Fra gli strumenti utili per praticare nel migliore dei modi, nella Soka Gakkai esiste la possibilità di ricercare un consiglio appropriato alla situazione personale. Quando si è a un punto morto, o di fronte a una difficoltà apparentemente insormontabile, calde parole di incoraggiamento possono servire a trovare la grinta necessaria per ribaltare la situazione
Sento parlare del Buddismo di Nichiren Daishonin. Un giorno mi decido a provare. Sperimento i benefici della pratica buddista e supero i vari dubbi che sorgono sul cammino. Uno dei punti che sto cercando di sperimentare in prima persona è il concetto di “fede uguale a vita quotidiana”, e per questo mi impegno a vivere sulla mia pelle i principi del Buddismo. Mica sempre facile, però.
E quando insorge una difficoltà nuova e mi sembra di non sapere dove sbattere la testa, mi decido: forse è il momento per chiedere un consiglio nella fede. Provare a guardare con occhi diversi quello che mi succede, ciò che sembra non cambiare mai, può essere determinante.
Ma questo può accadere anche dopo molti anni di pratica e di impegno assidui, visto che, come scrive il Daishonin, «noi comuni mortali non possiamo vedere le nostre ciglia che sono vicine né il cielo che è lontano. Ugualmente non sappiamo che il Budda esiste nel nostro cuore» (Gosho di Capodanno, SND, 4, 272). E allora, cosa ci può essere di meglio di un compagno che sia il nostro specchio e che ci dia la possibilità di vedere noi stessi e le nostre grane da un altro punto di vista?
La guida personale o il consiglio nella fede, come lo si voglia chiamare, è una tradizione che affonda le sue radici nell’esempio di Josei Toda, secondo presidente della Soka Gakkai, famoso per i dialoghi intensi con i membri. Leggendo il testo che raccoglie l’esperienza e i consigli di Satoru Izumi – un pioniere della Soka Gakkai giapponese scomparso nel 2005, (La fede e la vita quotidiana, esperia, fuori catalogo) – mi sono accorta che questo contiene tutti i punti fondamentali che riguardano questo tema e li ho presentati suddividendoli in tre aree tematiche: un po’ di storia, suggerimenti per chi i consigli li dà e infine per chi decide di chiederli.
L’esempio di Toda
Il signor Toda diceva sempre: «La Soka Gakkai è un’organizzazione che esiste per dare guide. Lo scopo ultimo della guida è aiutare chi la riceve a richiamare da dentro di sé una grande forza vitale per ricevere immensi benefici dal Gohonzon. Diceva anche: «Guida è sinonimo di incoraggiamento». Una cosa è dire “ho capito”, un’altra cosa è decidere di praticare con passione. Lo scopo della guida non è solo di aiutare i membri a capire ma anche di far sorgere la determinazione di recitare davanti al Gohonzon con fervore, in modo che affrontino i problemi sulla base della fede e contemporaneamente realizzino la missione di kosen-rufu.
Mai il presidente Toda ha dato guide solo per confortare momentaneamente un membro. Egli raccontava molte esperienze e si sforzava in tutti i modi di spiegare l’immenso potere del Gohonzon, che rende possibile l’impossibile. E coglieva ogni occasione per farlo. […] Toda ricordava tutti quelli che aveva consigliato anche una sola volta. Questa è una prova dell’amore e della sincerità con cui parlava a chiunque, senza far distinzioni di sesso, di età o classe sociale. (33-34)
Un compito difficile, dunque. Senza emettere sentenze e senza nessuna forma di giudizio si richiede che il responsabile aiuti quella persona ad approfondire la comprensione della filosofia buddista. Ma come farlo? E perchè?
Incoraggiare
L’equivalente giapponese di guida è shido. Shi significa indicare e do guidare. Cosa vogliamo indicare e dove vogliamo guidare una persona? Naturalmente indichiamo lo scopo della pratica e guidiamo le persone al Gohonzon, la base della nostra fede. Ho conosciuto molti membri che di fronte a problemi e difficoltà sprofondavano nell’angoscia. Una cosa comune a tutti costoro è che dimenticano il potere senza limiti del Gohonzon nel momento cruciale. Si lasciano talmente sopraffare dagli eventi che la loro fede vacilla. (35)
Si tratta di accendere, o spesso riaccendere, l’entusiasmo nell’affrontare i problemi della vita. Per fare questo non sono richieste qualità esclusive, anche se si tratta di una bella responsabilità che grava su chi deve incoraggiare.
«Quando un responsabile dà consigli sulla fede – afferma Daisaku Ikeda – deve continuamente chiedersi: “Cosa posso dire a questa persona in questo momento per tirarla su di morale?”. È fondamentale porsi questo tipo di interrogativi, non ha alcun valore dare consigli dal proprio punto di vista senza tenere in considerazione i pensieri e i sentimenti dell’altra persona. Non si ottiene alcun risultato ripetendo in modo automatico parole come: “Avanti! Coraggio!” a una persona completamente a terra.[…] Bisogna essere flessibili e usare la propria saggezza come stimolo per gli altri: questo è indice di una fede forte nel vero senso del termine» (NR, 173, 19).
I consigli dovrebbero riguardare le questioni della fede, non i metodi e i procedimenti estranei alla fede. Inoltre dobbiamo salvaguardare la vita privata di chi chiede una guida personale; poiché si fida di noi, ci confida cosa private che non si desidera siano divulgate. Dobbiamo assolutamente mantenere il segreto. Il signor Toda era severissimo su questo punto. (36)
Sulla riservatezza dei colloqui personali non c’è bisogno di aggiungere niente, ma può essere utile una piccola riflessione sulla contestualizzazione di un consiglio. Ciò che viene detto a me non serve in assoluto a tutte le persone che possono avere un problema apparentemente simile al mio. Se è vero che siamo tutti Budda e che tutti recitando Nam-myoho-renge-kyo possiamo manifestare la condizione di Illuminazione, di fusione con la Legge dell’universo, non per questo abbiamo tutti lo stesso carattere, reagiamo allo stesso modo di fronte ai problemi e ci colpiscono certe parole più di altre. Di conseguenza, la scintilla che si accende durante un colloquio sulla fede, è una faccenda personale, che risponde alle caratteristiche individuali e che non può essere diffusa o spacciata per guida generale. Talvolta addirittura diventano testi richiestissimi che girano sotto forma di fotocopie quasi come se fossero la panacea di tutti i mali.
Per chi li riceve
Alcuni capiscono immediatamente i consigli che ricevono; altri non riescono a capire anche sentendo la stessa guida più volte. Spiegherò la causa di questa differenza. Alcune persone cercano di risolvere i loro problemi senza il Daimoku e solo dopo che tutti i loro sforzi sono risultati vani, vanno a parlare con un responsabile. Costoro spesso considerano il fatto di ricevere guida come un’altra tecnica, un metodo per risolvere i loro problemi. Poiché tentano tutte le vie al di fuori della strategia del Sutra del Loto, non capiscono facilmente ciò che dice loro il responsabile. Invece, chi ha recitato sinceramente Daimoku fidandosi del Gohonzon per superare la difficoltà, capisce subito la guida che riceve. Come vedete, la differenza dipende dall’aver recitato a sufficienza Daimoku. (46)
Anche per chi decide di ricevere uno scossone nella propria pratica, ci sono dei punti da tenere presenti. Recitare Daimoku prima serve per far emergere dubbi a volte ben camuffati ma che possono essere una delle cause dei nostri problemi, serve inoltre a fertilizzare il terreno affinché possa ricevere gli stimoli necessari. È vero che negli scritti ci sono le risposte a tutte le domande, ma quando non si hanno gli occhi per scorgerle? O non si ha la capacità di comprendere che quelle parole sono proprio per me e per la mia situazione? E quando si pensa che «tanto le cose che vengono dette sono sempre le stesse?».
Finché penserete che non c’è niente da fare perché vostro marito (o vostra moglie) sono troppo testardi, non cambieranno. Facciamo l’esempio del tiro alla fune: potete tirare la fune con tutte le vostre forze, ma non la sposterete di un centimetro se il vostro avversario è abbastanza forte. Dal vostro punto di vista, il fatto che l’altro sia forte significa che voi siete troppo deboli. Quando avrete acquistato energia sufficiente, potrete vincere. Il modo per ottenere questa forza non è combattere l’avversario, ma pregare sinceramente il Gohonzon che lui o lei possa diventare una persona di valore per kosen-rufu il più presto possibile. (117)
Insomma, bisogna essere pronti al cambiamento, anche perché tutto il Buddismo ruota sulla mutabilità dei fenomeni, a partire dalla nostra mente e dalla nostra condizione.
Tutti vorremmo essere felici, ma in realtà incontriamo varie difficoltà e disgrazie. Spesso la gente accusa gli altri o la società per i propri problemi. Vero, la causa immediata delle nostre disavventure può dipendere dalle altre persone o dalla società. Ma perché uno è costretto a soffrire per un particolare problema e un altro non ne ha? Finché non ci rendiamo conto che la causa fondamentale è dentro di noi, non può esserci nessuna vera soluzione. (119)
È difficile poter dire a se stessi in tutta sincerità: «Ho sbagliato, ma voglio cambiare profondamente», ancora di più quando questo riguarda un problema che sembra solo causato dall’esterno. Ma un consiglio ben riuscito è quello che porta la persona a riflettere su stessa e a rivedere il proprio atteggiamento nella fede e nella vita nella consapevolezza che nessuno risolve i problemi al posto nostro.
Tutti i brani di Izumi sono tratti da Satoru Izumi, La fede e la vita quotidiana, esperia, fuori catalogo.
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L’Esperienza concreta
Cambiare punto di vista
Quando venne diagnosticato a mia madre un tumore maligno chiesi un consiglio per approfondire la mia fede. Questa fu l’occasione per comprendere che la malattia, come ogni accadimento ha, in ultima analisi, una valenza neutrale. Di per sé non è un demone e non è una funzione del Budda, siamo noi a decidere se sarà causa di sconfitta e magari di abbandono della pratica o se sarà causa di vittoria e di crescita della fede. Decisi che quella non sarebbe stata per me la “malattia del demone”, ma la “malattia del Budda”. Questa visione cerco di applicarla a ogni nuovo problema che devo affrontare e quando incontro una persona che sta lottando contro una malattia la incoraggio con questo spirito. (Mirco R.)
Senza pregiudizi
Ciò che mi ha spinto a chiedere un consiglio sulla fede è stata la volontà di risolvere una volta per tutte un problema che mi faceva soffrire. È stato fondamentale riuscire ad avere la consapevolezza di andare non a farmi “suggerire” le possibili soluzioni, ma di parlare a cuore aperto con una persona che mi aiutasse a chiarire dove sbagliavo dal punto di vista della fede. Non è stato facile seguire quei consigli ma sono andata fino in fondo riuscendo a capovolgere una situazione nella quale mi stavo dibattendo ormai da anni. (Gabriella A.M.)
La spinta giusta
Quando abbiamo una grande sofferenza può succedere di perderci nel dolore, non avere la forza di reagire con vigore, sentirsi demotivati, a un punto fermo della nostra vita e non sapere come uscire da questo labirinto di amarezza. Questo è ciò che mi è accaduto qualche anno fa: sentivo che la mia vita era ferma e una sera, recitando Daimoku, ho avvertito forte l’esigenza di chiedere un consiglio sulla fede che mi aiutasse a capire cosa e dove potevo migliorare per riprendere in mano la mia vita. Le parole che questa persona mi ha detto sono state di grande aiuto; anche se pratichiamo questo Buddismo da tanto tempo e tante cose le sappiamo già, trovo che sia di vitale importanza avere qualcuno che, nei momenti più critici, quando siamo veramente oscurati, ce le ricorda. Recitando davanti al Gohonzon ho cercato il più possibile di mettere in pratica ciò che mi era stato consigliato e dopo un mese ero di nuovo “un leone all’attacco”, anzi più forte di prima perché quando si esce da un periodo dove si è stati schiacciati dalla sofferenza, dal senso di inadeguatezza, ci si sente forti e gioiosi, fiduciosi di poter andare avanti, e di farcela sicuramente! (Paola M.)
Chiedo e intanto imparo
Chiedo “guida” quando mi sento a un punto morto, quando mi rendo conto che non sto crescendo. In diciotto anni di pratica mi è capitato diverse volte di chiedere un consiglio e in altre occasioni di incoraggiare altri miei compagni di fede a superare le proprie sofferenze. Sono convinto che chiedere un consiglio sia una parte importantissima della nostra pratica buddista. “Ricevere guida” è importante non soltanto per capire il giusto atteggiamento nella fede ma anche per imparare a consigliare e incoraggiare a nostra volta altri compagni di fede. Un consiglio valido, secondo me, dovrebbe avere la fede come punto fondamentale: inutile fornire improbabili ricette per risolvere i problemi altrui, per cui bando ai “fai così o fai cosà”. (Alessandro S.)
Ogni momento è quello giusto
Niji, ovvero “ora mi alzo e combatto”. Sono queste le parole che mi risuonano ancora in mente della prima “guida” personale che ho ricevuto. Una chiacchierata a margine di un corso estivo di una decina di anni fa che mi ha chiarito proprio questo punto: che in ogni momento abbiamo l’opportunità di alzarci e combattere qualunque sia la nostra situazione. (Michele G.)