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Come scambiare sassi con oro - DEV - Il Nuovo Rinascimento
Istituto Buddista Italiano Soka Gakkai

Buddismo per la pace, la cultura e l’educazione

6 dicembre 2025 Ore 15:41

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Come scambiare sassi con oro

Perché ho scelto Daisaku Ikeda come maestro? E come si è trasformata la mia vita in relazione a questa scelta? Cosa significa vivere cercando di approfondire ogni giorno questo legame? Questi gli interrogativi che hanno dato spunto a numerosi incontri di scambio che si sono svolti durante il Corso nazionale della Divisione donne, a Chianciano. Ne sono emerse una varietà e una ricchezza di esperienze davvero sorprendenti. Per consapevolezza e spirito di ricerca

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Perché ho scelto Daisaku Ikeda come maestro? E come si è trasformata la mia vita in relazione a questa scelta? Cosa significa vivere cercando di approfondire ogni giorno questo legame? Questi gli interrogativi che hanno dato spunto a numerosi incontri di scambio che si sono svolti durante il Corso nazionale della Divisione donne, a Chianciano. Ne sono emerse una varietà e una ricchezza di esperienze davvero sorprendenti. Per consapevolezza e spirito di ricerca

«Io lo scelgo e lo riscelgo ogni volta – dice STEFANIA – e il mio obiettivo è rafforzare questo legame, perché so che da questo dipende la possibilità di diventare felice, di vincere sulla paura, che è il mio lato oscuro».
LAURA pratica da dodici anni e nel ’99 ha iniziato a soffrire di attacchi di panico: «Improvvisamente non potevo più uscire, né viaggiare… Ho iniziato a cercare il maestro perché in questa battaglia ero terribilmente sola. Ho recitato Daimoku per sentire questa relazione, e la mia vita ha iniziato a cambiare. Ho immaginato sensei che lottava al mio fianco. Allora è uscita fuori la voglia di vincere, il coraggio di affrontare le situazioni. Ho capito che non riuscivo a fiorire perché non davo valore alla mia vita. Così sono riuscita a chiudere una relazione negativa che durava da dieci anni. Poi, nel 2007, proprio alla riunione donne dove ci è stato donato il poema che sensei ci ha dedicato… ho sentito raccontare delle esperienze di abuso. Allora è emersa la mia esperienza sommersa. Ho pianto per ore. Poi ho fatto pace con tutto questo. È stato come riappropriarmi di una parte di me stessa. Finalmente ho sentito il mio valore. Quel valore di cui mi parla sensei quando mi incoraggia a fiorire proprio così come sono».
«Ho iniziato a praticare a sedici anni – racconta DONATELLA – e cercavo di mettere in pratica le sue parole, anche se allora della relazione fra maestro e discepolo si parlava poco. È stato solo anni dopo, incontrando una grande difficoltà nell’attività, che mi sono trovata a recitare Daimoku per avere lo stesso cuore del maestro. Ero disperata. Improvvisamente ho capito che l’armonia in quella situazione dipendeva soltanto da me. È stata un’esperienza strepitosa. Così ho iniziato a sentire davvero Ikeda come maestro. Gli ho scritto una lettera e da quel giorno ho continuato a scrivergli: gli racconto le esperienze che faccio. È così che ho iniziato a crescere davvero nella fede, come persona, come carattere. Riesco ad affrontare le difficoltà perché sento che di lui mi posso assolutamente fidare. Sento che le sue parole sono dirette proprio a me, e più questo legame si rafforza, più sento il desiderio di portare avanti kosen-rufu, a prescindere dalle difficoltà. Io so che le sue parole sono vere, perché la mia vita si è totalmente trasformata. Ora recito per poter essere una vera discepola… Non è facile perché devo affrontare i miei limiti, ma sento che sto avanzando insieme a lui».
SIMONA: «Quando ho incontrato il presidente Ikeda, a Firenze, tutto il dolore che c’era dentro la mia vita è come esploso. Poi tempo dopo, nelle notti trascorse al capezzale di mio fratello gravemente malato, sentivo di praticare con sensei al mio fianco. Ho determinato che guarisse per incoraggiare chi soffriva della stessa malattia. Ho pregato come Nichiren quando si rivolge a Hachiman: “ma non avevi promesso di proteggere il devoto del Sutra del Loto?!”… Dopo una settimana mio fratello ha iniziato a migliorare. Ha superato quel momento di crisi tremenda. Poi è arrivato quel medicinale dagli Stati Uniti… e ha potuto prolungare la sua vita di undici anni!».
«Io ho scelto Daisaku Ikeda perché mi dice di amare e rispettare la mia vita così com’è – interviene SILVIA. Per me volermi bene non è affatto scontato. Faccio l’infermiera in terapia intensiva, lotto ogni giorno per strappare le persone alla sofferenza della morte. Devo cercare dentro di me quella fiducia assoluta nella Buddità che sensei mi trasmette. Adesso voglio utilizzare ogni situazione per tirare fuori la mia Buddità. Ho smesso di puntare il dito sull’esterno. Non voglio più cambiare gli altri, voglio migliorare io… è come iniziata la seconda fase della mia vita».
La relazione con il maestro non è un di più, o un aspetto secondario della nostra pratica buddista: è la chiave fondamentale che ci permette di realizzare fino in fondo le nostre vite. Può sembrare un paradosso, ma solo stabilendo un legame forte e diretto con il maestro possiamo sviluppare una fede veramente indipendente.
Lo sforzo cosciente di sentire il cuore del maestro, recitando Daimoku per questo, ha il potere di spalancare le nostre vite a una dimensione incomparabilmente più vasta, che trabocca di felicità, buona fortuna e benefici. È come scambiare sassi con oro…
Tutto inizia dalla promessa del discepolo: quando ci alziamo decisi a lottare in prima persona per realizzare il sogno del maestro, allora – e solo allora – tutto il coraggio, l’energia vitale e la saggezza necessari iniziano a sgorgare naturalmente dalle nostre vite…

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Con Parole mie / Dove nasce “l’impossibile”

Ricordare oggi l’incredibile attività per il 16 marzo 2008 è ripercorrere il ricordo di un viaggio indimenticabile che ha legato tante vite insieme in un’incredibile avventura. Questo coincide anche con un mio percorso interiore: la lotta contro l’oscurità, il dominio sulla mia parte emotiva, sulla fiducia nelle relazioni con gli altri e sulla capacità di vivere i miei sentimenti.
Buttarmi in un’attività senza riserve mi è sempre stato difficile, perché la mia insicurezza, la paura di sbagliare, i miei demoni interiori facevano sì che non dessi mai tutta me stessa facendomi chiudere al sorgere dell’emotività per le mie paure inconsce, che alla fine mi procuravano un forte senso di inadeguatezza che l’ambiente mi restituiva sotto forma di sfiducia.
Il desiderio profondo che i giovani vincessero e le mie compagne del gruppo Corallo con la loro fiducia, mi hanno dato la forza di non mollare quando le paure si presentavano. La prima grossa occasione è stata quando sono venuti a Milano i responsabili europei a organizzare l’evento del 16 marzo e poi a dicembre la Consulta nazionale. Per l’occasione, determinate a trasmettere lo stesso cuore di sensei, riusciamo a organizzare una cucina al Centro culturale e accogliamo i nostri ospiti con calore, nonostante le difficoltà. Creiamo lo staff degli alloggi: conoscendo la generosità delle donne sono convinta che avere case disponibili non sia un problema, subito si crea un terreno fertile e le responsabili di territorio donne si fanno in quattro per cercare case. La Lombardia riesce in neanche un mese a trovare quasi cinquecento posti letto. Questo risultato, questa fiducia che ho nell’ambiente che risponde con sincerità, sblocca la sfiducia in me stessa e mi spinge a guardarmi dentro in modo diverso.
Intorno a Natale il desiderio di una donna fa partire la preparazione dei regalini. Avevamo trovato le case e chi alloggiava, avremmo trovato anche la stoffa e chi cuciva! L’adesione fu strepitosa, furono coinvolte circa trecentotrenta donne che hanno cucito in tutta la Lombardia seimilatrecento tra borsette, cappellini, nastri per capelli, segnalibri, con un entusiasmo e una generosità commoventi. Una frase di Daisaku Ikeda ha guidato questa attività: «La relazione tra maestro e discepolo può essere paragonata a quella tra l’ago e il filo. Nel cucire l’ago guida il filo attraverso la stoffa, ma alla fine non è necessario ed è il filo che resta per tener salde le cuciture. Io sono l’ago. Voi siete coloro che rimarranno sul palcoscenico di kosen-rufu dopo che io non ci sarò più» (NRU, 9, 115).
La preparazione e il sostegno alla riunione del 16 marzo mi ha fatto approfondire il legame col maestro, aiutandomi a sentire in maniera molto più concreta l’importanza della lotta per kosen-rufu. La voglia di voler vedere i miei giovani amici vincere, mi dava la sensazione di essere fisicamente con sensei.
A febbraio accogliamo circa centotrenta byakuren e soka-han (gruppi di protezione) da tutta Italia e ospitiamo a pranzo circa trecento persone. Per le Corallo è la prova del fuoco del 16 marzo. Quel giorno va tutto bene, quindi facciamo un progetto di sostegno degli staff fino al giorno dell’evento. Il Centro culturale non è ancora attrezzato; troviamo una piccola casa dove poter cucinare. Eppure quando arriviamo nei giorni fatidici tutto quello che avevamo fatto e programmato, comprese le persone disponibili, sembra non bastare più: anche fisicamente non abbiamo più energia. E il tempo incalza… In quel momento magico, là dove non arriva il possibile umano arriva l’impossibile del cuore. Ognuno di noi apre il proprio animo e va, fa quello che deve, quello che occorre senza chiedersi «posso permettermelo o no». In quella cucina lavoriamo anche dodici ore senza quasi sederci. La spesa non basta e la schiena è a pezzi, continuiamo a comprare e a cucinare, ma col Gohonzon sempre aperto e in quel momento, che è proprio “l’undicesimo giorno”, esplode tutta la regione: tutti in Lombardia cucinano per i membri europei, tutti offrono qualcosa. Continua ad arrivare gente che vuole offrire e fare attività. Non mi sono mai divertita tanto come in quei momenti di stanchezza infinita.
Arriva la mattina della riunione europea: quando mi siedo in mezzo a questi giovani e vengo travolta dai colori, sono proprio felice e a mio agio; sono andata fino in fondo con le donne in questa attività, abbiamo condiviso la stessa esperienza. Sensei è lì, è in quella gioia che trasmetteremo agli altri, all’ambiente, a quelli che verranno fino al centesimo anniversario del 16 marzo e vita dopo vita anche fino al miliardesimo. In mezzo a questi colori, a questa gioia, alle note del coro, alle onde dello spettacolo, rivedo un vecchio compagno di fede che da un po’ non incontravo: il mio cuore improvvisamente batte forte e provo un’emozione fortissima. L’attività in cucina ha sciolto un gelo, mi ha tolto un blocco emotivo nato probabilmente nella mia infanzia. I sentimenti non sono più un’idea, una forma mentale, ma sensazioni vere. Ed ecco che cosa ho ricucito: la fiducia negli altri e la fiducia in me stessa che mi permette di vivere appieno le sensazioni. Non mi ricordo da quanto tempo il cuore non mi batteva più così forte di fronte a un uomo. Mi accorgo ora di quanto abbia sempre razionalizzato i miei sentimenti, trovandomi storie “corrette”, ma perdendo la passione. Certo per difendermi da una vita veramente difficile, forse è lo spirito di sopravvivenza che mi ha reso così. Ma sta di fatto che in questo momento, nel qui e ora, io ci sono al cento per cento. Questo essere veramente viva in ogni aspetto è il cambiamento che mi ha regalato il 16 marzo.
Oggi stiamo praticando perché questo calore dentro e fuori diventi esperienza costante del kosen-rufu nell’ambiente e insieme alle mie compagne Corallo e a tutte le donne lombarde andiamo incontro al nuovo futuro Centro di Corsico determinate a far trionfare i sogni del maestro. Non voglio più scappare: la fiducia è sana e ti fa scoprire tanti shoten zenjin (forze protettive) e li attiva. La frase di Gosho che ci ha sostenuto, come una promessa fatta al maestro, è tratta da Il tamburo alla Porta del Tuono: «Vedere il viso non è importante, è il cuore quello che conta». Un grazie a tutte le donne che hanno fatto questa attività, ai giovani stupendi, agli uomini che sono stati mitici nella spesa, a chi si è occupato dei trasporti. Grazie a sensei per l’incredibile occasione e grazie al Gohonzon unico vero “protagonista” di questa attività.
Alessandra Ceccarelli

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