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La Legge di causa ed effetto - DEV - Il Nuovo Rinascimento
Istituto Buddista Italiano Soka Gakkai

Buddismo per la pace, la cultura e l’educazione

6 dicembre 2025 Ore 09:34

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    La Legge di causa ed effetto

    Questo progetto, Primi passi, nasce dal desiderio di rispondere alle tante domande di chi si avvicina al Buddismo di Nichiren Daishonin per la prima volta. Ci siamo ispirati alla storia vera di una principiante, che ci ha indicato i momenti chiave del suo percorso. Nella prima parte immaginiamo una conversazione fra amici, nella seconda cerchiamo di rispondere alle domande più frequenti nella speranza di rendere più agevole questo cammino

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    Questo progetto, Primi passi, nasce dal desiderio di rispondere alle tante domande di chi si avvicina al Buddismo di Nichiren Daishonin per la prima volta. Ci siamo ispirati alla storia vera di una principiante, che ci ha indicato i momenti chiave del suo percorso. Nella prima parte immaginiamo una conversazione fra amici, nella seconda cerchiamo di rispondere alle domande più frequenti nella speranza di rendere più agevole questo cammino

    SIMONA: Marta, vorrei chiederti una cosa: questa filosofia a cui ti sei avvicinata crede nel destino? Io sono sempre stata convinta che tutto sia scritto fin dalla nascita e che non possiamo evitare il fato.

    MARTA: Non ci crederai, ma questa è una delle prime domande che ho fatto anch’io alla mia collega, la quale mi ha spiegato che il Buddismo nega l’esistenza di un destino inevitabile, basandosi sulla convinzione che tutto quello che ci accade dipenda da noi. Il nostro presente, in sostanza, sarebbe il risultato delle cause che abbiamo messo nel passato e il nostro futuro dipenderà dalle cause che stiamo ponendo adesso.

    MATTEO: Ma certo: è il concetto di karma! Qualsiasi azione, pensiero o parola genera un effetto, che può essere più o meno immediato. Una mia ex, che ha vissuto per un periodo in India, non parlava d’altro e qualunque cosa facessi mi ricordava che stavo accumulando buono o cattivo karma!

    LIVIA: E capirai! Non c’è bisogno di diventare buddisti né tanto meno di vivere in India per rendersi conto che le cose vanno così… Voglio dire, se offendo una persona, questa come minimo ricambia la mia offesa.

    MARTA: È vero, ma mi ha molto colpito il fatto che, secondo questo concetto, non si può dare la responsabilità di ciò che ci accade agli altri o alle circostanze.

    SIMONA: Ovvero?

    MATTEO: Credo che Marta voglia dire che la nostra vita, il nostro “destino” ce lo costruiamo noi giorno per giorno, che comunque, indipendentemente dal Buddismo, è una cosa di cui sono sempre stato fortemente convinto anch’io.

    BEPPE: È stato l’argomento della prima riunione a cui ho partecipato e devo dire che mi ha impressionato molto. Spiegavano che con la recitazione del Daimoku è possibile attivare proprio questa immensa potenzialità che esiste nella nostra vita.

    MARTA: Ci hanno detto che recitare Nam-myoho-renge-kyo ci permette di cambiare il nostro stato vitale così che le nostre parole, i nostri pensieri e le nostre azioni iniziano a basarsi sull’enorme positività della Legge dell’universo.

    LIVIA: Ma siete uno peggio dell’altra… voglio proprio vedere cosa succederà!

    (5 – continua)

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    Che differenza c’è tra karma e destino?
    Gli esseri umani per lungo tempo hanno attribuito al fato, al destino o alla volontà divina quelle situazioni che li facevano sentire impotenti. Il Buddismo insegna che la causa dell’infelicità non risiede all’esterno, ma negli esseri umani stessi. La parola sanscrita karma significa azione: come in una catena ininterrotta, ogni azione produce un’azione futura, sia essa fisica (comportamento), verbale (parole) o mentale (pensieri). Ogni azione umana positiva o negativa, una volta compiuta, non svanisce con il passare del tempo: ogni atto permea la vita sotto forma di energia potenziale, influenzando il corso dell’esistenza da quel momento in poi. Non si tratta quindi di una forza esterna: il karma è l’insieme degli effetti di cause che abbiamo stabilito nel passato e che continuano a esercitare una profonda influenza sulle nostre azioni presenti.

    Che cos’è la tendenza karmica?
    Immaginiamo di aver imparato fin dai primi anni della nostra vita a non mostrare le nostre debolezze o la nostra fragilità di fronte al comportamento degli altri. Forse i nostri genitori si aspettavano troppo, forse ci sognavano perfetti. Questo atteggiamento interiore, questa reazione alle richieste dell’esterno gradualmente ci spinge a simulare una forza che in realtà non abbiamo nell’affrontare la vita e ci impedisce di chiedere aiuto e di confrontarci con gli altri. Scrive Richard Causton: «Quando si recita Daimoku affiorano alla coscienza quelle tendenze karmiche che sono la causa della nostra sofferenza: a quel punto la chiave per diventare felici consiste nel decidere profondamente di cambiare queste tendenze» (DU, 51, 17). Una sfida che si può vincere solo richiamando la nostra Buddità innata per superare quei limiti che a volte sembrano insormontabili e rompere quelle che il Buddismo definisce le “catene del karma”.

    Come posso influenzare il mio futuro?
    Noi creiamo il karma tramite le nostre azioni, perciò abbiamo anche il potere di cambiarlo, recitando Nam-myoho-renge-kyo e agendo in sintonia con la Legge mistica. Questo significa che le nostre decisioni, anche se sono facilmente influenzate dalle nostre tendenze karmiche, possono prendere una direzione diversa, come vogliamo noi. Se compiamo – o rifiutiamo di compiere – una certa azione sapendo di avere un’alternativa facciamo una scelta: la tendenza karmica può benissimo averci spinto a scegliere una soluzione piuttosto che un’altra, ma non ha determinato la nostra azione. Recitare Daimoku ci mette in sintonia con la nostra natura di Budda e ci permette di far emergere la saggezza necessaria ad affrontare il problema, prima di agire con determinazione per risolverlo.

    Perché recitare per i propri desideri se l’obiettivo è la Buddità?
    Nichiren spiega che le illusioni e i desideri sono illuminazione (in giapponese bonno soku bodai, cfr. DB, 332). Shakya­muni aveva praticato l’ascesi e il digiuno e aveva compreso che il distacco dai desideri terreni non portava al raggiungimento della Buddità. Nichiren va oltre: spiega che possiamo ottenere l’Illuminazione e manifestare la Buddità proprio passando attraverso i desideri terreni, non prendendone le distanze o ignorandoli. Egli è consapevole che l’essere umano è fatto di desideri, speranze, paure, ansie, e che non è possibile eliminarli, né auspicabile farlo. I desideri sono l’espediente per andare ogni giorno davanti al Gohonzon, recitare Nam-myoho-renge-kyo, sviluppare la fede, sperimentare l’efficacia della pratica. Manifestare la Buddità tramite i desideri che animano la vita non si limita alla purezza della mente o alla gioia spirituale del cuore, comunque importanti: la Buddità rivitalizza la persona e l’ambiente, producendo cambiamenti prima interiori e poi esteriori, che portano a manifestare i benefici e a fare esperienze.

    per approfondire:
    W. Hochswender, G. Martin, T. Morino, Il Budda allo specchio, esperia, 2005.
    La Legge meravigliosa, esperia, 2003.

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    dal Gosho

    «La vita degli esseri umani è incatenata dal karma negativo, dai desideri terreni e dalle sofferenze innate di vita e morte. Ma grazie alle tre cause della Buddità – l’innata natura di Budda, la saggezza per divenirne consapevoli e l’azione per manifestarla – la nostra vita può arrivare senza dubbio a rivelare i tre corpi del Budda»

    L’unica frase essenziale (SND, 4, 240)

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