkai. Volevo che tutto ciò si realizzasse, non importava quali sacrifici personali avrei dovuto fare.
Finalmente, il 3 maggio del 1951, Toda venne nominato secondo presidente della Soka Gakkai. Aveva vinto, e io, suo discepolo, con lui. Era perfettamente consapevole di tutti i miei sforzi e, con grande trasporto, mi disse: «Mi dispiace per tutti i problemi che ti ho procurato, Daisaku. Grazie».
Da allora ho dedicato la mia vita a farlo conoscere in tutto il mondo.
Seneca (5 a.C.-65 d.C.), il filosofo e oratore dell’antica Roma affermò: «Perché, dunque, l’uomo saggio è grande? Perché ha una grande anima». Mi auguro che tutti voi, saggi responsabili qui riuniti, abbiate ereditato la “grande anima” di maestro e discepolo della Soka Gakkai. Tra i molti capolavori della letteratura su cui Toda mi istruì quando ero un ragazzo, c’era anche il classico cinese Il romanzo dei tre regni. Una volta, il mio maestro citò un brano che lo aveva colpito, in cui l’eroe Chuko K’ung-ming (noto anche col nome di Zhuge Liang) consigliava il suo padrone Liu Pei, imperatore di Shu Han, su come comportarsi con i suoi uomini: «Incoraggiando qualcuno con le parole, cominciamo a rafforzare in lui un senso di responsabilità e lo aiutiamo a risvegliare una nuova consapevolezza».
Non si può pensare che gli altri indovinino da soli ciò che si deve fare, e che di sicuro tutto andrà bene; occorre comunicare con chiarezza ciò che pensiamo e offrire un vero incoraggiamento: ecco il modo per infondere un profondo senso di responsabilità negli altri e motivarli a fare del loro meglio. Ero completamente d’accordo con le parole di Toda. Come maestro e discepolo, conducevamo costantemente questo tipo di dialoghi su filosofia e letteratura. Egli mi ha istruito su un’ampia varietà di argomenti, determinato a trasmettermi tutto ciò che sapeva. Perfino le nostre conversazioni quotidiane erano un modo per insegnarmi. È stato davvero un maestro eccezionale. Un autentico leader forma i giovani e li aiuta a raggiungere la grandezza. Toda considerava infinitamente preziosi i giovani e la Divisione donne, e per questo si dedicava a loro con tutto il cuore. Un vero responsabile non deve mai guardarli dall’alto in basso né trattarli come subalterni. «Se non vi sforzate seriamente all’inizio, alla fine ve ne pentirete». Senza un grande impegno non si possono raggiungere risultati pienamente soddisfacenti e si hanno rimpianti, come spiega questo brano del classico storico cinese Le basi del governo nell’era Chen-kuan.
Mi auguro che i giovani in particolare si applichino al massimo, in modo che in seguito possano sentirsi fieri di aver fatto del loro meglio.

Recitare Daimoku per superare i punti morti

So che per tutta l’estate alcuni dei nostri Centri culturali in Giappone stanno ospitando molti eventi e che ovunque, come nostra consuetudine, sono in programma corsi per gruppi impegnati in attività specifiche.
Il primo corso della Soka Kyoiku Gakkai, antesignana dell’odierna Soka Gakkai, venne tenuto nell’agosto del 1936, quando Makiguchi ne era presidente. Lo stesso tipo di corsi si ripeté annualmente fino all’estate del 1942, quando Makiguchi e Toda vennero arrestati e messi in carcere. Si tenevano al tempio principale Taiseki-ji e costituivano un allenamento sia per il corpo che per la mente, infatti la giornata iniziava con un po’ di ginnastica e finiva alla sera con le riunioni di discussione.
Makiguchi li considerava occasioni preziose per chiarire verità ed errori riscontrati nell’applicazione dei princìpi buddisti. Nel corso del 1941 egli condannò severamente la posizione di molti rappresentanti del clero, disposti ad accettare compromessi rispetto agli insegnamenti del Daishonin.
Con un risonante ruggito di leone, Makiguchi respinse decisamente le loro vili giustificazioni: «Il Gohonzon ha un enorme potere. È impensabile che apporti grandi benefici [in risposta al bene], senza che emergano anche retribuzioni o effetti negativi [in risposta al male]». «Provate – aggiunse poi – a recitare Daimoku intensamente: non sentite (il Gohonzon) che dice: “A chiunque […] tormenti i predicatori della Legge, si spacchi la testa in sette pezzi”» (cfr. SDL, 26, 415). Le sue affermazioni erano pervase di convinzione.
Abbiamo questo grande Gohonzon, per cui ogni volta che ci sentiamo in un momento critico dovremmo per prima cosa recitare Daimoku, pregare per far sgorgare una grande saggezza e poi metterla in pratica. Se agiamo così, non esiste ostacolo o problema che non possa essere superato.
Nell’agosto del 1946, l’anno successivo al rilascio dalla prigione, Toda tenne il primo corso estivo della Soka Gakkai del dopoguerra, che consisteva in lezioni sugli scritti del Daishonin, sessioni di domanda e risposta e riunioni di discussione. Da allora, e fino all’estate del 1957, anno antecedente alla sua morte, egli fece di questi corsi una tradizione annuale capace di fornire un impulso eccezionale per la nostra attività di propagazione, tesa alla realizzazione dell’obiettivo di Toda di settecentocinquantamila nuove famiglie.
Il primo storico corso esterno della Divisione giovani uomini Suiko-kai venne tenuto da Toda nel settembre del 1954. Negli anni seguenti mi occupai personalmente di sviluppare questa tradizione, mirando a far crescere persone di valore.
Durante un corso del gruppo Suiko-kai, Toda indicò il fuoco del bivacco, dicendo: «Le nostre vite sono come questo fuoco acceso, dove le fiamme rappresentano la fede e lo spirito della Gakkai». Egli si dedicava totalmente a ognuno di questi corsi, con il fermo intento di trasmettere ai giovani la fiamma di kosen-rufu. Io ho inciso nel cuore ogni sua parola e insegnamento come fossero le sue ultime volontà.
Dal momento che negli alloggi allora a nostra disposizione era impossibile fare Gongyo e recitare Daimoku liberamente, Toda disse che in futuro avremmo avuto bisogno di strutture di nostra proprietà, nelle quali allenarci senza problemi per la fede e per la vita. Questi posti oggi esistono, nel Giappone e in tutto il mondo: sono i nostri Centri culturali. Ho combattuto con tutte le forze affinché venissero costruiti, per il voto che avevo fatto personalmente di realizzare tutti i sogni del mio maestro.
Virgilio (70 a.C.-19 a.C), il poeta dell’antica Roma, scrisse nell’Eneide: «Ora hai bisogno del tuo coraggio. Ora fa’ che il tuo cuore sia forte». La vita è una serie di prove e tribolazioni: lungo il viaggio verso kosen-rufu, è normale incontrare montagne di avversità. Quando riusciamo a scalarne le vette, scopriamo tutto un mondo che si apre davanti a noi, e il futuro si spiana luminoso. Per sormontare quelle montagne, dobbiamo avere coraggio e un cuore risoluto e fermo anche nelle avversità.
Martin Luther King Jr. (1929-68), l’eroe americano noto per aver guidato il famoso boicottaggio degli autobus a Montgomery [la comunità afroamericana di questa città dell’Alabama boicottò per trecentottantun giorni i mezzi pubblici in segno di solidarietà verso Rosa Parks, vedi NR, 339, 6, n.d.r.] che inaugurò una nuova era nel movimento per i diritti civili, diceva dei suoi compagni di lotta: «Non c’è niente di più grandioso del coraggio risoluto delle persone». Nel nostro caso, abbiamo la fortuna di praticare l’insegnamento supremo del Daishonin e di sostenere la Legge buddista che abbraccia l’universo intero, perciò non abbiamo nulla da temere. Vi prego di vivere con grande forza d’animo e di non perdere mai lo spirito combattivo. Toda soleva spesso dire che se abbiamo intenzione di impegnarci in una battaglia, dobbiamo sempre farlo con la preparazione, la risolutezza e la passione necessari per la vittoria.
Il Mahatma Gandhi (1869-1948), fautore dell’indipendenza indiana, affermava: «Il futuro dipende da ciò che facciamo nel presente. Impegniamoci insieme in una nuova partenza, con determinazione rinnovata. Vinciamo ora, in vista del futuro.

L’apprendimento presso “l’università Toda”

Da ragazzo dovetti lasciare la scuola per dedicarmi interamente ad aiutare il mio maestro. Durante il periodo più critico, qualche anno dopo la guerra, Toda mi chiese di lasciare l’università per affiancarlo sul lavoro. In cambio, promise che mi avrebbe insegnato tutto ciò che avrei avuto bisogno di sapere. Fedele alla parola data, mi invitava a casa sua ogni domenica per impartirmi personalmente delle lezioni e nelle pause dallo studio mi preparava addirittura il pranzo. A questa “università Toda” studiai ogni materia possibile. In seguito, le sole domeniche non bastavano più, così cominciò a darmi lezioni in ufficio ogni mattina prima dell’orario di lavoro. Tutto questo andò avanti fino a poco prima della sua morte. Con straordinaria serietà e dedizione, Toda diede tutto ciò che aveva proprio a me, suo discepolo.
Quant’è importante avere un maestro, quanto è magnifica la relazione tra maestro e discepolo! Sono convinto che le onorificenze accademiche che ho ricevuto da tutto il mondo siano il coronamento delle lezioni che ho ricevuto “all’università Toda”. In questo consiste lo spirito di maestro e discepolo della Soka Gakkai.
Ho rispettato Toda come fosse un Budda, con la convinzione che stesse affrontando i tre potenti nemici proprio in virtù del suo impegno nel realizzare kosen-rufu in accordo con gli insegnamenti del Daishonin. L’ho sostenuto con tutte le mie forze, con dedizione profonda, determinato a proteggere questo grande maestro anche a costo della mia vita. Un vero discepolo conserva per tutta la vita l’immagine del proprio maestro come un tesoro. Toda ne era consapevole e ripeteva che era davvero fortunato ad avere un allievo così bravo.
Toda ci teneva a far crescere i giovani con grande rigore e accuratezza, per il futuro di kosen-rufu e la felicità di ogni persona. Era dell’opinione che potessero emergere persone di valore solo attraverso una formazione severa. «Non esiste nessuno che abbia raggiunto la grandezza senza addestramento», e aggiunse: «Mi fido solo di chi è stato istruito con rigore e ha attraversato delle difficoltà» oppure: «È una fortuna doversi applicare duramente; chi ha potuto farlo, alla fine ne trae beneficio. Chi invece non si è sforzato, finisce per essere debole e infelice». È proprio così: le persone che risplendono di felicità sono, in definitiva, coloro che hanno combattuto più degli altri, ricercando di proposito tale formazione.
Dipende tutto da quello. Senza addestramento non si è in grado di tirar fuori il proprio potenziale quando occorre. In cosa consiste esattamente tutto questo? Nel lucidare la propria fede. Sviluppare la capacità di condividere il Buddismo del Daishonin e impegnarsi nel dialogo con gli altri sono metodi straordinari per esercitarsi.
Toda osservava che tutti coloro che avevano ricevuto una guida e una formazione appropriate nella fede, che introducevano altre persone al Buddismo e sviluppavano doti di leadership, erano diventati persone eccellenti. Spiegava poi: «Finché un diamante non viene lucidato, non si può nemmeno dire che sia un diamante. Ciò che più è importante è lucidare la propria fede attraverso lotte sincere, che ci conducono ad accumulare una fortuna incommensurabile». Chi persevera nella fede ottiene una fortuna senza limiti, indistruttibile come un diamante.
D’altro canto, chi ha una responsabilità di alto livello ma trascura di approfondire costantemente la propria fede, evita l’attività e cerca di fare il furbo, finirà per fallire miseramente. Se ci dovessero essere molti responsabili di questo tipo, la Soka Gakkai andrà incontro al declino. Dobbiamo adoperarci affinché questo non avvenga.
Toda asseriva che i discepoli del Daishonin devono essere coraggiosi come i “cuccioli del re leone”, dicendo che quanto più sono allenati, tanto più forti diventano. La Soka Gakkai è un gruppo di gente coraggiosa: maggiori problemi incontriamo, più forti sono le pressioni a cui veniamo sottoposti, più forti e vigorosi diventiamo. Questo significa avere un cuore di leone. Alzatevi con decisione e tirate fuori la possente forza di un leone all’attacco. Abbiate un cuore forte e accingetevi a interpretare il vostro ruolo sulla scena della vittoria!
La cosa fondamentale da trasmettere ai successori è il nobile spirito di maestro e discepolo e la nostra storia fiera di questo tipo di relazione, all’interno della Soka Gakkai.
In ogni tempo e paese, persone dedite a ciò che è buono e giusto sono state perseguitate per le loro convinzioni: ecco perché è cruciale che creiamo un’epoca in cui possano trionfare verità e giustizia.
Esaminando le persecuzioni, potrete riscontrare che sono motivate da invidia, arroganza e tornaconto personale, come nel caso del primo incidente col clero. Nel 1979, infatti, alcuni preti corrotti si unirono a traditori ingrati in un complotto davvero vile e spregevole, cercando di prendere il controllo della Soka Gakkai. Io non mi feci intimidire: sono un vincitore e un discepolo di Toda. Credere nel proprio maestro significa mettere in pratica le sue guide e coloro che percorrono il sentiero del maestro non temono niente. Come scrive Nichiren Daishonin: «Quanto più grandi saranno le difficoltà che incontrerà, tanto più grande la gioia che egli proverà, grazie alla sua forte fede» (Una nave per attraversare il mare della sofferenza, SND, 4, 261).

Sopravvivere a un’epoca di inquietudine

Qual è la chiave per trionfare in un’epoca di inquietudine e cambiamenti continui? Ovviamente, si deve tener conto di molti fattori, ma ritengo che un punto importante sia quello di coltivare l’autostima e uno spirito indipendente. Per vedere la differenza riscontrata nei giochi a confronto diretto rispetto a quelli a squadre, venne condotto un esperimento interessante con il gioco del tiro alla fune: quando il numero di persone nella squadra aumentava, ogni persona impiegava meno forza. Supponendo, cioè, che la potenza massima individuale fosse cento, si vedeva che, quando la squadra veniva aumentata di otto unità, ogni persona si limitava a tirare esercitando una forza inferiore a cinquanta. I ricercatori hanno concluso che man mano che aumenta il numero delle persone coinvolte in un progetto comune, è probabile che venga impiegata minor energia a livello individuale. Questo fenomeno è noto in psicologia come adagiamento sociale, o “effetto Ringelmann”, dal nome dello scienziato che l’ha identificato. Se si fa troppo assegnamento sugli altri, non si è in grado di manifestare la massima potenzialità. L’unico modo per risultare vincitori, in questo mondo difficile, è di dare il massimo.
L’eminente storico inglese Arnold J. Toynbee (1889-1975) scrisse: «In una battaglia dall’esito incerto, ogni partecipante ha la sua importanza. Nessuno può tirarsi indietro dallo svolgere appieno il proprio ruolo con la scusa che il suo operato non farà la differenza». Ognuno è determinante. Quando una persona agisce in modo fattivo può trascinare tutti verso la vittoria e la felicità. Il successo non dipende dai numeri: perfino una o due persone che si dedichino con impegno possono sollevare un’ondata gigantesca, in grado di trasformare qualsiasi cosa. I responsabili devono incoraggiare calorosamente le persone che li circondano, tutti coloro con cui entrano in contatto. Al giorno d’oggi, la Soka Gakkai ha forgiato un gruppo di persone comuni che è il primo nel mondo a operare per la pace. Io non ho esigenze o desideri personali: l’unica cosa che desidero è che crescano persone di valore, responsabili capaci e di talento. Se un responsabile manca di saggezza e capacità critica, può facilmente essere ingannato, e questa è una prospettiva spaventosa. Ci sono stati individui senza scrupoli che hanno raggiunto posizioni importanti e rispettabili nella società grazie al sostegno della Soka Gakkai e che poi si sono lasciati corrompere dalle proprie ambizioni sociali e di potere, finendo per rivoltarsi contro la nostra organizzazione, attaccandola. Il tratto caratteriale che accomuna queste persone è la tendenza a cercare di cavarsela senza sforzarsi in prima persona, addossando sulle spalle degli altri i compiti più ingrati. Il desiderio di dominare e di farsi obbedire è una manifestazione della natura demoniaca del potere, essi infatti manifestano uno stato vitale di inferno, infliggono dolore e sofferenza ai nostri membri e agiscono come funzioni demoniache che ostacolano il progresso di kosen-rufu. Dobbiamo stroncare sul nascere questa natura intrinsecamente malvagia, in qualsiasi modo si manifesti.
Chi ha più esperienza nella fede dovrebbe dare un esempio positivo agli altri. Nella vita, è molto importante continuare a sfidarsi fino alla fine: arrendersi a metà strada o abbandonare la nostra pratica buddista porta a una vita di sofferenza e rimpianto.
Rinnoviamoci avanzando insieme ai giovani, con il loro stesso spirito. Se chi pratica da più tempo è pieno di pregiudizi ed è impantanato nel passato, la Divisione giovani non può crescere e svilupparsi. Sarebbe proprio un peccato. Per tutta la vita ho messo tutto me stesso in ogni battaglia che ho intrapreso, sempre con entusiasmo e determinazione: per questo ho potuto conseguire una vittoria dopo l’altra.
Ognuno di noi dovrebbe sviluppare liberamente le proprie capacità e brillare al massimo, ognuno nel proprio unico modo. Questo è il mondo di Soka. Dal Gongyo al Daimoku, dallo studio buddista, alla partecipazione alle riunioni di discussione o allo sforzo per far conoscere il Buddismo a qualcuno, tutte le attività della Soka Gakkai forniscono opportunità inestimabili per trasformare la propria vita.

La passione e l’energia dei giovani sono determinanti

In ogni epoca, sono i giovani coraggiosi ad aprire la strada al futuro.
Il 31 luglio del 1950, quando avevo ventidue anni e stavo per intraprendere l’accanita battaglia solitaria in sostegno di Toda, sul mio diario scrissi così: «È stato un luglio soffocante. Sono riuscito comunque a sforzarmi anche durante questo mese. […]. Agosto è il nostro mese. Lotterò di nuovo con tutta la passione della mia giovinezza. Questo è il comportamento di un giovane che vive perseguendo un ideale e che arde di grande gioia.
«Sono alte e fiere le onde della vita e della società. E sono impervie le montagne che si ergono di fronte a noi. […] I giovani che abbracciano la vera Legge devono avanzare a qualunque costo. Io andrò avanti coraggiosamente. Diverrò il pioniere del nuovo mondo» (Diario giovanile, esperia, 2001, pag. 53).
Ho trascorso la mia giovinezza in un continuo, risoluto progresso. Come discepolo di Toda, l’ho protetto con la mia stessa vita, consapevole che ciò equivaleva a proteggere la Soka Gakkai e i suoi membri. Avevo ventidue anni e il mio grande maestro cinquanta ma, pur essendo così giovane, Toda mi teneva in enorme considerazione. Andavamo insieme ovunque, anche nelle regioni più remote del Giappone per incoraggiare i membri, insieme recitavamo Daimoku e leggevamo il Gosho. Toda era dotato di un’intelligenza veramente brillante; mi ha istruito su una straordinaria varietà di materie e ha condiviso con me tutti i suoi progetti e i sogni per kosen-rufu. Essere suo discepolo è stata la mia gioia più grande.
Per profonda gratitudine verso Toda, anch’io ho dedicato sinceramente la vita a crescere dei giovani ed è con questo nel cuore che propongo di tenere incontri a cadenza mensile, con le Divisioni giovani e studenti. Ci stiamo preparando a una nuova fase del nostro movimento, quindi confido che tutti voi dedicherete a queste riunioni nazionali la stessa attenzione e sostegno che si dà agli incontri mensili dei responsabili di centro. Vorrei, inoltre, offrire cinque punti essenziali per questi incontri, scopo dei quali dovrebbe essere: confutare il falso e rivelare il vero; promuovere kosen-rufu; rafforzare l’indispensabile unità tra maestro e discepolo; fare in modo che ciascuno diventi un eccellente responsabile; e approfondire la consapevolezza del ruolo dei giovani come “pilastri del Giappone” [il Daishonin usa questa espressione in vari scritti per esprimere la convinzione di essere, in quanto devoto del Sutra del Loto, il pilastro spirituale del paese, n.d.r.].
Vorrei condividere con voi un brano dello scritto del Daishonin Ripagare i debiti di gratitudine: «Se persecuzioni ancora più grandi di quelle avvenute durante la vita del Budda dovessero colpire ripetutamente un uomo che non ha commesso la minima colpa, si dovrebbe capire che costui è il devoto del Sutra del Loto dopo la scomparsa del Budda» (SND, 2, 128).
In accordo con queste parole, chi è stato perseguitato per aver sostenuto la Legge mistica in epoca moderna? Makiguchi e Toda, che hanno entrambi affrontato apertamente il militarismo del tempo, quando cercò di imporre il credo dello shintoismo di stato al popolo giapponese. A causa di questa posizione di principio furono arrestati e Makiguchi morì in prigione per le sue convinzioni, mentre Toda dovette sopportare due anni di carcere duro. Tutti gli altri discepoli di Makiguchi cedettero all’intimidazione e caddero nel panico; la maggioranza rinunciò alla fede per paura di possibili rappresaglie.
Nei momenti critici, la fede e i propri princìpi vengono messi alla prova e allora si vede chi fa sul serio. Come afferma il Daishonin: «Una roccia messa nel fuoco si ridurrà in cenere, mentre l’oro diverrà oro puro» (Lettera ai fratelli, SND, 4, 112).
A seguito dell’arresto di Makiguchi, i massimi vertici della Gakkai, individui codardi e arroganti che si erano fino allora dichiarati discepoli fedeli, cambiarono improvvisamente bandiera, maledicendo il proprio maestro e burlandosi alle sue spalle dei guai che stava passando. Ecco cosa è accaduto veramente.
Toda osservò acutamente: «Dopo la guerra, il Giappone divenne una democrazia, e vennero abrogati sia il reato di lesa maestà sia la legge sul mantenimento della pace, che erano stati usati come motivo per la detenzione mia e di Makiguchi. Venne anche introdotta la legge sulla libertà di credo religioso, ma la natura essenzialmente demoniaca del potere non è cambiata: la sola differenza è che ora vengono usate tattiche più ingegnose per perseguitarci». Nel 1957, durante il cosiddetto “incidente di Osaka”, quando fui arrestato per due settimane con false accuse di violazione delle leggi elettorali, il vero bersaglio delle autorità era, in effetti, Toda. Il pubblico ministero mi minacciò, affermando che se non mi fossi dichiarato colpevole, avrebbero arrestato il presidente Toda. Conscio della salute estremamente cagionevole del mio maestro, pensai che avrebbe potuto non sopravvivere alla prigione. Per questo volli proteggerlo, accettando di confessare le accuse che mi venivano rivolte, per difendermi e provare la mia innocenza in tribunale successivamente. Ne uscii vittorioso, quattro anni e mezzo dopo, quando la corte distrettuale di Osaka mi proclamò non colpevole per tutte le accuse. Dedicai questo trionfo al mio maestro, che era morto prima che il verdetto fosse emesso.
Lasciai il mio incarico di terzo presidente della Soka Gakkai il 24 aprile del 1979, in occasione del primo incidente con il clero e ho anche subito persecuzioni religiose sollevate dalle autorità governative. La maggior parte dei nostri membri soffriva per questi episodi, mi difendevano e pregavano per la mia vittoria. Ma in quei periodi burrascosi, ci furono alcuni alti responsabili della Soka Gakkai che non solo rifiutarono di lottare per la giustizia, ma si misero effettivamente dalla parte di quelli che concertavano la mia rovina. In quel momento ricordai ciò che diceva il mio maestro riguardo ai nemici all’interno della nostra organizzazione: sono quelli che dovremmo temere di più. La Divisione giovani non deve mai dimenticare queste importanti lezioni della storia. Non permettete mai che ciò accada nuovamente: un vero discepolo si impegna a difendere il maestro quando viene perseguitato.

Un gruppo di preziosi Budda

Nichiren Daishonin scrive: «Il Sutra del Loto stabilisce che coloro che nutrono rancore verso il suo devoto sono destinati a cadere nell’inferno Avichi [l’inferno della sofferenza incessante]» (Non c’è salvezza nel triplice mondo, SND, 9, 197). Chi è il devoto del Sutra del Loto? Sono tutti i membri della Soka Gakkai che, come discepoli di Nichiren, superano problemi e difficoltà pur di propagare coraggiosamente la Legge mistica per il bene delle persone. Siamo noi che percorriamo il sentiero Soka di maestro e discepolo.
Il Daishonin scrive anche: «Come possono vivere tranquilli il governante, i ministri e tutto il popolo del Giappone, se calunniano e maltrattano, mandano in esilio, assalgono e colpiscono chi sta cercando di diffondere l’insegnamento di Nam-myoho-renge-kyo come inviato del Budda, o se infliggono ogni genere di molestie ai suoi discepoli e seguaci?» (La scelta del tempo, SND, 2, 32).
Sarebbe un errore sottovalutare la Gakkai o i suoi membri, un gruppo di preziosi Budda che si dedica a kosen-rufu. Tentare di danneggiare la Soka Gakkai equivale a contrapporsi a Nichiren Daishonin in persona.
Il Daishonin scrive: «In un primo momento sembrò che i governanti e i sudditi che disprezzavano i devoti del Sutra del Loto non subissero punizioni, ma alla fine perirono tutti (Le persecuzioni che colpiscono il Budda, SND, 4, 187), e: «Come potete vedere, i miei aggressori sono morti, così come i loro parenti» (WND, 2, 773). Le affermazioni del Daishonin sono chiare: chi perseguita il devoto del Sutra del Loto andrà incontro alla rovina.
Siete stati tutti testimoni di quanto severamente operi la legge di causa ed effetto a questo proposito.

L’incontro all’età di diciannove anni

Si sta avvicinando la data del 24 agosto, l’anniversario del giorno in cui ho cominciato a praticare questo Buddismo, e che segnerà il mio sessantesimo anno di fede. Il 14 agosto del 1947, alcuni amici mi invitarono a una riunione di discussione della Soka Gakkai: fu quella la prima volta che incontrai Toda. Ricordo ancora gli avvenimenti di quel giorno come fosse ieri. Avevo diciannove anni e, nel tumulto di quegli anni di dopoguerra, ero alla disperata ricerca della strada giusta da seguire e di un maestro di vita.
«Qual è il modo giusto di vivere?». Toda rispose chiaramente a questa e a tutte le altre domande che, quella sera, gli posi a cuore aperto. Durante la guerra si era opposto al governo militarista giapponese, finendo così per passare due anni di carcere, a causa delle sue idee. Dalle sue parole traspariva un profondo impegno; erano pervase di umanesimo e illuminate da una chiara filosofia. Avvertii immediatamente che potevo fidarmi di ciò che diceva. Dieci giorni dopo aderivo alla Soka Gakkai. Mia moglie si era convertita insieme al resto della sua famiglia il 12 luglio del 1941, quando era in quarta elementare, quindi ha da poco celebrato il suo sessantaseiesimo anniversario di pratica di questo Buddismo. Durante la guerra Makiguchi condusse una riunione di discussione a casa sua, strettamente sorvegliato dal famigerato corpo speciale di polizia per i reati di opinione, la “polizia del pensiero”. Per quanto fosse molto giovane, mia moglie ha un vivo ricordo di Makiguchi, che in quella occasione parlò col coraggio di un re leone, non facendosi intimidire assolutamente dalla presenza della polizia. Essendo cresciuta in una famiglia appartenente alla Soka Gakkai, si può dire che sia stata una pioniera dell’attuale Divisione futuro.
Nichiren Daishonin scrive nel Gosho La pratica dell’insegnamento del Budda: «Inoltre, una volta diventati seguaci del vero devoto del Sutra del Loto, la cui pratica si accorda con gli insegnamenti del Budda, si è destinati ad affrontare i tre potenti nemici» [Persone arroganti che perseguitano coloro che propagano il Sutra del Loto nell’epoca malvagia successiva alla morte di Shakyamuni, vedi DB, 894] . Con questa chiara consapevolezza, io e mia moglie abbiamo combattuto contro questi potentissimi nemici del Buddismo e abbiamo protetto Toda, il nostro maestro, facendo tutto il possibile per sostenere e assistere anche sua moglie e la sua famiglia.
Quando gli affari di Toda crollarono, lasciai ogni altro impegno per dedicarmi totalmente a sostenerlo. Ho lavorato in modo incredibilmente duro, riuscendo, alla fine, a ripagare l’enorme debito contratto. Tutto questo accadeva quando ero poco più che ventenne.
Capitava che Toda mi chiamasse nel cuore della notte e io mi precipitavo da lui.
Nella propagazione del Buddismo ho conseguito grandi vittorie, aprendo risolutamente la strada a kosen-rufu qualsiasi sfida mi si presentasse. Toda era felicissimo del mio successo. Prima di morire, con grande commozione, volle dirci: «Daisaku e Kaneko, mi avete sostenuto in modo meraviglioso, mi avete protetto. Avete lottato per kosen-rufu a rischio della vostra vita stessa. Siete discepoli di prim’ordine. Grazie a voi posso dirmi completamente soddisfatto della mia vita».
Oggi sono i giovani e la Divisione futuro che erediteranno lo spirito di maestro e discepolo che operano insieme per kosen-rufu. Sono assolutamente convinto di questo.
Un altro anniversario di pratica che non dimenticherò mai fu il terzo, il 24 agosto del 1950, cioè la notte in cui vennero inaspettatamente annunciate le dimissioni di Toda da direttore generale della Soka Gakkai. Rimasi di sasso. Quando andai da lui, chiedendogli: «Se si dimette da direttore generale, chi sarà ora il mio maestro?». Toda mi rispose con un sorriso: «Anche se ti ho causato solo problemi, il tuo maestro sono io».
All’epoca, gli affari di Toda si trovavano nella crisi più profonda. Alcuni imprecavano contro di lui, molti dei suoi dipendenti lo abbandonarono. Ma per me, lui rimaneva il mio solo e unico maestro. A prescindere dalle circostanze, un maestro rimane un maestro; per me il suo valore non potrà mai diminuire e devo a questa salda convinzione la tenacia con la quale ho combattuto.

Gli inizi del Seikyo Shimbun

La mattina successiva, comunque, accompagnai Toda all’incontro con un giornalista che aveva raccolto le voci sui problemi finanziari di Toda. Se il suo giornale avesse riportato la situazione in modo negativo e senza essere perfettamente al corrente dei fatti, ciò avrebbe potuto causare danni irreparabili e noi volevamo impedire che ciò avvenisse. Dopo quella conversazione, Toda mi disse mentre camminavamo: «È l’epoca della libertà di espressione: condurre un organo di stampa vuol dire detenere un potere enorme. Un giorno anche noi ne avremo bisogno, Daisaku, pensaci». Il Seikyo Shimbun è nato proprio dal dialogo di quel 24 agosto tra maestro e discepolo.
Kosen-rufu è una lotta incessante condotta con le parole che comporta il comunicare agli altri la grandezza del Buddismo e l’impegno della Soka Gakkai verso la verità e la giustizia. Implica, poi, la confutazione delle filosofie e delle idee sbagliate che rendono infelici le persone. Per questo la strada maestra di kosen-rufu si percorre espandendo la cerchia dei lettori del Seikyo Shimbun, il giornale finalizzato a refutare l’erroneo e a rivelare il vero.
Guardando indietro, ai sessant’anni trascorsi da quando faccio parte della Soka Gakkai, la nostra organizzazione è stata presa di mira con accanimento più e più volte: da autorità politiche che temevano irragionevolmente l’ascesa di un movimento popolare troppo potente e hanno cercato di sopprimerlo, da preti invidiosi che hanno architettato complotti meschini contro di noi e anche da alcuni tra i nostri massimi responsabili, vittime della propria avidità e ambizione, che hanno tradito i compagni di fede e l’organizzazione. Nonostante ciò, coloro che hanno cercato di danneggiare la Soka Gakkai, il sodalizio armonioso dei credenti che si impegnano per kosen-rufu, sono stati tutti sconfitti. Infine, la società ha voltato loro le spalle e sono risultati perdenti.
Come rimarcava il Daishonin: «Ma io, Nichiren, sono il più importante devoto del Sutra del Loto del mondo intero e le persone che si alleano con coloro che mi insultano e mi odiano meritano di subire i più grandi disastri del mondo» (La scelta del tempo, SND, 2, 35).
Riferendosi a esempi storicamente documentati di persone che avevano ricevuto retribuzioni severe dopo aver commesso gravi colpe contro il Buddismo, il Daishonin scrive: «Se hanno subìto una sorte del genere a causa delle loro colpe lievi, quale punizione immediata aspetta chi ha commesso la grande colpa [di aver perseguitato Nichiren]?» (WND, 2, 623). È sicuro che chiunque tormenti il devoto del Sutra del Loto nell’Ultimo giorno della Legge sperimenterà una punizione. Sono parole del Daishonin anche: «Chi offende [un grande devoto del Sutra del Loto] ha già ricevuto una grande punizione [Con “grande punizione” il Daishonin si riferisce alle diverse grandi calamità e catastrofi che si dice avvengano in una terra abitata da persone che offendono i corretti insegnamenti buddisti, n.d.r.]. Perché, quindi, non dovrebbero ricevere grandi benefici coloro che hanno fede in lui?» (WND, 2, 560). Con queste parole, ci sta dicendo chiaramente che coloro che offendono un devoto del Sutra del Loto sperimenteranno una dura retribuzione per le loro azioni negative e che quindi è del tutto logico che chi si dedica a sostenere la Legge mistica acquisisca benefici immensi.
Una volta Toda affermò: «Non dimenticate mai chi, approfittando del potere, ha attaccato, oppresso, o ridicolizzato la Soka Gakkai. Allo stesso modo, non dovete mai permettere che la passi liscia chi ha riservato un simile trattamento alle persone per bene che ne fanno parte. Come sottolinea il Daishonin: «La legge del Budda decide la vittoria o la sconfitta» (La grande guida del mondo, 5, 113).

Un “diploma in esistenza”, una “laurea in Buddismo”

Vorrei parlarvi brevemente a proposito dell’importanza dei nostri corsi. Originariamente il loro significato è quello di acquisire e affinare il sapere, o una qualche abilità o arte. In giapponese si traduce con kenshu, che è un’espressione formata da due caratteri. Ken significa lucidare, levigare, perfezionare. Dà l’idea di rifinire al meglio, fino a rendere le cose perfettamente levigate, o rimuovere le impurità arrivando a vedere la vera essenza delle cose. Anche shu ha diversi significati, tra cui acquisire, riparare, apprendere e purificare. Implica anche eliminare le imperfezioni e colmare eventuali mancanze.
I corsi costituiscono una tradizione della Soka Gakkai fin dai tempi di Makiguchi e Toda. Con un maestro che ci insegna verità e integrità, possiamo crescere profondamente, sia nella mente sia nello spirito. Lucidare, purificare, correggere, approfondire, ampliare e rafforzare la propria vita sotto la guida del proprio maestro nella fede è l’addestramento di più grande valore.
«Ti parlo senza remore perché siamo compagni di fede, uniti dallo stesso scopo. Se nessuno fosse severo con noi e non ci dicesse quel che abbiamo bisogno di ascoltare, allora saremmo perduti», disse un giorno Toda a uno dei maggiori responsabili. Tutti voi presenti qui oggi avete posizioni di alta responsabilità all’interno della nostra organizzazione. Vorrei cogliere l’occasione per parlare un po’ di ciò che avvenne ventotto anni fa, quando diedi le dimissioni da terzo presidente della Soka Gakkai.
Era un martedì, il 24 aprile del 1979, quando formalizzai la decisione al Centro culturale Shinjuku della Soka Gakkai, situato poco lontano dalla sede di Shinanomachi, a Tokyo. Parecchi responsabili di tutto il paese, riuniti per l’occasione, chiesero pubblicamente di sapere perché fossi stato costretto a intraprendere questo passo ed espressero il loro dissenso. Più tardi, quello stesso giorno, tenni una conferenza stampa nell’atrio dell’edificio del Seikyo Shimbun, sempre nelle vicinanze, dopodiché mi avviai a piedi verso casa, dove mia moglie mi accolse con un sorriso e con parole semplici ma sincere, offrendomi comprensione per ciò che era successo.
Il successivo 3 maggio, dopo aver partecipato a una riunione generale nella palestra dell’Università Soka, mi recai direttamente al Centro culturale Kanagawa di Yokohama, dal momento che non avevo più una scrivania a mia disposizione al nostro quartier generale. In seguito, quando mi capitò di svolgere lì qualche lavoro, dovetti stare nello stanzino dei custodi. Ecco come fui trattato dai massimi responsabili di allora.
L’edizione mattutina dello Yomiuri Shimbun del 3 maggio riportava i risultati di una ricerca condotta tra cittadini giapponesi e statunitensi. Un responsabile della Gakkai m’informò che c’era una graduatoria delle primi venti personalità, attuali o del passato, più ammirate dai giapponesi, e che il mio nome appariva al sesto posto, dopo il primo ministro Shigeru Yoshida (1878-1967), il batteriologo Hideyo Noguchi (1876-1928), l’agronomo Ninomiya Sontoku (1787-1856), l’educatore e scrittore Yukichi Fukuzawa (1835-1901), subito dopo l’imperatore Hirohito (1901-89). Trovai davvero singolare che questo articolo fosse pubblicato sul giornale proprio quel 3 maggio, subito dopo le mie dimissioni da presidente. I nostri membri furono felicissimi di trovare il mio nome in quella lista, in rappresentanza dei cittadini comuni. Quanta viltà, invece traspariva dai cuori di quegli sciocchi che, invece di comprendere il significato di questo evento, lo videro solamente con gli occhi dell’invidia.

Kosen-rufu a livello mondiale

Dal 3 al 6 maggio, rimasi al Centro culturale di Kanagawa, assumendo la direzione da là. All’epoca, nella via adiacente al parco Yamashita, di fronte al Centro culturale stesso, si teneva una grande parata internazionale in costume. Il festival annuale del porto di Yokohama, infatti, quell’anno commemorava il centoventesimo anniversario dell’apertura del porto al commercio internazionale. Guardando la parata, mia moglie disse: «È una manifestazione stupenda, no? È come se ti dessero il benvenuto».
Durante questo periodo, moltissimi membri della Gakkai venivano ogni giorno al Centro culturale di Kanagawa, nella speranza di vedermi. Stazionavano sotto la mia finestra, nel parco di Yamashita, salutandomi, e io e mia moglie rispondevamo ai loro saluti. Proprio lì, al Centro culturale di Kanagawa, con le sue vedute aperte sull’oceano, progettavo, in tutta tranquillità, un kosen-rufu a livello mondiale e cominciavo a fare qualche passo per realizzarlo. Le mie lotte di quel periodo hanno portato all’enorme espansione della SGI nel mondo, dai novanta paesi di allora, fino ai centonovanta attuali.
Il 5 maggio di quell’anno era una bellissima giornata di sole, e io scrissi un’opera calligrafica che rappresentava la parola “Giustizia”, aggiungendo, in basso a destra, le parole: «Porto da solo lo stendardo della giustizia».
Non dimenticherò mai tutti i membri che mi sostennero con tanta sincerità, dietro le quinte, in quei giorni al Centro culturale di Kanagawa.
Il fondatore della Soka Gakkai, Tsunesaburo Makiguchi, era rimasto presidente fino alla sua morte, così come Josei Toda, il secondo presidente. Dunque Toda aveva dichiarato: «Il terzo presidente rimarrà in carica finché vivrà, in modo da percorrere una strada di vittorie continue per la Soka Gakkai».
Toda diede istruzioni severe ai responsabili della Gakkai, affinché sostenessero il terzo presidente per tutta la vita, affermando che se lo avessero fatto kosen-rufu si sarebbe realizzato. Alcune persone, però, cedendo alla tentazione di fama e ambizione, accecati dall’invidia e corrotti dalla natura demoniaca del potere, mi allontanarono dal ruolo che mi competeva, mi perseguitarono e cercarono di prendere il controllo della nostra organizzazione. Dietro a tutto questo c’erano, come molti di voi ben sanno, alcuni tra i più alti responsabili, che si lasciarono ingannare da cospiratori ambigui dal cuore meschino, paragonabili a Devadatta [il nemico del Budda Shakyamuni].
Il 6 maggio del 1979, tornai per alcuni giorni a Shinanomachi, per poi andare, l’11, al Centro culturale di Tachikawa, che allora era una regione relativamente nuova, da pionieri. Quel giorno, composi questa poesia:

A occidente, un tramonto maestoso
a est la luna piena risplende radiosa
il crepuscolo colora il cielo meravigliosamente.
Nella serenità di questo momento,
insieme creano uno splendido dipinto
della vita senza inizio.
Anche il mio stato d’animo
è libero e senza impacci.

Qualunque tempesta si potesse abbattere, io leggevo gli scritti di Nichiren Daishonin e spargevo i semi della vittoria futura con spirito sereno e fiducioso, come se conversassi con il sole e con la luna.
Durante il dibattito di Otaru, nel marzo del 1955, tra i rappresentanti della Nichiren Shu (nota anche come scuola Minobu) e la Soka Gakkai, mi fu affidato il ruolo di coordinatore per la Gakkai, per cui tenni il discorso d’apertura. Feci subito notare che moltissimi seguaci della scuola Minobu stavano confluendo nella Soka Gakkai e richiamai brevemente l’attenzione sugli errori di quella tradizione. La vittoria schiacciante della Soka Gakkai in quel dibattito venne decisa da questa raffica iniziale.
Durante l’incidente del sindacato dei minatori di Yubari, nel giugno del 1957 in Hokkaido, innescato dalle discriminazioni nei confronti dei lavoratori appartenenti alla Soka Gakkai, Toda mi chiese di andare sul posto per difendere i nostri compagni. Assunsi la guida e raccolsi una vittoria assoluta.
Dopo essermi occupato di questa faccenda, volai a Osaka, dove mi arrestarono per un reato di cui non ero colpevole [in quello che fu poi chiamato l’incidente di Osaka]. Era chiaramente un caso di persecuzione religiosa contro la Gakkai, ma fui pronto a sopportarla da solo, determinato a proteggere il mio maestro, in cattive condizioni di salute, lasciandolo fuori da tutto questo. I membri del Kansai lottarono con grande energia, insieme a me, fino alla conclusione della vicenda.
I membri del Kansai sono sempre vincenti, colmi di una dedizione sincera che si basa sullo spirito di maestro e discepolo. Puntando a un’idea precisa rispetto al futuro, ho formato personalmente e attivamente molti responsabili del Kansai e ancora prego ardentemente per il successo, la crescita e la vittoria nella vita di tutti loro, mentre continuano a impegnarsi nelle attività.
Un vero responsabile è determinato a sostenere gli altri, aiutandoli ad avere successo. Io sono un discepolo fedele che ha ereditato lo spirito di maestro e discepolo da Toda e per questo mantengo con costanza il senso di responsabilità verso kosen-rufu.

La persecuzione religiosa è una violazione dei diritti umani

I casi di persecuzioni religiose a opera del potere politico sono in aumento, e ciò vale in modo particolare per il Giappone. La persecuzione religiosa è una violazione dei diritti umani e un atto di oppressione. Dobbiamo combattere con decisione contro qualsiasi potere cerchi di violare la libertà di credo, calpestando i diritti della gente. Non c’è possibilità di compromesso. Contemporaneamente, è essenziale collaborare con chi riconosce l’importanza della religione e apprezza i valori positivi che essa sostiene, in Giappone come in tutto il mondo.
La libertà di religione è un diritto umano fondamentale; difenderla è un principio basilare di una vera democrazia. Lottiamo con decisione contro le forze che cercano di ingabbiarla, superando ogni avversità, con coraggio tenace e buona disposizione di spirito. Questo è ciò che ho fatto io; ora spetta ai giovani portare avanti quella battaglia.
Il primo consiglio che l’eminente storico britannico Arnold J. Toynbee (1889-1975) dava alla nuova generazione, era di mantenere lo spirito della gioventù per tutta la vita.
Quando si mettono in testa di fare qualcosa, i giovani ci si buttano a capofitto, tuffandosi nelle nuove imprese con cuore appassionato, per aprire un futuro pieno di luce e di speranza. Quando gli affari di Josei Toda raggiunsero la crisi più nera, egli mi disse: «Daisaku, se teniamo a kosen-rufu, mostriamo al mondo cosa significa vivere con coraggio e determinazione». All’epoca, lavoravo dal mattino fino a notte inoltrata per offrirgli il mio sostegno. Inoltre, Toda osservava: «Daisaku, per realizzare kosen-rufu devi essere audace e lottare con tenacia. Confida nel Gohonzon, senza curarti dei risultati».
Nel dicembre del 1958, l’anno in cui Toda morì, durante una riunione generale della Divisione giovani uomini, feci appello ai giovani: «Quando siamo attaccati dai tre potenti nemici o dalle macchinazioni del re demone, rispondiamo lottando con fierezza» [Chiamato anche demone del sesto cielo o demone celeste. È il re dei demoni, che dimora nel cielo più alto del mondo del desiderio. È anche chiamato “Colui che gode liberamente delle creazioni illusorie degli altri”, è un re che usa a proprio piacimento il frutto degli sforzi altrui per se stesso. Servito da innumerevoli seguaci, ostacola la pratica buddista e gode nel risucchiare la forza vitale degli altri esseri. Il re demone è la personificazione della tendenza negativa che ci porta a manipolare gli altri a qualunque costo, n. d. r.]. Io ho cercato di fare esattamente come mi insegnava il mio maestro, e così ho continuato, con la convinzione che questo è il modo con cui posso ripagare la mia gratitudine verso di lui.
A Toda piaceva molto il romanzo Il conte di Montecristo dello scrittore francese Alexandre Dumas (1802-70), tradotto in giapponese col titolo Gankutsu-o (Vincitore indomabile) da Ruiko Kuroiwa (1862-1920).
L’eroe della storia è Edmond Dantès, che s’imbarca come giovane marinaio. Tradito da compagni invidiosi, viene arrestato con false accuse e quindi imprigionato nel castello della piccola isola d’If, al largo delle coste francesi, che ricordo di aver visto dal porto di Marsiglia, insieme ai membri locali della Divisione giovani.
Mentre si trova in prigione, Dantès incontra l’abate Faria, che diventa per lui un mentore. L’anziano priore gli impartisce un’ampia istruzione e gli rivela anche che nell’isola di Montecristo è sepolto un favoloso tesoro. Dopo quattordici anni di carcere, Dantès riesce a evadere dalla fortezza d’If, recupera il tesoro e riprende il posto nella società sotto la falsa identità del conte di Montecristo. Con l’ausilio del suo ingegno e dell’enorme ricchezza, egli trova il modo di ricompensare tutti coloro che lo avevano trattato benevolmente nel passato, mentre si vendica di coloro che lo avevano fatto imprigionare.
Toda proclamava: «Sono il “Montecristo” dei mondi del pensiero e della religione, il “Montecristo” di kosen-rufu. Vendicherò sicuramente Makiguchi, che è morto in prigione!». Quando, con lo pseudonimo di Myo Goku, scrisse il romanzo La rivoluzione umana, per il protagonista della storia, che adombrava lo stesso Toda, scelse il nome di Gan Kutsuo (omonimo di Gankutsu-o, ovvero Dantès).
Un giorno, Toda mi disse: «Daisaku, penso che sia ora che studiamo Il conte di Montecristo», e assegnò il romanzo al gruppo Suiko-kai della Divisione giovani uomini, di cui facevo parte. Nel romanzo il giovane Dantès esprime la sua gratitudine verso l’abate Faria, con queste parole: «Il mio vero tesoro […] sono quei lampi d’intelligenza che hai fatto emergere dal mio cervello […]. È con questo che mi hai reso ricco e felice […]. Ti sono debitore del mio vero bene, la mia attuale felicità».
Avere un maestro nella vita ci rende forti. Il rapporto tra maestro e discepolo è fonte di felicità e vittoria.
Più avanti nel romanzo, Montecristo dirà al figlio di uno dei suoi antichi benefattori: «Lamentarsi è inutile: sii uomo, sii forte e pieno di speranza, perché ci sono io a vegliare su di te». Inoltre, le famose parole che chiudono il romanzo, «Aspetta e spera», sono state di grande ispirazione per innumerevoli persone.
Una volta, Toda espresse in questo modo ciò che aveva provato quando aveva saputo della morte in carcere di Makiguchi: «Non mi era mai successo prima di sentire un tale dolore. Fu in quel momento che decisi: avrei provato al mondo intero se il mio maestro era stato nel giusto o dalla parte del torto. Se avessi avuto bisogno di uno pseudonimo, mi sarei chiamato Montecristo, e avrei realizzato qualcosa di grande, in modo da ripagare il mio maestro». Alla base della tenace determinazione di Toda, paragonabile a quella del conte di Montecristo, c’era la speranza ardente di poter realizzare, un giorno, kosen-rufu.
Toda provava un profondo affetto per il suo maestro e nel secondo anniversario della sua morte, parlò come rivolgendosi ancora a lui: «Nella sua vasta e sconfinata compassione, Lei ha lasciato che io la accompagnassi perfino in prigione». Queste parole che gli sgorgavano da profondo della vita, incarnavano il cuore della Soka Gakkai e l’essenza dello spirito di maestro e discepolo.
Toda aveva un impegno verso Makiguchi, che aveva dato la vita per le sue convinzioni. Seguendo le orme di Toda, che rimise in piedi la Soka Gakkai dopo la guerra, ho sviluppato il nostro movimento in modo esponenziale, partendo da dove lui era arrivato e, in questo modo, ho proclamato la grandezza del mio maestro al mondo intero.

La vera sfida sta davanti a noi

Il Seikyo Shimbun, il quotidiano della Soka Gakkai che si dedica a promuovere la pace e la cultura, iniziò le sue pubblicazioni il 20 aprile del 1951. All’esordio venivano stampate solo cinquemila copie tre volte la settimana e le poche persone incaricate di scrivere gli articoli per il giornale erano tutte alle prime armi. Mentre ero duramente impegnato a far fronte agli affari di Toda, anch’io scrissi molti articoli, lottando per sostenere gli inizi del Seikyo Shimbun.
All’epoca, la sede principale della Soka Gakkai si trovava nel quartiere Nishi-Kanda di Tokyo e, per promuovere il giornale, percorrevo a piedi tutta la zona. Ovunque mi trovassi, passavo all’azione, per realizzare, un giorno, il sogno del mio maestro: fare del Seikyo Shimbun un quotidiano letto in tutto il Giappone.
Ecco una delle cose che scrissi sul diario nel gennaio del 1955: «La storia di questo giornale [il Seikyo Shimbun] ha avuto inizio con due o tre dilettanti e si è sviluppata fino ad arrivare a una tiratura di decine di migliaia di copie. La gente rideva e diceva: «Cosa possono combinare dei dilettanti». Ma sensei [Toda] rispose: «Nel giro di cinque anni questi dilettanti si saranno trasformati in professionisti» (D. Ikeda, Diario giovanile, Esperia edizioni, 2001, pag. 294).
Mia moglie e io coglievamo ogni occasione per promuovere il Seikyo Shimbun.
Nichiren Daishonin scrive: «È attraverso le parole e le lettere che il Budda salva gli esseri viventi» (WND, 2, 6), e: «Queste parole scritte [del Sutra del Loto] sono la mente del Budda in differente forma» (L’apertura degli occhi di immagini dipinte o scolpite, SND, 6, 23). Dovremmo considerare che aumentare i lettori del Seikyo Shimbun significa aumentare il numero di coloro che stabiliscono un legame col Buddismo del Daishonin e quindi è un modo fantastico per presentare agli altri la nostra filosofia e far sì che kosen-rufu progredisca.

Alzatevi e affrontate le sfide basandovi sulla fede

Michelangelo (1475-1564), il grande artista del Rinascimento italiano ci ha lasciato molte lettere, ricche di osservazioni sagge e stimolanti. Quando ricevette una scarna lettera dal nipote, che lo informava del decesso del padre, fratello minore di Michelangelo, egli lo rimproverò per la negligenza, poiché non si capiva nemmeno come il padre avesse trascorso gli ultimi momenti della sua vita e ciò era qualcosa che Michelangelo voleva assolutamente sapere. Lo ammonì poi a non perdere la gratitudine per tutto ciò che suo padre aveva fatto per lui.
La vera natura di una persona si rivela nei particolari apparentemente più insignificanti e inaspettati.
Nel corso della storia della Gakkai, c’è stato chi ha schernito il proprio maestro, al quale doveva così tanto, nel momento in cui è stato oggetto di persecuzioni. Poiché mancavano dello spirito fondamentale di alzarsi per affrontare le sfide, alcuni hanno abbandonato la fede, pur occupando posizioni di alta responsabilità nella nostra organizzazione. Lasciandosi influenzare negativamente, hanno dimostrato di non avere neanche un briciolo di fede autentica.

Inaugurate una tradizione di vittorie perenni

Cosa significa sostenere il proprio maestro? Ciò diventa chiaro nei momenti più critici. Insieme a mia moglie ho appoggiato Toda in modo concreto, a differenza di chi lo faceva solo a parole. Per questo, quando c’era un problema, Toda chiamava me e, rispondendo alla sua fiducia, io trovavo sempre una soluzione. Ci fu un periodo in cui la Gakkai non stava crescendo come Toda desiderava. «Andando di questo passo, ci metterò migliaia di anni a realizzare kosen-rufu!» si lamentava. Seguendo le sue indicazioni, mi recai nelle zone più inattive e mi misi al lavoro: assumendo la responsabilità del capitolo Bunkyo di Tokyo, che, all’epoca, era tra quelli che cresceva di meno in Giappone, mi impegnai e insieme ai membri riuscimmo subito a cambiare le cose, riportando risultati straordinari.
Questi giorni della mia giovinezza, sono stati per me un allenamento preziosissimo.
I responsabili della Gakkai non devono mai diventare boriosi o presuntuosi, mancando di rispetto a qualcuno. Siamo tutti esseri umani. Voler comandare è segno di arroganza e l’arroganza fa soffrire le persone. Il Buddismo insegna che ogni individuo possiede lo stato vitale più elevato della Buddità. Voglio sperare che rimaniate sempre ben saldi nella fede, diventando responsabili che sanno capire il cuore della gente, e per far questo è necessario perseguire costantemente il proprio sviluppo personale.
Per costruire una tradizione di vittorie eterne, è vitale che i corresponsabili di ogni livello avanzino in perfetta unità. Finché avremo lo spirito di progredire insieme al nostro maestro e ai nostri compagni di fede, non ci mancherà la forza e riusciremo a tenere a bada le funzioni demoniache. Se siamo divisi, al contrario, non potremo far emergere la forza collettiva. I responsabili saggi sanno come unire i cuori delle persone.
Ripartiamo, oggi, con spirito rinnovato e rinvigorito. Avanziamo con energia, facendo risplendere le nostre vite come il sole che sorge. Ogni giorno è una nuova sfida, un’opportunità per esercitarci e migliorare noi stessi. Ogni giorno è una lotta per far progredire la nostra rivoluzione umana. Il mio maestro Josei Toda soleva dire: «Sviluppatevi attraverso la fede: arriverete a risplendere in modo meraviglioso». È fondamentale che i responsabili continuino a impegnarsi, giorno dopo giorno. Ciò vuol dire sfidare le proprie debolezze e superare i propri limiti, uno dopo l’altro. Significa, insomma, fare la propria rivoluzione umana.
Toda ci metteva in guardia: «Se avete una scarsa forza vitale, sarete sconfitti». Egli era estremamente severo con i responsabili che mancavano di vitalità, che facevano le cose solo per abitudine, o che delegavano agli altri il lavoro più duro. Talvolta arrivava a rimproverarli duramente, e le persone tremavano letteralmente per le sue sgridate tonanti. Ma la sua severità era motivata dal fatto che dovevano sostenere un gran numero di membri, e i suoi consigli erano guidati da un profondo amore, perché il suo scopo era farli crescere.
Una volta dichiarò: «Se i responsabili si controllano e sviluppano se stessi, automaticamente i membri crescono nella fede».

Il dialogo tra due persone porta a una reale comprensione

Il filosofo e saggista americano Ralph Waldo Emerson (1803-82) scrisse con sagacia in Società e solitudine: «Dissertazione tra due persone è quando si eleva e scava in profondità, quando ci porta fino a quello stato d’animo dal quale provengono idee che rimangono come stelle nel nostro firmamento».
Niente ha la stessa potenza di un dialogo tra due persone. È finito il tempo in cui i responsabili della Soka Gakkai potevano permettersi di parlare ai membri dall’alto in basso. Pensare di far avanzare kosen-rufu solo tenendo conferenze a folle di persone ed esserne applauditi è un’illusione, è pura fantasia.
Naturalmente le riunioni sono importanti e talvolta si rendono utili adunanze molto grandi, ma esse forniscono solo una comunicazione a senso unico ed è difficile, in questo modo, toccare veramente la vita delle persone.
Sia Makiguchi che Toda davano un grande peso agli incontri più ristretti, come le riunioni di discussione. È attraverso il dialogo che si svolgeva in queste piccole assemblee, che ogni persona acquisiva una profonda comprensione di ciò che rappresentava il nostro movimento e veniva ispirato all’azione. Ecco perché la Soka Gakkai ha potuto crescere in questo modo! Anche quando parlo in grandi riunioni, cerco sempre di concentrarmi sulle singole persone. Il dialogo porta a una comprensione vera, ed è quello scambio da vita a vita che aiuta ogni individuo a tirare fuori il proprio potenziale immenso.
Anche se siete alti responsabili, non c’è sempre bisogno di organizzare riunioni, andate piuttosto a far visita ai membri. Andate a casa loro e incoraggiateli. Un impegno così costante e deciso si ripercuoterà su tutta l’organizzazione.

Un assembramento di buoni amici

Quest’oggi sono con noi responsabili di massimo livello della nostra organizzazione. In modo particolare fuori del Giappone, è essenziale avere un approccio flessibile per corrispondere alle esigenze specifiche di ognuno. È anche per questo che mi auguro che continuiate a dialogare sinceramente con i singoli membri.
Le zone in cui la Soka Gakkai conta più associati sono solitamente più attive e calamitano maggiormente l’attenzione dei responsabili. Tuttavia, è fondamentale che ci impegniamo per creare un ambiente dinamico e stimolante anche in luoghi dove ci sono meno membri o che sono in fasi iniziali di sviluppo. Per esempio, se a una riunione si presenta una sola persona, spero che la accogliate comunque con calore, ringraziandola per avere trovato il tempo di partecipare, e vi impegniate con lei in una conversazione piacevole.
Se le attività di propagazione non dovessero procedere secondo le vostre aspettative, potete comunque mantenere la vostra positività e ottimismo, dicendovi: «Non preoccuparti, il fatto stesso che stai mettendo in pratica la fede con vivacità è di per sé il modo migliore per promuovere il Buddismo del Daishonin». L’incoraggiamento solleva e conferisce energia, fa nascere uno spirito di sfida e il desiderio di operare sforzi ancora maggiori.
Come sostiene Nichiren Daishonin: «Un albero che è stato trapiantato non vacillerà, anche in presenza di forti venti, se vi è un solido palo che lo sostiene. Ma anche un albero cresciuto nella sua sede naturale può crollare se le sue radici sono deboli. Anche una persona debole non cadrà se coloro che la sostengono sono forti, ma una persona di notevole forza, se si trova sola, potrebbe perdere l’equilibrio lungo un sentiero accidentato» (I tre maestri del Tripitaka pregano per la pioggia, SND, 8, 201).
È indispensabile avere il sostegno di qualcuno. La Soka Gakkai è un gruppo di buoni amici che praticano insieme il Buddismo. Toda diceva: «Diventerete in grado di crescere individui di valore se vi curerete degli altri quanto tenete a voi stessi». Lo scopo del Buddismo consiste nel fatto che ognuno riceva grandi benefici e apprezzi la vita. Per far sì che ciò accada, i responsabili dovrebbero impegnarsi al massimo per recitare Daimoku sinceramente, compiere le azioni necessarie, e continuare a offrire incoraggiamenti.
Non esagero affermando che il vero valore di un responsabile è determinato dall’intensità della sua preghiera e da quanto è disposto a impegnarsi per sostenere i membri e promuovere kosen-rufu, anche se nessun altro è consapevole delle sue lotte.
Nel corso degli anni, ho fatto grandissimi sforzi dietro le quinte, per la felicità di tutti i nostri membri e per la crescita della Soka Gakkai. Ho intrapreso i passi necessari per assicurare al nostro movimento uno sviluppo ininterrotto, senza cercare di risparmiarmi in qualche modo.
Le funzioni protettive dell’universo rispondono senz’altro alla nostra dedizione sincera, per quanto un’azione sembri passare inosservata. Abbiamo la certezza di essere lodati dal Daishonin, la cui vita è rappresentata nel Gohonzon. Questo è il regno della fede.

Propagare il messaggio di pace

«La passione dei giovani è davvero preziosa […]. La passione, l’energia e l’entusiasmo dei giovani possono talvolta diventare eccessivi ed esagerati, ma, anche così, sono comunque importanti. Io cerco sempre di essere gentile e di non vanificare o scoraggiare l’entusiasmo dei giovani, ma, anzi, faccio in modo di incitarli affinché la loro passione possa continuare ad ardere vivacemente». Questo disse Joseph Rotblat (1908-2005), premio Nobel per la pace, nel corso di un nostro dialogo (J. Rotblat e D. Ikeda, Dialoghi sulla pace, Sperling & Kupfer).
Anche ben oltre i novant’anni anni, Rotblat continuò a viaggiare per il mondo, perseguendo la sua opera in favore della pace e del disarmo nucleare. Continuava a lottare in prima persona con vigore giovanile, dedicandosi anche a incoraggiare e crescere le nuove generazioni.
Non dimenticherò mai quando, nell’ottobre del 2001, a distanza di poche settimane dagli attacchi terroristici dell’11 settembre negli Stati Uniti, fece visita alla Soka University of America (SUA), tenendo una lezione per gli studenti del primo anno. Il discorso che pronunciò era un grido che veniva dal profondo del suo essere, un’espressione del suo desiderio ardente di condividere con i giovani la sua passione per la pace e la convinzione di dover affidare il futuro ai giovani. I giovani hanno un’importanza vitale, essi sono i più grandi tesori del mondo e la speranza di pace.
Di cosa abbiamo bisogno per realizzare grandi cose? Secondo il poeta tedesco Stefan George (1868-1933) sono necessari «vigore giovanile» e un «fresco spirito che spinge verso audaci imprese». Dobbiamo scoprire e far crescere nuovi talenti. Il futuro della Gakkai dipende solamente da quanto riusciremo a formare dei giovani con un invincibile spirito combattivo. Mi auguro che i responsabili incidano profondamente questo punto nel proprio cuore. Davanti a noi si aprono nuove sfide. Vinciamo nelle lotte, ottenendo brillanti vittorie. Pianificate con cura e fate le azioni necessarie per realizzare i vostri obiettivi.

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