1969, isola giapponese di Okinawa, sede di un’importante base militare americana nel Pacifico, punto di partenza per tanti giovani militari verso l’inferno del Vietnam. È in questo tormentato periodo storico che si sviluppa questa storia, raccontata da Daisaku Ikeda nel tredicesimo volume della Nuova rivoluzione umana. Una coppia di sposi con problemi comuni a tanta gente di quell’epoca: lui aggressivo a causa dell’alcol, lei che inizia a praticare il Buddismo, nonostante l’opposizione del coniuge, anche per risolvere il problema delle sue frequenti sbronze. Il risultato degli sforzi di questa donna coraggiosa non si fa attendere: il marito non solo cambia atteggiamento nei confronti delle sue convinzioni religiose, ma sostiene anche l’attività buddista di Sumiyo. Una trasformazione incredibile. Grazie alla fortuna accumulata, Masanori scampa a un incidente aereo. Il settore della coppia si arricchisce di numerosi praticanti americani, per lo più militari, molti dei quali affronteranno la dura esperienza della guerra in Vietnam col sostegno della pratica buddista. Saranno loro a far conoscere il Buddismo a tanti altri loro commilitoni che, una volta lasciata Okinawa, cominceranno a spargere per tutto il mondo il seme di kosen-rufu.
La nuova rivoluzione umana, vol. 13, pagg. 274-282
di Daisaku Ikeda
Masanori Fujimine era nato nel 1931 a Toronto, in Canada. Dopo la Seconda guerra mondiale, la famiglia era tornata in Giappone, ma Fujimine parlava meglio l’inglese del giapponese. Alla fine trovò lavoro in una ditta commerciale straniera. In seguito si sposò con Sumiyo e nel 1959 fu mandato dalla sua ditta a Okinawa per vendere bevande alcoliche ai militari americani.
A Fujimine piaceva molto vendere liquori, ma gli piaceva ancora di più berli. Quando beveva, però, spesso diventava aggressivo e violento.
Sumiyo divenne membro della Soka Gakkai nel febbraio del 1964. La sua decisione maturò dopo tre anni […]. Ma quando ne parlò al marito, questi si oppose con forza. […]
Avendo partecipato alle riunioni della Soka Gakkai per tre anni, Sumiyo aveva sentito parlare moltissime volte dell’apparizione dei tre ostacoli e dei quattro demoni quando si decide di prendere fede. Perciò, l’opposizione del marito non fece altro che aumentare la sua convinzione. Si ricordò anche che era stato detto innumerevoli volte che il solo modo per superare questi ostacoli era recitare Daimoku. Perciò, quando Masanori era fuori casa, Sumiyo recitava Daimoku sinceramente. Dopo un mese, lo affrontò di nuovo […] e ricevette così il consenso del marito, per quanto dato malvolentieri. Poté quindi diventare un membro, ma non poté ricevere il Gohonzon, non solo perché il marito non era ben disposto ma anche perché c’era la possibilità che quando si ubriacava potesse danneggiarlo.
Masanori, le chiese dunque: […] «Allora, dov’è questo Gohonzon di cui parlavi tanto?».
«I membri non possono ricevere il Gohonzon a meno che non abbiano il pieno sostegno dei loro famigliari» gli rispose Sumiyo.
Masanori si infastidì all’idea che per colpa sua alla moglie fosse stato mancato di riguardo e poco tempo dopo l’accompagnò al tempio, dove finalmente le fu consegnato il Gohonzon […].
Continuando a recitare, Sumiyo cominciò a pensare ai sentimenti di suo marito: «Le sbronze di Masanori per me sono un problema, ma sicuramente sono anche il segno che qualcosa lo fa soffrire al punto da spingerlo a bere. So che per natura è un uomo gentile, ma quando beve talvolta diventa violento e offensivo. Questo è il segno di quanto sia infelice e di quanto debba sentirsi solo. Tuttavia fino a ora non ho mai cercato realmente di capire i suoi sentimenti».
Avendo compreso tutto questo, provò una profonda simpatia per suo marito e si sentì dispiaciuta per non essere stata più comprensiva in passato.
Da allora in poi, quando Masanori tornava a casa ubriaco Sumiyo non si arrabbiava più né si lasciava intimorire, aveva soltanto il desiderio di prendersi cura di lui. Di conseguenza, anche l’atteggiamento di Masanori cambiò.
La vita e l’ambiente sono una cosa sola. Quando la realtà interiore di Sumiyo cambiò, la sua condizione vitale cambiò, e in risposta anche il comportamento di suo marito. […] Vedere sua moglie così piena di energia e gioia colpì profondamente Masanori che alla fine decise di provare a praticare anche lui.
[…] Sumiyo continuò a sforzarsi di parlare agli altri della grandezza del Buddismo e convertì sua suocera, sua madre, che viveva a Tokyo, sua sorella e suo fratello. Anche Masanori sperimentò i benefici della pratica buddista. Alla fine smise di bere e di comportarsi violentemente.
Nel febbraio 1965, Masanori e Sumiyo furono nominati responsabili di gruppo. […] Nel marzo del 1966, il gruppo divenne un settore composto principalmente dai membri americani e dalle loro famiglie e i Fujimine ne furono nominati responsabili […]. I Fujimine percorrevano tutta Okinawa facendo visita ai membri americani sparsi per l’isola per incoraggiarli. Il loro era un compito estremamente impegnativo, ma la gioia di dedicare la vita alla loro missione li rinvigoriva.
La mattina del 7 febbraio 1968, a casa Fujimine il telefono squillò con insistenza. Masanori era fuori per un viaggio di lavoro nel sud-est asiatico. Quando Sumiyo alzò il ricevitore, all’altro capo del filo udì la voce di un funzionario della ditta per cui lavorava il marito.
«La notte scorsa – disse la voce al telefono – l’aereo da Hong Kong a Taiwan sul quale viaggiava suo marito è precipitato alla periferia di Taipei».
«Che cosa?!» gridò Sumiyo sentendosi mancare.
«Ma suo marito è salvo» continuò il suo interlocutore.
[…] Dopo aver riattaccato il ricevitore, Sumiyo si inginocchiò davanti al suo altare buddista e cominciò a recitare Daimoku ringraziando il Gohonzon.
Finalmente, verso mezzogiorno arrivò la telefonata di Masanori. […] Era pienamente consapevole che il fatto che suo marito fosse sopravvissuto era senza il minimo dubbio un beneficio della fede. Anche Masanori provava un profondo senso di gratitudine.
L’aereo su cui viaggiava aveva cercato di atterrare all’aeroporto di Taipei verso le 21 in condizioni atmosferiche avverse che causarono una discesa troppo rapida. Di conseguenza l’impatto col terreno avvenne diversi chilometri prima della pista di atterraggio e l’aereo si schiantò contro le case e gli altri edifici adiacenti.
[…] Quando Masanori aprì gli occhi, l’aereo si era fermato, ma per l’impatto si era spezzato a metà proprio davanti a lui, e la pioggia e il vento entravano dentro la fusoliera. Benché fosse ancora stordito, Masanori poteva muoversi e non sentiva alcun dolore. Il passeggero seduto accanto a lui, che durante il volo gli si era presentato dicendo di essere un ex pilota di aerei, disse che dovevano allontanarsi immediatamente o sarebbero morti e si alzò saltando fuori dall’aereo.
Anche Masanori si alzò. Guardò in basso. Era buio e non riusciva a vedere bene, ma sembrava che fossero a diversi metri da terra. Se saltava, probabilmente si sarebbe ferito, ma questo era preferibile alla morte. Si ritrovò a recitare Daimoku, e poi saltò. I bagagli trasportati dall’aereo si erano sparpagliati sul terreno e frenarono la sua caduta. Rimase illeso.
Quando si rialzò, si sentiva stordito e vacillante, ma ciò nonostante cominciò a correre lontano dall’aereo più in fretta che poteva.
Quando Masanori si fermò e si voltò per guardarsi indietro, l’aereo si era trasformato in una palla di fuoco. La prima cosa che pensò fu che era scampato alla morte per un pelo. In quel momento fu assalito da un’ondata di paura e cominciò a tremare; incapace di proseguire oltre, crollò a terra.
[…] Masanori prese una decisione: «Sarei potuto morire. Il Gohonzon ha prolungato la mia vita. Perciò fin quando avrò respiro, mi dedicherò a kosen-rufu».