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Le riunioni di discussione con gli occhi dei giovani - DEV - Il Nuovo Rinascimento
Istituto Buddista Italiano Soka Gakkai

Buddismo per la pace, la cultura e l’educazione

6 dicembre 2025 Ore 15:42

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Le riunioni di discussione con gli occhi dei giovani

È stata colta l’occasione di un appuntamento di giovani provenienti da tutta Italia per chiedere loro cosa pensano delle riunioni di discussione e cosa fare per migliorarle. Le loro esperienze ci hanno trasmesso l’importanza di questi incontri

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È stata colta l’occasione di un appuntamento di giovani provenienti da tutta Italia per chiedere loro cosa pensano delle riunioni di discussione e cosa fare per migliorarle. Le loro esperienze ci hanno trasmesso l’importanza di questi incontri

Redazione: Come ci si prepara prima di partecipare a una riunione di discussione (in giapponese zadankai)?

MYRICE TANSINI: Nel 2006 ho viaggiato molto e ho goduto degli sforzi delle persone che di volta in volta organizzavano le riunioni di discussione in cui ero ospite. Per questo motivo ho vissuto questi appuntamenti quasi sempre in modo estemporaneo. Incontrare persone diverse e conoscerle profondamente nonostante il poco tempo disponibile mi ha fatto ricevere tantissimo da questi zadankai.
Il desiderio più forte che ho avuto tutto l’anno è stato sempre quello di riuscire a portare qualcuno alle riunioni. Qualche volta ci sono riuscita, altre volte no.

MARIO PARRINI: In realtà io ho un modo tutto mio personale di preparare lo zadankai: ogni volta ripenso a quello precedente! Magari nell’ultima riunione erano venuti fuori argomenti che per motivi di tempo non avevamo potuto affrontare, quindi mi sembra giusto riprenderne il filo. Alla fine la cosa più importante è prepararsi e discutere sugli argomenti di cui tutte le persone che partecipano vogliono parlare per incoraggiarsi sulle problematiche concrete del momento.
Per questo recito tanto Daimoku per trovare l’argomento utile e mi sforzo anche di fare un’esperienza personale sull’argomento specifico.

GIULIA SAVARESE: Io lo vedo come il risultato delle relazioni fra le persone nell’arco delle due settimane intermedie. La preparazione è legata alla recitazione di gruppo, recitare insieme serve a capire come stanno le persone; le riunioni quindi si basano sul Daimoku e sull’approfondire un argomento in particolare. L’obiettivo è fare in modo che le persone arrivino alla riunione in un modo ed escano incoraggiate e rivitalizzate, ricordandosi che con questa pratica si può realizzare qualunque cosa.

ANNARITA BONANATA: Mi sono appena trasferita a Firenze da Roma dove ho passato un anno straordinario! Da responsabile di gruppo ho cercato di coinvolgere tutte le persone. Infatti il nostro zadankai era organizzato da tutte le persone del gruppo, per fare questo ognuno si sfidava, per esempio aprendo a turno la riunione. Quindi la preparazione degli argomenti e la preghiera comune hanno fatto sì che scaturisse una forte gioia alle riunioni, ai nostri incontri si entrava magari demotivati o senza entusiasmo e si usciva sempre rivitalizzati, non c’è mai stata pesantezza. Abbiamo tirato fuori questa gioia recitando Daimoku. E siamo diventati un gruppo unito di persone che si vogliono bene.

Redazione: Vi siete mai sentiti a disagio o frustrati partecipando a uno zadankai? Cosa si può fare per non far vivere la stessa sensazione negativa ad altre persone?

SARA ALBOLINO: Nella città dove vivevo prima spesso capitava che agli zadankai partecipassero vari ospiti, responsabili che monopolizzavano le riunioni parlando tutto il tempo. A me questo provocava tanta sofferenza, anche perché vedevo le altre persone a disagio, sapevo che magari avevano una piccola esperienza da raccontare o una domanda da fare e invece stavano zitti. Col tempo ho capito che il problema era che non sentivamo nostra la riunione, non ci apparteneva completamente. Così recitando abbiamo deciso di cambiare la situazione, e ci siamo riusciti ovviamente quando la riunione è divenuta “nostra”. Da allora lo zadankai non ha provocato più sofferenza ma gioia e i partecipanti esterni non ci hanno più condizionati. Una cosa che faccio spesso è scusarmi con tutte le persone che non sono riuscite a parlare e ripromettermi che lo faranno la prossima volta, perché è importante la partecipazione di tutti.

GIORGIA FATTINNANZI: Anche a me è capitata una cosa simile! Ho provato frustrazione quando responsabili di gruppo intervenivano troppe volte, parlavano troppo a lungo, soffocando lo spazio altrui. Oppure mi è successo che delle riunioni erano state preparate su argomenti estranei ai problemi dei partecipanti e si creava quindi uno scollamento totale. Per la mia esperienza, gli zadankai più belli sono quelli elastici, che rispondono ai problemi delle persone. E questo avviene se vengono preparati facendo Daimoku con le persone del gruppo.
Io mi riprometto sempre di fare un’esperienza sull’argomento dello zadankai insieme alle persone, e mi è capitato proprio all’ultima riunione dell’anno. Quattro giovani donne del gruppo hanno detto delle cose così belle da commuovermi tantissimo. Il responsabile non deve essere quello che elargisce incoraggiamenti senza riceverne, piuttosto dà e riceve allo stesso tempo. Non c’è differenza tra membri e responsabili. Siamo tutti insieme a fare la nostra rivoluzione umana!

PAMELA ALOCCI: Gli zadankai a cui ho partecipato nel mio primo anno di pratica sono stati molto duri, non riuscivo a parlare e tirar fuori ciò che sentivo. Avevo un forte timore di dire sempre delle cavolate e paura di sentirmi giudicata. Mi ha aiutato molto preparare le riunioni. Nonostante non riuscissi a parlare ero lo stesso sempre presente in fase di preparazione. Piano piano, sforzandomi costantemente di creare un legame basato sul Daimoku con le persone con cui praticavo e collateralmente facendo attività byakuren, che mi ha permesso di trasformarmi, ho vinto questi limiti tanto da sentirmi veramente libera di esprimermi. All’inizio non ero in grado di parlare, alla fine non riuscivo più a smettere!
Adesso ho questa speciale attenzione verso chi non si esprime e cerco di capire se è un singolo momento oppure se c’è di più. Il mio obiettivo principale allo zadankai è sempre quello di incoraggiare e essere incoraggiata, di uscire felice. Recito sempre con l’obiettivo che alla fine ci sia un cambiamento positivo nello stato vitale mio e degli altri.

FRANCESCO CAPONE: Io vorrei aggiungere che spesso mi è capitato che i giovani, dove uno zadankai non è preparato, sono quelli che si trovano a essere “utilizzati” come portatori di esperienze pronte per l’uso. Mentre con una recitazione costante, l’esperienza diviene fonte di arricchimento dell’argomento.

Redazione: Cosa ne pensate della preparazione e dell’uso dell’argomento scelto?

ALESSANDRO DELLA SAVIA: L’argomento serve per rompere il ghiaccio, è un modo per veicolare i concetti di questo Buddismo per tutti. La riunione serve alle persone per conoscersi, capirsi, confrontarsi e parlare delle loro vite, serve per imparare a conoscere il Gohonzon, e come praticare nella vita quotidiana il Buddismo, e approfondire la relazione con il maestro. È anche vero che a volte lo si tocca per un minuto poi si devia, come un espediente, come il punto da cui partire per poi entrare nel particolare di tutti. Sono pochi gli zadankai dove abbiamo finito coerenti con l’argomento iniziale. Ma questo è ciò che fa anche il successo di una riunione.

CHIARA GIUNO: Nella mia esperienza di responsabile di gruppo, la preparazione mi è servita per creare un legame prima di tutto. Leggevo e studiavo, ma poi ho deciso di ascoltare le persone e coinvolgerle nella preparazione, chiedendo di parlare del problema che avevano. Così nasceva l’argomento. Si faceva Gongyo, una visita a casa, e poi al meeting si introduceva l’argomento, o magari si leggeva l’incoraggiamento di Ikeda, anche per le persone che non leggono e non studiano. L’importante è approfondire i principi buddisti nella vita di ognuno, se poi si va verso un altro argomento non importa. La cosa più importante era ed è far sentire tutti a casa, tutti coinvolti, e che tutti fossero incoraggiati.

Redazione: Quindi quanto dura una riunione di discussione? Un’ora, un’ora e mezzo o quindici giorni?

CHIARA: Dura quanto dura ciò che decidi di condividere con gli altri. Né un’ora né quindici giorni, dura davvero per tutto il percorso che uno fa. Gli ospiti che partecipano lo sentono, conta di più la gioia delle persone che l’argomento di cui si parla, se hanno piacere di vedersi: questo colpisce più di ogni altra cosa.

Redazione: Gli zadankai sono molto cambiati nel tempo, come pensate che saranno gli zadankai nel futuro? Sotto quale aspetto possono migliorare? Come sarebbe per voi lo zadankai “perfetto”?

MARIO: Lo zadankai “perfetto” non credo esista, perché si costruisce con la preparazione e con la realizzazione stessa, quindi una struttura non è decisiva. Può essere perfetto quando le persone hanno uno stato vitale alto, e fanno un’esperienza. Per me è perfetto tutte le volte quando faccio Gongyo con l’idea che la riunione sia davvero importante e che le persone siano davvero incoraggiate. Lo determino prima, lo decido al mattino con una forte preghiera. Quindi si realizza quando lo decido davvero. Qualcosa cambierei comunque, tipo gli orari.

FRANCESCO: Secondo me occorrerebbe incominciare ogni riunione con una breve introduzione su cos’è il Gohonzon e perché pratichiamo questo Buddismo, con l’idea che ci sia sempre una persona nuova.

MARIO: A me dà fastidio quando si fanno paragoni con le altre religioni, insomma già non capiamo niente della nostra perché fare confronti?

MYRICE: Ho iniziato a praticare a quindici anni adesso ne ho trentaquattro e gli zadankai sono cambiati tanto in questi anni, come sono cambiata io del resto. Se mi immagino la riunione del futuro, mi piacerebbe che fosse un incontro accogliente, con persone che pur venendo per la prima volta si sentano a loro agio. Il Buddismo ci insegna il valore della vita, di quanto è prezioso il tempo dedicato allo zadankai, che è l’attività più importante. Non è solo un tempo, un appuntamento fisso o un’abitudine, è invece un tempo irripetibile e mai sprecato.
Lo immagino anche un posto dove non si fa la morale o la paternale a nessuno, dove si parla di Buddismo attraverso l’umiltà della propria vita, senza leggi, dove non ci si nasconde, si parla di Buddismo attraverso la propria verifica personale.
All’inizio queste riunioni erano tutte concentrate sul condividere le riuscite, le vittorie ecc., per incoraggiare le persone nuove. Presentare il Buddismo solo parlando di vittorie, questo era negativo. C’è il valore nel momento dei fallimenti. La riunione ideale è quella dove emerge questa diversità e una condivisione straordinaria nel bene e nel male.

ANNARITA: Lo zadankai del futuro è quello dove c’è apertura e non chiusura. Talvolta non ce ne rendiamo conto di quanto anche noi siamo chiusi. Non esiste solo la pratica e l’attività, la vita scorre dappertutto. Non ci limitiamo.

Redazione: Ciò che ruota intorno alla riunione di discussione, per esempio la scaletta degli interventi, la statistica, la presenza di un determinato responsabile ecc. quanto contano per voi?

GIORGIA: Prima si era molto più attenti a spiegare il significato delle cose. Gongyo, offrire l’acqua ecc. sono tutti gesti che se hanno dietro la consapevolezza del significato hanno un valore altrimenti fine a se stessi non contano. Spiegare ad esempio che la statistica non è la raccolta fredda di un dato, ma il punto della situazione per capire se ci sono persone che non partecipano ha un altro valore. Sapere se le persone studiano, se hanno abbonamenti alle riviste ha un significato. Finché pratichiamo per dovere non si rifletterà nella nostra vita. Adesso che non occorre più attendere molto tempo prima di ricevere il Gohonzon ci dovrebbe essere uno sforzo maggiore da parte dei responsabili nello spiegare il valore dei gesti. Mi è capitato di vedere rispondere al citofono senza dire il piano dell’appartamento e persone costrette a suonare di nuovo. Anche cose semplici come non disturbare, non rimanere a lungo nelle case offerte per la riunione, non sono banalità. Chi guida Gongyo è colui che in quel momento si assume la responsabilità della cerimonia e della felicità di tutte le persone presenti. Non sono sciocchezze! Io sento come mia responsabilità se queste cose vengono fatte in maniera meccanica perché mi è stato trasmesso molto bene, e cerco di fare altrettanto. L’attività serve a trasformarci, quindi dobbiamo farla conoscendone a pieno il valore.

Redazione: Vi è mai capitato di andare al cinema invece che allo zadankai, se sì perché?

ALESSANDRO: Alcune persone, io stesso, dovremmo andare più al cinema! Talvolta si crea un disequilibrio tra studio, Daimoku e attività. Si creano scompensi e ci gira la testa. La pausa natalizia per me è stata importante per dedicarmi alle mie passioni. Accrescere la propria cultura a tutto tondo è sempre importante.

ANNARITA: A me è successo di andare al cinema, ma non perché non volevo andare alla riunione, piuttosto perché nella mia vita, come nella vita di tutti, ci sono tante cose: momenti in cui si ha voglia di godersi anche il resto. Rinchiuderci in qualcosa di rigido secondo me non è Buddismo. Diverso è se quello poi diventa una scusa. Ci deve essere il desiderio e la determinazione di andarci, ma può succedere che nella vita di tutti i giorni capiti di scegliere. Va bene lo stesso. In passato mi è successo di sentirmi in colpa, ma non è assolutamente giusto. Dovremmo ricordarci che andare allo zadankai ogni quindici giorni è un nostro diritto, farlo crea una tendenza nella nostra vita così importante che ci aiuta nel quotidiano.

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Riassumendo: le opinioni degli intervistati

da fare…
recitare Daimoku e un Gongyo vibrante per il suo successo
trasmettere la propria esperienza di fede
avere sempre argomenti adatti ai principianti
avere sempre molto riguardo per chi ospita la riunione e per i vicini di casa
ringraziare tutti i partecipanti e chi offre la casa
permettere a tutti di esprimersi

…e da evitare
monopolizzare la riunione
fare paragoni con altre religioni o moralismi
protrarre la riunione oltre l’orario stabilito

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La riunione di discussione: al tempo di Toda

di Takehisa Tsuji, consigliere della Soka Gakkai

Divenni membro della Soka Gakkai nel luglio del 1940, proprio quando la Soka Gakkai iniziava le sue attività religiose. In quei primi tempi, shakubuku e riunioni di discussione erano la sola attività che facevamo. I responsabili, inclusi Makiguchi e Toda, erano in prima linea nel partecipare a quelle riunioni, condividendo dispiaceri e preoccupazioni dei partecipanti e parlando loro personalmente e in modo schietto.
[…]
La nostra prima riunione dopo la guerra fu tenuta il 5 giugno 1946 insieme al presidente Toda. Egli parlò francamente con i presenti e incoraggiò tutti. Parlò dei dieci mondi e ricordo ancora che ascoltai la sua spiegazione, come sabbia del deserto che assorbe acqua fresca. Da allora cominciammo a tenere una gioiosa riunione di discussione ogni mese, a cui partecipava Toda, e cominciò così la ricostruzione della Soka Gakkai.
[…]
Toda soleva dire: «Potreste chiedervi quali sono le attività per kosen-rufu. Ebbene, la pratica fondamentale per arrivare a questa meta sono le nostre riunioni di discussione e le lezioni sul Gosho. Se vi impegnate nel perseverare in queste due attività sarete in grado un giorno di cambiare la società, di costruire le fondamenta per il futuro di questo paese e infine di costruire un mondo nuovo e pacifico. Una sola riunione di discussione fa girare la ruota di kosen-rufu molto più che predicare teorie con migliaia di parole eloquenti».
Appena arrivava Toda parlava con ogni persona e la riunione iniziava naturalmente, senza bisogno di un discorso introduttivo. Il suo spirito pieno di fede, unito a un pizzico di humor, creava una toccante riunione di discussione in cui le persone potevano godere pienamente del dialogo. Quando i partecipanti lasciavano il meeting si sentivano rinfrescati, come se avessero fatto una doccia. Le riunioni erano vive, gioiose e felici, specialmente perché Toda abbracciava calorosamente ogni persona con la sua sollecitudine.
[…]
Durante le riunioni di discussione Toda metteva in luce ogni individuo, dando importanza alla personalità di ciascuno e aiutandoli a manifestare le proprie capacità. La sua guida accendeva la luce della speranza e del coraggio nelle persone deboli e infelici.
(NR, aprile 85, 5-6)

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La riunione di discussione: i consigli del presidente Toda

Toda diceva che la Soka Gakkai avrebbe sempre dovuto considerare le riunioni di discussione un’attività primaria, e insisteva affinché tutti i massimi responsabili partecipassero a più riunioni possibili. Diceva: «Il presidente Makiguchi andava tra la gente e conduceva continuamente riunioni di discussione, dedicandosi ad aiutare una persona dopo l’altra a superare i propri problemi e sofferenze. Questa è la storia della Soka Gakkai, di cui andare orgogliosi». (NR, 361, 7)

«Alle riunioni della Gakkai, anche se sono presenti solo una o due persone, è importante prestare loro una completa attenzione, parlar loro del Buddismo del Daishonin e impegnarsi in una discussione sincera e ispiratrice.
[…]
Se ci sono sempre le stesse persone che dicono ogni volta le stesse cose, finirete per avere riunioni di discussione scontate e monotone, nelle quali si è perso di vista lo spirito di condurre nuove persone a praticare il Buddismo del Daishonin. Vi prego di tenere a mente l’importanza di portare persone nuove alle riunioni di discussione. Le riunioni di discussione non devono essere l’occasione per ascoltare qualche importante responsabile che parla, ma il luogo dove i membri si impegnano in conversazioni a cuore aperto, su questioni relative alla fede. Esse hanno inizio da un’interazione sincera da persona a persona. Sia che parlino a una riunione di discussione o tengano una lezione di studio, i responsabili devono risvegliare lo spirito della Gakkai nei cuori delle persone. Se la figura centrale ha una fede forte, anche la riunione di discussione può manifestare i mondi di Buddità e Bodhisattva». (NR, 361, 8)

«Non importa quanto buia e desolata possa essere la società, fate in modo che le nostre riunioni di discussione siano sempre splendenti e gioiose, permeate di coraggio e convinzione». (NR, 361, 6)

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La riunione di discussione: i consigli del presidente Ikeda

«Desidero ringraziare con tutto il mio cuore coloro che offrono la propria casa per le riunioni. Quando usiamo una casa come luogo di riunione, dobbiamo fare attenzione a essere molto cortesi e grati verso chi ci ospita, facendo in modo che ognuno sia contento. Ricordiamo che il luogo che ci viene offerto è parte della loro casa, della loro famiglia. Per questo motivo dobbiamo fare attenzione a non disturbare né la famiglia né i vicini. Ricambiamo con sincerità, la sincerità che ci viene offerta. Inoltre, non pensate mai che sia un fatto naturale che la gente offra la propria casa come luogo per le riunioni della Gakkai. Ringraziando chi la offre, considerate prezioso ogni luogo». (NR, novembre 83, 1)

«Molti studiosi e intellettuali in tutto il mondo manifestano un interesse crescente per le riunioni della Soka Gakkai, in quanto modelli di dialogo democratico, forza trainante per dare nuova linfa vitale alle comunità umane e forum in grado di promuovere una cultura di pace. Le comunità in cui i nostri membri si impegnano a tenere riunioni di discussione stanno crescendo in maniera positiva e dinamica. […] Fin da giovane, ho partecipato a riunioni di discussione in ogni regione, dove incoraggiavo i compagni di fede e introducevo persone nuove al Buddismo. […] Il Daishonin scrive: “Tutti coloro che aspirano alla Via dovrebbero riunirsi insieme” (Lettera da Teradomari, SND, 6, 75). Queste riunioni, dove ci troviamo insieme, studiamo insieme, ci lodiamo e incoraggiamo l’un l’altro, sono assemblee di kosen-rufu che rispecchiano fedelmente le indicazioni del Daishonin». (NR, 361, 8)

«Per una discussione bastano due persone: se ci sono due persone può già esserci una bella riunione di discussione. Quindi, se a una riunione si presenta solo una persona, datele calorosamente il benvenuto dicendole: “Ottimo! Così avremo l’opportunità di sviscerare l’argomento in profondità”. Poi trascorrete la riunione ad ascoltare i suoi problemi e le sue riflessioni». (NR, 361, 8)

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