Una grande forza vitale mi avvolgeva. Percepivo il Daimoku che i miei compagni di gruppo stavano recitando per me e di nuovo il pensiero mi portò a Risposta a Kyo’o: «Quale malattia può quindi essere un ostacolo?»
Ho sessant’anni e da cinque pratico il Buddismo di Nichiren Daishonin. Seguire gli insegnamenti del Daishonin mi ha fatto scoprire quella felicità che nasce dentro come per incanto e che non credevo potesse esistere; sarò sempre grato al mio amico Niccolò che mi ha fatto questo regalo facendomi conoscere il Buddismo. La vita è dura e qualche volta arranchiamo faticosamente e anch’io, come la maggior parte delle persone, ho incontrato problemi nel lavoro, di relazione e familiari.
Fin dall’inizio ho cercato di mettere in pratica quello che ritengo la cosa più importante ed essenziale – la fede – alla ricerca di quella felicità indelebile che ognuno di noi ha il diritto di possedere. Ho iniziato così, con tanta voglia di scoprire e di studiare questo Buddismo e farlo conoscere a più persone possibile per dar loro modo di scoprire il tesoro che si cela nella vita: quella forza capace di farci orientare verso la vittoria in ogni circostanza, anche la più avversa. Con questo desiderio nel cuore ho ricevuto il Gohonzon. Improvvisamente mia madre, con mia grande sofferenza, si ammalò. Il Daishonin ci insegna a usare le difficoltà: così iniziai a recitare Nam-myoho-renge-kyo per la sua salute e lei si ristabilì. La sofferenza si trasformò in felicità e anche lei iniziò a praticare. Un anno dopo, purtroppo, una ricaduta e un episodio di malasanità la portarono a stare di nuovo male. Ciò si ripercosse anche sulla mia professione di rappresentante perché, dovendo assisterla costantemente, lavoravo in modo discontinuo, provando una grande sofferenza. Recitavo tantissimo Daimoku perché non soffrisse e l’ho accompagnata con serenità fino al suo ultimo istante di vita. La sua morte non mi ha stravolto, ma anzi, grazie alla pratica, ho compreso più profondamente l’eternità della vita. Ricordo ancora il suo viso disteso. Mentre recitavo Gongyo venni raggiunto da una felicità incredibile, come se dentro di me qualcuno mi infondesse coraggio e conforto dicendomi che sicuramente ci saremmo incontrati in un’altra esistenza. È stato bellissimo e ancora oggi provo quella straordinaria sensazione.
Un’altra grande esperienza mi ha letteralmente cambiato la vita. Era sabato: quel giorno ero amareggiato e sfiduciato. Avevo la forte sensazione di essere in balìa dell’ambiente, mi sentivo senza forza vitale e poco reattivo. Avvertivo che mi sarebbe successo qualcosa. Stavo per fare la mia corsa quotidiana quando delle sterpaglie nel nostro giardino attirarono la mia attenzione. Decisi di bruciarle e le cosparsi di benzina. Presi un accendino e in quel momento mi salì alle narici un penetrante odore di benzina; rimasi un attimo interdetto, forse era un avvertimento che io non presi sul serio. Appena azionai l’accendino una palla di fuoco avvolse il mio corpo. Scappai, mi rotolai per terra e, non so come, senza rovesciare la tanica della benzina. Questo fu il primo beneficio. Ero solo in casa ma ebbi la prontezza di fare una doccia fredda. Avvertii mio figlio Marco che mi accompagnò subito in ospedale dove mi furono prestate le prime cure: le ustioni si rivelarono profonde. Mi ero bruciato le gambe, le braccia e la parte sinistra del volto. Vista la gravità della situazione i medici mi trasferirono al Centro grandi ustionati di Pisa. Mi sfasciarono e mi medicarono: le ustioni erano di terzo grado, estese per un terzo del corpo e molto probabimente sarebbe stato necessario un lungo e doloroso intervento chirurgico. Ricordo con nitidezza i discorsi preoccupati dei medici che tuttavia non mi scoraggiavano. Ero determinato a guarire presto e “possibilmente” senza operazioni, perché una degenza di due o tre mesi non mi avrebbe permesso di svolgere il mio lavoro, con conseguenti problemi finanziari.
Chiesi a mia moglie di portarmi il libretto di Gongyo. Recitavo regolarmente e, durante le ripetute medicazioni che mi provocavano dolori lancinanti, cercavo di non lamentarmi: questo destava nei medici perplessità e curiosità. Avevo la sensazione di essere avvolto da un qualcosa che mi proteggeva, come se fossi una città medievale protetta da spesse mura, e ogni giorno che passava ero sempre più convinto di guarire e di non essere operato. Finché la notte dell’ottavo giorno immaginai la mia pelle che si rigenerava. La mattina dopo, durante le abituali e dolorosissime medicazioni i medici non credettero ai loro occhi: la pelle si stava davvero, piano piano, rigenerando. Il giorno successivo mi sfasciarono, come tutte le altre mattine, ma quel giorno le cicatrici che risultavano fino a pochi giorni prima stazionarie, si erano compattate e la pelle da lesionata e ustionata, ora appariva uniforme e omogenea. I medici rimasero stupefatti e mi dissero che non sarei stato operato. Reagii alla notizia con molta naturalezza, perché ero già fermamente convinto di questo: sentivo una grande forza vitale che mi avvolgeva. Percepivo il Daimoku che i miei compagni di gruppo stavano recitando per me e di nuovo il pensiero mi portò a Risposta a Kyo’o: «Quale malattia può quindi essere un ostacolo?» (RSND, 1, 365)… Nessuna! Mi resi conto di aver provato così forte “sulla mia pelle” quella risposta, da farmi rendere conto che non c’è ostacolo che non si possa affrontare con la forza della fede.
Dai monitor di controllo della mia stanza sterile mi vedevano recitare Gongyo e Daimoku e in molti, tra pazienti e personale ospedaliero, mi domandarono per cosa pregassi e con molto entusiasmo raccontai che praticavo il Buddismo.
I giorni successivi passarono velocissimi e tra lo stupore di tutto il reparto fui dimesso dopo solo sedici giorni.
Vedendo la mia guarigione lampo, in reparto volevano saperne ancora di più, tanto che alla prima visita di controllo regalai alcune copie del libro Felicità in questo mondo. Ero fiero e contento nel sapere che altre persone sarebbero diventate felici, ma soprattutto non più vulnerabili di fronte ai fatti della vita. Questa esperienza mi ha reso più forte nella fede. Adesso ho il coraggio di affrontare qualsiasi cosa accada recitando Daimoku, studiando il Buddismo e soprattutto facendo scoprire alle persone la cosa più bella che possa esistere: la felicità.