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La terza prova - DEV - Il Nuovo Rinascimento
Istituto Buddista Italiano Soka Gakkai

Buddismo per la pace, la cultura e l’educazione

6 dicembre 2025 Ore 15:57

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    La terza prova

    Il Buddismo del Daishonin si basa sul principio delle tre prove: documentaria, teorica e concreta. Vediamo di cosa si tratta con una panoramica non solo “teorica”

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    Il Buddismo del Daishonin si basa sul principio delle tre prove: documentaria, teorica e concreta. Vediamo di cosa si tratta con una panoramica non solo “teorica”

    Agli esami di maturità esisteva una volta la terza prova orale, che veniva scelta dal candidato in aggiunta alle prime due per dare dimostrazione di maggior preparazione e competenza nelle materie del percorso di studi seguito. Era una prova facoltativa, mentre le altre erano obbligatorie. In lingua italiana la parola “prova” deriva dal verbo “provare”, la cui origine latina significa “riconoscere che una cosa è buona” (vocabolario della lingua italiana Zingarelli).
    Anche nel Buddismo si parla di tre prove, esattamente: «Per valutare le dottrine buddiste, io, Nichiren, credo che i metodi migliori siano la ragione (prova teorica, n.d.r.) e la prova documentaria. Ma ancora migliore di queste è la prova concreta» (RSND, 1, 532).
    Nel Buddismo le tre prove sono tutte, in un certo senso, obbligatorie, perché nessuna delle tre ha significato senza le altre due.
    La terza prova o prova concreta è la prova del coraggio, della voglia di vivere senza paura di soffrire, di sperimentare quanto sia forte il potere della nostra fede. È la prova della possibilità di cambiare e crescere, della volontà di vedere i muri e di scavalcarli – consapevoli della fatica e dell’inevitabile gioia che ne consegue. La prova concreta ci ricorda che siamo dei Budda per il semplice fatto che la Buddità risiede nella nostra vita – è dotazione naturale del nostro “modello base” in quanto esseri umani.
    Ma conosciamo più da vicino le tre prove, che vogliamo figurarci come “tre sorelle”, caratterizzate da differenze rilevanti ma unite da tratti comuni importanti.
    Miss Teorica: è la più affascinante e la più insidiosa delle tre sorelline. Perché? Essa si basa prevalentemente sul ragionamento e sulle speculazioni, appunto, teoriche. Questo è un primo pericolo: si pensa, pensa, pensa e non si agisce. Un secondo pericolo è il ragionamento riferito a se stesso: in termini buddisti è vivere solo ed esclusivamente nel mondo di Apprendimento (conosciuto anche come mondo di Studio), che è uno dei dieci mondi e quindi è importante, ma può portare a vivere, alla fine, in modo egoistico. Miss Teorica però, illuminata dal Daimoku, serve a confrontare le componenti teoriche di una filosofia e può aiutare a distinguere quelle che sono buone o utili da quelle che non lo sono. Inoltre essa «analizza con quanta coerenza una dottrina spieghi la realtà della vita tenendo conto del periodo storico nel quale essa è sorta» (DuemilaUno, 78, 9). Infine, Miss Teorica è mossa dalle nostre domande. Si basa sullo spirito di ricerca, la spinta a ragionare e formulare tesi e ipotesi, antica quanto l’uomo: «Chi sono? Da dove vengo? Dove vado?» e la conseguente ricerca di risposte che motivino le sofferenze umane. Si comprende perché Nichiren la annoveri fra le tre prove se si ripensa a un suo scritto in cui dice: «Se non fai domande e non risolvi i tuoi dubbi, non puoi disperdere le oscure nuvole dell’illusione, così come non potresti percorrere mille miglia senza gambe» (Lettera a Niiike, RSND, 1, 915).
    Miss Documentaria: Non è la sorella di Alberto Angela, ma una signorina un po’ démodé che ama basarsi sui documenti scritti e sulla loro lettura. A volte può far fatica leggere e studiare… Eppure per capire la vita occorre vivere il Gosho, cioè gli scritti di Nichiren in cui egli, indicando di volta in volta ai discepoli come affrontare i problemi, ha lasciato anche a noi praticanti moderni bussole e mappe utili per orientarci nella vita di ogni giorno. Leggendo il Gosho, confrontandolo con il Sutra del Loto, si comprende che sono mossi dal medesimo spirito. Per quanto Miss Documentaria possa sembrare un po’ noiosetta, è indispensabile esattamente come una cartina stradale (o un navigatore satellitare) per viaggiare correttamente nel mondo della fede e nella vita quotidiana. Senza, rischiamo di perderci per strada sbagliando percorso o magari sprecando tempo.
    Miss Concreta: Delle tre sorelle essa è la migliore, ma perché? Nel Gosho succitato Nichiren racconta che in occasione di una forte siccità tre preti pregarono intensamente per giorni affinché piovesse, basandosi su sutra diversi dal Sutra del Loto, ma gli effetti non furono quelli desiderati: o non pioveva, o la pioggia era seguita da forte vento che provocava danni ulteriori, o la pioggia era troppo violenta. Qual è la differenza? «Ci sono casi di persone che hanno fatto piovere usando insegnamenti non buddisti, addirittura anche taoisti, che non vale nemmeno la pena di discutere. È naturale dunque che, applicando correttamente gli insegnamenti buddisti, anche solo hinayana, la pioggia non manchi di cadere e, a maggior ragione, se si usa un testo come il Sutra di Mahavirochana che, sebbene sia inferiore ai sutra della Ghirlanda dei fiori e della Saggezza, è comunque leggermente superiore ai sutra Agama [dello Hinayana]. Il fatto che la pioggia cadde ma fu accompagnata da venti violenti sta a indicare che le dottrine applicate erano contaminate da gravi errori» (I tre maestri del Tripitaka pregano per la pioggia, RSND, 1, 534). Con queste parole Nichiren ci incoraggia a tener presente che una bella teoria o un documento filosofico di grande rilievo vengono confermati e sostanziati tramite il riscontro degli effetti reali prodotti nella vita di ogni singola persona. Miss Concreta è in ultima analisi «la capacità di realizzare nella realtà di tutti i giorni le promesse enunciate dalla dottrina. In un certo senso è paragonabile alla verifica di una teoria scientifica mediante l’esperimento. Nel caso del Buddismo la verifica consiste nel ricevere i benefici necessari alla nostra rivoluzione umana e conseguire nel corso della vita la Buddità. Per questo motivo i benefici visibili, benché non costituiscano il fine ultimo della religione, proprio per la loro evidenza, costituiscono la prova più inconfutabile dell’incidenza di una religione nella vita quotidiana di una persona e di una nazione» (Il Buddismo di Nichiren Daishonin, esperia edizioni, pag. 157). A questo punto possiamo concludere: sulla prova concreta non ci piove!
    La paura di soffrire a volte può essere immobilizzante al punto che si smette di sperimentare il potere della fede. È umano avere paura dell’ignoto, di ciò che potrebbe accadere se andiamo in una direzione piuttosto che in un’altra, e allora pensiamo che sia meglio se stiamo fermi, se lasciamo che le cose “accadano”, evitando di fare danni. Miss Concreta è lì proprio per ricordarci che alla meditazione, alla riflessione, allo studio devono far seguito azioni. Tutte le esperienze testimoniano concretamente che la Buddità risiede nella nostra vita e dimostrano come sia un diritto per ognuno di noi renderla attiva.
    Le tre prove non vanno però intese come una superiore o prioritaria all’altra; Ikeda stesso ricorda che «Nichiren si servì sempre di tre tipi di prove per esporre i propri argomenti: i documenti (ciò che è detto nei sutra), le prove teoretiche (compatibili con la ragione e la logica) e le prove concrete (il contenuto di una dottrina o di un enunciato nasce da un contesto reale)» (Civiltà globale, un dialogo fra Islam e Buddismo, Sperling & Kupfer, pag. 47). Nichiren faceva ricorso contemporaneamente alle tre prove per convincere i suoi interlocutori «e fu costantemente a colloquio con il Budda, con la ragione e con la realtà, per garantirsi di non rimanere prigioniero di un dogma. Fu grazie a questa scrupolosa verifica dei propri argomenti che pervenne a una profonda comprensione dello spirito del Sutra del Loto, vale a dire l’uguaglianza di tutti gli esseri senzienti, sforzandosi di metterlo in pratica fra l’umanità» (ibidem, pag. 47).
    Le tre sorelline quindi ci accompagnano nel cammino in mezzo agli esseri umani, tramite loro impariamo a vedere in ciascuno un Budda, magari poco consapevole, ma perfettamente dotato. E chissà che non ci aiutino a volgere questo sguardo anche dentro di noi.

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    Senza mai fermarmi
    Non perdo occasione di parlare di questo Buddismo con le persone, perché sono convinta di dare loro una grossa opportunità, come l’ho avuta io a suo tempo

    di Giuliana B., Trieste

    Sono soltanto due anni e mezzo che pratico questo Buddismo. Mi sono sempre messa alla prova, recitando per verificare gli effetti di Gongyo e Daimoku. Volevo essere sicura della mia fede. Con sforzo ho cominciato a studiare e, curiosa di scoprire i segreti più profondi della vita, ho trovato mille e più incoraggiamenti del presidente Ikeda che tengo sempre nel mio cuore. Ho compreso che più recitiamo Daimoku, più possiamo addentrarci nella Legge mistica facendo emergere la nostra oscurità per illuminarla. Ho capito che la forza e il coraggio che manifestiamo praticando, ci rendono immuni da qualsiasi attacco e paura. Praticare il Buddismo significa mantenere aperto il collegamento con la sorgente universale dell’energia, e non si può farlo da fermi; trasformarsi interiormente e mettersi in gioco è l’unico modo che abbiamo per viaggiare di pari passo con la nostra stessa vita. Ho scoperto che posso fare infinite cose belle per me e per gli altri, ho deciso che voglio essere un bodhisattva ed emergere dalla terra per apprezzare sempre di più la vita ed esprimere la mia gratitudine per tutto quello che mi è stato donato finora e per quello che saprò conquistarmi finché vivrò. Non perdo occasione di parlare di questo Buddismo con le persone che conosco e che incontro, perché sono convinta di dare loro una grossa opportunità, come l’ho avuta io a suo tempo. Un punto di partenza per aprire il mio cuore al mondo e percorrere questa meravigliosa rivoluzione umana con qualsiasi stato d’animo, con la sofferenza e la gioia e con tutti i mondi belli e brutti che comunque ci appartengono, senza mai fermarmi. Io non mi sento più sola come prima e soprattutto ho un maestro che riesce a ispirarmi, a commuovermi, che mi fa sorridere e mi stimola all’azione.
    Oggi posso affermare di riassaporare la speranza, perché vedo le cose da un’altra angolazione ed essa mi dà il coraggio di combattere la battaglia dentro e fuori di me. Ho affrontato il cancro e tre interventi chirurgici e sono riuscita, grazie alla pratica buddista, a considerarli un’occasione per crescere. Ho ripreso a sognare e mi sono ricordata di quanto ciò sia meraviglioso, grazie anche agli immensi benefici ottenuti, visibili e invisibili. Questi ultimi li comincio a percepire sia nelle piccole cose che nelle grandi. In fin dei conti praticare non deve essere un obbligo, un sacrificio o un’abitudine, ma soltanto “sincera dedizione”; dobbiamo dare così poco in confronto a quello che possiamo ricevere. Il bello è che il “peggio” che ci possa capitare è diventare persone veramente speciali. Voglio sperimentare la saggezza e la compassione del Budda e per questo il mio desiderio più grande è quello di addentrarmi sempre più nella universalità mia e degli altri per rafforzare ogni giorno la mia fede. Solo adesso mi rendo conto di quanto importante e fondamentale sia “credere e comprendere” questa Legge meravigliosa. Nichiren scrive: «Anche se può accadere che uno miri alla terra e manchi il bersaglio, che qualcuno riesca a legare i cieli, che le maree cessino di fluire e rifluire o che il sole sorga a ovest, non accadrà mai che la preghiera di un praticante del Sutra del Loto rimanga senza risposta» (Sulle preghiere, RSND, 1, 306). Desidero che tutte le persone del mondo possano incontrare un giorno un bodhisattva che gli mostrerà il cammino per la felicità.

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    Il Daimoku che va a segno
    Divenne spontaneo per me ricercare nella pratica il mezzo per risolvere i miei disagi tanto che, in poco tempo, maturai la decisione di ricevere il Gohonzon

    di Danilo G., Perugia

    Nel 1996 la mia vita venne stravolta da un incidente stradale a causa del quale rimasi in coma per due settimane seguite poi da cinque anni di lunga e faticosa riabilitazione. Furono anni caratterizzati dal distacco forzato dalla realtà, che mi portarono a stare sulla sedia a rotelle per tredici mesi, a subire un intervento chirurgico al ginocchio rimasto bloccato a causa di una calcificazione e a fare continui esercizi fisici per recuperarne l’uso dopo l’operazione. Piano piano cercavo con fatica di riacquistare l’indipendenza persa e, nonostante le mie oggettive difficoltà dovute al trauma subìto, mi trasferii a Perugia per completare gli studi in Giurisprudenza cominciati a Trapani. In quella città, grazie a Jonas, conobbi il Buddismo di Nichiren Daishonin che avrebbe in seguito portato un po’ di luce fra i miei problemi, ma da cui inizialmente presi le distanze perché mi sentivo attaccato alla religione cattolica. Quando però verso la fine del 2007 la mia sofferenza, causata anche dai postumi dovuti all’incidente si acuì, divenne spontaneo per me ricercare nella pratica il mezzo per risolvere i miei disagi tanto che, in poco tempo, maturai la decisione di ricevere il Gohonzon. Da quel momento in poi ho iniziato a cambiare la mia vita in modo radicale.
    Un’esperienza significativa è stata il conseguimento del diploma di laurea, raggiunto dopo un singolare percorso: superare cinque esami in cinque mesi e trovarmi a preparare, a causa di un errore burocratico, un ulteriore esame a poco meno di un mese dalla discussione della tesi di laurea. E poi pregare per la felicità della professoressa e verificare, nella lunga giornata dell’esame orale, poi superato, che il mio Daimoku era effettivamente arrivato a segno poiché la docente metteva ciascun candidato “a proprio agio”. Fu un’ulteriore testimonianza perché, nonostante avessi avuto poco tempo per studiare, ero riuscito a dare il meglio di me.
    Ovviamente la mia vita di praticante non è solo rose e fiori, ma i momenti bui e di scoramento li supero rileggendo la frase del Gosho Risposta a Kyo’o: «Credi profondamente in questo mandala. Nam-myoho-renge-kyo è come il ruggito di un leone. Quale malattia può quindi essere di ostacolo? […] Ma solo la tua fede determinerà tutte queste cose. Una spada sarà inutile nelle mani di qualcuno che non si sforza di lottare. La potente spada del Sutra del loto deve essere brandita da un coraggioso nella fede» (RSND, 1, 365).
    Ho deciso di dedicare la mia vita agli altri cominciando a partecipare all’attività di protezione (soka-han). Questo mi riempie di soddisfazioni e mi sta aiutando a cambiare, sono più disposto all’ascolto e a confrontarmi apertamente con le persone che, a loro a volta, stanno dimostrando fiducia nei miei confronti.
    Sto rafforzando la mia determinazione per il futuro, in particolare per quello professionale, per il quale ho già fatto le azioni fondamentali come inviare curriculum e sostenere colloqui. Sono sicuro che, basandomi sugli incoraggiamenti del presidente Ikeda, sull’atteggiamento indicato nei Gosho Risposta a Kyo’o e La Porta del Drago (RSND, 1, 890), dove solo la carpa che risalirà la cascata diventerà un drago, e mantenendo una “fede come l’acqua che scorre”, potrò a breve raccontare anche questa esperienza.

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    Un sole che illumina tutto
    Non riuscivo a capire che con il mio pessimismo attiravo negatività e quindi che la causa del mio malessere ero io e soltanto io

    di Rossella D., Marina di Pietrasanta (LU)

    Sono sempre stata pessimista e traevo pochissimo piacere dalla vita. Una mia amica, Eleonora, un anno e mezzo fa mi parlò del Buddismo. Sebbene fossi un po’ scettica, partecipai ugualmente a qualche riunione di discussione ma vedevo nei partecipanti una bontà solo apparente. Provai comunque a recitare Nam-myoho-renge-kyo da sola o con la mia amica, ma dato che pronunciare questa frase mi faceva ridere, non riuscivo a ripeterla nemmeno per pochi minuti. Quindi un po’ per scetticismo e un po’ per il tempo che mi mancava, dal momento che in quel periodo facevo teatro, non andai più a nessuna riunione. Nel frattempo il mio umore peggiorava, da quando mi alzavo la mattina a quando andavo a letto. Mi vedevo brutta, grassa, mi sentivo sola perché non avevo un fidanzato e di lì a poco cominciarono anche alcuni screzi con i ragazzi della compagnia teatrale di cui facevo parte, che poi lasciai. Non riuscivo a capire che con il mio pessimismo attiravo negatività e che la causa del mio malessere ero io. Non ascoltavo i consigli di Eleonora, e neanche quelli di mia madre che, vedendomi stare così male, faceva di tutto per aiutarmi ma inutilmente; piangevo in continuazione, e anche il lavoro cominciava a non piacermi più. Poi, un giorno, venne nel mio negozio una ragazza a fare delle fotocopie del Nuovo Rinascimento: così colsi l’occasione per parlarle un po’ di me e lei si offrì di farmi conoscere Vanessa, una ragazza che abitava vicino a casa mia.
    Per vari giorni, in quelle ore in cui recitai Daimoku e parlai con lei, era come se rivedessi il sole. Qualcosa dentro di me era cambiato e non volevo più stare così male. Eleonora fu contentissima e mi disse che mi sarebbe stata vicina in questo mio cammino. Frequentavo le riunioni a Seravezza, mi ero comprata vari libri di Daisaku Ikeda per capire a fondo questa religione e mi recavo spesso dalle mie amiche a recitare Gongyo e Daimoku e così non ho più smesso. Riuscendo a capire che tutto parte da noi e che l’ambiente risponde al nostro atteggiamento, ho migliorato i rapporti con mia sorella e con mio padre. Ho capito che ognuno è bello così com’è perché è unico e speciale e se ancora non ho un fidanzato, non devo disperarmi, bensì aspettare il mio momento e ricordarmi sempre che non sono mai sola. Ringrazio Eleonora e Vanessa per essermi state vicine e avermi aiutato in questo mio cammino. Giorno per giorno la mia esistenza prende la forma giusta e adesso che sono passati pochi mesi da quando ho ricevuto il Gohonzon, posso raccontare di come stia cambiando la mia vita grazie al Buddismo. I miei famigliari, prima scettici, vedendo il mio cambiamento si sono ricreduti e hanno manifestato la loro approvazione. Vorrei tanto che iniziassero a praticare anche loro, ma c’è un tempo per tutto e comunque questo non è assolutamente un problema perché, come scrive Ikeda: «Il raggiungimento della Buddità da parte di un individuo porta felicità a tutti i membri della famiglia e a chi lo circonda. Basta un sole a illuminare tutto» (D. Ikeda, Giorno per giorno, esperia edizioni, 12 luglio). Da quando ho finalmente aperto il mio cuore, mi emoziono per ogni bella, anche se pur piccola, cosa che mi accade e finalmente la mattina posso alzarmi dicendo ad alta voce: «Come sono felice!». E questo è solo l’inizio.

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