Al corso del Centro Italia le lezioni in programma sono ruotate intorno al tema della trasformazione del karma e del cuore. I due interventi hanno ripercorso le spiegazioni di Saito dello scorso luglio, ma Riccardo Pacci, Tamiko Kaneda, Andrea Bottai e Pamela Alocci ne hanno evidenziato aspetti e sfumature in cui ogni partecipante si è potuto ritrovare
La trasformazione del karma
intervento di Riccardo Pacci e Tamiko Kaneda
Nello studio è fondamentale avere un atteggiamento “dinamico”, essere cioè disponibili ad assorbire e fare propri nuovi punti di vista che non necessariamente cambiano i cardini dei princìpi buddisti, ma li arricchiscono di nuovi spunti di riflessione e approfondimento. Ripartire da zero porta inevitabilmente a una nuova comprensione di se stessi e della realtà circostante, e quando ci riusciamo è un po’ come venire investiti da una nuova ventata di colori che ci porta a vedere la vita sotto una nuova luce. Ma è una nostra ricerca, una nostra scelta, come lo è mettersi in discussione.
L’idea che abbiamo del karma è viziata dalla nostra cultura; spesso e volentieri lo consideriamo solo una zavorra che ci appesantisce la vita e ci fermiamo a questo concetto, trascurando l’aspetto più importante, quello della sua trasformazione. Ogni istante in realtà può rappresentare il momento in cui si decide di cambiare la nostra vita. Trasformare il karma vuol dire cambiare sguardo e scoprire che dietro a una difficoltà c’è un cambiamento che aspetta di prendere forma nella nostra vita, generalmente per migliorarla. Anche se molte volte non riusciamo a credere di essere Budda, il Gohonzon è l’attestato che Nichiren Daishonin ci ha lasciato per ricordarcelo, come altresì per ogni situazione che ci crea sofferenza o disagio esiste una soluzione. Questa nuova prospettiva cambia il significato della sofferenza: invece di aspettare l’evolversi degli eventi e subirne le conseguenze, possiamo darci noi un senso aprendo la porta alla nostra Buddità.
A volte non ce la facciamo a pensare di essere Budda, è una nostra resistenza, che è umano avere: trasformare il karma vuol dire anche riorientare la nostra disposizione interiore di fondo, quel qualcosa di invisibile ma potente che coinvolge la nostra vita e la dirige in una direzione ben precisa.
Riccardo Pacci ha ricordato che Nichiren non ha mai detto ai suoi discepoli: «Ora sono a Sado, ho un momentaccio, quando starò meglio mi farò vivo». Non aspettava quindi di avere un periodo tranquillo per incoraggiare i suoi discepoli, anzi, proprio nei momenti cruciali li aiutava ad andare avanti con un cuore coraggioso, anche perché sapeva di essere in pericolo di vita e proprio per questo cercava di fare il massimo finché era vivo.
A volte quando si legge il Gosho non prestiamo attenzione agli innumerevoli esempi che vengono riportati, come quello di forgiare la propria fede come si fa con una spada incandescente.
Tamiko Kaneda ha raccontato che durante un viaggio in Giappone ha assistito a come uno dei pochi artigiani rimasti temprava una grossa spada. È una procedura che richiede una forza immane, ci vuole un’energia fisica pazzesca per ogni colpo di martello e questo fa sì che si sprigionino scintille ovunque.
Questa è la raffigurazione della nostra rivoluzione umana: la mettiamo in atto tutti i giorni con quello che possediamo da sempre, la Buddità. Partendo da Gongyo che inizia con una parola: niji. Niji significa: “a quel tempo”, è il momento in cui Shakyamuni ha conseguito la Buddità ma più profondamente è l’istante in cui decidiamo di diventare Budda. È ora, è nel momento presente.
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La trasformazione del cuore
intervento di Andrea Bottai e Pamela Alocci
Il “cuore” – è stato ancora una volta sottolineato – è la traduzione del termine giapponese kokoro o shin, che indica in realtà la totalità di mente, spirito, emozioni, volontà e psiche, fino a significare, nel senso più ampio, la vita stessa.
Da questa premessa Bottai e Alocci hanno spiegato come, nella lettura che ci offre il presidente Ikeda, la felicità o l’infelicità, la soddisfazione o l’insoddisfazione, la vittoria o la sconfitta, dipendano solo ed esclusivamente dalla direzione che riusciamo a dare al nostro “cuore”. Alla base di tutto, l’oscurità fondamentale e la natura di Budda: due componenti della vita, entrambe sempre presenti, entrambe indispensabili. Quindi la nostra decisione di far emergere l’una o l’altra. Da questa scelta non dipende soltanto il nostro stato vitale interiore, ma anche la risposta dell’ambiente.
La decisione è la chiave: la trasformazione è simultanea. Può darsi che l’effetto abbia bisogno di tempo per manifestarsi, ma si crea nel momento stesso in cui decidiamo.
In qualsiasi impresa umana, la direzione del cuore determina il tipo di risultato. Lo stesso desiderio può essere sostenuto da motivazioni diverse. L’azione di cercare un lavoro migliore è la stessa, ma i risultati sono diversi come diversa è la direzione del cuore.
Spesso accade che le azioni vadano in una direzione – dettata magari dal buon senso o dalle convenienze – mentre il cuore tende nel senso opposto. Le due forze si annullano e non si riesce a raggiungere alcun risultato. Al contrario, se le azioni concordano con la direzione del cuore nessun ostacolo potrà impedirci di realizzare i nostri obiettivi, per quanto grandi possano essere.
Il punto è: come possiamo cambiare la direzione del cuore? La risposta del Buddismo è nella pratica del bodhisattva. In tutte le sue lezioni il presidente Ikeda sottolinea l’importanza di credere nella natura di Budda propria e degli altri, di recitare Daimoku e lottare per la felicità propria e degli altri, come se il sé e gli altri fossero (e dal profondo punto di vista del Buddismo lo sono) inscindibili. La pratica del bodhisattva dà al nostro cuore una direzione definitiva verso la felicità e la pace. In essa risiede la trasformazione del karma. E dato che kosen-rufu è un’impresa eterna, sempre in divenire, se tendiamo in quella direzione la nostra vita potrà avanzare costantemente. La SGI, prima ancora che un’organizzazione religiosa, è l’organizzazione mondiale dei bodhisattva il cui spirito è il vero motore che la ispira. Non c’è modo migliore di imparare e allenarsi a sviluppare lo spirito del bodhisattva che partecipare alle sue attività.
L’unica tecnica, quindi, è recitare Nam-myoho-renge-kyo per sé e per gli altri, imparando il corretto modo di praticare grazie al maestro che, tramite il suo esempio, ci indica la Legge. A volte riusciamo anche a usare le parole di sensei per litigare fra di noi, scordandoci la cosa più importante, cioè sintonizzarci sul suo cuore. Abbiamo anche bisogno dell’elasticità necessaria per rinunciare a convinzioni e credenze errate sulla base delle quali abbiamo vissuto fino al momento presente per aprirci alla saggezza del Budda da sempre intrinseca alla nostra vita.
La lezione si è conclusa con il caldo invito di Bottai a orientare tutti insieme il proprio cuore verso il benessere, la vittoria e la felicità di ogni singola persona nelle nostre rispettive aree di attività.