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Il coraggio di agire con fede - DEV - Il Nuovo Rinascimento
Istituto Buddista Italiano Soka Gakkai

Buddismo per la pace, la cultura e l’educazione

6 dicembre 2025 Ore 17:39

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    Il coraggio di agire con fede

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    Ho settantotto anni e pratico il Buddismo da ventun’anni, da quando me ne hanno parlato mio figlio e mia moglie. Il mio cammino verso la vecchiaia, accompagnato dal Daimoku, è stato una scoperta meravigliosa: fin da subito ho trovato in questa religione una grande forza. A quasi sessant’anni è stato difficile imparare Gongyo e il ritmo nella recitazione ma, avanzando con fiducia, ce l’ho fatta.
    Nella nostra famiglia grazie al Buddismo abbiamo risolto vari problemi, riuscendo a trasformare la negatività e la sofferenza che ne scaturivano in preziose occasioni di miglioramento individuale. In pratica siamo tutti buddisti: io, mia moglie e i miei due figli; la recitazione del Daimoku di ognuno di noi contribuisce a creare armonia e serenità nella nostra famiglia.
    Ma parliamo di me. Nel maggio del 2003, una notte, improvvisamente, mi alzai per andare in bagno e urinai sangue che usciva sempre più copioso. Pensai di morire. Fui ricoverato in ospedale dove i medici evidenziarono delle formazioni tumorali al fegato, alla vescica e ai reni.
    La notizia scatenò paura e disperazione in tutti noi, ma, immediatamente, il mio pensiero andò alla forza di Nam-myoho-renge-kyo, forza che avrei attivato con la mia preghiera. Il Buddismo sostiene che tutti coloro che nei momenti cruciali decidono di usare la fede fino in fondo diventano felici. Avrei dovuto sviluppare tanto coraggio per intraprendere questa lotta. Io avevo un forte desiderio: non volevo morire in quel momento!
    «Un giorno di vita è molto più più prezioso di tutti i tesori dell’universo, quindi, prima di tutto, devi accumulare una fede sincera […] inoltre hai incontrato il Sutra del Loto. Se vivi anche un solo giorno di più puoi accumulare una fortuna ancora più grande. Quant’è preziosa la vita!» (Il prolungamento della vita, SND, 4, 90). Nichiren stava parlando proprio a me…
    Volevo trasformare la sofferenza in forza di lottare per guarire e vivere. Fondamentale era trovare i medici e le cure appropriate per sconfiggere la malattia. Il leone dentro di me doveva ruggire tenendo a mente l’incoraggiamento del Daishonin: «Quale malattia può quindi essere un ostacolo?» (Risposta a Kyo’o, SND, 4, 149). Recitavo più Daimoku che potevo. Fu deciso che mi sarei operato; ero fiducioso e riuscivo a provare gioia, i medici che mi seguivano erano incoraggianti e premurosi. Sentivo di aver vinto.
    Gli ultimi esami, precedenti l’intervento chirurgico, diagnosticarono l’assenza delle formazioni tumorali al fegato e al rene, confermando soltanto la presenza di circoscritti papillomi alla vescica, asportabili chirurgicamente. Fui molto contento. Sapevo che avevo una malattia da combattere, ma certo non in una forma aggressiva, come precedentemente diagnosticato. Affrontai l’intervento chirurgico recitando Daimoku, anche subito prima di entrare in sala operatoria. L’operazione riuscì bene.
    Adesso sono passati cinque anni e sono in salute. Sono felice di aver superato con coraggio la paura e la sofferenza della malattia e della morte. Ho vinto dando prova concreta del funzionamento della pratica di Nam-myoho-renge-kyo. Avendo, inoltre, scoperto che i papillomi vescicali sono stati generati dall’esposizione a sostanze cancerogene a cui sono stato sottoposto nell’ambiente di lavoro, sostenuto dalla mia famiglia, ho intrapreso una causa legale per rendere giustizia a me e a chi come me ne è stato vittima. Ogni giorno ringrazio il Gohonzon e, avendo tempo libero, recito molto Daimoku, per esprimere gratitudine.

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