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Impossibile e possibile - DEV - Il Nuovo Rinascimento
Istituto Buddista Italiano Soka Gakkai

Buddismo per la pace, la cultura e l’educazione

6 dicembre 2025 Ore 14:13

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Impossibile e possibile

Credere in un mondo più giusto richiede coraggio e speranza, qualità che si acquisiscono con la pratica buddista. Solo “osando credere” si possono spazzare via paura e incertezza, si può provare a immaginare una realtà più felice e vedere se ciò che per noi è impossibile può diventare possibile

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Credere in un mondo più giusto richiede coraggio e speranza, qualità che si acquisiscono con la pratica buddista. Solo “osando credere” si possono spazzare via paura e incertezza, si può provare a immaginare una realtà più felice e vedere se ciò che per noi è impossibile può diventare possibile

Praticare il Buddismo di Nichiren Daishonin. Perché? È una domanda che dovremmo porci spesso, al fine di non cadere in una monotona abitudinarietà. Le risposte, ovviamente, sono molteplici, ma quando iniziai a praticare, appena sei anni fa, ricordo con chiarezza che la risposta più immediata che mi venne offerta a questa domanda fu allo stesso tempo semplice e meravigliosa: trasformare l’impossibile in possibile. È stato questo che mi ha fatto iniziare a praticare, la mia guida (non sempre seguita) nel pormi gli obiettivi; è stato questo che mi ha permesso nei momenti difficili della mia vita di non abbandonare la pratica ed è questa la visione del Buddismo che ancora oggi custodisco nel mio cuore.
Non sempre però è così facile, scontato, e non sempre riesco a considerare questo atteggiamento mentale come la convinzione portante che deve stare alla base della mia determinazione nella preghiera, nell’attività e nella mia vita privata. Non solo, ho notato talvolta una generale tendenza a ridimensionare la trasformazione dell’impossibile in possibile, come se l’ambiente in definitiva fosse altro da me; dopotutto l’importante è stare bene! Certo che è importante stare bene, ma se sto così bene, perché il mio ambiente non prende la forma dei miei desideri più intimi? Scrive Daisaku Ikeda: «il Daishonin specifica che il Buddismo non è un’astrazione teorica che tocca unicamente lo spirito, né si tratta di una trasformazione soggettiva del proprio punto di vista che non tenga conto degli altri o di quanto ci circonda. La fortuna e i benefici che si creano sul piano interiore diventano evidenti anche su quello materiale. Sia nel corpo sia nella mente, sia in noi sia nel nostro ambiente, la nostra fede, invisibile, ha l’enorme potere di trasformare visibilmente ogni cosa nel miglior modo possibile, cioè nella direzione della felicità e della realizzazione di ogni desiderio. Chi mette in pratica questo principio è il Budda di assoluta libertà» (Gli eterni insegnamenti di Nichiren Daishonin, pagg. 165-166). Dunque, se il mio ambiente, nonostante il tempo passi e io mi sforzi, non cambia, forse non sto considerando con sufficiente accortezza qualche aspetto della mia pratica, forse ogni tanto qualche domanda sulla mia vita e sulla mia fede potrei rivolgermela.
Non bisogna però fraintendere: è essenziale provare gratitudine per quello che abbiamo, per le piccole ma fondamentali conquiste che facciamo ogni giorno, lì per lì magari invisibili, ma che col passare del tempo rivelano tutta la loro potenza ed efficacia, come il singolo passo che seguito da altri singoli passi porta a coprire distanze immense. Ma un conto è la gratitudine, un altro la rassegnazione. Ogni piccolo miglioramento che vediamo sorgere nella nostra vita deve essere fonte di gratitudine. Ma se ci si accontenta, facendo finta che i nostri desideri fossero altri, l’ambiente non manifesterà altro che questo atteggiamento. Non dualità di vita e ambiente (esho funi), un aspetto di quella Legge che invochiamo ogni giorno, eterna e immutabile, vuol dire questo: esiste una stretta relazione fra il singolo e il proprio ambiente, micro o macro che sia. Quanto diviene evidente allora l’assoluta necessità di coltivare nella nostra vita la decisione di sperimentare l’impossibile. Da questo nasce tutto il resto. Quando il Daishonin scrive che «Nam-myoho-renge-kyo è il mezzo meraviglioso per porre veramente fine agli ostacoli fisici e spirituali di tutti gli esseri viventi» (SND, 9, 119), quanto credo di essere compreso fra quei tutti? Quando dice che finché riponiamo la nostra fede in questo sutra tutti i nostri desideri si realizzeranno (SND, 8, 99), quanto credo che i miei desideri rientrino fra quei tutti? Credere a questo è la cosa più difficile per un essere umano, perché solo l’emergere della Buddità nella nostra vita permette di crederci davvero. E ogni giorno il lavoro rinizia. E alla lunga può risultare estremamente faticoso e mettere a dura prova la nostra determinazione. Non scordiamoci però, che la realizzazione della propria vita è intimamente collegata alla pratica per gli altri.

Rivoluzione umana e kosen-rufu

Il secondo presidente Toda spiegava che la rivoluzione umana e kosen-rufu corrispondono al movimento di rivoluzione terrestre e a quello di rotazione della Terra attorno al Sole. Entrambi sono indispensabili e contemporanei. Kosen-rufu è il desiderio costante del Budda, il desiderio che tutte le persone siano in grado di manifestare il loro stato vitale più alto, di creare il massimo valore con le loro vite e, di conseguenza, che di questo stato vitale compassionevole e colmo di buon senso ne possano beneficiare la società, l’ambiente, la politica, l’economia e qualsiasi altra attività umana. Ma per comprendere quanto la nostra vita, così apparentemente separata da quella degli altri, sia essenzialmente legata all’”altro da noi”, il Buddismo spiega i concetti di vacuità e di origine dipendente, sintesi dei quali è la consapevolezza dell’assenza di una natura propria, slegata dall’ambiente e dalle altre persone. In poche parole, noi non siamo se non insieme all’”altro”, aria, cibo, genitori, persone in generale. Una volta compreso che noi, in ogni momento della nostra vita, non esistiamo in modo autonomo, ma sempre in relazione o in funzione di qualcun altro o qualcos’altro, diviene evidente che l’azione compassionevole è benefica sia per chi la riceve che per chi la compie. Essere felici insieme agli altri; questo non è solo l’insegnamento buddista per ottenere la felicità, ma il solo possibile se abbiamo compreso la nostra inseparabilità dagli altri. La recitazione del Daimoku ci permette di percepire la nostra natura di Budda e di riconoscerla anche in chi ci circonda.
Kosen-rufu è il nostro sogno impossibile. Ma da un piccolo seme è sempre più evidente che qualcosa di meraviglioso sta crescendo. Ai tempi di Toda, come ricorda Ikeda nella Rivoluzione umana, la Soka Gakkai veniva additata come “un’associazione di poveri e di malati”. Oggi è mondialmente riconosciuta come promotrice di pace, cultura ed educazione. In soli cinquant’anni il nostro movimento si è diffuso tra le persone di tutto il mondo, recando felicità e speranza a milioni di persone, sono sorte scuole e università, centri di ricerca sulla pace, associazioni culturali e artistiche e una rete di dialogo che si sta espandendo a tutti i livelli della società. È uno sviluppo inimmaginabile per “un’accozzaglia di poveri e malati”.
Fermiamoci un attimo a riflettere. Nichiren Daishonin è stato insultato, picchiato, esiliato, condannato a morte per aver portato avanti la sua rivoluzione religiosa. Non era forse ai suoi tempi da ritenersi ragionevolmente impossibile che Nam-myoho-renge-kyo si sarebbe diffuso in tutto il mondo? Non lo era per Makiguchi, morto in carcere come un martire della nostra religione? E per Toda pensare di convertire settecentocinquantamila famiglie in pochi anni? E per Ikeda, giovane ragazzo tubercolotico e senza soldi, parlare con le più alte autorità del mondo e costruire Centri culturali in centonovanta paesi? E ancora, non è ragionevole pensare che kosen-rufu sia l’ennesima illusione? È per questo che io ritengo indispensabile coltivare l’atteggiamento (ichinen) di trasformare l’impossibile in possibile. Se non mi sfido nella mia vita privata con questo atteggiamento, se non comprendo quanto sia di vitale importanza la mia pratica per gli altri, non mi sarà possibile credere davvero alla mia Buddità e a quella di ogni altro essere umano, a kosen-rufu, al nostro “sogno impossibile”.

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Kosen-rufu, il significato
dai dialoghi con i giovani

IGETA: Molti non hanno una precisa consapevolezza di cosa implichi kosen-rufu. Mi è stato chiesto se significa la conversione di tutti gli esseri umani al Buddismo di Nichiren Daishonin.
IKEDA: La diffusione della Legge mistica da una persona all’altra è kosen-rufu. Come la sua diffusione da 10.000 a 50.000 persone. Ma kosen-rufu non ha nulla a che vedere con le nude cifre; è un processo, un flusso eterno. Non è qualcosa che giungerà a compimento in un preciso momento.
Non verrà mai il giorno in cui, standocene comodamente seduti, diremo: «Ok, kosen-rufu è fatto!» Significherebbe non solo la morte spirituale, perderemmo anche qualsiasi motivazione a compiere la nostra rivoluzione umana. Kosen-rufu è infinito. Pur potendolo descrivere auspicando la concretizzazione di determinate condizioni, in realtà non ha un aspetto predefinito.
[…]
IGETA: Cosa significa letteralmente kosen-rufu?
IKEDA: Kosen significa “dichiarare apertamente”. “Apertamente” implica il parlare al mondo, a un numero sempre maggiore di persone. Ru (flusso) di rufu significa “una corrente come quella di un fiume”, e fu (abito) significa “dispiegare come la tela di un abito”.
L’insegnamento della Legge mistica non ha nulla a che fare con l’aspetto, la forma o l’orgoglio. Fluisce liberamente verso tutta l’umanità, raggiungendo tutti.
Proprio come un abito, kosen-rufu è intessuto da destra a sinistra e dall’alto in basso. I fili verticali rappresentano la trasmissione dell’insegnamento del Daishonin da maestro a discepolo, dal genitore al figlio, dall’anziano al giovane. I fili orizzontali rappresentano l’imparzialità di questo insegnamento che trascende i confini nazionali, le classi sociali e qualsiasi altra distinzione.
In altre parole, kosen-rufu è il movimento per trasmettere la via definitiva alla felicità e alla pace alle persone di tutte le classi e di tutte le nazioni attraverso l’insegnamento di Nichiren Daishonin.
(Protagonisti, 1, 281-282)

IGETA: Questo è kosen-rufu, quindi. Condividere nel modo più ampio possibile il Buddismo del Daishonin è una meravigliosa espressione della nostra umanità.
IKEDA: Kosen-rufu significa vivere insieme ai nostri amici tramite un dialogo e un’amicizia sinceri, lottando insieme a loro per trovare la strada che ci porti a essere migliori e più felici. L’alleanza di individui che lavorano per la felicità di tutti è kosen-rufu.
KIMURA: Mi sembra di aver compreso meglio i suoi sforzi per creare un dialogo con le persone di tutto il mondo e forgiare un’alleanza internazionale per la pace.
Il 24 agosto 1997 lei ha celebrato il cinquantesimo anniversario della pratica degli insegnamenti di Nichiren Daishonin. Cinquant’anni fa la possibilità di kosen-rufu doveva sembrarle come un sogno fantastico. Ma oggi, grazie ai suoi incredibili sforzi, il Buddismo del Daishonin si è diffuso in centoventotto paesi di tutto il mondo.
IKEDA: Ho solo cercato di tener fede al voto che feci di aprire una strada alla rivoluzione umana, come mi ha insegnato il mio maestro Josei Toda. Ora ho realizzato questo voto alla lettera. Ho vinto. Questo è ciò che conta: vincere su noi stessi. Ecco cos’è la rivoluzione umana ed ecco cos’è kosen-rufu. Non sono preoccupato per l’immediato futuro. Non temo persecuzioni né critiche. Penso al futuro che sarà tra cento, duecento anni. Le mie azioni di oggi sono basate su un futuro di tre millenni.
Sin dai tempi più antichi è stato detto che i posteri giudicano i maestri dai loro discepoli. Sono stato oggetto di attacchi e insulti infondati di ogni genere, ma non mi interessa affatto. Il Buddismo insegna che ciò è inevitabile. So bene, nel profondo del mio cuore, che la valutazione del mio vero valore, del mio successo come del mio fallimento, sarà basata sull’attività, sui contributi e sulle realizzazioni che i miei discepoli conseguiranno nelle loro comunità, nei loro paesi e nel mondo.
Ci sono molti, tanti diplomati che stanno già occupando attivamente un posto nella società, in tutto il mondo. Lo trovo molto incoraggiante e questo mi rende molto, molto felice.
Non ho rimpianti. Sento di aver fatto il mio meglio come buddista e come leader e la mia eredità sarà ricordata per sempre. Perché? Perché so che i miei discepoli stanno realizzando grandi cose lasciando un’importante traccia nel nostro mondo. Questo significa che la mia vita ha vinto. Posso gridare con orgoglio la mia vittoria.
Miei giovani amici: ho fiducia in voi e mi auguro di cuore che mi seguiate su questo sentiero vittorioso verso il futuro. È il mio unico desiderio.
(Protagonisti, 1, 285-286)

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Sogni da coltivare
dai dialoghi con i giovani

Le risposte e le soluzioni ai problemi e alle sofferenze della gioventù non appaiono di punto in bianco. La cosa importante è che non scappiate dai vostri problemi e che abbiate il coraggio di continuare ad affrontarli anche se non ottenete subito una risposta. Così facendo, un giorno scoprirete di avere già la soluzione. In definitiva, ciò che conta, è il vostro senso di missione e gli ideali che decidete di sostenere.
Il 18 gennaio scorso ho incontrato il dottor Allen Sessoms, rettore del Queens College, l’università della città di New York. In quell’occasione, Sessoms ha osservato che la gioventù americana ha sempre avuto delle cause precise per le quali lottare, dei “nemici” contro i quali combattere. Che si trattasse di opporsi alla Guerra del Vietnam, o al cattivo governo, o alla discriminazione razziale, queste cause costituivano degli obiettivi chiari su cui concentrarsi. Ma oggi, secondo Sessoms, gli obiettivi su cui i giovani dovranno dirigere le loro energie stanno diventando più difficili da identificare. Di conseguenza, la gioventù è impossibilitata a esprimere e sfogare positivamente la propria passione. In realtà, ha aggiunto, ci sono molte cause grandi e nobili – come la lotta contro il degrado ambientale, la sovrappopolazione e la povertà – che i giovani dovrebbero sostenere ma non conoscendole adeguatamente per loro è difficile individuarle.
Nel mondo continuano a esistere tutti i generi di ingiustizie e di mali, la missione dei giovani è di lottare contro questi mali. Coloro che hanno deciso di creare un mondo migliore di quello in cui viviamo ora, sono forti. Avere un tale senso di missione eleva la vostra vita. (Protagonisti, 2, 182)

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