L’amore, le relazioni sentimentali e il rapporto di coppia occupano gran parte delle energie degli esseri umani e ne influenzano profondamente il corso e la qualità dell’esistenza. Visto che l’insegnamento buddista si applica a ogni aspetto della vita, presentiamo alcune riflessioni su questi temi
Dal momento che ogni individuo è unico e diverso, la parola “amore” non ha per tutti lo stesso significato. Il Buddismo, in quanto insegnamento che rispetta ed esalta l’unicità di ogni singola vita, non detta regole o ricette su questo argomento (come del resto su nessun altro). Tuttavia, poiché spiega il funzionamento della vita sotto ogni aspetto, aiuta a maturare una profondità sempre maggiore nel modo di recepire, di pensare e di comportarsi che dà sicuramente i suoi frutti anche in campo sentimentale. L’amore è una questione complessa, che rispecchia l’atteggiamento e la filosofia che ogni persona nutre verso la vita.
Secondo il Buddismo affidare la felicità alle circostanze esterne è controproducente, poiché queste sono mutevoli, mentre se ci si concentra sul proprio miglioramento personale si possono costruire solide basi per il futuro. In questo senso anche l’aspettativa di una vita di coppia può essere, a seconda del modo in cui viene affrontata, un’importante occasione di crescita oppure una penosa fonte di sofferenza.
Per fare un esempio, se desideriamo trovare una compagna unicamente per paura di rimanere soli, è certo che non potremo essere felici nemmeno quando eventualmente l’avremo trovata, perché la paura continuerà a condizionarci anche dopo, facendoci temere di perderla. Nessuna azione può creare valore quando è generata da una bassa condizione vitale, quale la paura. Dunque, la prima cosa che dovremmo fare è trasformare la paura in un sentimento costruttivo, nel modo in cui suggerisce il Buddismo. Allora saremo in grado di capire se il nostro desiderio è autentico e potremo creare le basi per realizzarlo. Per evitare di cadere nell’illusione di cercare qualcosa o qualcuno al di fuori di noi stessi per colmare un vuoto interiore, è bene quindi partire dal riconoscere la qualità del desiderio e, se necessario, trasformarla in positivo.
La persona giusta
Vivere i sentimenti attraverso l’approfondimento della fede ci mette in grado di assaporarli in modo totale, con più saggezza e aderenza alla realtà. Nel romanzo La rivoluzione umana si narra di una ragazza di nome Masako, membro della Soka Gakkai, residente in una remota regione montuosa del Giappone, la quale un giorno confidò a Josei Toda il suo desiderio di trasferirsi a Tokyo per trovare “l’uomo giusto da sposare”. Ella aveva la sensazione, vivendo in quel luogo sperduto, di sprecare i suoi anni migliori senza alcuna speranza di incontrare un marito. Era diventata impaziente, ed era convinta che sarebbe bastato andare nella capitale per raggiungere il suo scopo. «”Beh – rispose Toda – non è vero. Non devi avere fretta, altrimenti dopo te ne potresti pentire”. In due parole aveva fatto crollare il suo castello; la ragazza, amareggiata, camminava a testa bassa. “Devi praticare con tutte le tue forze. […] devi comunque coltivare la tua fede. Mettici il cuore! Che tu viva tra i monti o in città, è certo che troverai il miglior marito possibile. Non posso certo dirti chi sia o quando questo accadrà, ma è una cosa certa. Quello che conta è la tua fede, non il luogo in cui vivi. In caso contrario – Toda proseguì – il Gohonzon sarebbe una cosa fasulla. […] Non c’è ragione che tu ti preoccupi. Veramente nessuna. Con la fede puoi trasformare il tuo destino. Fidati di me, ti osserverò di lontano. Ma tu non devi essere impaziente”. Parlava in modo risoluto e Masako annuì con un cenno deciso. Aveva capito» (RU, 2, 33).
Per realizzare i desideri occorre sgombrare la mente dalle illusioni, che a volte ci fanno vedere una persona come vorremmo che fosse e non come è veramente, altre ci fanno credere che la nostra fortuna, il nostro destino, dipendano dagli eventi esterni. Il Daishonin ha scritto che la fragranza interna otterrà protezione esterna: significa che se ci basiamo sulle qualità interiori, ogni desiderio si realizzerà. In ogni caso, consiglia Ikeda, «la domanda da porsi è se la persona in questione è per voi uno stimolo a impegnarvi di più oppure se rappresenta soltanto una distrazione […]. Vi incoraggia a realizzare le vostre mete future? Oppure è il vostro pensiero costante che offusca tutto il resto? […] Una relazione sana è quella in cui due individui si incoraggiano a vicenda per raggiungere i rispettivi traguardi e, allo stesso tempo, condividono le proprie speranze e i propri sogni. Un rapporto dovrebbe essere fonte di stimoli, energia e fiducia» (D. Ikeda, In cammino con i giovani, Esperia, pag. 25, 2004).
L’amore attivo
Instaurare una relazione non è un punto di arrivo, ma di partenza. Vivere in due richiede da entrambe le parti un impegno sincero e costante, e proprio per questo offre continue occasioni di automiglioramento. In effetti si tratta di una vera e propria sfida, come partire per un viaggio avventuroso di cui non si conosce la meta: coraggio, dedizione, curiosità, entusiasmo devono essere parte del bagaglio. E non bisogna mai mettersi a sedere più di quel tanto che serve a recuperare le forze, perché quando ti siedi troppo a lungo vuol dire che senti di essere arrivato e che per te il viaggio è finito. Rinnovarsi e mettersi in gioco, a costo di abbandonare le certezze: questo è l’animo del viaggiatore.
Per potersi dedicare all’amore occorre aver raggiunto un sufficiente livello di maturità, e ogni tentativo di amare è destinato a fallire se non si cerca di sviluppare attivamente la propria personalità. A questo proposito, Ikeda spiega ai giovani che: «Il vero amore non consiste nell’aggrapparsi l’uno all’altro, bensì è un’interazione fra due persone solide, sicure della propria individualità. […] sarebbe più sano continuare a sforzarsi per migliorare se stessi, cercando d’imparare da quelle qualità che più si rispettano e si ammirano nel partner». E ancora: «Se utilizzate l’amore come fuga, l’estasi non durerà a lungo […] servirsi di una relazione come rifugio, anche a livello inconsapevole, è una mancanza di rispetto nei riguardi del proprio compagno e di se stessi. La felicità non sarà mai raggiungibile senza un cambiamento interiore […] La felicità non è una condizione che possa dipendere dall’altro: la si deve raggiungere per se stessi. Il solo modo per farlo è di sviluppare il carattere e le nostre capacità come esseri umani, di realizzare appieno il nostro potenziale» (ibidem, 27-30).
La relazione con i genitori
Quando mi separai da mia moglie iniziò per me un periodo molto difficile. Ero costantemente assalito dalla paura della solitudine, che affiorava dalla mia vita come se da sempre vi avesse dimorato nelle profondità. Gradualmente l’ho percepita come “paura dell’impermanenza” (ovvero della verità che ogni cosa ha una fine) ed era arrivato il momento di affrontarla. Per fortuna gli anni di pratica buddista che avevo alle spalle furono sufficienti a spingermi verso il Gohonzon: aumentai il mio impegno nel Daimoku come nello studio del Gosho e nell’attività buddista, che in quei momenti difficili sentivo benefica come una vera e propria cura. E ogni giorno la paura si scioglieva, lasciando il posto a serenità, fiducia, gioia.
Pochi mesi dopo mia madre ebbe un serio problema di salute, che compromise parzialmente la sua libertà di movimento. Poiché prima si occupava di tante cose, compreso mio padre con problemi di Alzheimer, e dal momento che sono figlio unico, all’improvviso realizzai che erano maturate le condizioni per approfondire il rapporto con i miei genitori. Iniziai a dedicarmi maggiormente a loro sotto tutti gli aspetti: sentivo di voler finalmente “ripagare il debito di gratitudine” per tutto quello che loro avevano fatto per me. Uno degli effetti immediati fu che, più mi prendevo cura di loro, più sentivo di voler bene a me stesso.
All’inizio dell’anno mi ero scritto diversi obiettivi, uno dei quali era di incontrare entro l’estate la compagna giusta per me. Era un desiderio che sfiorava l’impossibile, perché fra il lavoro e i molteplici impegni non avevo tempo né energia per uscire e incontrare persone. Però, non so perché, davanti al Gohonzon avevo fiducia che si sarebbe realizzato.
Eravamo allora in cerca di un’assistente che venisse ad abitare a casa dei miei genitori per occuparsi a tempo pieno di mio padre, e io pregavo il Gohonzon per riuscire a trovare una persona che fosse un vero angelo. Beh, questo angelo arrivò e si prese cura di mio padre come meglio non avrei potuto sperare. Ma non solo: ho scoperto in lei la mia compagna. Siamo fidanzati da più di un anno, e ancora oggi credo che non sia un caso se ci siamo incontrati grazie ai miei genitori. Sono convinto che più saremo vicini col cuore ai nostri cari più ricca risulterà la nostra vita.
Amanti dell’umanità
«L’uccello chiamato hiyoku ha un corpo e due teste: entrambe le sue bocche nutrono lo stesso corpo. I pesci hiboku hanno un occhio solo, così il maschio e la fammina restano insieme tutta la vita. Un marito e una moglie dovrebbero essere come loro», scrive Nichiren nel Gosho Lettera ai fratelli (SND, 4, 121). Una relazione sentimentale deve essere costruita con dedizione, fiducia, rispetto e stima. Così, proprio come una rivoluzione umana personale avanza di giorno in giorno, anche un rapporto di coppia migliorerà costantemente. «Gli uomini dovrebbero imparare dalle donne e le donne dagli uomini. Credo che il valore del matrimonio stia in parte nel completamento reciproco», scrive Ikeda a questo proposito (Saggezza, 2, 185). L’amore è una condizione vitale talmente elevata che merita di essere vissuta in tutti i suoi innumerevoli aspetti. «Credo davvero che l’amore debba guidare la nostra esistenza – scrive ancora Ikeda – e divenire la forza propulsiva per vivere con coraggio. L’amore per l’altro è impossibile a chi è egoista. D’altra parte, se amate qualcuno con sincerità, attraverso questa relazione avrete la possibilità di diventare un individuo il cui amore si estende a tutta l’umanità» (In cammino con i giovani, pagg. 26-28).