Questo progetto, Primi passi, nasce dal desiderio di rispondere alle tante domande di chi si avvicina al Buddismo di Nichiren Daishonin per la prima volta. Ci siamo ispirati alla storia vera di una principiante, che ci ha indicato i momenti chiave del suo percorso. Nella prima parte immaginiamo una conversazione fra amici, nella seconda cerchiamo di rispondere alle domande più frequenti nella speranza di rendere più agevole questo cammino
SIMONA: Marta senti, una cosa che non ho mai capito è se nella tua religione c’è un capo spirituale.
MARTA: Nel Buddismo non esiste un capo spirituale, ma un maestro.
BEPPE: Proprio ieri leggevo su una delle riviste che il maestro originale è Nichiren Daishonin, il monaco buddista che intorno al 1200 ha dichiarato che Nam-myoho-renge-kyo è il mezzo per raggiungere l’Illuminazione, mentre Ikeda è il maestro che ci guida nella fede oggi.
SIMONA: Chi è Ikeda?
MARTA: Daisaku Ikeda è l’attuale presidente dell’organizzazione laica buddista. Lo consideriamo il nostro maestro perché ci incoraggia e ci sostiene, offrendoci esempi concreti di come sia possibile diventare felici e superare le difficoltà con la pratica del Buddismo.
LIVIA: Io non capisco tutto questo bisogno di cercare qualcuno che ti dica cosa fare e come affrontare la vita, non sapete pensare da soli?
MATTEO: In fondo Livia, non è così strano cercare un riferimento, una fonte d’ispirazione. Pensa ai greci, ad esempio, che avevano sempre il maestro personale che curava la loro formazione.
MARTA: Sulla mia pelle posso dire che da quando mi confronto con gli insegnamenti buddisti, ho imparato un sacco di cose. E non mi vergogno a dirlo che le sto imparando da Nichiren Daishonin e dai presidenti della Soka Gakkai. Ma ora ho una notizia da darvi: ho deciso di ricevere il Gohonzon, vincendo le ultime resistenze!
BEPPE: Marta, non ci posso credere! Se il nostro non è un legame mistico, non so cos’è. Anch’io ho preso la stessa decisione in questi giorni…
(10 – continua)
Qual è il significato di maestro e discepolo e chi è per noi il maestro?
La parola discepolo deriva dal latino “discere”, che significa imparare. Questa parola ha un significato che va oltre quello di allievo, perché esprime la relazione tra chi apprende e chi insegna, indicando un legame spirituale e intellettuale più stretto tra l’uno e l’altro. Discepolo quindi indica chi segue le opinioni e le dottrine di un maestro. Anche il termine maestro deriva dal latino, “magister” e, più specificatamente da “magis” che significa “di più”. Il maestro è per il discepolo un modello di comportamento quotidiano, che investe il senso con cui si affronta la vita. Nella nostra scuola consideriamo in particolare due maestri, Daisaku Ikeda come maestro e guida del movimento di kosen-rufu, e Nichiren Daishonin come maestro della Legge. A loro volta sia Ikeda che il Daishonin sono stati discepoli: Josei Toda è stato il maestro di Ikeda e Dozen-bo il maestro del Daishonin.
Anche Tsunesaburo Makiguchi e Josei Toda, primo e secondo presidente della Soka Gakkai, sono da considerarsi nostri maestri?
Sì. Makiguchi ha protetto la Legge in prima persona in questa epoca; Toda si è impegnato al massimo affinché il Buddismo fosse praticato dalla gente. Ikeda ha fatto sì che questo Buddismo diventasse una religione conosciuta e apprezzata nel mondo. Il compito di noi discepoli è di non dimenticare i loro insegnamenti e metterli in pratica.
In cosa consiste la relazione fra maestro e discepolo nel Buddismo?
Il rapporto fra maestro e discepolo unisce due individui che non condividono un legame di parentela o di amicizia, che sono apparentemente estranei, ma che scelgono però di condividere uno scopo nella vita. È una trasmissione vitale di arricchimento reciproco. Essere discepolo non significa annullare la propria individualità nel rapporto con il maestro, anzi, ricercando dentro di sé il senso di unità con lui, egli trova la sua identità ed esprime se stesso al meglio.
Il Buddismo non concepisce l’idea di un essere superiore, da dove nasce allora la necessità della figura del maestro?
Shakyamuni insegnò ai suoi discepoli che il loro maestro era la Legge mistica. Dalla difficoltà di rendere devozione alla Legge nasce l’esigenza di entrare in contatto vitale con un maestro che trasmetta alle persone la Legge stessa attraverso il comportamento e gli insegnamenti. I discepoli e i maestri che basano la loro vita sulla Legge condividono la stessa compassione di vivere basata sul voto di salvare il genere umano, e fra loro c’è totale uguaglianza.
Bisogna uniformarsi al modello rappresentato dal maestro?
Nichiren Daishonin spiega chiaramente che per realizzare kosen-rufu non bisogna pensarla tutti allo stesso modo o comportarci conformemente a un modello prestabilito. Anzi, dovremmo non solo essere tolleranti riguardo alle differenze che ci contraddistinguono, ma scoprire in esse la ricchezza della vita. Dovremmo solo cercare di condividere lo stesso desiderio del Budda di rendere felici tutte le persone.
per approfondire:
BS, 100, sett-ott 2003
I fiori e i semi, SND, 4, 33
Saggezza, vol. 2, cap. 3
NR, 377, 21-22
dal Gosho
«Se un albero ha radici profonde, i rami e le foglie non avvizziscono. Se c’è acqua nella sorgente, il fiume non è asciutto. Senza legna il fuoco si spegne. Senza la terra le piante non crescono. Nichiren è come la pianta e il suo maestro come la terra. […] La pianticella del riso cresce generando fiori e semi, ma il seme rimesso nella terra sicuramente germoglia di nuovo e produce altri fiori e semi. Così i meriti che Nichiren ha acquistato propagando il Sutra del Loto ritorneranno sicuramente a Dozen-bo. Che cosa sublime! Si dice che se il maestro ha un buon discepolo, tutti e due otterranno la Buddità, ma se il maestro alleva un cattivo discepolo, entrambi cadranno nell’inferno. Se maestro e discepolo non sono in accordo, non possono realizzare nulla di grande. Spiegherò questo punto più ampiamente un’altra volta».
I fiori e i semi (SND, 4, 33-34)