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Il corso di Fiuggi in pillole - DEV - Il Nuovo Rinascimento
Istituto Buddista Italiano Soka Gakkai

Buddismo per la pace, la cultura e l’educazione

6 dicembre 2025 Ore 11:54

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Il corso di Fiuggi in pillole

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Un giorno da presentatrice

Pochi minuti dalla chiusura di una riunione di discussione ho ricevuto una telefonata in cui mi veniva proposto di presentare una delle tre giornate del corso. Subito ho pensato: «Chi la fa l’aspetti!». Durante la riu­nione avevo cercato con tutto il cuore di incoraggiare i miei compagni a superare i limiti che creiamo nella nostra mente e non potevo rifiutare quell’occasione per mettere in pratica ciò che avevo detto. Pochi giorni dopo uno degli organizzatori mi ha spiegato che ero stata scelta come rappresentante della Campania e che i partecipanti al corso erano ben… duemilacinquecento. Fino a quel momento non avevo ben realizzato il tipo di responsabilità che mi ero assunta. Avevo toccato il mio limite! Mi sentivo inadeguata e pensavo che di sicuro avrebbero potuto trovare una persona più capace e con un aspetto migliore del mio. Il primo giorno di corso ho conosciuto Egidio, il ragazzo con cui avrei condiviso l’attività. Anche lui era un po’ in ansia ma dopo poche ore avevamo preso la nostra decisione: ci saremmo divertiti per trasmettere a tutte quelle persone una grande gioia e non la nostra apprensione. Sarei andata bene così com’ero, senza basarmi sulle apparenze ma su un forte Daimoku, l’indistruttibile chiave della mia felicità. Ho fatto mio il coraggio del maestro e le insicurezze sono svanite lasciando spazio a una profonda gioia. Parlare dal palco non è stato diverso dal parlare in una riunione di discussione perché tutte le persone che vedevo da lassù erano tutti miei compagni di fede. Insieme eravamo lì per fare kosen-rufu, ognuno così com’era e nel modo che aveva scelto.

Monica Cavallaro

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Lo spettacolo
L’amore di Narciso

Se è vero che l’arte unisce i cuori, come afferma Daisaku Ikeda, è altrettanto vero che essa – come ogni ambito in cui vivono e lavorano gli esseri umani – può essere fonte di separazione e incomprensioni. Ed è proprio per andare oltre queste barriere, per abbandonare una visione superficiale dell’arte come espressione del “piccolo io”, basata su egocentrismo e autoreferenzialità, che sessantatré artisti provenienti da Lazio, Campania, Puglia, Abruzzo, Sicilia, Sardegna e Calabria, hanno ideato e messo in scena Se Narciso dicesse ti amo, ispirato al mito di Eco e Narciso, raccontato da Ovidio ne Le metamorfosi. Narciso, incapace di amare se non la propria immagine riflessa, Eco, di lui infelicemente innamorata, condannata a ripetere in solitudine solo le ultime parole di ogni frase pronunciata.
Ogni regione, preparando autonomamente una singola parte del mito, ha trovato la sua funzione unica e fondamentale all’interno dello spettacolo che, nella sua interezza, ha preso definitivamente vita solo sul palco. Ma mettere in scena il dramma di Narciso, oltre che nell’originalità del metodo scelto dagli artisti, ha significato soprattutto mettere in scena l’incapacità di vedere negli altri qualcosa che non sia il riflesso di sé e quindi la condanna a non amare e a non essere amati. Il pubblico, insieme agli artisti, ha avuto così la possibilità di elaborare attraverso questo viaggio una propria esperienza personale, che forse potrebbe essere sintetizzata dalle parole delle registe: siamo grate a Narciso perché, scoprendo attraverso di lui quanto sia sterile l’amore che guarda solo a se stesso, ci permette di scegliere per noi, nella vita reale, il finale che desideriamo. Cosa succederebbe se Narciso dicesse: «Ti amo»?

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Stessa ora, stesso desiderio

Recitando Daimoku è emerso in me il desiderio di offrire per kosen-rufu anche le mie competenze di cameraman e sono entrato nello staff audio-video di Siracusa. Un’attività che, anche se gestita da persone del settore, presenta continue difficoltà: microfoni che si spengono durante le spiegazioni di Gosho, proiettori che vanno in panne durante il video del presidente Ikeda ecc. Pensavo dipendesse dai nostri limiti tecnici, ma al corso di Fiuggi partecipando alle attività audio-video, ho dissipato ogni dubbio. Per prepararci, io in Sicilia e gli altri a Roma, tutti i venerdì recitavamo Daimoku alla stessa ora e con lo stesso desiderio: creare unità tra noi e far sì che i partecipanti al corso potessero godere di un ottimo ascolto e visione. Con nostra grande gioia il risultato è stato ben al di sopra delle nostre aspettative. Allora ho capito che questa attività non dipende da competenze e attrezzature, ma dalla determinazione, dal Daimoku recitato con lo stesso cuore. Invece se realizzata per apparire o per solo senso del dovere diventa scandente, talvolta imbarazzante. Ho sentito la determinazione e l’immensità del cuore del mio maestro. Il suo obiettivo di mettere tutti a proprio agio e renderli felici è la vera felicità, la mia felicità. Gli ho promesso di realizzare il suo desiderio che la Sicilia diventi la perla del Mediterraneo.

Antonio Alfano

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