La redazione del Nuovo Rinascimento intervista alcuni partecipanti al corso di Fiuggi. Ne nasce un confronto aperto sul senso della responsabilità considerata dal punto di vista delle esperienze di vita e di attività
I partecipanti alla tavola rotonda
Cinzia N., responsabile di gruppo a Salerno
Giovanna B., responsabile di settore a L’Aquila
Stella S., responsabile di gruppo a Roma
Michele S., responsabile di settore a Cagliari
Francesco L., responsabile di settore a Bari
Marina N., responsabile di gruppo a Siracusa
Redazione. Partecipando a questo corso ci siamo rese conto del fatto che il tema della responsabilità è stato trattato nei termini di risvegliare la consapevolezza individuale, di sollecitare una profonda decisione personale e non di fornire un prontuario delle cose da fare. Cosa ne pensate?
MICHELE S.: Da questo corso emerge la necessità di fare di kosen-rufu l’obiettivo fondamentale della nostra vita. È facile considerare kosen-rufu un obiettivo meraviglioso, ma ora occorre basare la vita su questo desiderio. Per me il corso contribuisce in maniera determinante a preparare questa decisione.
STELLA S.: È la prima volta che partecipo a un corso e se da una parte avevo molte aspettative, dall’altra avevo timore di sentirmi in qualche modo oppressa dal convivere in tanti in un luogo circoscritto. Adesso che il corso si sta concludendo, penso che sia un’occasione meravigliosa perché racchiude tutto quello che noi facciamo nella nostra attività: l’esperienza, che è il fulcro della riunione di discussione; lo studio; il relazionarsi l’uno con l’altro continuamente, anche in piccole cose banali che ci obbligano al confronto. Insomma è una immersione totale nella dimensione dell’attività e anche della vita, come sempre. Ho già telefonato a tutti i membri del mio gruppo per dire: «Dovete venire al corso l’anno prossimo». È un’esperienza molto potente.
GIOVANNA B.: All’inizio del corso ho sentito una grande apertura, determinata dalla presenza di tutti questi giovani. Io sono stata insegnante e ho visto come sono insicuri e incerti i giovani. Invece li ho visti lì, sul palco, tranquilli, sicuri, spigliati e ho sentito che devono aver fatto una grande rivoluzione umana per essere così. I giovani che ho incontrato qui sono la prova concreta della validità di questo insegnamento, l’incoraggiamento più grande che si possa ricevere.
Adesso sento una grande serenità e desidero impostare la mia attività in modo diverso, più creativo, semplice e leggero. Io sono molto grata a questi giovani perché sono bravissimi, più bravi di noi adulti. Quindi riparto piena di gratitudine. Sono qui con mio figlio, che aveva lasciato l’attività buddista e ha ripreso solo da qualche mese. Ora è qui con noi, quindi sono ancora più grata.
CINZIA N.: Ogni corso mi rimette davanti alla necessità di credere fermamente alla presenza della Buddità nella mia vita. Credere teoricamente nella presenza della Buddità è facile, trovo invece molto difficile metterlo in pratica.
Desidero dare una svolta decisiva alla mia vita, trasformare la tendenza all’instabilità e contribuire alla propagazione del Buddismo attraverso una bella vittoria sui miei limiti. Adesso sento la gioia, non il peso, della responsabilità. La responsabilità di gruppo mi ha messa di fronte alla decisione di voler essere felice e di aiutare gli altri a esserlo. Quando gli altri non gioiscono intorno a me, non posso essere felice. Così desidero fare la mia rivoluzione umana per poter incoraggiare gli altri ed essere felici insieme.
MARINA N.: Sono responsabile di gruppo da circa nove mesi. La responsabilità è arrivata dopo un periodo davvero triste della vita. Era morto mio cognato e la responsabile di gruppo, Ida, mi è stata molto vicina in quel periodo. Poi, due mesi dopo, è morta anche lei. In quel momento sono emersi anche grossi problemi con mia madre. Era un periodo di grande sofferenza e ho accettato la responsabilità per sfidarmi. Ciò che mi stava più a cuore era sostenere le persone del gruppo e in questo corso sto trovando la conferma che io e i miei compagni di fede stiamo crescendo insieme nella fede. Prima di partire per il corso abbiamo recitato molto Daimoku, tutti insieme. Una persona giovane ha fatto una bella esperienza partecipando a queste recitazioni e io mi sono commossa ascoltandola, perché la felicità dei giovani è davvero il nostro futuro, come dice Ikeda.
FRANCESCO L.: Per me questo corso esprime una grande maturazione del movimento di kosen-rufu in Italia. Invece di parlare sempre degli obiettivi personali, si stanno toccando i temi fondamentali, vale a dire la realizzazione di kosen-rufu e il legame con il presidente Ikeda.
Ho percepito con chiarezza da questo corso che in Italia siamo pronti per realizzare kosen-rufu, per portare questo progetto dentro tutti gli zadankai. Se ci dedichiamo a questo, non c’è ombra di dubbio che risolveremo tutti i problemi personali. Tornando a casa penso alla responsabilità in questi termini: devo cercare assolutamente di fare esperienza e di curare le persone cercando di trasmettere la mia esperienza. Desidero impegnarmi per realizzare l’obiettivo di centomila persone entro il 2010, perché dentro questo obiettivo, c’è la felicità di ognuno di noi.
Redazione. Il direttore Nakajima ci ha incoraggiato a prendere la decisione di migliorare un aspetto della nostra pratica e di sfidarci a mettere in pratica questa decisione per i prossimi 365 giorni. Voi avete già preso delle decisioni? Ci piacerebbe poi, fra un anno, fare insieme a voi un bilancio di quello che abbiamo concretamente realizzato.
MICHELE: Ho capito che per dare una scossa all’apatia, occorre ripartire dalle basi: recitare Daimoku, studiare il Buddismo, trasmetterlo e incoraggiare ogni persona. Facendo questo occorre anche evitare di criticare e lamentarsi. Lavorare su questi punti farà sorgere naturalmente un grande entusiasmo. Facendo così non puoi sbagliare. In questo momento è fondamentale rilanciare nell’attività un nuovo entusiasmo. Quando ho iniziato a praticare ho deciso che era per sempre. Adesso voglio fare un passo ulteriore e mettere la realizzazione di kosen-rufu al primo posto.
STELLA: Torno al prossimo zadankai con un grandissimo entusiasmo. Desidero fare lo sforzo di andare incontro alle persone che sento più lontane da me. In stanza, per esempio, sono con la mia corresponsabile di gruppo con la quale ho avuto a volte problemi a relazionarmi. Ma, nell’arco di due giorni, è successo quello che non era successo in due anni, stiamo imparando a incontrarci dal punto di vista umano. Tutti desideriamo essere felici e l’effetto di questo desiderio per me è stato incontrare la pratica del Buddismo. Questo corso mi è servito tantissimo.
GIOVANNA: Ritornando a L’Aquila penso che avremo molte cose da fare. Dico avremo perché qui al corso siamo in sedici, una grande occasione per ripartire. Ho capito che dobbiamo creare una rete, che i responsabili si devono aiutare a vicenda. La “famosa” piramide, in realtà, è nella nostra testa. La responsabilità, invece, è un servizio. Attraverso questo servizio io conosco me stessa, vedo le mie sofferenze sperimentando l’attrito con gli altri.
La Legge è in tutti i fenomeni, quindi devo ringraziare per ogni cosa che accade, anche spiacevole, perché mi aiuta a migliorare, se riconosco in ogni avvenimento e persona la presenza della Legge. A casa non voglio sentirmi sopra né sotto, voglio stare spalla a spalla con gli altri e guardare insieme il maestro. Finché ci guardiamo l’un l’altro, tende a emergere il giudizio, come ha spiegato Saito. Invece dobbiamo guardare insieme il Gohonzon e il maestro. Sensei ha creato una rete in tutto il mondo. Anche Nichiren ha fatto così. Anch’io voglio essere così, come desidera il maestro.
CINZIA: Il mio desiderio è sentire il cuore del maestro, di sviluppare il suo stesso intento. Desidero creare nel gruppo dei legami di amicizia, perché se mettiamo questo desiderio davanti al Gohonzon, riusciamo ad abbattere tutte le barriere, compresa quella dell’antipatia. Io ho sempre avuto molta paura del giudizio degli altri. Adesso sento che con il Daimoku si può andare oltre. Con alcuni ci può essere affinità, con altri meno, ma l’obiettivo è accogliere tutti. Così mi collego al secondo obiettivo, che è quello di fare shakubuku e di crescere.
MARINA: Il mio desiderio è poter aiutare i membri del mio gruppo ad approfondire la loro fede con l’idea di vederlo crescere per accogliere persone nuove.
FRANCESCO: Tornato a casa penso all’esempio fatto da Nakajima: sono nel deserto e qui devo vincere. Fino a ora ho cercato di trasmettere agli altri la dottrina corretta, adesso invece voglio agire, utilizzare concretamente le cose che ho ascoltato qui. Prometto di passare all’azione e di cambiare il mio cuore. Prometto che quando ci rincontreremo, avrò vinto.