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Il sole nella famiglia - DEV - Il Nuovo Rinascimento
Istituto Buddista Italiano Soka Gakkai

Buddismo per la pace, la cultura e l’educazione

6 dicembre 2025 Ore 17:52

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Il sole nella famiglia

Chiara Gamboni, Rimini

Ogni giorno recitavo molto Daimoku per fare emergere la saggezza di cui avevo bisogno. Per la prima volta mi sentii totalmente libera di decidere per la mia vita, senza rimorsi né sensi di colpa e decisi di non presentarmi a sostenere quella prova

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Ogni giorno recitavo molto Daimoku per fare emergere la saggezza di cui avevo bisogno. Per la prima volta mi sentii totalmente libera di decidere per la mia vita, senza rimorsi né sensi di colpa e decisi di non presentarmi a sostenere quella prova

Il mio percorso di fede, iniziato dieci anni fa, a diciannove anni, ha coinciso con la lotta per trasformare la mia tendenza a sottovalutarmi e sentirmi inadeguata. Studiavo legge, e avevo costruito intorno ai bei voti scolastici la carta vincente per ottenere l’amore e l’approvazione degli altri. I miei continui sforzi erano mascherati da una totale mancanza di autostima e dal tentativo di ottenere continue conferme dall’esterno. Ma nei momenti di maggiore difficoltà avevo accanto il presidente Ikeda che, attraverso i suoi scritti, mi incoraggiava a essere protagonista della mia vita, senza mai smettere di progredire. Mi invitava a non sminuirmi, a non indietreggiare di fronte agli ostacoli e mi assicurava che, elevando il mio stato vitale, avrei superato qualsiasi ostacolo. Tante volte ho temuto di non farcela, ma avevo trovato chi mi incoraggiava ad avanzare con forza in qualsiasi circostanza, promettendomi che queste lotte in futuro sarebbero state i più bei ricordi della mia gioventù. Ho seguito le parole del mae­stro come quelle di un padre: sentivo che credeva sinceramente nel mio potenziale. Questo mi bastava.
In quegli anni, recitai molto Daimoku e partecipai spesso alle attività di protezione. La mattina dell’ultimo esame universitario fui informata che mia madre era stata ricoverata d’urgenza per un tumore in stato avanzato che non lasciava speranze. Decisi di lasciare Bologna, dove studiavo, per tornare a casa dai miei genitori e starle vicino. Portai con me il Gohonzon e lo aprii insieme a lei, che praticava già da due anni. Da quel momento, ogni singolo Daimoku è stato indirizzato alla sua guarigione. All’inizio è stato molto difficile, si avvertiva nell’aria un grande senso di impotenza e tutto sembrava ricadere sulle mie spalle. Il presidente Ikeda incoraggia a “essere il sole della famiglia”, ma la responsabilità era grande: in una situazione dove la malattia terminale genera disperazione e impotenza nel cuore delle persone, il mio mae­stro mi incoraggiava a credere che quella situazione non solo potevo sostenerla, ma addirittura trasformarla. Decisi di non risparmiarmi nella pratica personale e nell’attività per gli altri: inspiegabilmente in un periodo così difficile, la mia vita si apriva agli altri risplendendo di un enorme valore, di cui ora ero consapevole. Di lì a poco riaffiorò in me il desiderio di terminare gli studi e laurearmi, anche se questa decisione avrebbe significato allontanarmi fisicamente da mia mamma e perdere attimi preziosi da poter condividere con lei. Non sapevo scegliere e mi sentivo senza via di uscita. Davanti al Gohonzon, con la disperazione nel cuore, sentii che ciò che di più bello avrei potuto regalarle era una grande vittoria. Quello stesso giorno, determinai con tutta me stessa che la forza del mio Daimoku l’avrebbe sostenuta e così abbiamo intrapreso una lunga lotta insieme: lei per la vita, io per credere ancora di più nel valore della mia. Il Daimoku mio e dei miei compagni di fede pervadeva ogni angolo di casa, la mamma non era mai sola, tante amiche passavano ogni giorno a trovarla e mio padre era riuscito a riprendere il lavoro dopo un periodo di depressione. L’atmosfera era radiosa e io avevo tempo e lucidità per portare avanti la stesura della mia tesi. La chemioterapia non produsse effetti collaterali e in quel periodo ci concedemmo anche il nostro primo viaggio in aereo insieme! Ho consegnato la tesi nei tempi previsti e il 19 marzo 2004, con la mamma in prima fila, abbiamo brindato alla mia laurea!
Mia madre è vissuta ancora un anno. Quando l’ho salutata per l’ultima volta, ho deciso di usare questa esperienza per far “esplodere la mia vita di gioia e valore”, con la consapevolezza che ogni ostacolo si supera recitando Daimoku e che non c’è nulla di più potente dell’essere umano che si illumina alla propria natura di Budda.
In quel periodo, decisi di diventare un ottimo mediatore familiare e lavorare a sostegno delle famiglie in difficoltà. Seppi anche di aver superato la prova scritta dell’esame di stato per avvocato e la prima reazione fu decisamente di terrore! Non riuscivo infatti a trovare in me una briciola di coraggio ed entusiasmo per affrontare la prova orale e quei tanti mesi di studio che mi separavano da essa. Subito pensai che non ce l’avrei mai fatta. Ancora una volta ero preoccupata del giudizio altrui e non riuscivo a prendermi la responsabilità di una decisione seria, per cui ogni giorno recitavo molto Daimoku per fare emergere la saggezza di cui avevo bisogno. Per la prima volta mi sentii totalmente libera di decidere per la mia vita, senza rimorsi né sensi di colpa e decisi di non presentarmi a sostenere quella prova. Continuando a recitare Daimoku mi fu però ben presto chiaro che stavo lasciando la mia vita in balìa delle circostanze esterne, senza prendermene ancora una volta la totale responsabilità. Sentii che ciò che importava non era tanto l’esame in sé ma l’atteggiamento che sarei riuscita a manifestare da quel momento in poi, la forza di spingermi un po’ più in là delle mie debolezze. Mia madre nella sua lotta mi aveva insegnato a coltivare rispetto e dignità per la vita in ogni circostanza, quindi decisi di presentarmi all’esame.
La mia percezione era cambiata: mi veniva offerta una grande opportunità per avanzare nella mia rivoluzione umana! Il presidente Ikeda, il mio maestro, attraverso i suoi scritti mi incoraggiava sempre a non avere un atteggiamento disfattista e sfiduciato e a recitare Daimoku ogni volta che non mi sentivo all’altezza per far emergere le mie capacità e la forza di cui avevo bisogno. Nam-myoho-renge-kyo mi aiutava a sostenere le tante ore di studio quotidiane (anche dieci) consapevole che, al di là di quella prova, stavo scalando la mia montagna per kosen-rufu. Il giorno dell’esame ero così fiera di essere davanti alla commissione d’esame con il sorriso! Non ero preoccupata dell’esito, ma solo di presentare il radioso Budda che si era manifestato in me. Inutile dire che ho sostenuto l’esame con le mie capacità, lo studio ma anche con la fortuna accumulata con il Daimoku. La gioia di poter condividere questa vittoria con i miei compagni di fede è la ricompensa più grande e fondamentale è stato il sostegno delle giovani donne. E ora, quando ognuna di loro mi saluta dicendomi: «Complimenti, avvocato!», io in quelle parole odo semplicemente: «Complimenti, Budda!». Adesso nel lavoro di mediatore familiare e di legale per la famiglia ho l’opportunità di crescere professionalmente e di portare i princìpi umanistici della Soka Gakkai nella società. Ogni giorno davanti al Gohonzon decido di sviluppare l’atteggiamento di non lasciarmi sconfiggere da alcuna difficoltà e di non smettere mai di praticare. I miei obiettivi per il futuro sono quelli di creare insieme al mio compagno una famiglia meravigliosa per kosen-rufu.

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