Vivo in un paesino della provincia di Cosenza. Quattro anni fa mia sorella, che già praticava da qualche mese, mi parlò di Buddismo. Senza fare troppe domande cominciai immediatamente a recitare un’ora di Daimoku al giorno. Accettai fin dal primo momento questa pratica perché la mia vita era stata sempre oppressa dalla sofferenza. In quel periodo avvertivo l’esigenza di risolvere i gravi problemi che avevano caratterizzato il mio matrimonio fin dall’inizio: ero sposata da molti anni con un uomo che aveva un carattere irascibile e aggressivo, gestiva la mia vita in tutto e per tutto, anche con comportamenti violenti rivolti prevalentemente contro di me ma, a volte, anche verso i miei figli. In questo rapporto mi sentivo annullata come donna, come madre e come essere umano. Nonostante tutto però, non trovavo la forza di venirne fuori perché, come per moltissime madri, la mia felicità veniva in secondo piano. Ora so che mi sbagliavo. Quando cominciai a recitare Nam-myoho-renge-kyo mi sentii rinascere, percepii subito un grande benessere, sensazioni che non avevo mai provato in vita mia. Ma la cosa più importante fu che cominciai a rendermi conto che anch’io avevo il diritto di essere felice e che la situazione che vivevo era di grande ingiustizia. Grazie al Daimoku trasformai la rabbia nei confronti di mio marito in compassione e nacque così il desiderio di condividere con lui questa pratica. Gli parlai di Buddismo e lo portai a una riunione: non mi ostacolò, ma, andando avanti, la mia vita cambiava e lui si rendeva conto di non potermi più gestire come aveva fatto fino a quel momento. Così divenne più aggressivo al punto che arrivò perfino a dire ai miei figli che questa pratica stava rovinando la nostra famiglia. Intanto le botte continuavano e io spesso partecipavo alle riunioni con il viso pieno di lividi. Fui costretta anche a denunciarlo ma lui continuava a essere violento anche perché sapeva che avevo paura ed era convinto che non avrei avuto il coraggio di uscire da quella situazione. Ma col Daimoku ho lavorato proprio su questo mio limite, cercando di incidere nel mio cuore la frase del Gosho Risposta a Kyo’o: «Ma solo la tua fede determinerà tutte queste cose. Una spada sarà inutile nelle mani di qualcuno che non si sforza di lottare. La potente spada del Sutra del Loto deve essere brandita da un coraggioso nella fede» (NR, 18, 348).
Grazie a questi sforzi e con tanta pazienza, sono riuscita a liberare la mia vita da quella gabbia ottenendo la separazione consensuale, inimmaginabile fino a quel momento. Adesso i miei rapporti con lui sono amichevoli. Quando lo incontro non provo più la paura che, per anni, mi ha sempre attanagliato. Le cose fra noi sono così cambiate che, quando ho avuto bisogno, mi ha anche dato una mano.
A causa del mio carattere debole e pauroso, non ero riuscita a creare un buon rapporto con i miei figli. Mio marito trasmetteva loro quello che pensava di me e non perdeva occasione per mettermeli contro. Per cui, quando finalmente decisi di separami, i miei rapporti con loro si interruppero. Il fatto che i miei figli, in particolare le femmine, non volessero avere più rapporti con me, è stato fonte di un dolore enorme. Così, lacerata da questa sofferenza, ho recitato Daimoku piangendo, incoraggiata dalla frase di una responsabile: «Recita Nam-myoho-renge-kyo “con cuore di mamma”». Dopo un po’ di tempo la figlia più piccola mi scrisse una lettera in cui esprimeva la sua ammirazione per me, per essere riuscita ad andare avanti da sola nonostante tutto. Un grande beneficio se si tiene conto che provengo da un ambiente chiuso e pieno di pregiudizi. Con la figlia maggiore però è stato più difficile. Il silenzio da parte sua è durato ben tre anni, durante i quali non mi sono mai arresa, continuando a pregare con la fiducia che prima o poi avrei recuperato il suo affetto. Quando un giorno seppi che sarebbe ritornata in paese per le vacanze, andai ad aspettarla alla stazione, fermamente convinta che lì e in quel momento avrei risolto il conflitto esistente tra noi. Quando mia figlia è scesa dal treno, io le ho sorriso, lei mi è venuta incontro e ci siamo abbracciate.
Adesso vivo con mio figlio con il quale ho un ottimo rapporto. Continuo a lottare con coraggio nonostante le difficoltà; ho la consapevolezza che la paura si può trasformare e che qualsiasi cosa accada posso farcela da sola. Mi ritengo molto fortunata per avere incontrato il Buddismo di Nichiren Daishonin e per questo, voglio esprimere la mia gratitudine a mia sorella che mi ha parlato degli insegnamenti del Daishonin, al mio maestro Ikeda e a tutti i compagni di fede.
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