Il 16 novembre prossimo si terrano gli esami del Dipartimento di studio per chi li affronta per la prima volta. Oltre al programma, anche qualche spunto di riflessione per capirne meglio il significato
Ma allora è vero che «gli esami non finiscono mai», come diceva Eduardo de Filippo? Per quello che riguarda il nostro Istituto la risposta è assolutamente positiva. Il mese di novembre, infatti, vedrà nuovamente i fedeli chiamati a sfidarsi su argomenti di studio del Buddismo di Nichiren Daishonin. Come tutti gli anni, ci troviamo davanti alla domanda che ci viene invece rivolta dai fedeli: «Perché fare gli esami?».
Le radici di questa risposta si trovano proprio nell’argomento degli esami, cioè nel Gosho, gli scritti del Daishonin inviati ai suoi discepoli per incoraggiarli, come ci mostra il presidente Ikeda in un suo recente saggio: «Nichiren Daishonin esorta: “Impegnati nelle due vie della pratica e dello studio. Senza pratica e studio, non può esservi Buddismo”. Nikko Shonin, suo successore e discepolo diretto, ci lasciò questo ammonimento: “I seguaci di questa scuola dovrebbero incidere nella loro vita gli insegnamenti del Gosho, ereditando così i princìpi fondamentali esposti dal nostro maestro [Nichiren Daishonin]” (GZ, 1618; Articolo 11 dei Ventisei ammonimenti di Nikko)» (NR, 394, 5).
Il movimento di studio della Soka Gakkai si basa proprio su questa affermazione e solo se studiamo in questo modo otterremo la felicità assoluta. Lo studio possiede anche la funzione di forza motrice della nostra lotta spirituale, e rafforza l’affermazione dei princìpi filosofici di giustizia e pace per farne le colonne portanti nella società attuale.
Da ciò che abbiamo appena letto è evidente che l’importanza dello studio nel Buddismo del Daishonin non è secondaria, ma anzi fondamentale per ereditare lo spirito del suo fondatore. Nikko Shonin ne sottolinea l’importanza menzionando che facciamo parte di una “scuola” di Buddismo e quindi lo studio ne è l’ovvia ossatura, anche se si tratta di studiare per diventare felici.
Anche la storia della Soka Gakkai, che è l’unica a mantenere vivi e a portare avanti oggi gli ideali del Daishonin, nasce da due educatori, Toda e Makiguchi, che individuando nell’educazione il punto chiave per il cambiamento verso una società pacifica, decisero di fondare quella che allora chiamarono Soka Kyoiku Gakkai o Società educativa per la creazione di valore.
È vero che il motivo per cui la maggior parte di noi ha cominciato a praticare il Buddismo non è per rispolverare i fasti o le delusioni del nostro periodo scolastico, né tantomeno quello di esporci al giudizio o al voto di qualcuno, però è anche vero che per la maggior parte di noi persone comuni, senza uno stimolo che ci spinga ad approfondire ciò che facciamo, la nostra pratica, e quindi la nostra vita, rischia di diventare come una interminabile passeggiata senza meta, dove prima o poi ci troviamo stanchi e disinteressati in un posto in cui non avevamo deciso di arrivare.
È per questo che, con quel piccolo stimolo che deriva dal trovarci a studiare per raccontare a noi stessi e agli altri cosa stiamo facendo e a scriverlo su quel foglio bianco che ci guarda dal tavolo, possiamo attivare quello spirito di ricerca e di approfondimento che a volte è sopito dalle nostre difficoltà quotidiane e ritrovare nella ricchezza degli incoraggiamenti del Daishonin la scintilla per far fare una grande svolta alla nostra vita. Lo scopo degli esami non è quindi l’aumento della erudizione buddista, per far di noi dei “saputelli” che ammoniscono gli altri, ma un modo di sfidarci assieme agli altri per scoprire se quello che stiamo facendo è proprio in grado di far emergere la meravigliosa condizione del Budda che esiste dentro la nostra vita. E cosa dire a chi, nonostante tutto questo, in fondo ha paura di sostenere l’esame perché sotto sotto gli scoccia pensare di vedersi “bocciato”? Incoraggiamolo con queste parole: «Ma dài, partecipa, che per fortuna anche da noi gli esami non finiscono mai!».
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Il Programma
Brani scelti, con le spiegazioni di Daisaku Ikeda, dei Gosho:
Il tamburo alla Porta del tuono
Il prolungamento della vita
Argomenti:
Il principio dell’offerta
Le basi della fede: il Daimoku, il Gohonzon, shakubuku
La visione buddista della vita
Il concetto di karma e la sua trasformazione
La relazione tra maestro e discepolo e itai doshin (unità)
La storia del Buddismo secondo la tradizione del Sutra del Loto
Chi intende sostenere l’esame dovrà effettuare una pre-iscrizione riguardo alla quale comunicheremo i dettagli sul prossimo numero.
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Con parole mie / Studiare la vita
“Il prossimo anno si terranno gli esami…” Stavolta tocca a me. Quanti anni sono passati dall’ultimo esame, quello del terzo livello? Chi se lo ricorda più? Il Buddismo ho continuato a studiarlo, ma uno studio quotidiano, come il Gongyo e il Daimoku… l’ho un po’ trascurato. Però c’è tempo, il programma non è poi così vasto: le sette lezioni sul Gosho Il raggiungimento della Buddità in questa esistenza e tre (solo tre? beh, allora…) su L’apertura degli occhi. C’è tempo.
“C’è tempo”, continuo a pensare due mesi dopo, poi quattro, poi sei. Alla fine decido che è il momento di aprire questo benedetto materiale per l’esame (perfino le lezioni del presidente Ikeda, così incoraggianti in condizioni normali, con l’avvicinarsi della scadenza possono diventare “questo benedetto materiale per l’esame”). La ragione e il calendario mi rassicurano: dieci capitoli, uno al giorno, dieci giorni per una prima lettura, un’idea generale, dall’undicesimo giorno ricomincio da capo, soffermandomi, sottolineando, prendendo appunti… proprio come per un esame, insomma!
Ma dal terzo o quarto giorno… spesso sono stanco, gli occhi si chiudono sul libro, li riapro, rileggo, si richiudono, li riapro, rileggo per scoprire di non aver capito niente di quello che avevo letto. Andiamo bene! Avevo sottovalutato anche un altro elemento: a cinquant’anni le cose non rimangono più così impresse come a venti… vuoi vedere che sono invecchiato? Certo che sei invecchiato, imbecille! Nascita, vecchiaia, malattia, morte: quattro sofferenze alle quali, dice il Budda, nessun essere può sottrarsi… già, ma Shakyamuni mica doveva fare gli esami di Buddismo; che faceva, si interrogava da solo? Altrimenti è sicuro che le sofferenze sarebbero state cinque!
Eccoci! L’esame è già diventato una sofferenza. E di fronte a una sofferenza (dopo trent’anni di pratica ci sono arrivato anch’io che sono un po’ “tardo”) non c’è che recitare Daimoku. E arriva la risposta, come al solito diversa da qualunque cosa avessi immaginato: shakubuku. E nello shakubuku, concetti astrusi come “oscurità fondamentale”, “tre significati di myo” e quell’altro, quello che ha a che fare con un singolo istante di vita e tutti i fenomeni, com’era? ah, ecco! “inerenza e pervasione”, saltano fuori dalla carta stampata per entrare di prepotenza nella vita. Mi trovo a incoraggiare il mio amico con quello che ho appena studiato e a studiare qualcosa di reale, concreto, tangibile: la vita.
Così è tutta un’altra cosa: lo studio, se non proprio “facile”, diventa appassionante, coinvolgente e le lezioni, non più teoriche, diventano aria e cibo. Che sia questo lo “studio attivo basato sullo spirito combattivo” di cui parla Ikeda? Non saprei, ma è comunque qualcosa che mi fa diventare felice e mi permette di aiutare gli altri a intraprendere lo stesso percorso. La mia vittoria l’ho già avuta, ancora prima di fare l’esame.
Stefano Niccoli