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Una rosa per te - DEV - Il Nuovo Rinascimento
Istituto Buddista Italiano Soka Gakkai

Buddismo per la pace, la cultura e l’educazione

6 dicembre 2025 Ore 16:40

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    Una rosa per te

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    GRAZIELLA: Ho sessantatré anni e pratico questo Buddismo da quattordici, anche se mi vergogno a dirlo perché la mia pratica fino al febbraio 2006 è stata molto ristagnante.
    Frequentavo poco i meeting e anche se avevo l’abbonamento al Nuovo Rinascimento, lo leggevo con superficialità. In casa avevo molti Gosho ma non ero molto interessata a studiare, facevo Gongyo mattina e sera, sempre da sola, e un po’ di Daimoku. La mia vita scorreva tranquilla e così mi bastava quel poco che facevo. Ai primi di marzo del 2005, una sera, mentre guardavo la televisione, mi toccai la pancia e sentii un ingrossamento mobile e duro. Andai subito dal medico che richiese una TAC urgente e dal risultato di questo esame diagnosticò una massa che faceva sospettare un tumore. Cominciai subito a fare un’ora di Daimoku ma senza informare i miei responsabili, perché non ne avevo il coraggio, visto che frequentavo poco le riunioni. Mi fissarono immediatamente la data dell’intervento: il 24 marzo. Prima di ricoverarmi presi coraggio e chiamai una mia responsabile, dicendole: «Domani mi ricoverano all’ospedale perché mi operano. Avverti il mio gruppo e mi raccomando… recitate Daimoku per me!». Lei mi assicurò che lo avrebbe fatto e, in seguito, disse a mio figlio che anche gli altri gruppi del settore stavano recitando per me. Questa notizia mi fece sentire meglio, mi rasserenò, scacciando la paura. Quando mi risvegliai dopo l’intervento soffrivo tanto, ma il giorno dopo già stavo molto meglio; recuperai in fretta e dopo una settimana sono stata dimessa. Una volta a casa iniziai a chiedere ciò che era accaduto, ma nessuno della famiglia si sbilanciava, finché una mia amica ebbe l’ingrato compito di dirmi tutto. E così venni a sapere che mi avevano asportato un tumore maligno all’ovaia, grande come un arancio, e uno più piccolo. Accusai il colpo, ma continuai a recitare un’ora di Daimoku per sconfiggere la mia malattia. Desiderai ricevere un consiglio nella fede e la persona con cui parlai mi suggerì di andare davanti al Gohonzon con umiltà e di recitare tanto Daimoku per trasformare il karma negativo causato dalle mie passate offese alla Legge. Decisi di recitare due ore di Daimoku al giorno e di aprire la mia casa ai miei compagni di fede. Fin da subito mi sentii serena e felice, mio figlio ricominciò a praticare e anche un amico di famiglia si riavvicinò al Buddismo. Ma la cosa più bella fu che mio marito, finora scettico verso il Buddismo, iniziò a praticarlo per sostenermi.

    ROMANO: Quando seppi che mia moglie aveva un tumore mi sono trovato improvvisamente sull’orlo di un precipizio. Piangevo disperato ma lei riusciva perfino a consolarmi e mi diceva: «Non piangere! Vedi come sono serena, sto recitando Nam-myo-renge-kyo, vedrai che guarirò». Capivo che tanto coraggio e tanta determinazione erano dovute alla recitazione di Graziella al Gohonzon e man mano che il tempo passava, mi rendevo conto che in lei il dubbio e la paura di non guarire lasciavano posto a uno stato vitale sempre più alto: era felice e la sentivo perfino cantare mentre riordinava la casa. Era incredibile! Sapevo che recitare Nam-myoho-renge-kyo tante ore al giorno per lei era molto faticoso e così, rompendo gli indugi, decisi di aiutarla. Mi fermai da un fioraio e acquistai una rosa per il mio grande amore, una rosa rossa in boccio; la chiamai e le dissi: «Graziella fra mezz’ora sono a casa, ho una sorpresa per te, ma… te lo dico quando arrivo». Le porsi la rosa. «È questa la sorpresa che mi volevi fare?», era contenta, ma sembrava anche un po’ delusa. «No – rispondo – la sorpresa è che ho deciso di cominciare a praticare questo Buddismo per aiutarti a guarire, in due ce la faremo meglio»; mi buttò le braccia al collo con gli occhi che scintillavano di gioia.
    Inziai a recitare due ore di Daimoku al giorno insieme a lei. Mi sono accorto che mentre aiutavo lei aiutavo anche me stesso, mi stavo rafforzando, il mio stato vitale cresceva, non piangevo più, insieme stavamo andando nella direzione giusta.
    «Per il futuro voglio leggere gli insegnamenti di Nichiren Daishonin per capire più profondamente il modo giusto di rapportarsi con l’universo che ci circonda, cercando di migliorare la mia e l’altrui esistenza. Darò una mano a chi ha bisogno e mi adopererò affinché tante persone riescano a comprendere che recitare Nam-myoho-renge-kyo è fonte di felicità». Con questa mia determinazione ho iniziato una nuova vita.

    GRAZIELLA: Nella mia piccola stanza venivano sempre molte persone a recitare Gongyo e Daimoku; chi veniva la mattina, chi la sera. Ad aprile 2005 iniziai la chemioterapia di sei cicli, uno ogni ventotto giorni, e a settembre terminai l’ultimo ciclo. Si tratta di cure dolorose che danno effetti collaterali temporanei ma fastidiosissimi, come dolori, vomito, alterazione dell’umore, abbassamenti di pressione, crampi alle gambe e via dicendo. Quando si avvicinava il giorno della terapia, che iniziava alle 8 di mattina per finire alle 14, mi “preparavo” bene recitando tanto Daimoku con la determinazione di riuscire a superare bene il dolore, e leggevo il Gosho L’arco e la freccia, soprattutto la frase: «Anche chi è libero dalla malattia non può sfuggire alla transitorietà della vita, ma tu non sei ancora vecchia e, poiché sei una devota del Sutra del Loto, non andrai incontro a una morte prematura. Sicuramente la tua non è una malattia karmica ma, anche se lo fosse, puoi contare sul potere del Sutra del Loto» (SND, 9, 35). Grazie a questo e ai compagni di fede che mi sostenevano sono riuscita a superare tutto e, nonostante le difficoltà incontrate prima e dopo la terapia, recitavamo comunque le nostre due ore di Daimoku.
    Nel mese di luglio, per non interrompere una tradizione di famiglia siamo partiti per andare al mare a Quercianella tutti insieme. Abbiamo chiamato il Centro culturale di Livorno perché volevamo sapere se c’era qualche membro che praticava lì vicino. Abbiamo trovato delle belle persone disponibili che ci hanno aperto la loro casa, ed è stato proprio lì che ho sentito dentro di me cambiare qualcosa: il Daimoku usciva dalle mie labbra in modo diverso, in un’armonia incredibile con le persone vicine, le mie ore di recitazione erano un’assoluta felicità. Sento che guarirò, ma la strada è lunga: ci vogliono cinque anni per raggiungere la guarigione totale, ma intanto i miei valori sono normali e la TAC conferma il risultato.
    Poco tempo fa ho letto sul Nuovo Rinascimento che ognuno di noi ha una missione da compiere. Non sapevo quale fosse la mia. Ora lo so: è quella di aiutare le persone che hanno questa malattia, recitando Nam-myoho-renge-kyo insieme a loro, studiando il Gosho, facendo shakubuku e incoraggiandole con la mia esperienza.

    ROMANO: Per ultimo voglio dire una cosa a mia moglie: «Grazie per essere tornata a casa!».

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