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Facile da spiegare, difficile da mettere in pratica - DEV - Il Nuovo Rinascimento
Istituto Buddista Italiano Soka Gakkai

Buddismo per la pace, la cultura e l’educazione

6 dicembre 2025 Ore 16:40

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Facile da spiegare, difficile da mettere in pratica

Nella seconda puntata dedicata al corso a Trets per responsabili pubblichiamo gli estratti di due interventi dei responsabili europei. Nel primo, Sakae Takahashi commenta un brano tratto dal Gosho L’eredità della Legge fondamentale della vita e offre spunti per approfondire il concetto di unità tra i credenti. Nel secondo, Hideaki Takahashi ricorda le tappe che ci aspettano da ora al 2010

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Nella seconda puntata dedicata al corso a Trets per responsabili pubblichiamo gli estratti di due interventi dei responsabili europei. Nel primo, Sakae Takahashi commenta un brano tratto dal Gosho L’eredità della Legge fondamentale della vita e offre spunti per approfondire il concetto di unità tra i credenti. Nel secondo, Hideaki Takahashi ricorda le tappe che ci aspettano da ora al 2010

«In generale, che i discepoli di Nichiren, preti e laici, recitino Nam-myoho-renge-kyo con lo spirito di “diversi corpi, stessa mente”, senza alcuna distinzione fra di loro, uniti come i pesci e l’acqua, questo si chiama eredità della Legge fondamentale della vita. In ciò consiste il vero scopo della propagazione di Nichiren. Se è così, anche il grande desiderio di kosen-rufu potrà realizzarsi».
(NR, 344, 18)

Il concetto di “diversi corpi, stessa mente” è uno dei più studiati, ma per tutti la sua applicazione è una sfida e anche se si fanno delle lezioni meravigliose su questo principio, è veramente difficile metterlo in pratica.
Nichiren Daishonin sottolinea come il nostro cuore ci spinga a fare distinzioni tra noi e a creare discriminazioni e rotture. Questo cuore che crea distruzione non ci permette di costruire legami sinceri, cuore a cuore, e preme in direzione dello scontro, spingendoci a mettere noi stessi al centro di tutto. Se c’è questo ego l’eredità del Budda non può fluire.
«Superare tutte le differenze significa che tra i discepoli del Daishonin, non ci deve essere opposizione o rifiuto verso gli altri. “Diventare inseparabili come i pesci e l’acqua in cui nuotano” può essere inteso come l’atteggiamento di apprezzarsi l’un l’altro in quanto individui insostituibili, cercando di mettere in evidenza la parte migliore di ciascuno» (MDG, 1, 142). Può capitare di provare sentimenti di rifiuto verso gli altri, di non star bene con chi ha idee diverse dalla nostra o di non trovare punti in comune con un’altra persona. Come spiega il Buddismo, siamo tutti diversi ed è quindi normale che ognuno abbia un suo modo di pensare e di sentire (itai). Avere la stessa mente o lo stesso cuore (doshin), significa avere un cuore che ricerca il maestro, un cuore che crede nel Gohonzon e che è rivolto alla realizzazione di kosen-rufu. È necessario avere tale consapevolezza, cercando di non stupirsi di fronte alle diversità che percepiamo negli altri, ma anzi sforzandoci di metterci nei loro panni; solo così riusciremo a comprendere i sentimenti delle altre persone, anche se in minima parte.
«In ogni gruppo di persone ci sarà sempre qualcuno con cui non si va d’accordo e inevitabilmente sorgeranno incompatibilità. Da un lato, provare questi sentimenti è del tutto umano e naturale, quindi non c’è da preoccuparsi. Al tempo stesso, però, è stupido farsi sviare dalle simpatie o antipatie personali e trascurare per questo la propria pratica buddista. Agire in questo modo significa solo lasciare aperta una breccia alle funzioni demoniache, cadendo in preda a queste forze negative» (MDG, 1, 154).
Il ruolo delle funzioni demoniache è quello di infiltrarsi tra le persone e creare divisioni, per rompere l’unità che è la forza propulsiva per realizzare kosen-rufu. Il presidente Ikeda non dice che bisogna farsi piacere per forza una persona, ma dobbiamo coltivare l’atteggiamento di base del voler unire i nostri sforzi per kosen-rufu. Solo così il “demone non troverà spazio e non riuscirà a creare divisioni”.
Come afferma sensei, non dovremmo parlar male gli uni degli altri, ma stringere rapporti amichevoli, basati su un dialogo sincero. Dialogare significa prima di tutto “ascoltare” e poiché la bocca è una sola e gli orecchi due, bisognerebbe ascoltare il doppio con il nostro cuore, e parlare la metà. Il dialogo è “scambio di opinioni”, per muoversi insieme verso la direzione migliore. Costringere l’altro a subire un monologo non è dialogo. Per realizzare veri dialoghi bisogna partire dalla preghiera: prima di tutto recitiamo Daimoku, poi dialoghiamo e poi recitiamo ancora. Mentre recitiamo Daimoku non bisogna pensare “quella persona non la sopporto”, ma credere profondamente nella Legge mistica e mettere al centro il Gohonzon e non il nostro ego, così anche l’altra persona farà la stessa cosa e potremo veramente cambiare la situazione. Ciascuno ha i suoi difetti e tutti possiamo sbagliare, ma continuando a indicare gli errori altrui non otterremo niente. Il presidente Ikeda ci incoraggia a trovare innanzitutto i pregi nel nostro interlocutore e a lodarlo, così nascerà nell’altro il desiderio di migliorarsi. Così scrive nel Mondo del Gosho: «Devi mantenere buoni rapporti con gli altri credenti senza vedere, sentire o rilevare ciò che può dispiacerti» (Ibidem, 154, 1).
Questo non vuol dire che non possiamo dire quello che pensiamo, ma esprimere la propria opinione non basta, è importante che ognuno riesca a trasmettere all’altro il vero significato di ciò che sente, in modo da farsi comprendere al meglio. Per questo è fondamentale pregare. Una volta il presidente Ikeda, parlando con una persona che faceva attività in un luogo in cui c’erano molti problemi nell’organizzazione, la incoraggiò dicendole: «Se le tue opinioni, sebbene siano giuste, non vengono accettate, recita Daimoku più di chiunque altro, studia più di chiunque altro, impegnati più di chiunque altro, così migliorerai te stesso e di conseguenza anche il tuo ambiente migliorerà. Le situazioni difficili esistono proprio per consentirci di crescere e di migliorarci».
Ci sono anche persone che non fanno altro che criticare gli altri, ma le persone che fanno così finiscono per non riuscire più a liberarsi di questo atteggiamento e, come spiega il Buddismo, continueranno a soffrire nei tre cattivi sentieri. La pratica del Bodhisattva Mai Sprezzante va portata avanti anche con i nostri compagni di fede. Se ci sforziamo di credere nella natura di Budda di ogni persona, e preghiamo sinceramente, allora sicuramente ci sarà un grande cambiamento. È proprio come afferma il presidente Ikeda: «Noi siamo tutti Budda. Dunque criticarci a vicenda è come criticare un Budda. Poiché siamo tutti Budda dobbiamo rispettarci. Nella Soka Gakkai dovrebbe trionfare lo spirito descritto nel verso: “Se vedrai una persona che accetta e sostiene questo sutra, dovrai alzarti e salutarla di lontano, mostrandole lo stesso rispetto che mostreresti a un Budda”» (Ibidem,1, 155).

Per approfondire: Daisaku Ikeda, Il mondo del Gosho, ed. Esperia, vol. 1, pagg. 140, 142,154

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Un anno importante

Questo corso ha rappresentato un’occasione importante per decidere di ripartire insieme al maestro in un anno, il 2007, molto significativo, in cui si celebra il settantasettesimo anniversario della fondazione della Soka Gakkai, il sessantesimo anniversario dell’adesione di Ikeda alla Soka Gakkai, il cinquantesimo anniversario della Dichiarazione di Toda contro le armi nucleari e il cinquantesimo della fondazione della Divisione studenti.
All’inizio di quest’anno il presidente Ikeda ha iniziato a scrivere una nuova puntata della Nuova rivoluzione umana, in cui dichiara di sfidarsi prima di tutto nella sua rivoluzione umana (vedi NR, 370, 10). È importante che i discepoli del presidente Ikeda abbiano la consapevolezza che più ognuno si impegnerà nella propria rivoluzione umana, più avanzerà il movimento di kosen-rufu in Europa.
Lo scorso anno è stato meraviglioso, molto importante per la Soka Gakkai europea: all’inizio dell’anno sensei ha dedicato una guida all’Europa (vedi NR, 346, 3) e a metà anno è stata raggiunta e superata la quota di ottantamila membri, di cui più della metà sono italiani. Il presidente Ikeda sa bene quanto tutti si siano impegnati per realizzare questa grande crescita e li ringrazia profondamente.
Come aveva scritto nelle Riflessioni a margine della nuova rivoluzione umana (vedi a pag. 10), quest’anno l’obiettivo è di completare le fondamenta di kosen-rufu nel mondo entro il 2 gennaio 2008, giorno dell’ottantesimo compleanno di sensei.
Lo scorso novembre è stato nominato un nuovo presidente della Soka Gakkai giapponese, Minoru Harada, il quale ha dichiarato che ora è arrivato il momento di trasformarsi da discepoli della fase teorica – che sono protetti dal maestro – a discepoli della fase essenziale – che proteggono il maestro. Adesso è il momento di abbandonare il transitorio e rivelare l’originale, è il momento di fare il nostro hosshaku kempon. Questo significa in concreto sfidarsi ognuno nella propria rivoluzione umana e impegnarsi per ripagare il debito di gratitudine verso il maestro.
Bisogna ricordare l’affermazione di Ikeda sul fatto che fino al 2010 è necessario sforzarsi come se fossero cento anni (cinque anni che equivalgono a cento anni). Il 2007 è decisivo nell’ambito di questi cinque anni; le linee guida di quest’anno sono state chiarite durante il corso della SGI di ottobre: allargare il cerchio di amicizie; migliorare le riunioni di discussione; far crescere i giovani e i nuovi membri; arricchire e utilizzare le nostre riviste, forza propulsiva per kosen-rufu. Le parole chiave sono “sviluppo” ed “espansione”.
Sensei in passato ha sempre detto che in Europa è importante concentrarsi sulla qualità dei praticanti, non sul numero, ma a un certo punto la sua guida è cambiata.
Qualche anno fa il Seikyo shimbun pubblicò un saggio dal titolo La Soka Gakkai è un’organizzazione per shakubuku. È stato un grande cambiamento, perché da trent’anni la parola “shakubuku” non compariva sul Seikyo shimbun. Anche all’interno dell’articolo veniva usata ben ventisei volte! L’espansione dello shakubuku dipende dall’atteggiamento dei responsabili. Durante la campagna di Kamata ebbe inizio l’incredibile lotta del giovane Ikeda per realizzare il desiderio del suo maestro Toda: realizzare settecentocinquantamila famiglie di praticanti prima della sua morte. Daisaku ogni giorno faceva dieci, venti visite a casa, perché voleva lodare e rispettare come Budda ogni singola persona che si stava impegnando per kosen-rufu.
Di solito i responsabili andavano alle riunioni e aspettavano che i membri portassero i loro shakubuku. Ma Ikeda rivoluzionò questo modo di fare, recandosi personalmente a casa dei membri per incoraggiarli. Anche a Osaka si buttò nell’attività in prima linea, andando a incontrare i membri uno a uno. Si muoveva da nord a sud, da est a ovest con la sua bicicletta. Con il suo esempio insegnò quale dovrebbe essere l’atteggiamento dei responsabili: non devono stare fermi, aspettando che i membri vadano da loro, ma dovrebbero essere sempre attivi, muoversi per andare a incoraggiare ogni persona. Più i responsabili si muovono, più il movimento di kosen-rufu progredisce.
In Italia tutti si stanno impegnando molto nello shakubuku; forse qualcuno sente un po’ di stanchezza, non avendo realizzato l’obiettivo nonostante gli sforzi. Qual è il punto fondamentale per continuare a portare avanti con gioia lo shakubuku, senza fermarsi mai? La risposta si trova nella guida del presidente Ikeda agli europei: «Il mondo del Buddismo del Daishonin è quello in cui rispettiamo i nostri compagni di fede come dei Budda e lodiamo sinceramente il loro impegno verso kosen-rufu. Se i responsabili si comporteranno sempre così, la nostra organizzazione crescerà sviluppandosi senza limiti» (NR, 346, 5).
Mettere in pratica queste parole è molto difficile, ma è necessario diventare persone in grado di rispettare i nostri compagni di fede. I membri si sforzano ogni giorno per portare avanti il movimento di kosen-rufu: è importante che noi li rispettiamo e li lodiamo dal profondo del cuore come dei Budda.

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Sessione di Domanda e Risposta
Giovani-adulti, uno scambio prezioso

DOMANDA: A volte si percepisce mancanza di fiducia nei confronti dei giovani, i quali, spesso, non sono coinvolti nelle attività o vengono criticati perché ne fanno troppa.
RISPOSTA (di Sakae Takahashi): In una recente puntata della Nuova rivoluzione umana Ikeda dice al responsabile del Brasile che i giovani sono il futuro del paese, e che per farli crescere è necessario credere in loro, prendersi cura di loro e dedicarsi a loro con fiducia. Inoltre gli adulti dovrebbero avere l’atteggiamento di “essere al servizio” dei futuri leader di kosen-rufu, facendo sì che prendano la responsabilità dello sviluppo del nostro movimento. In questo modo i giovani svilupperanno fiducia, sicurezza e speranza: questa sarà la forza propulsiva della loro crescita.
Chi ha iniziato a praticare questo Buddismo da giovane, è stato sostenuto dagli adulti; oggi che sono adulti devono fare ancor più di ciò che è stato fatto nei loro confronti, dedicandosi con tutte le forze ai giovani di oggi.
Come i germogli crescono e si sviluppano grazie al calore del sole, così i più anziani nella fede dovrebbero far crescere i giovani con calore e umanità.
Pensando a loro come ai futuri leader, sarà naturale aiutarli a incidere nella loro vita le basi della fede e della pratica: Gongyo, Daimoku, shakubuku, visite a casa ecc. È importante aiutarli a costruire le basi della fede insieme a loro, sostenendoli dove hanno bisogno, affidando loro nuovi compiti, utilizzando tutte le occasioni per incoraggiarli. I giovani desiderano affrontare sempre nuove sfide, e anche quando perdono, gli adulti dovrebbero continuare a proteggerli e a lodare le loro battaglie.
È importante che i giovani a loro volta abbiano sempre l’atteggiamento di voler imparare dagli adulti, con umiltà, senza mai avere uno spirito arrogante. Non bisogna pensare di essere i più bravi perché il presidente Ikeda parla sempre dei giovani come i futuri leader del movimento di kosen-rufu. Di fronte agli adulti che non si comportano bene, invece di criticarli è importante decidere di non seguire il loro esempio. E quando capita che le opinioni dei giovani non vengano ascoltate, non bisogna scoraggiarsi, ma continuare a migliorare se stessi e a dialogare. È importante che tra tutti i membri delle quattro divisioni, giovani e adulti, donne e uomini, ci sia sempre profondo rispetto, gli uni verso gli altri.

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