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Chiediamoci sempre perché - DEV - Il Nuovo Rinascimento
Istituto Buddista Italiano Soka Gakkai

Buddismo per la pace, la cultura e l’educazione

6 dicembre 2025 Ore 13:20

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Chiediamoci sempre perché

Perché abbiamo scelto questa strada. Perché prendiamo parte alle riunioni e alle attività organizzate. Perché impegnarsi nelle due vie della pratica e dello studio. I tanti motivi possono essere riassunti nel desiderio di manifestare la propria Buddità. Esserne consapevoli è indispensabile per dare il meglio di noi stessi ogni giorno

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Perché abbiamo scelto questa strada. Perché prendiamo parte alle riunioni e alle attività organizzate. Perché impegnarsi nelle due vie della pratica e dello studio. I tanti motivi possono essere riassunti nel desiderio di manifestare la propria Buddità. Esserne consapevoli è indispensabile per dare il meglio di noi stessi ogni giorno

La prima volta che mi sono avvicinata al Buddismo mi è stato detto che per diventare felici bastava recitare una frase…
Sul momento sono rimasta sorpresa, la cosa non corrispondeva affatto all’immagine che avevo di questa religione: il monaco, rasato e vegetariano, che vive isolato dal mondo, in meditazione ascetica… Beh, se anche questo era Buddismo sicuramente dovevano esserci delle regole o dei precetti da seguire. Comunque ho deciso di provare a recitare quella frase dal suono esotico con la curiosità di vedere se si manifestavano gli effetti benèfici promessi.
Dopo qualche giorno, chiesi se c’erano regole da seguire e mi risposero che: «L’unica regola è quella di non abbandonare mai il Gohonzon. Il Buddismo di Nichiren si basa sulla Legge mistica di Nam-myoho-renge-kyo e l’azione di lodare la Legge è la causa fondamentale per raggiungere l’Illuminazione. Ripetendo questa frase ogni giorno e con costanza si diventa Budda».
Qualche tempo dopo, quando avevo già ricevuto i primi benefici, mi spiegarono che, per praticare correttamente, oltre alla recitazione della frase era necessario seguire ogni giorno le vie di fede, pratica e studio. Tra me e me, pensai: «Ecco le regole!». Mi feci spiegare in cosa consistesse “il metodo” e decisi di seguire le indicazioni per provare la pratica corretta.
La fede prende forma e sostanza durante il percorso. Inizialmente è la curiosità di provare, la fiducia che nutriamo in chi ci ha parlato del Buddismo, la speranza di migliorare, e andando avanti nella pratica e nella vita diventa convinzione di possedere forze e risorse mai sperimentate, lotta nel superare le difficoltà, preghiera risoluta di fronte alla sofferenza, gioia nell’affidarci a quella parte profonda che ci rende potenti di fronte alle paure e all’ignoto, certezza che usare la strategia del Sutra del Loto prima di ogni altra è la soluzione migliore ai nostri problemi. Nel Gosho Persecuzione con spade e bastoni, Nichiren spiega l’atteggiamento nella fede: come un affamato che desidera il cibo, un assetato l’acqua, un malato la medicina per guarire, o un innamorato la persona che ama (cfr. SND, 5, 228).
La pratica si divide in “pratica per sé” e “pratica per gli altri”, ma da un punto di vista più profondo formano un tutt’uno.
“Pratica per sé” significa recitare Nam-myoho-renge-kyo e leggere il sutra, ma continuando a praticare si comprende che se recitiamo anche per gli altri otteniamo migliori risultati e diventiamo molto più contenti perché la propria felicità è inseparabile da quella degli altri.
“Pratica per gli altri” si esprime sia nel partecipare alle attività buddiste, cioè aiutare gli altri e incoraggiarli a recitare – un’azione che ci dà uno stato vitale molto alto – sia nel parlare agli altri di Buddismo, (in gergo fare shakubuku), e questo significa senza mezzi termini regalare agli altri il diritto a essere felici e per chi lo fa significa trasformare più velocemente il proprio karma.
Lo studio è qualcosa che va oltre l’apprendimento nozionistico e teorico, nel Buddismo studiare significa mettere in pratica, sperimentare sulla propria pelle ciò che leggiamo nei Gosho e nei discorsi di Ikeda. Sapere è conoscenza, mettere in pratica è saggezza.

Il tempo desiderato

Ma come si fa? Quanto tempo ci vuole a fare tutto questo ogni giorno? Per diventare Budda diamo un calcio a tutto e ci ritiriamo in un monastero? Come è possibile far rientrare fede, pratica e studio in una vita che è già una corsa infinita contro l’orologio e il tempo libero spesso si riduce a una manciata di minuti?
Eppure Daisaku Ikeda afferma: «Il Buddismo di Nichiren Daishonin conferisce alla preghiera una forma concreta attraverso la recitazione di Gongyo, una pratica accessibile a tutti. Essa è basata sulla Legge fondamentale e più profonda della vita, ed è una pratica dinamica, assolutamente connessa alla nostra realtà quotidiana» (NR, 367, 3). Il Buddismo non è in un qualche luogo remoto e la sua ragion d’essere sta nel viverlo quotidianamente e nella possibilità di sperimentare i suoi princìpi in ogni momento e in ogni luogo. «Ma se ho poco tempo e non riesco a fare la pratica corretta ogni giorno? Ottengo ugualmente la Buddità? Se faccio Gongyo e Daimoku mattina e sera, ma non ho tempo per studiare, che mi succede? O se mi dedico allo studio, ma non ho tempo per andare alla riunione o per fare shakubuku?».
Toda diceva che il Gohonzon è una “macchina” per diventare felici, e una macchina può funzionare solo seguendo le indicazioni di chi l’ha fabbricata. Per quanto riguarda il Gohonzon e il Daimoku, il Budda originale ha insegnato che il cuore del praticante deve “essere uguale al cuore del Sutra del Loto”. Se voglio un bel balcone fiorito compro le piante, le interro nei vasi, le annaffio e le curo costantemente altrimenti esse seccheranno e il balcone tornerà spoglio e inospitale. Allo stesso modo, praticare in modo corretto questo Buddismo, significa curare tutti gli aspetti quotidianamente e al proprio meglio nutrendo il desiderio di manifestare in concreto la Buddità nella vita. Senza che questo diventi un dovere o un assillo o un alibi, è soltanto un diritto per ogni persona. Non dobbiamo dimostrare niente a nessuno, è semplicemente una sfida alla nostra oscurità innata che mina le radici dal nostro essere.
Se ci pensiamo razionalmente, non vediamo la possibilità di avere il tempo di fare tutto, ma semplicemente desiderando di riuscirci per vivere meglio e sorridere di più, riusciremo a trovare il tempo per curare fede, pratica e studio nella nostra vita già piena. Avremo voglia di recitare Daimoku, troveremo almeno un po’ di tempo per studiare il Gosho e l’occasione per incoraggiare gli altri e fare shakubuku.

Tre elementi indissolubili

Ma vediamo adesso come sono legati questi tre aspetti e in che percentuale si miscelano. La risposta sta in un brano del Gosho Il vero aspetto di tutti i fenomeni: «Impegnati nelle due vie della pratica e dello studio. Senza pratica e studio, non può esservi Buddismo. Devi non solo perseverare tu, ma anche insegnare agli altri. Sia la pratica che lo studio sorgono dalla fede. Insegna agli altri come meglio puoi, anche una sola frase o una sola parola» (NR, 336, 20) che Daisaku Ikeda commenta con queste parole: «La vera essenza dell’azione buddista e la più nobile condotta di vita risiedono nel perseguire con assiduità la via di pratica e studio. Quando si approfondisce la fede, la pratica e lo studio progrediscono, e quando progrediscono pratica e studio, si approfondisce ulteriormente la fede. Tramite questa catena di causa ed effetto, le nostre vite si riempiono di benefici in grado di sopraffarne gli aspetti negativi e far emergere quelli positivi, garantendoci la felicità assoluta e permettendoci così di accumulare un’eterna fortuna. Trascurare le due vie della pratica e dello studio è come pilotare un aeroplano senza avere nessuna idea della rotta, dell’altitudine, della destinazione, e senza possibilità di rifornirsi di carburante. Sicuramente finireste per perdere l’orientamento e rallentare. Incontrando poi la minima turbolenza, precipitereste schiantandovi a terra in un baleno. Coloro che perseverano nelle due vie di pratica e studio, invece, saranno sicuramente vincitori nella vita, non regrediranno mai nella fede e trionferanno con decisione in ogni lotta. Leggete il Gosho, anche una sola frase. Parlate a qualcuno di Buddismo, anche solo una parola. Se vi impegnate nella pratica buddista, usate la vostra voce e agite, sentirete una fresca ondata di forza vitale, piena di energia, cominciare a fluire dentro di voi in armonia col ritmo dell’universo» (NR, 359, 3).
Quindi fede, pratica e studio sono il nutrimento completo per la nostra Buddità. Ogni giorno noi ci alimentiamo per sostenerci, usiamo i nostri muscoli per muoverci e la materia grigia per ragionare. Allo stesso modo, se desideriamo “liberarci dalle sofferenze di nascita e morte che sopportiamo dall’eternità e raggiungere sicuramente la suprema Illuminazione in questa esistenza”, insomma, se desideriamo diventare Budda, è necessario che ci nutriamo di questi tre preziosi alimenti in modo costante e frequente e per tutta la vita. La Buddità non è una condizione statica, una fotografia che cristallizza un attimo di vita, ma già il momento successivo il soggetto dell’immagine cambia aspetto, anche solo impercettibilmente. È fondamentale il modo in cui noi viviamo attimo per attimo e come pratichiamo. È tutta una questione di decisione rinnovata nel cuore e nella preghiera per mantenere uno spirito di ricerca sempre vivo e mettere in pratica ogni giorno l’insegnamento buddista.

L’utilità del dubbio

Quando ci assalgono mille dubbi o quando ci accorgiamo di aver perduto l’entusiasmo di lottare, qual è la nostra reazione? Diamo un calcio a tutto?
Il Daishonin nel Gosho La difficoltà di mantenere la fede spiega che la fede di alcuni è come il fuoco e la fede di altri è come l’acqua. Fede come il fuoco significa farsi prendere dai facili entusiasmi e scoraggiarsi nei momenti cruciali, cioè difficili, mentre fede come l’acqua significa continuare con perseveranza sia nei momenti positivi sia in quelli negativi, con la stessa capacità dell’acqua di scorrere instancabilmente e di insinuarsi anche nelle fessure senza lasciarsi fermare da niente. Curare con impegno gli aspetti di fede, pratica e studio è il modo per costruire una fede come l’acqua.
Quando siamo preda dei dubbi o della sofferenza o dell’incertezza totale dovremmo riflettere sul motivo e sullo scopo della nostra pratica. Chiediamoci sempre perché facciamo Daimoku, Gongyo, shakubuku e se stiamo migliorando costantemente la qualità della nostra pratica, almeno appena un po’ ogni giorno con un’azione continua e instancabile. Nel corso della vita si incontrano tante difficoltà, ma il bello sta nell’arrivare sempre fino in fondo.
«Senza condividere l’obiettivo del Budda di rendere felici tutte le persone, anche il Daimoku che recitiamo non ha valore» dice Tamotsu Nakajima. Pensare alla felicità degli altri, oltre che alla nostra, rende la nostra vita splendente proprio come afferma il Daishonin quando scrive: «Ciò che dai a un altro diventerà il tuo stesso nutrimento. Se accendi una lanterna per un altro, la sua luce illuminerà anche il tuo cammino» (Le tre virtù dei cibi, GZ, 1598).

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