Dopo oltre quindici anni dalla prima edizione in lingua italiana, un volume unico raccoglie la revisione degli scritti del Daishonin pubblicati finora in otto tomi. Un lavoro attento e puntuale che ha richiesto un grosso impegno
Chi iniziò a praticare il Buddismo alla fine degli anni Settanta trovò un’ottima motivazione per lo studio della lingua inglese nell’esigenza di conoscere e approfondire la nuova filosofia abbracciata: il materiale disponibile era esclusivamente in giapponese o in inglese! Fu così che Seikyo Times, la rivista di studio americana, divenne il punto di riferimento degli italiani. Con la nascita delle nostre riviste Nuovo Rinascimento (1982) e Duemilauno (1986), cominciò la pubblicazione anche in lingua italiana di alcuni Gosho. Così, quando agli inizi degli anni Novanta una tipografia partorì il primo libro con la copertina blu dal titolo Gli scritti di Nichiren Daishonin, fu un momento di grande orgoglio per i membri della Soka Gakkai italiana.
Quell’edizione fu curata dalla scomparsa Amalia Miglionico, l’unica italiana che avesse le competenze per un lavoro di questo tipo. Dadina, questo il nome con cui era conosciuta, coordinava un gruppo di traduttori dalla lingua inglese che attingevano appunto ai singoli volumi dei Major Writings acquistati nelle sedi europee o a Tokyo. Lei rivedeva pazientemente le traduzioni ricontrollandole, qualora ce ne fosse bisogno, col testo originale giapponese per verificarne l’esattezza dottrinale.
Il passo successivo avvenne nel 1999, quando la Soka Gakkai Internazionale pubblicò la nuova edizione in lingua inglese che raccoglieva circa metà degli scritti e trattati del Daishonin per un totale di centosettantadue opere. Le innovazioni presentate in questo lavoro non erano solo di tipo stilistico (ad esempio la scelta di tradurre tutti i nomi propri e i princìpi in lingua inglese, pensate al Budda Taho tradotto oggi come Molti Tesori o al principio itai doshin ovvero “diversi corpi, stessa mente”) ma anche interpretative. Da qui la decisione di rivedere anche la traduzione italiana dell’intera opera degli Scritti di Nichiren Daishonin.
La prima novità che salta agli occhi è la possibilità di percorrere l’evoluzione della dottrina del fondatore attraverso l’ordine cronologico in cui vengono presentati i centosettadue scritti, fra i quali per la prima volta appare in libro anche il trattato Sui quattro stadi della fede e i cinque stadi della pratica.
I curatori dell’edizione italiana non si sono limitati alla comparazione della vecchia edizione con quella nuova inglese, ma nel caso di discordanze significative hanno confrontato il testo con il Gosho Zenshu (raccolta dei Gosho in lingua giapponese) per rendere nella maniera più esaustiva possibile l’opera di Nichiren. Inoltre, per non perdere sfumature di significato, ma allo stesso tempo non appensatire eccessivamente il testo, è stato deciso di fare un ampio uso delle note che si avvalgono anche del patrimonio dei Commentari della Soka Gakkai e del confronto diretto con il testo giapponese.
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Il futuro è nelle mani dei giovani
Nella sua ultima proposta di pace, redatta lo scorso gennaio e pubblicata in Buddismo e società n. 128, Daisaku Ikeda sollecita un impegno internazionale sul disarmo nucleare, la smilitarizzazione, l’eliminazione della povertà e della fame, la necessità di favorire lo sviluppo delle potenzialità dei giovani e la tutela ambientale. Pubblichiamo un estratto dell’intervista realizzata da Thalif Deen, responsabile dell’InterPress Service dell’ONU.
IPS: Sebbene la Guerra Fredda sia terminata da vent’anni, il mondo è ancora alle prese con un numero sempre crescente di conflitti. Perché la comunità internazionale e, in particolare le Nazioni Unite, non sono riuscite ad assicurare una pace duratura nel mondo?
IKEDA: Certamente le Nazioni Unite hanno dei limiti evidenti, ma resta il fatto che questo organismo rappresenta oggi l’unica tribuna aperta al dialogo sui diritti umani. Ecco perché ho sempre insistito, nelle mie proposte di pace, affinché l’ONU fosse al centro degli sforzi per costruire un mondo di pace. Da parte mia ho cercato di contribuire a creare un ambiente più stabile per l’ONU, esortando i vari leader del mondo che ho incontrato a offrire il loro sostegno alle Nazioni Unite. I membri della SGI hanno cooperato con vari dipartimenti delle Nazioni Unite e altre associazioni non governative per sensibilizzare la consapevolezza sulle questioni del disarmo e dell’ambiente, promuovendo un’etica della cittadinanza globale. La nostra posizione non è quella di semplici spettatori che osservano i successi o i fallimenti dell’ONU, ma cerchiamo di concentrare i nostri sforzi per sviluppare un profondo senso di responsabilità. Allora, la domanda da porsi è: «Che cosa possiamo o dovremmo fare per mettere effettivamente l’ONU in condizioni di operare?».
IPS: Quanta fiducia ripone nella possibilità che alcuni o molti degli obiettivi che ha scritto nelle sue proposte di pace possano essere realizzati nella prossima decade o da questa generazione?
IKEDA: Josei Toda sosteneva di impegnarsi con tutte le sue forze per eliminare la parola “miseria” dal lessico umano. Ci sono centinaia di milioni di persone al mondo che soffrono per le guerre, per la povertà e la fame o per la distruzione ambientale. Le mie proposte si fondano sul desiderio di dare a quelle persone gli strumenti per superare la sofferenza nelle loro vite. Non sono né un politico né uno specialista di politica e le mie proposte di pace presentano di certo delle mancanze, tuttavia continuo a scriverle e a pubblicarle come privato cittadino, nella speranza che possano aiutare ad approfondire il dibattito critico sulle questioni più cocenti, e che siano di aiuto per individuare una strada possibile. Nutro una profonda fiducia nelle potenzialità dei giovani e credo non vi sia nulla che i giovani non possano fare e nessuna realtà che essi non possano cambiare. Quando scrivo queste proposte di pace, la mia più grande speranza è diretta a piantare nei cuori dei giovani i “semi del cambiamento”.
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La via per kosen-rufu in Abruzzo
TERAMO – Nella splendida cornice del Palazzo della Provincia, il 27 marzo il direttore generale Tamotsu Nakajima ha portato i ringraziamenti ai membri teramani a seguito dell’intitolazione di una via a Josei Toda, secondo presidente della Soka Gakkai, notizia pubblicata anche sul Seikyo Shimbun del 16 marzo.
Nakajima ha incoraggiato le oltre cento persone presenti, incentrando il suo discorso sul significato più profondo dell’essere buddisti nella realtà quotidiana. In un’epoca terribile, caratterizzata da tanti contrasti, dobbiamo sviluppare una tendenza esattamente opposta al conflitto; in tale luce il dialogo diventa lo strumento irrinunciabile per creare armonia e apprezzare le differenze. Rispettando ogni singolo individuo, come un Budda, possiamo eliminare i residui del pregiudizio e lodare ogni persona per gli sforzi che questa compie. In quest’ottica, lo studio è uno strumento per combattere la propria arroganza: “affezionarsi” al Gosho, cercando di metterlo in pratica, consente di sviluppare una grande umiltà e di comprendere se stiamo praticando come veri discepoli di Nichiren.
Infine Nakajima, dopo aver ribadito la rilevanza dell’attimo presente e della decisione profonda, come elementi in grado di cambiare la qualità della pratica individuale, ha affettuosamente invitato tutti a curare la propria salute e a evitare gli incidenti, anche quelli che in apparenza non dipendono da noi!
La riunione si è conclusa con la speranza nel cuore che la strada dedicata a Josei Toda possa spianare la via per kosen-rufu a Teramo e in tutto l’Abruzzo.
Stefano Ferrante
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Canzoni di libertà: una rivoluzione musicale
Alcuni artisti della Divisione giovani statunitense, si sono ritrovati per collaborare a un progetto musicale intitolato Human Revolution: songs of freedom Mix Tape: un album, composto da diciotto canzoni, liberamente scaricabile dal sito www.sgimedia.net.
I brani, che spaziano dal rap al pop, passando per soul e jazz, sono stati composti per veicolare un messaggio di pace e speranza.
«Molti movimenti non violenti – afferma Nathan Gauer, responsabile nazionale della Divisione giovani uomini – si sono basati sulla musica per incoraggiare e ispirare le persone al cambiamento. La nostra speranza è che queste canzoni riescano a giocare lo stesso ruolo, incoraggiando i giovani in tutto il mondo a unirsi verso la realizzazione di kosen-rufu». Flora McGill, musicista di Seattle, afferma che la sua canzone City child è stata ispirata dalla propria esperienza di crescita: «Sono state le guide del presidente Ikeda a permettermi di continuare a nutrire speranza. Inoltre – continua Flora – uno dei miei più grandi obiettivi, come musicista ma anche come bodhisattva, è quello di aiutare i giovani a rendersi conto del fatto che possono davvero realizzare i loro sogni».
Il progetto Human Revolution è quindi basato sullo spirito di ispirare le giovani generazioni a guardare verso il futuro con fiducia e speranza: Keep rising up come afferma uno dei brani, ovvero “continua a svilupparti”.
tratto da World Tribune
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Ragazza dell’84, mamma del 2008
La mia partecipazione alla mega riunione di Milano dei giovani è un meraviglioso regalo dei miei figli. Emanuele, diciassettenne, è membro dal 2007 e poiché Annalisa, tredicenne, contagiata dall’entusiasmo del fratello pratica dallo scorso novembre, era richiesta la presenza di un accompagnatore adulto. Il 16 marzo mi sono ritrovata su un pullman pieno di giovani, direzione Milano. L’entusiasmo era a mille! Mi sentivo un po’ fuori posto ma quando al Datch Forum il coro ha intonato March Toward the 21st Century (“Shoulder to shoulder…”) è stato come se un cerchio si chiudesse, dopo ventiquattro anni le parole della canzone mi tornavano alla mente! Mentre cantavo, mia figlia era accanto a me e mio figlio era insieme agli artisti. Una grande emozione e la consapevolezza di aver passato il testimone.
Roberta Poggi