Pioniera in un paesino del Brasile dove costruisce un albergo e mette a disposizione la sua casa come Centro culturale. Da lì un fiume di propagazione scorre senza limiti, come il suo sorriso
Quando ho iniziato a praticare il Buddismo nel 1993, la mia situazione era disastrosa. Anoressica dall’età di diciotto anni e completamente sfiduciata in me stessa e negli altri, mi ero isolata dal mondo esterno, piena di rabbia. Avevo chiuso con enormi debiti la mia attività di stilista svolta per quattordici anni. L’uomo che amavo mi aveva lasciato e si era sposato con un’altra. Un profondo senso di autodistruzione mi aveva portato a tentare il suicidio ma a distanza di poco, grazie a Elena, incontrai il Buddismo. Lei mi ospitò a casa sua. Recitavo davanti al Gohonzon tantissimo Daimoku, perché solo così riuscivo a percepire il pulsare di quella vita che avevo cercato di togliermi. Pochi mesi dopo mi accorsi che avevo smesso di vomitare: il cibo non era più un mio nemico.
Mi riavvicinai alla mia famiglia con la quale non avevo più rapporti: come risultato, mia madre e due dei miei fratelli oggi praticano. Parlavo del Buddismo alle persone intorno a me e nel frattempo lavoravo moltissimo e pagavo i miei debiti, riuscendo sempre a partecipare allo zaimu. Oggi, l’uomo che non avevo mai smesso di amare, vive con me da tredici anni ed è un compagno meraviglioso di vita e di fede. Nel 2001, io e lui siamo andati in vacanza a Jericoacoara, un piccolo paese di pescatori in Brasile di circa duemila abitanti e parco naturale. Dalla città più vicina, Fortaleza, bisogna attraversare trecento chilometri di deserto. Nel paese nessuno conosceva il Buddismo del Daishonin e, semplicemente parlandone, io e il mio compagno ci siamo ritrovati a recitare Daimoku con una decina di persone incuriosite.
Innamorati del luogo, quattro anni fa ci siamo andati a vivere, comprando un terreno dove abbiamo costruito una pousada (una sorta di albergo tipico, n.d.r.) e una casa per noi, che avrebbe fatto da Centro culturale per i futuri membri. Ho dedicato ogni secondo di attività al mio maestro, il presidente Ikeda. In un anno è nato un bel gruppo e abbiamo già consegnato due Gohonzon.
Tutti i clienti della pousada entrano in contatto con il Buddismo del Daishonin. In ogni camera ho dipinto sulle pareti una frase di Gosho e nella sala di lettura ho disegnato un grande albero con la frase di sensei: «La rivoluzione umana di un singolo individuo contribuirà al cambiamento nel destino di tutta l’umanità».
Si recita Gongyo ogni sera alle 18 e si studiano i princìpi buddisti, vista la continua affluenza di ospiti. Casa nostra è aperta a tutti e in paese molti mi conoscono e mi chiedono notizie sul Buddismo. Facciamo riunioni tutte le settimane, ma siamo isolati e non essendoci responsabili cerco di rappresentare al meglio il mio maestro e la Soka Gakkai, attraverso i suoi scritti, i Gosho, tanto studio e Daimoku. I responsabili brasiliani dopo avere sentito parlare di questa incredibile attività in un paese così piccolo sono venuti a trovarci, anche se con qualche difficoltà… viste le quattro ore di zona semidesertica da affrontare. Sono venuti anche responsabili da San Paolo che dista quattro ore di volo e Haruno, responsabile del Centro culturale, si è congratulato dicendo che avrebbe fatto conoscere la nostra attività a sensei.
Anni fa avevo determinato di essere luminosa come il sole e che il mio cuore avrebbe contenuto il maggior numero di persone possibili. Oggi non so più a quante persone ho fatto incontrare il Buddismo, sono tantissime… ho smesso di contare superate le duecento!