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Un castello per la pace in Ghana - DEV - Il Nuovo Rinascimento
Istituto Buddista Italiano Soka Gakkai

Buddismo per la pace, la cultura e l’educazione

6 dicembre 2025 Ore 17:32

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Un castello per la pace in Ghana

Tadao Minami, reporter del Seikyo Shimbun, si trasferisce in Ghana con la moglie dove prende parte alla costruzione del primo Centro culturale dell’Africa. Il coraggio di cambiare vita lo porta a confrontarsi con differenze culturali e di costume, da superare prima di tutto dentro di sé

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Tadao Minami, reporter del Seikyo Shimbun, si trasferisce in Ghana con la moglie dove prende parte alla costruzione del primo Centro culturale dell’Africa. Il coraggio di cambiare vita lo porta a confrontarsi con differenze culturali e di costume, da superare prima di tutto dentro di sé

Il sentiero irto di ostacoli che porta a kosen-rufu può essere aperto solo da individui coraggiosi che desiderano dedicarvi la vita e impegnarsi totalmente, per quanto difficili possano essere le circostanze che dovranno affrontare. Se i responsabili più alti della Soka Gakkai e i membri della sede centrale avessero desiderato vivere un’esistenza facile, concentrandosi unicamente sui propri agi e sulla propria sicurezza, il cammino di kosen-rufu si sarebbe interrotto. Alla luce del Sutra del Loto e degli scritti di Nichiren Daishonin, coloro che dedicano la loro vita al Buddismo otterranno lo stato vitale eternamente sublime di felicità assoluta. Nel Buddismo non esiste il concetto di sacrificio. Minami veniva da Yokosuka, nella prefettura di Kanagawa. Suo padre era morto di malattia quando Tadao era in terza elementare. Da quel momento in poi sua madre, costretta a crescere i cinque figli da sola, sostenne la famiglia cucendo kimono. Era una vita davvero dura per tutti loro. La madre si unì alla Soka Gakkai nel 1954, mentre Tadao frequentava la scuola media inferiore. Anche lui ben presto cominciò a praticare e un nuovo raggio di speranza illuminò la famiglia. Ottenuta la licenza media, Tadao trovò un lavoro e frequentò i corsi serali della scuola superiore e una volta terminati partecipò anche ai corsi serali all’università e si specializzò in giornalismo. Partecipando alle attività, comprese che lo scopo della Soka Gakkai è la felicità umana e la pace nel mondo, e che la sua missione era lavorare perseguendo gli stessi scopi.
Minami aveva avuto modo di vedere che, grazie alla fede, molti che soffrivano per le malattie, difficoltà finanziarie o discordie familiari erano riu­sciti a trasformare la loro vita e diventare veri vincitori. Osservando ciò la sua convinzione si rafforzò e crebbe, e prese forma in lui il forte desiderio di dedicare la vita a kosen-rufu.
Dopo aver completato gli studi universitari, Minami cominciò a lavorare per la Soka Gakkai come reporter del Seikyo Shimbun, quello che aveva sempre sognato. Tuttavia, subito dopo essere entrato al giornale, si ammalò. Rendendosi conto di quanto fosse fondamentale stare in salute per lavorare bene, cominciò ad allenarsi per rafforzare il suo fisico.
Se aumenta l’impegno professionale diventano davvero importanti il riposo e l’alimentazione, così come l’esercizio fisico e il benessere. Ogni persona è totalmente responsabile della gestione della propria salute.
Minami cominciò a fare jogging ogni mattina prima di andare al lavoro. Shin’ichi Yamamoto [pseudonimo di Daisaku Ikeda, n.d.r.] osservava gli sforzi di Minami. Attraverso un allenamento diligente, si può diventare molto più forti.
Una decina di giorni dopo che aveva espresso il desiderio di andare in Ghana, Shin’ichi invitò Minami a cena. Mentre mangiavano, Shin’ichi gli chiese: «Ho sentito che sta per andare in Ghana, è così?». «Sì!» esclamò Minami. «Parlano inglese in Ghana. Lei lo sa parlare?». «No». «Non si preoccupi – disse Shin’ichi – vada là con lo spirito che qualunque sfida la farà crescere. Come si dice, “casa è ovunque appoggi il cappello”. Il palcoscenico delle sue attività è vasto. Viva intensamente con il grande desiderio di realizzare kosen-rufu. Da adesso in poi, è necessaria una maggiore concentrazione sul mondo in generale. Ed è quello che sta facendo, non è vero?».
Concludendo la conversazione, Shin’ichi Yamamoto disse a Tadao Minami: «Spero che possa partire per il Ghana il prossimo anno».
Quindi gli augurò la buonanotte. Il cuore di Minami batteva forte al pensiero di lavorare per kosen-rufu in Ghana. All’uscita dal ristorante, Minami telefonò alla moglie; erano sposati da meno di un anno.
«Allora – annunciò – andrò in Ghana».
«È fantastico!».
«Sì. Ma guarda che è per sempre».
Le parole “per sempre” sbalordirono sua moglie.
Minami tornò a casa con una serie di libri su quel paese, acquistati quel giorno stesso. Fino a quel momento, conosceva del Ghana solo il nome di una marca di cioccolato molto comune in Giappone, e il fatto che Kwame Nkrumah (1909-1972) ne era stato il presidente.
Shin’ichi incontrò poi la moglie di Minami e le disse: «Suo marito sarà inviato in Ghana. Mi rendo conto che le viene chiesto molto, ma potrebbe accompagnarlo per favore?».
«Senz’altro!» rispose.
Shin’ichi parlò con delicatezza e convinzione: «Dal punto di vista del Buddismo, andare in Africa per aprire la strada a kosen-rufu insieme come marito e moglie è una promessa che avete fatto nelle vite passate. È la vostra missione in questa vita. Stando così le cose, è molto importante che siate decisi a fare del vostro meglio. Se riuscirà a mantenersi positiva e ottimista, suo marito sarà capace di dare il massimo. Ma se lei piangerà e si lamenterà per ogni difficoltà che avrete, lui non sarà in grado di concentrarsi sulle sue responsabilità. Il suo successo in Ghana dipenderà completamente da lei. La prego, lo tenga sempre presente, cerchi di essere forte e di far sì che la sua vita manifesti una vittoria così grande che sia impossibile metterla in dubbio. Come scrive Nichiren Daishonin: “È la forza della moglie che guida le azioni del marito”» (L’arco e la freccia, RSND, 1, 585).
Anche la moglie di Shin’ichi, Mineko, la rassicurò, chiedendole di cercare di vivere con gioia in Africa e sostenere così suo marito. L’incoraggiamento che ricevette da Shin’ichi e Mineko divenne per lei fonte di forza infinita.
Poco prima che Minami partisse per il Ghana, Shin’ichi gli donò una poesia:

Invierò
un Daimoku pieno di cuore
nell’Africa lontana
dove vi recate con passione ardente.

Verso la fine del gennaio 1974, Minami partì per il Ghana. Era previsto che sua moglie lo raggiungesse un anno dopo.
Giunse ad Accra, la capitale, col desiderio ardente di promuovere kosen-rufu in Ghana. In quel momento era sia il corrispondente permanente per il Seikyo Shimbun che il responsabile principale dell’organizzazione in quel luogo. I membri in Ghana erano circa duecentocinquanta. La figura centrale locale era un giovane ganese che capiva qualcosa del giapponese. Al suo arrivo Minami andò ad abitare da lui.
La città aveva strade lastricate, ma la maggior parte degli edifici non superava i due piani di altezza. Non esistevano edifici alti e fuori dal centro della città c’erano file di case coi tetti in lamiera.
Dato che il Ghana si trova vicino all’equatore, il paese è molto caldo. Minami era arrivato nella stagione secca, quando soffia l’harmattan, il vento arido del deserto e la tempeteratura spesso supera i quaranta gradi. Doveva mettere molta attenzione a come faceva le sue compere nei negozi, pianificando i percorsi più brevi per evitare il più possibile il sole diretto.
Ancora più frustrante per lui era il sistema telefonico. Essendovi così poche linee telefoniche, per fare una chiamata internazionale doveva prenotarla in anticipo e attendere l’ora e il giorno stabiliti per l’appuntamento. Quando finalmente arrivò il suo turno, la chiamata non passò. Alla fine Minami dovette mandare un telegramma in Giappone per informare il Seikyo Shimbun che era arrivato sano e salvo a destinazione.
Inviava i suoi dispacci in Giappone per posta aerea, il che richiedeva più di dieci giorni. Se li avesse inviati via mare, sarebbero occorse oltre sei settimane.
Minami ebbe problemi anche nel ricevere il suo stipendio. Il pagamento era stato inviato dal Giappone attraverso una banca intermediaria d’oltreoceano, ma quando si recò alla banca locale alla quale doveva pervenire lo stipendio, gli fu detto che non era arrivato. Malgrado la sua insistenza nel dire che non era possibile, la banca locale non fece nessun accertamento. Si rese conto del fatto che la banca intermediaria non aveva completato tutti i moduli necessari, per cui il trasferimento finale non poteva essere fatto.
All’inizio Minami continuava a far paragoni col Giappone, cosa che lo faceva sentire molto scoraggiato, ma poi comprese il suo errore. «Se continuo a fare del Giappone il mio standard di riferimento, non saprò mai come si sentono davvero i ganesi. Come si dice, “quando sei a Roma, fai come fanno i romani”.
«Devo smetterla con questi sbalzi di umore causati dal confrontare continuamente tutto al Giappone».
In Ghana, Tadao Minami andava a visitare i membri a casa portando incoraggiamenti nella fede. Tutti lo accoglievano con calore e, per fargli cosa gradita, gli offrivano dell’acqua da bere. Il fatto era che l’acqua non era potabile e ogni volta che la beveva soffriva di disturbi allo stomaco.
Era in Ghana da circa tre mesi, quando una febbre che sembrava dovuta a un raffreddore gli procurò attacchi di violenti brividi. Quando la temperatura superò i quaranta gradi, scoprì di aver contratto la malaria. Evidentemente, la profilassi che aveva seguito era inefficace. La malaria lo faceva sentire stordito, e non poteva nemmeno scendere dal letto. Prese le medicine e alla fine la febbre cominciò a scendere, ma la temperatura rimase abbastanza alta per circa dieci giorni, provocandogli una profonda stanchezza.
Un responsabile locale informò dell’accaduto la sede centrale della Soka Gakkai in Giappone. Quando Shin’ichi Yamamoto ricevette questa notizia, recitò Daimoku per la sua guarigione; chiese anche di essere sempre aggiornato su come si evolveva il suo stato di salute, ma a causa dei contatti telefonici difficoltosi con il Ghana, non riuscirono a ricevere sue notizie.
«Ho avuto modo – disse con dolcezza Shin’ichi ai responsabili intorno a lui – di sentire dai miei fratelli maggiori quanto sia debilitante la malaria. È per questo che non posso fare a meno di preoccuparmi per Minami».
Shin’ichi era turbato al pensiero che uno dei suoi cari discepoli, che si era coraggiosamente recato in Africa per il bene di kosen-rufu, dovesse per giunta soffrire di una malattia.
Quando, la prima volta dopo un anno, Shin’ichi rivide Minami alla prima Conferenza mondiale per la pace, gli sorrise con calore e disse: «Minami, faccia attenzione a non prendere di nuovo la malaria. Ero davvero preoccupato. A tal proposito prima di venire a Guam, mi sono incontrato al Malibu Training Center negli Stati Uniti con i responsabili dall’Africa. Come ho suggerito anche a loro, perché non costruiamo un Centro culturale in Ghana? Sarebbe il primo Centro culturale della Soka Gakkai in Africa. Spero che vi consiglierete gli uni con gli altri affinché questo progetto diventi realtà».
Minami rispose affermativamente con entusiasmo. Shin’ichi voleva dare ai membri del Ghana uno scopo per cui lavorare. Gli obiettivi accrescono la speranza. Dove c’è speranza, sgorgano coraggio e dinamismo. Questa è la ragione per cui stabiliamo obiettivi per i quali lottare.
Una volta terminata la conferenza di Guam, Minami tornò in Giappone a prendere sua moglie, per portarla con sè in Ghana. Una volta là, insieme ai membri del posto si impegnò a cercare un edificio da usare come Centro culturale, ma nessuna delle proprietà in vendita andava veramente bene. Dopo due anni, trovarono e acquistarono un lotto su cui erano state completate le fondamenta per un edificio la cui costruzione era stata interrotta. Rividero il disegno originale e assunsero professionisti per montare la struttura in acciaio e installare l’impianto elettrico. Vista la scarsità di fondi, i membri decisero di completare il lavoro da soli.
La costruzione del nuovo edificio iniziò l’anno successivo, nel 1978.
I lavori venivano portati avanti durante i fine settimana. Alcuni membri dovevano viaggiare due ore e mezzo in camion per andare a dare una mano. Quando si riunivano al mattino, iniziavano facendo Gongyo, leggendo il Gosho, e cantando una canzone della Gakkai. Poi, con entusiasmo, si mettevano a lavorare. La mattina era fondamentale, perché il pomeriggio faceva troppo caldo per qualunque tipo di lavoro di fatica. Per la maggior parte dell’anno, la temperatura giornaliera superava i trenta gradi.
Lavoravano a ritmi serrati. Malgrado le spalle e le dita divenute doloranti a forza di portare i materiali da costruzione, trasmettevano l’orgoglio e il senso di missione di chi sta costruendo con le sue mani il primo Centro culturale in Africa. Tutti erano pieni di energia e gioia.
Si erano tutti offerti volontari per costruire il Centro culturale, motivati da un senso di felicità e di aspettativa. L’automotivazione è la chiave per attingere alla gioia e alla forza interiore in qualunque impresa.
Mentre lavoravano alla costruzione del Centro culturale, inventarono il Canto del kaikan, una canzone ritmata e divertente che cantavano per sostenersi l’un l’altro.
La costruzione del nuovo Centro sembrava procedere come programmato, ma incontrò alcuni ostacoli inaspettati.
Il Ghana era soggetto a frequenti colpi di stato. La turbolenza politica creava fermento economico e i prezzi potevano aumentare all’improvviso.
Un cambiamento al governo poteva perfino portare a un crollo della valuta.

(10. continua)

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