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Lo studio ispira l'azione - DEV - Il Nuovo Rinascimento
Istituto Buddista Italiano Soka Gakkai

Buddismo per la pace, la cultura e l’educazione

6 dicembre 2025 Ore 10:29

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    Lo studio ispira l’azione

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    «Se la mente degli esseri viventi è impura, anche la loro terra è impura, ma se la loro mente è pura, lo è anche la loro terra; non ci sono terre pure e terre impure di per sé: la differenza sta unicamente nella bontà o nella malvagità della nostra mente»

    (Il raggiungimento della Buddità in questa esistenza, BS, 119, 13).

    Quante volte avevo sentito incoraggiare le persone attraverso questa frase? Spesso, però, l’illusione di “saper usare” il Gosho, che credi perfetto per incoraggiare e incoraggiarti in quel momento, non è ancora sufficiente per percepire fino in fondo che lo studio, nel Buddismo, è funzionale alla vita e diventa un mezzo per indirizzarla, proprio quando appare più complicata del solito. Ikeda incoraggia, ripetutamente, a praticare uno studio combattivo e a “utilizzare” le parole del Gosho nella vita quotidiana. «La terra pura non esiste in alcun mondo ultraterreno, bensì nel mondo reale, e le persone la raggiungono attraverso la propria trasformazione interiore», scrive nelle Lezioni che commentano questo scritto (BS, 119, 43). Ecco un buon veicolo per sperimentare lo spirito combattivo dello studio: prendere coscienza – attraverso la recitazione – che quella frase, quel Gosho, sia lì proprio per indicarti un’azione concreta da seguire. Lo scorso anno, al ritorno da un corso a Trets, dove avevamo studiato questi princìpi, riuscii a sperimentarne la forza dirompente.
    L’organizzazione dove lavoro attraversa una fase di profondo cambiamento e io vivevo nell’illusione di ricavarne un cambiamento personale – da tempo auspicato – da ricercare, però, al di fuori di essa. La mia mente era impura, così come la mia terra, tanto da provocarmi continui stati di malessere. Un giorno, al termine di una riunione, si “materializzò” il capo delle risorse umane a cui – senza esitare – chiesi un colloquio per esporgli i progressi della mia carriera, a lui ignoti, e la condizione di insofferenza che vivevo. Tornai a casa dopo due ore di colloquio molto intenso… Ripresi a recitare con nuovo vigore ma con la consapevolezza di aver compreso esattamente che era lì, in quella organizzazione che tanto mi aveva dato, che avrei potuto creare valore. Passò poco tempo da quel giorno e, valutato positivamente il mio curriculum, mi fu offerta un’opportunità inaspettata: accettare un incarico di grande responsabilità, sebbene in una filiale a un’ora di treno dalla mia città. Nonostante la condizione di pendolare – che utilizzo per approfondire i testi buddisti – la mia nuova vita è ricca di esperienze e il mio obiettivo è quello di parlare di Buddismo a quante più persone nel nuovo ambiente di lavoro.

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    Guida allo Studio

    Il Gosho
    «C’è un libro che ha lasciato un’impronta indelebile nella mia vita: è la copia del Gosho che appartenne al presidente fondatore della Soka Gakkai, Tsunesaburo Makiguchi… Aprendo la copertina consunta e ridotta a brandelli, trovai le pagine sottolineate in rosso con i commenti scritti a matita. Alcuni brani erano sottolineati due volte, e altri evidenziati con linee punteggiate, i passi importanti erano contornati da riquadri. C’erano numerosi commenti scritti a penna e, in alcune pagine, a margine di certi brani difficili, aveva scritto: “Studiare” oppure “Studiare ancora”. È evidente che Makiguchi lesse il Gosho più e più volte». Come traspare anche da queste parole di Ikeda, nello studio i presidenti della Soka Gakkai hanno sempre dato un valido esempio, dimostrando con i fatti che chi ha deciso di essere un discepolo del Daishonin non leggerà il Gosho come un libro qualunque, ma con l’intenzione di percepirne l’essenza.
    E ogni occasione è buona per sollecitare gli altri a fare lo stesso, accantonando la superficialità: «Studiare è importante. A prescindere dai vostri impegni dovreste sempre riuscire a leggere uno o due libri al mese. Tutte le persone di successo imparano a studiare molto, anche se non hanno avuto una formazione scolastica completa. La vostra è l’età in cui occorre abituarsi a lavorare sodo, studiare con impegno e sviluppare le proprie capacità. Lo studio del Buddismo è particolarmente importante, perché su di esso potete basare la vostra vita. Se trascurate lo studio del Buddismo rischiate di perdere di vista il senso della pratica, potreste essere sviati dalle emozioni o dall’egoismo» (NRU, 4, 108).

    Le parole di Ikeda
    Ci prende per mano la mattina, quando dopo Gongyo si apre Giorno per giorno. Ci tiene compagnia durante le pause, dalle pagine del Nuovo Rinascimento. La sera ci dà la buonanotte sistemandosi sul comodino. Con i suoi scritti, Ikeda ci accompagna durante tutto l’arco della giornata. Per chi si sta sforzando di approfondire la fede, è naturale rivolgersi al maestro. In mancanza di un contatto diretto, si superano le barriere dello spazio e del tempo andando a cercare la risposta a un dubbio o un incoraggiamento nei tanti scritti che Ikeda, prodigo, produce senza posa. Il suo intento è chiaro: raggiungere il cuore di tutti i nobili figli del Budda – come ama appellarci – e avvicinarli al Gohonzon, ossia alla Legge, allo spirito di Nichiren Daishonin e aiutarli a cogliere e a vivere il significato più profondo del Gosho.
    Numerosi e non meno importanti sono i dialoghi di Ikeda con eccellenti pensatori, artisti e studiosi; continui confronti nei quali egli fa conoscere il Buddismo del Daishonin e promuove kosen-rufu.
    C.S.

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    Guida allo Studio

    Rivoluzione umana e Nuova rivoluzione umana
    In questi due romanzi a puntate, pubblicati settimanalmente e poi raccolti in una serie di volumi (dodici per la Rivoluzione umana, quattordici per la Nuova rivoluzione umana), il presidente della Soka Gakkai Internazionale ripercorre la storia della Soka Gakkai dal termine della Seconda guerra mondiale fino ai giorni nostri, con numerosi flashback soprattutto sull’incarcerazione di Toda durante il conflitto mondiale.
    I personaggi, escluso Toda, portano nomi di fantasia, ma i contenuti sono aderenti alla realtà storica, narrata da un punto di vista particolare: quello di Shin’ichi, discepolo di Josei Toda, che porta il movimento buddista basato sull’insegnamento di Nichiren Daishonin in oltre centonovanta paesi nel mondo.
    Moltissimi episodi di vita dell’organizzazione contengono spunti di riflessione per affrontare con spirito giusto le difficoltà che possono verificarsi nel proprio ambito di pratica. Una lettura indispensabile per capire, come buddisti, da dove veniamo, perché stiamo facendo quello che facciamo, dove vogliamo arrivare, e come.
    Alessandro Giorni

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    «Dovresti citare il terzo volume del Sutra del Nirvana che dice: “Uomini di fede devota! Studiate e praticate [finché non avrete compreso che i Tre tesori sono unici ed eterni]”»
    (L’insegnamento, la pratica e la prova, SND, 6, 206)

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    Gli Esami del Dipartimento di Studio

    Uno stimolo per approfondire

    Intervista a Vittorio Sakaki, vicedirettore generale dell’Istituto Buddista Italiano Soka Gakkai

    La Soka Gakkai prevede, per coloro che li vogliono sostenere, degli esami di verifica per differenti livelli di studio. Perché si dovrebbero affrontare queste prove e con quale spirito?
    Gli esami possono essere uno stimolo per crescere nella fede. L’arroganza ci fa credere di essere già arrivati, di non avere più niente da imparare, invece studiando un po’ ogni giorno ci rendiamo conto di quanto ignoriamo la funzione del Buddismo nella nostra vita. Lo spirito giusto è quello che sottolinea il presidente Ikeda: quello che conta è l’impegno che ci mettiamo, giorno per giorno, senza mirare al risultato finale, ma alla comprensione dei fondamenti di Nichiren Daishonin. Percepire con passione quello che Nichiren voleva fare: salvare l’umanità. Lo spirito, dunque, è comprendere il cuore di Nichiren.

    Lo scopo non è superare l’esame, ma permettere ai candidati di ampliare la propria conoscenza del Buddismo e di metterla in pratica. E se uno non supera l’esame?
    L’esame è solo un’autoverifica di quello che abbiamo imparato e il non passarlo può essere uno stimolo per approfondire meglio alcuni insegnamenti. È fondamentale avvicinarsi agli esami con umiltà e consapevolezza. Partendo dal presupposto che di natura gli esseri umani sono arroganti, con una pratica corretta dovremmo perdere questa tendenza. La fede ricerca lo studio e lo studio aiuta ad approfondire la fede. Solo diventando umili e sviluppando spirito di compassione possiamo attuare quello che studiamo. A questo proposito sensei parla di studio attivo: basato su un sincero spirito combattivo, la prova concreta che stiamo attuando correttamente i princìpi di fede, pratica e studio.
    a cura di M.P.

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    Le Riviste dell’Istituto

    Per la pace, la cultura e l’educazione

    Oggi che il Dipartimento editoriale è cresciuto insieme al numero dei praticanti in Italia, le possibilità di studio sono molteplici, si può dire che se ne trovano per tutti i gusti e per tutte le età, anagrafiche e di pratica.
    Studiare per sapere come fare, studiare per applicare i princìpi buddisti nella realtà della vita di tutti i giorni. Toda paragonava lo studio al manubrio della “bicicletta” della pratica buddista, da tenere in equilibrio per procedere nella direzione che vogliamo, con le due ruote a rappresentare la pratica per sé e per gli altri, mentre i pedali corrispondono alla fede.
    Ricapitoliamo a grandi linee quel che si può trovare sulle riviste dell’Istituto Buddista Italiano Soka Gakkai:

    Il Nuovo Rinascimento, nato come mensile nel 1982 e all’epoca unica rivista “per tutto e per tutti”, col tempo è diventato quindicinale e si è in parte trasformato. A oggi contiene:

    • le traduzioni dall’inglese dei discorsi, saggi ed editoriali del presidente Ikeda che la Soka Gakkai Internazionale invia alle organizzazioni locali nei vari paesi;
    • gli editoriali del direttore generale Tamotsu Nakajima che offrono approfondimenti per la fede e per l’attività in Italia;
    • le esperienze e le storie dei membri insieme alle notizie dell’attività italiana;
    • articoli che servano come spunto di riflessione personale o come base per preparare le riunioni di discussione.

    Buddismo e Società è la rivista di studio. Bimestrale, fino al 2000 si chiamava DuemilaUno.
    In essa si trovano:

    • le spiegazioni dei Gosho che vengono studiati alle riunioni mensili;
    • uno speciale, ovvero un approfondimento su un tema specifico;
    • le serie più lunghe e corpose come la Raccolta degli insegnamenti orali o le spiegazioni dell’Apertura degli occhi.

    Ultima ma non ultima, Il Volo Continuo, la più giovane delle riviste, un settimanale redatto dai e dedicato ai giovani (e a chi si sente tale). Il loro punto di vista e la loro palestra. Vi si può leggere:

    • saggi e articoli di Ikeda rivolti ai giovani;
    • esperienze e notizie della Divisione giovani;
    • un argomento di attualità nella prospettiva degli “juniores” buddisti;
    • le puntate più recenti della Nuova rivoluzione umana, cioè la storia dello sviluppo del movimento di kosen-rufu scritta da Daisaku Ikeda.

    Sara Giuntoli

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    «Chi si dedica al Buddismo non dovrebbe dimenticare la gratitudine verso i genitori, verso i maestri e verso il paese. Ma per ripagare questi grandi debiti, deve assolutamente studiare a fondo la Legge buddista e diventare un saggio. Se un gruppo di ciechi è guidato da un uomo cieco dalla nascita, non potrà attraversare ponti e fiumi. Come può una nave guidata da uno che non conosce la direzione dei venti condurre i mercanti alla montagna dei tesori?»
    (Ripagare i debiti di gratitudine, SND, 2, 116)

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    La testimonianza

    Chirurga senza diploma

    Ho conosciuto il Buddismo diciotto anni fa. Trovavo bellissime le recitazioni di Daimoku e le riunioni. Tuttavia il problema si è presentato subito, quando dovevo leggere il sutra: vedevo solo righe nere!
    «Forse devo cambiare gli occhiali», mi dissi. Eppure il resto lo vedevo, cambiai gli occhiali ma non era meglio! Poi, pian piano, con l’aiuto di mio figlio, ho iniziato a “vedere” Gongyo: da lì sono partita e non mi sono ancora fermata.
    Quando mi è stato consigliato di studiare i Gosho di Nichiren Daishonin, leggere le riviste della nostra organizzazione, studiare i saggi e gli incoraggiamenti del presidente Ikeda, mi sono chiesta: «Come posso riuscire a farcela?». Come potevo leggere queste cose così importanti dal momento che non sapevo leggere nemmeno il giornale?
    Mio figlio, che mi ha fatto conoscere il Buddismo, mi disse di non preoccuparmi perché avrei imparato. Quando io andavo a scuola, fino alla quinta elementare, in l’Italia c’era la guerra, si frequentava un giorno sì e uno no perché nelle aule c’erano gli sfollati che erano rimasti senza casa per via dei bombardamenti. E così, quando ho finito la quinta elementare ero già grande, avevo dodici anni e, malgrado la miseria, ero già troppo cresciuta, ero una donna. Andare a scuola e fare l’avviamento (le medie di oggi) sembrava sconveniente e inopportuno. Mio padre voleva che io mi iscrivessi per continuare gli studi e di mia madre non ricordo nessuna espressione, favorevole o contraria che fosse. Penso che se mio padre mi avesse sollecitato un’altra volta a proseguire, avrei fatto anche l’università. Ma è andata così e va bene lo stesso… indietro non si torna!
    Il mio studio è finito lì. Sono andata a imparare un mestiere, la sarta, ma non fino a diventare una brava sarta. Mi sono sposata, ho fatto la commerciante, la moglie e la madre. In tutti questi anni non ho mai letto niente. Ora dovevo studiare i Gosho e tutto il resto e mi sembrava davvero troppo difficile. Nelle lezioni di studio volevo capire il più possibile, in modo da avere più facilità nelle letture. I Gosho mi sono piaciuti subito e ancora mi piacciono. L’unica mia salvezza era il Gohonzon! Ho pregato tanto e ho offerto la mia “non istruzione” al Gohonzon affinché, se non potevo capire con la mente, potessi capire con il cuore.
    Dopo qualche tempo non mi bastavano più le riunioni di studio; volevo di più e così ho cominciato a partecipare attivamente dato che mi preparavo e studiavo tanto. Grazie a sensei ho avuto un grande incoraggiamento. Una persona di valore dovrà pur comunicare! Ho imparato a parlare chiaramente, a dire proprio ciò che penso, in modo che chi ascolta possa capire.
    A volte mi sono domandata cosa mi sarebbe piaciuto fare nella mia vita. In effetti ero spesso scontenta, insoddisfatta. Avrei amato fare il medico, aiutare le persone; questo lavoro mi affascina ancora ma ormai è impossibile.
    Grazie al Buddismo faccio la “chirurga di me stessa” ogni giorno per liberare la mia mente dai vincoli del karma, per gestire i dieci mondi, per aprire il cuore e soprattutto scavare fino in fondo e cercare la mia Buddità, con il “bisturi” di Nam-myoho-renge-kyo.
    Inoltre incoraggio le persone! Questo è quello che faccio. E lo faccio con tutto il mio cuore perché adesso so leggere e capire! Ma pensate, oggi sono referente di studio. Che gioia e che orgoglio! Io che non avevo mai letto nemmeno gli avvisi condominiali, vado in libreria a comprarmi libri di altri autori e mi sento coraggiosa per i miei settantadue anni di età.
    Tina Rufini Emili

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    Continuare a Studiare

    Nichiren sta dicendo proprio a me?

    Citando T’ien-t’ai e il sutra Nichiren scrive: «Si accetta grazie al potere della fede e si continua grazie al potere della preghiera… È difficile mantenere la fede in questo sutra. Chi lo abbraccia anche solo per un breve periodo farà contento me e tutti gli altri Budda» (La difficoltà di mantenere la fede, SND, 4, 154).
    Come dire che le insidie ci sono per tutti: chi inizia il percorso della pratica magari ha mille domande in testa e si dà da fare per trovare risposte, chi ha già percorso parte di quel cammino può credere di aver già trovato conferme a sufficienza e si adagia o addirittura “si sclerotizza” un po’. Quanto allo studio, ha già studiato e adoperato più e più volte quei concetti e quei Gosho che fanno parte della pratica buddista, ed è comune per gli esseri umani diventare impermeabili di fronte alle cose ripetute più volte. Eppure quello che vogliamo manifestare non è la condizione di esseri umani, ma di figli del Budda. Il presidente Ikeda è molto preciso a questo riguardo: «Il solo fatto di avere incontrato la fede non significa che potete riposare comodamente e trascorrere la vostra intera vita procedendo sulla grande via della Buddità. Se avete fede solo in teoria, ciò non produce alcun merito. Peggio ancora, potreste dover affrontare il più importante degli eventi, la vostra morte, con grande sofferenza. Una fede astratta non è della minima utilità. Dato che avete avuto la fortuna di incontrare la Legge mistica, dovreste dedicare senza rimpianti il resto della vostra vita a cercare la via. Siate colmi della gioia della fede e diffondete coraggiosamente la Legge. Questo è il nostro dovere per avere accettato la Legge mistica, questa è la nostra vita» (Il Gosho e le basi della fede, ed. Esperia, 103).
    I fenomeni sono impermanenti: questo lo abbiamo studiato. E abbiamo anche imparato che studiare senza mettere in pratica risulta piuttosto sterile. In questo caso, sfidarsi a guardare con occhi nuovi un fenomeno conosciuto può essere un’applicazione concreta di quanto abbiamo studiato sull’impermanenza, sul superare gli attaccamenti (in questo caso alle proprie visioni e percezioni), sulla nostra rivoluzione umana di individui. Come si fa a sfidarsi? L’indicazione di Nichiren punta al “potere della preghiera”. E su questo, come si suol dire, non ci piove. Quanto allo studio, un suggerimento o “trucchetto” pratico che può essere utile a tutti, buddisti vecchi e nuovi, forse sta in una domanda da mettere alla base del proprio studio: ma Nichiren (o il presidente Ikeda) sta dicendo a me?
    S.G.

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    «Cerca di comprendere bene quello che ti ho insegnato […]. Fatti leggere questa lettera dal prete che è il mio messaggero. Fidati di lui come di un prete dalla saggezza illuminata e ponigli qualunque domanda tu possa avere sul Buddismo. Se non fai domande e non risolvi i tuoi dubbi, non puoi disperdere le oscure nuvole dell’illusione, così come non potresti percorrere mille miglia senza gambe. Fatti leggere questa lettera più e più volte e poni qualunque domanda desideri»
    (Lettera a Niike, SND, 4, 252-3).

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    Voglia di conoscere

    Intervista a
    Marta Bonomo, vice responsabile nazionale della segreteria della Divisione donne.

    Sulla base della tua esperienza a quanto ti è valso lo studio?
    Nella mia esperienza lo studio è stato ed è tuttora il “volante”. Mi riferisco all’esempio che sentivo ripetere all’inizio: la fede, la pratica e lo studio sono come le parti fondamentali della guida di una macchina: la fede è come il motore, la pratica come le ruote e lo studio come il volante, serve a dare la direzione corretta.
    Non ricordo un periodo della mia vita di praticante non accompagnato dalla lettura attenta e interessata degli scritti di Nichiren e delle preziose guide del presidente Ikeda. Quando ho iniziato a praticare nel 1980 non c’erano le riviste che conosciamo oggi, i Gosho erano solo in inglese, ma ricordo molto bene come, anche con la mia scarsa conoscenza dell’inglese, leggevo con avidità questi scritti e trovavo ispirazione e conforto anche dalle poche frasi che riuscivo a “intuire”. Quando cominciarono ad arrivare le traduzioni fotocopiate, ne feci un libro rilegato in casa; per alcuni anni studiavamo così, raccogliendo fotocopie, mettendole insieme artigianalmente. Forse questa difficoltà iniziale mi ha abituato a studiare con uno spirito di ricerca, quasi fisico, per cercare di capire qualcosa in più, anche con una frase, un commento determinante per farmi andare avanti con il coraggio e la speranza necessaria.
    Devo dire che spesso più studiavo più aumentavano i dubbi della mente, ma ho imparato a non averne paura, anzi a riconoscerli come prova della mia sincerità: ho capito che aggiungendo la recitazione del Daimoku per “trovare” le risposte ai miei dubbi, queste arrivavano magari dopo un po’ o nella vita vissuta o nella comprensione più interiore del mio cuore. Quello che conta è la sincerità con se stessi e la fiducia nelle parole di Nichiren: cosa non capisco, cosa mi lascia perplessa e si scontra con la mia mentalità? Queste domande per me sono un altro modo per chiedermi, come posso cambiare ulteriormente la mia vita, cosa devo “vedere” per sentire e fare con tutta me stessa quello che sta indicando Nichiren o Ikeda?

    L’interpretazione di quello che leggiamo può variare con il nostro stato vitale, per questo ci viene consigliato di rileggere più volte l’insegnamento di Nichiren?
    È esattamente così, la nostra personale comprensione non è una cosa neutra, risente della nostra condizione vitale, che influenza direttamente la percezione, la cognizione di quello che sentiamo, la coscienza che ce ne facciamo ecc., secondo il noto principio di non dualità di corpo e mente (shiki-shin funi).
    Ma c’entra anche l’esperienza, il Buddismo parla della vita e quindi è soprattutto con la vita, con la parte più profonda di noi, che si ha la comprensione del suo significato, non solo della sua forma teorica. Per questo dobbiamo accostarci allo studio con la fede, cioè con una disponibilità a considerare autentico quello che studiamo.
    All’inizio credo che la difficoltà sia proprio quella di avere tanti “pezzetti” di teoria, che a volte appaiono addirittura contraddittori tra loro. È come se ci trovassimo di fronte a una scatola di un “puzzle”; ci vuole tanta pazienza per vederne l’insieme, solo mettendo in pratica, provando e riprovando, pian piano si capisce come vanno assemblati i pezzi. Per chi inizia a praticare e a studiare il Buddismo di Nichiren Daishonin quello che unisce i “pezzi” è l’esperienza, il mettere in pratica l’insegnamento, ancor prima di capire tutto.
    Toda diceva che «la comprensione stimola la fede, mentre la fede è in continua ricerca della comprensione. La fede aumenta in relazione alla profondità della comprensione e una fede più profonda rafforza la comprensione della pratica buddista».

    Come si può conciliare una vita quotidiana piena di impegni con lo studio?
    Non ci sono ricette ovviamente, la mia esperienza è che l’importante è non rinunciare mai, di fronte a qualsiasi situazione. Spesso ancora oggi esco con una rivista o un libro di Buddismo in borsa, magari so che dovrò andare alla posta o dal medico e fare la fila, oppure in autobus e, se non è troppo affollato, posso leggere qualcosa. Altre volte vado a trovare un’amica e insieme leggiamo qualcosa e la commentiamo. Insomma l’essere umano è un essere molto, molto creativo e la creatività ci può mantenere elastici e adattabili, senza quindi dover rinunciare o limitarci. Dovremmo apprezzare la fortuna che abbiamo tutti, indipendentemente dal titolo di studio o dalle condizioni di vita, di poter essere “studenti” della “scienza” più importante , il Buddismo per la creazione della felicità nostra e degli altri, e di poter studiare con dei supremi maestri!

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