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Il picco dell’aquila - DEV - Il Nuovo Rinascimento
Istituto Buddista Italiano Soka Gakkai

Buddismo per la pace, la cultura e l’educazione

6 dicembre 2025 Ore 15:46

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Il picco dell’aquila

Possiamo non esserne consapevoli, ma nel momento in cui recitiamo Gongyo e Daimoku il potere del Gohonzon si manifesta nitidamente nella nostra vita e il nostro corpo diventa il Picco dell’Aquila. Questo è il significato di “ottenere la Buddità nella nostra forma presente”

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Possiamo non esserne consapevoli, ma nel momento in cui recitiamo Gongyo e Daimoku il potere del Gohonzon si manifesta nitidamente nella nostra vita e il nostro corpo diventa il Picco dell’Aquila. Questo è il significato di “ottenere la Buddità nella nostra forma presente”

Che cosa distingue le persone forti, le persone che continuano a crescere? Prima di tutto, le loro voci sono diverse: hanno una bella voce perché in essa si manifesta la loro realizzazione interiore. «La voce compie il lavoro del Budda» (OTT, 4). La voce dice molto di una persona. Andare incontro agli altri con fiducia e coinvolgerli nella conversazione con una voce fresca e piena di energia porta il nostro movimento a progredire, imprimendogli il ritmo della vittoria.
Ci sono ancora molte cose che desidero realizzare, ad esempio mi piacerebbe discutere, con maggiore profondità e in più ampio dettaglio, dell’eternità della vita, così come ci insegna il Buddismo. Mentre ho già parlato in molte occasioni dei vari aspetti della filosofia di vita buddista e della sua verità, adesso mi piacerebbe concentrare le mie energie per dar vita a una visione più completa e ampia, capace di abbracciare tutte queste idee in un insieme armonioso.
Ho anche il progetto di aumentare i nostri sforzi per la manutenzione e il restauro della sede centrale della Soka Gakkai e di molti altri centri per l’attività sia in Giappone sia nel mondo, dove si riuniscono tanti membri ogni giorno.
Nel già citato Gosho Risposta a Sairen-bo si legge il seguente brano: «Ovunque dimoriamo praticando l’unico veicolo [il Sutra del Loto o Nam-myoho-renge-kyo], quel luogo sarà la capitale della Luce Eternamente Tranquilla [cioè la condizione vitale di Buddità]. E, senza dover muovere un passo, i nostri discepoli e sostenitori laici possono vedere il Picco dell’Aquila in India e, giorno e notte, andare e venire dalla Terra della Luce Eternamente Tranquilla che esiste sin dall’inizio dei tempi» (SND, 9, 163). Che cosa significa esattamente questo brano?
Nel Raggiungimento della Buddità in questa esistenza il Daishonin afferma: «Non ci sono terre pure e terre impure di per sé: la differenza sta unicamente nella bontà o malvagità della nostra mente» (BS, 119, 13).
Realizzando un profondo cambiamento positivo nel nostro cuore e nella nostra mente, e manifestando la nostra innata Buddità, la pura terra, che esiste sin dall’inizio dei tempi, si manifesterà proprio qui, nella terra impura, un luogo immerso nelle illusioni, nei desideri e nella sofferenza. Quindi, quello che il Daishonin sta dicendo in Risposta a Sairen-bo è che, sebbene il nostro corpo sia qui, in questo travagliato mondo di saha, il nostro cuore può abitare nella pura terra del Picco dell’Aquila.
Egli fa la stessa osservazione anche in un altro suo scritto, una lettera inviata alla monaca laica Sennichi che viveva nella lontana isola di Sado, scrivendole: «Noi viviamo nella terra impura, ma il nostro cuore risiede sul Picco dell’Aquila. […] è il cuore quello che conta».
[Il brano per esteso recita: «Benché tu sia rimasta a Sado, il tuo cuore è giunto in questa provincia. Anche la strada per raggiungere la Buddità è così: noi viviamo nella terra impura, ma il nostro cuore risiede sul Picco dell’Aquila. Vedere la faccia non è importante, è il cuore quello che conta. Un giorno ci incontreremo sul Picco dell’Aquila dove risiede il Budda Shakyamuni» (Il tamburo alla Porta del tuono, SND, 7, 219), n.d.r.].
Quando afferma che «è il cuore quello che conta», il Daishonin si riferisce alla mente, al cuore, alla fede che accetta e sostiene la Legge mistica. Scrive poi: «Questo carro [il carro del grande bue bianco (cioè l’unico veicolo del Sutra del Loto)] […] ha come ruote le due dottrine, l’insegnamento transitorio e l’insegnamento originale ed è attaccato al bue bianco di Myoho-renge-kyo. È un carro che continua a girare, nel ciclo di nascita e morte, nascita e morte, nella casa che brucia rappresentata dal triplice mondo. Ma con il perno di una mente che crede [per tenere ben salde le ruote] oliate dalla determinazione, si può condurre una persona alla pura terra del Picco dell’Aquila» (WND, 2, 723).
È inevitabile che nel corso della nostra vita emergano influenze negative. La fede nella Legge mistica non è altro che l’incessante lotta contro i tre ostacoli e i quattro demoni e certamente kosen-rufu è una lotta ancor più intensa e implacabile contro i tre potenti nemici. Una “mente che crede”, cioè una forte fede per continuare senza alcun cedimento sul rigoroso sentiero della pratica buddista fino alla fine della nostra vita, ci assicura «una mente risoluta e corretta al momento della morte». Questo significa avere uno stato sereno e imperturbabile, assolutamente convinti che si conseguirà la Buddità.
Tutto questo rappresenta la suprema vittoria nella vita e il magnifico coronamento della nostra pratica buddista in questa esistenza. Quando il Daishonin parla della pura terra del Picco dell’Aquila, egli intende il supremo stato di Buddità, che possiamo conseguire in questa vita attraverso la pratica buddista.
Josei Toda, mio mentore e secondo presidente della Soka Gakkai, disse una volta: «Quando la Buddità si manifesta chiaramente nella nostra vita, non soffriamo più l’infelicità. In altre parole, quando recitiamo davanti al Gohonzon esso si manifesta nella nostra vita, che ne siamo consapevoli o meno. Il nostro corpo diventa il Picco dell’Aquila e siamo pervasi dal potere del Daishonin, dal potere del Dai-Gohonzon».
La pura terra del Picco dell’Aquila esiste ogni giorno, anno dopo anno, nella vita di coloro che lottano per kosen-rufu con una forte fede. Durante Gongyo noi ripetiamo alcune parti del Sutra del Loto. Il sutra narra dell’assemblea che dal Picco dell’Aquila si trasferisce alla Cerimonia nell’Aria per poi tornare sul Picco dell’Aquila. In altre parole si muove dal mondo reale al regno dell’Illuminazione per tornare di nuovo al mondo reale. Il nostro Gongyo, alla mattina e alla sera, ci permette di far rivivere questa grandiosa rappresentazione del Sutra del Loto nella nostra vita, e di vivere ogni giorno con energia e vitalità. Possiamo far sorgere il potere della nostra Buddità innata per affrontare con fiducia i nostri problemi e i nostri ostacoli nella vita di tutti i giorni e vincere. La nostra vita acquisisce un immenso potere. Ottenere la Buddità nella nostra forma presente significa questo.
Il sublime stato vitale di Buddità brilla della luminosità infinita di una fede incrollabile, che si è forgiata sconfiggendo ogni sorta di ostacolo e funzione demoniaca. È uno stato di vittoria meravigliosa e senza fine, la vittoria che si ottiene nell’aver trasceso e trionfato sulle sofferenze di malattia, invecchiamento e morte. Questa condizione vitale continua eternamente, anche dopo la morte; la nostra vita si fonde con l’universo e, in una condizione vasta e senza limiti, continua ad andare avanti con libertà, gioia e piacere. È uno stato in cui sia la vita che la morte sono piene di gioia. Essere capaci di conseguire questo stato vitale è lo scopo della nostra fede e della nostra pratica.
In una lettera alla monaca laica di Ueno, madre di Nanjo Tokimitsu, che egli conforta per la perdita del marito, il Daishonin scrive: «Finché [tuo marito] era in vita, egli era un Budda vivente e ora è un Budda defunto. Si è Budda sia in vita sia dopo la morte. Questa è la profonda dottrina di sokushin jobutsu [raggiungere la Buddità nella propria forma presente]» (Inferno e Buddità, SND, 5, 195).

La pura terra del Picco dell’Aquila rappresenta l’universo

In molti dei suoi scritti, il Daishonin assicura ai suoi seguaci che quanti sostengono e praticano il Sutra del Loto fino alla fine della loro vita potranno, dopo la morte, «andare alla pura terra del Picco dell’Aquila». In La pratica dell’insegnamento del Budda afferma per esempio: «Finché siamo in vita, dobbiamo continuare a recitare Nam-myoho-renge-kyo. Allora, se recitiamo fino al momento della morte, Sha­kya­muni, Taho [Molti Tesori] e tutti gli altri Budda dell’universo verranno da noi immediatamente, proprio come promisero durante la cerimonia al Picco dell’Aquila. Prendendoci per mano e portandoci sulle spalle ci condurranno sul Picco dell’Aquila. I due santi [il bodhisattva Re della Medicina e il bodhisattva Donatore Coraggioso], i due dèi celesti [Ascoltatore dei Molti Insegnamenti e il Sostenitore della Nazione] e le dieci divinità ci proteggeranno [come hanno promesso di fare nel capitolo Dharani, il ventiseiesimo del Sutra del Loto], mentre tutti gli dèi buddisti innalzeranno un baldacchino sulla nostra testa e spiegheranno in alto i vessilli.[ref]I due santi bodhisattva Re della Medicina e Donatore Coraggioso fanno voto di proteggere i praticanti del Sutra del Loto; i due dèi celesti, Ascoltatore dei Molti Insegnamenti e Sostenitore della Nazione proteggono i quattro lati del mondo: sono noti collettivamente come i quattro Re celesti.[/ref] Ci scorteranno sotto la loro protezione fino alla terra del Budda. Come è possibile descrivere una simile gioia?» (SND, 4, 18).
In un’altra occasione scrive: «Abbi sempre una forte fede e raggiungi la terra pura del Picco dell’Aquila» e ancora «Dedicati con tutto il cuore alla fede e raggiungerai il Picco dell’Aquila» (Le spade del bene e del male, SND, 4, 198).
Naturalmente, quando il Daishonin usa l’espressione “andare alla pura terra del Picco dell’Aquila” o “raggiungere la pura terra del Picco dell’Aquila”, non intende dire di andare in qualche sorta di paradiso ultraterreno, come la pura terra della Perfetta Beatitudine dell’ovest, insegnata dalla scuola buddista della Pura Terra (Nembutsu). Come rivela chiaramente la descrizione dell’assemblea del Sutra del Loto[ref] L’assemblea del Sutra del Loto, anche detta l’assemblea sul Picco dell’Aquila, comprende le tre assemblee nelle quali venne predicato il Sutra del Loto (note anche come “le tre assemblee in due luoghi”). Con questo s’intende la prima assemblea tenuta sul Picco dell’Aquila, la seconda assemblea che viene poi sollevata nell’aria (cioè la Cerimonia nell’Aria) e la terza assemblea che ricomincia sul Picco dell’Aquila.[/ref], in cui appare una colossale e magnifica torre preziosa, nella quale si radunano i Budda delle dieci direzioni, la pura terra del Picco dell’Aquila rappresenta l’universo stesso, nella sua totalità. Quindi, la pura terra del Picco dell’Aquila non esiste in alcun luogo definito dell’universo: non è così piccola o limitata, ma è vasta e infinita come l’universo.
Quindi, il luogo in cui sosteniamo e pratichiamo la Legge mistica, automaticamente e senza che muoviamo un passo, diventa la pura terra del Picco dell’Aquila. E quando moriremo, dopo aver continuato a praticare il Buddismo e aver stabilito fermamente un forte nucleo di fede corretta e costante, la nostra vita sarà colma di gioia, e otterremo un illimitato stato vitale che abbraccia tutto l’universo. Toda chiamava questo «fondersi con la Buddità dell’universo». Credo che questa sia la vera essenza del concetto di “pura terra del Picco dell’Aquila”.

Riuniti nelle profondità della vita

La pura terra del Picco dell’Aquila rappresenta il regno supremo della Buddità che può essere raggiunto da tutti coloro che perseverano con sincerità nella propria fede, raggiungendo l’Illuminazione in questa vita. Così, al livello più profondo della vita, maestri e discepoli, genitori e figli, mariti e mogli, i fratelli, le sorelle e i compagni di fede potranno “riunirsi”. In tutto questo c’è una profonda verità della vita.
In quel regno universale di Buddità che chiamiamo pura terra del Picco dell’Aquila, è anche possibile “incontrare” o entrare in contatto a un livello profondo di vita eterna, con quanti non abbiamo potuto più incontrare in questa esistenza, come i maestri e i discepoli, i compagni di fede, e la famiglia nel regno della Legge mistica. Questo è il funzionamento meraviglioso della vita. Scrivendo dal monte Minobu all’anziana monaca laica di Ko, che stava nell’isola di Sado e non riuscì più a incontrare di persona, il Daishonin le assicura che maestro e discepola si riuniranno nella pura terra del Picco dell’Aquila: «Ogni volta che desideri vedere me, Nichiren, guarda verso il sole che sorge al mattino e alla luna che appare la sera. Io sarò sempre riflesso nel sole e nella luna. Nella prossima vita ci incontreremo nella pura terra del Picco dell’Aquila» (Lettera a Ko-no ama gozen, SND, 6, 229).
E in una lettera alla monaca laica Konichi, che aveva perso il suo amatissimo figlio Yashiro, scrive: «In questo giorno l’onorevole Konichi […] per il grande affetto verso il figlio è diventata una praticante del Sutra del Loto. Senza ombra di dubbio sia la madre che il figlio andranno alla pura terra del Picco dell’Aquila. In quel momento quanta gioia ci sarà nel vostro incontro! Quanta gioia nel vostro incontro!» (WND, 2, 964).
Allo stesso modo, in una lettera alla monaca laica di Ueno (madre di Nanjo Tokimitsu) il cui figlio Goro era morto improvvisamente, scrive: «Eppure c’è un modo per incontrarlo presto. Con il Budda Shakyamuni come tua guida, puoi andare a incontrarlo nella pura terra del Picco dell’Aquila. Il sutra afferma: “Fra coloro che ascoltano la Legge, nemmeno uno mancherà di conseguire la Buddità” (SDL, 2, 51). Questo significa che può accadere di mirare alla terra e mancarla, può accadere che il sole e la luna precipitino al suolo, che le maree cessino di fluire e rifluire o anche che i fiori non si trasformino in frutti con l’estate, ma non potrà mai accadere che una donna che recita Nam-myoho-renge-kyo non si riunisca al suo adorato figlio. Dedicati alla fede, perché accada presto!» (Gosho del sakè raffinato, SND, 9, 291).

Là, dove i Bodhisattva della Terra promettono di realizzare kosen-rufu

L’assemblea del Sutra del Loto sul Picco dell’Aquila è anche il luogo dove i Bodhisattva della Terra hanno fatto voto di propagare il Sutra del Loto nel mondo di saha, nell’Ultimo giorno della Legge, dopo la morte del Budda. Essi lasciano la pura terra del Picco dell’Aquila e vengono in questo mondo pieno di conflitti per realizzare la loro missione per kosen-rufu, e fanno nuovamente ritorno al Picco dell’Aquila quando hanno portato a termine la missione di quella particolare esistenza. Per i Bodhisattva della Terra, quindi, la pura terra del Picco dell’Aquila rappresenta una dimora eterna, un regno pieno di amici senza tempo che condividono la fede nella Legge mistica. Rappresenta inoltre un regno di eternità, felicità, vero io e purezza che li guida per verso l’esistenza più significativa, pervasa di appagamento e di vittoria.
Nell’Apertura degli occhi il Daishonin rivela il suo grande voto di realizzare kosen-rufu e il suo impegno personale di non risparmiare mai la sua vita per questa causa. Invita i suoi seguaci a lottare per la fede con la stessa sua dedizione: «Sebbene io e i miei discepoli possiamo incontrare varie difficoltà, se non nutriamo dubbi nei nostri cuori, raggiungeremo naturalmente la Buddità. Non dubitate semplicemente perché il cielo non vi protegge. Non lamentatevi perché non godete di un’esistenza facile e tranquilla in questa vita. Questo è quel che ho insegnato ai miei discepoli mattina e sera, ma tuttavia hanno cominciato a nutrire dubbi e ad abbandonare la loro fede. Gli stupidi sono soliti dimenticare le loro promesse quando viene il momento cruciale» (SND, 1, 200).
Questo brano, che ho inciso profondamente nel cuore per tutta la mia vita, esprime l’essenza dello spirito della Gakkai.
Il Daishonin continua: «Dovrebbero conservare la loro fede nel Sutra del Loto e prendere la strada per il Picco dell’Aquila, in modo da portarvi anche le mogli e i figli» (Ibidem, SND, 1, 201).
Lottare nella fede con la stessa dedizione del proprio maestro significa continuare ad avanzare insieme al maestro con incrollabile determinazione anche fra grandi difficoltà e avversità, verso l’obiettivo di realizzare il grande voto di kosen-rufu. Coloro che mantengono questo spirito nella fede per tutta la loro vita potranno acquisire l’immenso stato vitale della pura terra del Picco dell’Aquila – lo stato di Buddità – per tutta l’eternità. Inoltre saranno in grado di guidare le loro famiglie e le persone che amano a quello stesso stato vitale.
D’altro canto, il Daishonin ci insegna che chi, giunto a un momento cruciale, dimentica la promessa fatta al maestro, chi abbandona la fede, tradisce la fiducia dei propri compagni e si comporta da nemico della comunità dei credenti armoniosamente unita, non potrà raggiungere la pura terra del Picco dell’Aquila – in altre parole, non potrà raggiungere l’Illuminazione. Egli sostiene che queste persone sono destinate a cadere nell’inferno d’incessante sofferenza e che solo dopo aver passato infiniti eoni in quello stato potranno diventare nuovamente suoi discepoli e conseguire la Buddità.

Pace e tranquillità nella vita e nella morte

Il Daishonin afferma inoltre che le persone di fede costante, al momento della loro morte, saranno accolte nella pura terra del Picco dell’Aquila dal Budda Shakyamuni, dal Budda Molti Tesori e dai Budda delle dieci direzioni e che li potranno vedere molto da vicino. Dopo la morte di suo marito Abutsu-bo, il Daishonin scrive una lettera alla monaca laica Sennichi dell’isola di Sado, incoraggiandola e consolandola con queste parole: «Qualcuno si può chiedere dove si trovi ora lo spirito del defunto Abutsu-bo. Usando il chiaro specchio del Sutra del Loto, io, Nichiren, vedo la sua immagine sul Picco dell’Aquila, seduta nella Torre Preziosa del Budda Taho [Molti tesori], rivolta a Oriente» (Il tesoro di un figlio devoto, SND, 8, 125).
Sia Abutsu-bo che la monaca laica Sennichi avevano aiutato il Daishonin per tutta la durata del suo aspro esilio sull’isola di Sado. Aiutandolo e sostenendolo nella sua lotta per la propagazione del Sutra del Loto. Il loro spirito era quello dei Bodhisattva della Terra e il Daishonin assicura Sennichi che sia lei che suo marito godranno di uno stato vitale di eterna vittoria.
Oggi, membri di tutto il mondo stanno sostenendo la Soka Gakkai, l’organizzazione che porta avanti kosen-rufu in perfetto accordo col volere del Budda e con il suo mandato. Fin quando manterremo questo spirito dei Bodhisattva della Terra potremo costantemente manifestare lo stato vitale della Buddità e godere di pace e sicurezza nella nostra attuale esistenza. E anche dopo la morte, potremo dimorare nell’eterna pura terra del Picco dell’Aquila, in uno stato pervaso da assoluta pace e tranquillità, lo stato di Buddità.

Il Gohonzon raffigura la Buddità

L’assemblea sul Picco dell’Aquila rappresenta in sé, simbolicamente, la vita del Budda che è vasta e illimitata come l’universo. Il Daishonin si è dedicato con tutta la sua energia a realizzare il grande voto di kosen-rufu come “guida” dei Bodhisattva della Terra. Prendendo a modello l’assemblea del Sutra del Loto sul Picco dell’Aquila, ha espresso il suo vastissimo stato vitale nella forma del Gohonzon. I grandi benefici della vita del Daishonin, il Budda dell’Ultimo giorno della Legge, sono tutti contenuti nel Gohonzon. Nella colonna centrale del Gohonzon sono scritte le parole «Nam-myoho-renge-kyo Nichiren».
Nella Raccolta degli insegnamenti orali, il Daishonin afferma con chiarezza che il Gohonzon è “la realizzazione e la manifestazione” dell’assemblea sul Picco dell’Aquila e ci dice che rappresenta «l’assemblea sul sacro Picco dell’Aquila che continua solennemente e non si è ancora sciolta» (OTT, 135). Allo stesso modo, ovunque ci siano persone che recitano Nam-myoho-renge-kyo e praticano la Legge mistica in accordo con l’esempio del Daishonin, l’assemblea del Picco dell’Aquila appare solennemente e non svanisce mai. In altre parole, le persone possono far emergere il mondo di Buddità liberamente in qualsiasi momento.
Il primo presidente della Soka Gakkai Tsunesaburo Makiguchi e il suo discepolo, il secondo presidente Josei Toda, compresero questa profonda verità nella nostra epoca, assumendosi la responsabilità di kosen-rufu.
Makiguchi ha creduto fermamente che la grande forza vitale inerente all’universo sia la fonte del potere, condiviso da tutta l’umanità, di creare valore e che la Legge mistica sia l’essenza di questa forza vitale. Persino in mezzo alle persecuzioni, durante la seconda guerra mondiale, la sua fede nel Buddismo del Daishonin non ha mai avuto esitazioni, ed egli è morto in prigione per le sue convinzioni.
Come un leale discepolo, anche Toda è stato arrestato ed è andato in prigione con il suo maestro. Mentre recitava Gongyo e Daimoku nella sua cella e concentrava ogni sua energia alla ricerca della verità fondamentale della vita, Toda ebbe un profondo risveglio interiore, percependo di essere stato tra i Bodhisattva della Terra all’assemblea del Sutra del Loto. Sperimentò con la sua stessa vita «l’assemblea sul sacro Picco dell’Aquila che continua solennemente e non si è ancora sciolta» (OTT, 135). Basandosi sulla consapevolezza della sua missione come Bodhisattva della Terra, Toda si alzò per ricostruire la Soka Gakkai. Fece il grande voto di propagare la Legge mistica e fece emergere settecentocinquantamila famiglie di Bodhisattva della Terra, un obiettivo cui dedicò il resto della sua vita.

Un’assemblea ancora in corso

Nichijun (1898-1959), il sessantacinquesimo patriarca della Nichiren Shoshu, disse: «All’assemblea del Sutra del Loto sul Picco dell’Aquila, i quattro grandi Bodhisattva della Terra[ref]Quattro grandi Bodhisattva della Terra: si riferisce ai quattro bodhisattva che sono le guide dei Bodhisattva della Terra. Essi sono Pratiche Superiori, Pratiche Illimitate, Pratiche Pure e Pratiche Fortemente Radicate.[/ref], guidati dal bodhisattva Pratiche Superiori, si sono uniti a quanti erano già presenti, con al loro seguito grandi bodhisattva numerosi come i granelli di sabbia di sessantamila fiumi Gange. Lì, tutti fecero il voto solenne di propagare Myoho-renge-kyo (il Sutra del Loto) nell’Ultimo giorno della Legge […]. Credo che la Soka Gakkai, con la guida del presidente Toda, abbia fatto emergere questi Bodhisattva della Terra nell’Ultimo giorno della Legge […]. In altre parole, credo che il presidente Toda abbia convocato settecentocinquantamila famiglie come materializzazione dei sette o dei cinque caratteri di Nam-myoho-renge-kyo.
Non c’è il minimo dubbio che, se tutte queste settecentocinquantamila famiglie di membri in tutto il Giappone si dedicheranno col cuore a propagare la Legge di Nam-myoho-renge-kyo, kosen-rufu si realizzerà nell’Ultimo giorno, proprio come aveva profetizzato Sha­kya­muni […]. Credo che il fatto che voi tutti [membri della Soka Gakkai] abbiate ora rinnovato il vostro voto per il futuro, in perfetta armonia e unità d’intenti, significhi chiaramente che “l’assemblea sul sacro Picco dell’Aquila che continua solennemente e non si è ancora sciolta” (OTT, 135) e che voi rappresentiate la vera pura terra del Picco dell’Aquila, una grande riunione di Budda. Come tali avete il mio più profondo rispetto» (discorso pronunciato il 3 maggio 1958 durante la diciottesima riunione generale della Soka Gakkai, poco tempo dopo la morte di Toda, n.d.r.).
Fede basata sul Gohonzon significa alzarsi in piedi e assumersi la missione di un Bodhisattva della Terra, dedicandosi al grande voto di kosen-rufu. Questa è un’espressione di vero rispetto e venerazione per il Gohonzon, poiché avere il Gohonzon nel proprio altare buddista o condurre magnifiche cerimonie davanti a esso non basta. La Soka Gakkai è una riunione di Bodhisattva della Terra che si sfidano con tutto il cuore per diffondere la Legge mistica nell’Ultimo giorno, in accordo con il voto pronunciato sul Picco dell’Aquila. Come discepoli di Nichiren Daishonin, stiamo facendo avanzare kosen-rufu con lo spirito di “diversi corpi, stessa mente”. La stessa Soka Gakkai è l’esemplificazione dell’assemblea del Picco dell’Aquila che continua tuttora.
Sul Picco dell’Aquila, in India, c’è un punto dove il traditore Devadatta fece rotolare un macigno verso il Budda Shakyamuni, mentre questi stava passeggiando sulla montagna. Con un gesto che chiaramente rivelava la sua profonda invidia e ingratitudine, Devadatta tradisce il suo maestro attentando alla sua vita. Il tentativo, però, non ebbe successo così come quello di distruggere l’armoniosa unità dell’ordine buddista, dedito alla propagazione della Legge. Si dice che Devadatta sia poi caduto nell’inferno d’incessante sofferenza mentre era ancora vivo.
La pura terra del Picco dell’Aquila può anche esser vista come il “vertice della vittoria” di maestro e discepolo, che sostengono l’insegnamento corretto.

Il suono che risveglia la protezione dell’universo

Come per ogni altra cosa, anche nel Buddismo si svolge una eterna lotta tra vittoria e sconfitta. La verità e la giustizia devono vincere. È vitale che ciascuno di noi lotti con vigore contro coloro che calpestano e che infliggono dolore e sofferenza alla gente. Dobbiamo dimostrare a tutti la reale forza e grandezza insite nella verità e nella giustizia.
In un suo scritto, I fiori e i semi, il Daishonin afferma: «Se maestro e discepolo non sono in accordo, non potranno realizzare nulla di grande» (SND, 4, 34). È importante riconoscere le malefatte e gli abusi, denunciandoli senza un attimo di esitazione. Non dovete farvi vincere dalla paura, e per fare questo basta che si alzi un solo coraggioso discepolo col cuore sincero. Nikko Shonin, discepolo del Daishonin e suo diretto successore, scrive: «Questi discepoli del Daishonin [i cinque preti anziani] gli si sono tutti rivoltati contro. Solo io, Nikko, ho protetto il corretto insegnamento del Daishonin, considerandomi l’incaricato della missione di realizzare lo scopo originale del Daishonin [l’ampia propagazione (kosen-rufu)]. Come tale, non dimenticherò mai il suo vero desiderio».
Niente è più potente del suono di maestro e discepolo che recitano la Legge mistica con lo stesso cuore e la stessa mente. Il Daishonin scrive: «Il nitrito dei cavalli bianchi[ref]Si riferisce a una fiaba buddista in cui il re Rinda, acquisiva salute, forza e capacità di guidare il suo popolo solo quando poteva sentire il nitrito di cavalli bianchi. In questo scritto, il Daishonin paragona i cavalli bianchi a se stesso e il loro nitrire al suono delle voci che recitano Nam-myoho-renge-kyo.[/ref] è il suono delle nostre voci che recitano Nam-myoho-renge-kyo. Quando Bonten, Taishaku, le divinità del sole e della luna, i quattro Re celesti e gli altri odono questo suono, com’è possibile che non assumano un colorito sano e brillino di luce splendente? Come possono mancare di proteggerci? Dobbiamo essere fermamente convinti di questo!» (Re Rinda, SND, 9, 98).
Le nostre voci che recitano un Daimoku vibrante attivano le funzioni positive dell’universo, facendo sì che ci proteggano.

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